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I' ho veduto gia senza radice

di Vincenzo Pernicone - Enciclopedia Dantesca (1970)
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I' ho veduto già senza radice

Vincenzo Pernicone

. Con questo sonetto (Rime XCV) D. rispose per le rime al sonetto Novellamente Amor mi giura e dice, che Cino da Pistoia gli aveva inviato chiedendo consiglio per risolvere la difficile situazione in cui si era venuto a trovare: poiché, da una parte Amore lo invita a non tirarsi indietro dinanzi a una nuova esperienza amorosa che si preannunzia apportatrice di felicità, e dall'altra lo trattiene la paura che il nuovo amore finirà per tormentarlo più di quello precedente.

Si trova insieme col sonetto di Cino nel cod. Riccardiano 1050 e, con testo ridotto (vv. 1-4), nel 445 della Capitolare di Verona; fu stampato per la prima volta dal Fanfani ne " L'Etruria " del 1851, e più tardi dal Salvadori nella " Nuova Antologia " del I° dicembre 1904. Nell'edizione del '21 il Barbi collocò questo sonetto nel Libro V insieme con altri sonetti di corrispondenza con Cino, ritenuti anteriori al tempo dell'esilio. Lo stesso Barbi non escludeva la possibilità di assegnare la corrispondenza a un periodo più tardo, ma non dopo il 1306 (cfr. " Bull. " XI [1904] 20, XII [1905] 114); e anche la proposta d'includere il sonetto fra le rime per la Pargoletta, che sarebbe una medesima cosa con la donna pietra (Salvadori, Santi, De Geronimo, Pézard), lascia aperta la questione cronologica secondo che quelle rime s'intendano composte prima o dopo l'esilio.

Nella sua risposta D. esorta l'amico a diffidare della giovane donna che gli ha suscitato il nuovo amore: come un tronco d'albero tagliato di fresco può continuare per un po' di tempo a metter foglie attingendo al nutrimento che gli proviene dall'umore che gli è rimasto dentro, ma non può far frutti però che 'l contradice natura, / ch'al difetto fa riguardo (vv. 5-6), così il verde della donna di Cino può essere fittizio, senza radici, e perciò incapace di dare quei frutti di felicità che promette. Se ne tenga lontano, dunque.

Il testo, specialmente negli ultimi due versi, è alquanto incerto, ma nell'insieme il contenuto del sonetto appare chiaro, senza quelle complicate e difficili allusioni che invece vi ha scorto il Pézard in uno studio recente, interessante per la dottrina che vi ha profuso, ma poco convincente.

Bibl. - G. De Geronimo, La ‛ donna verde ' nella sestina e in un sonetto di D., in " Giorn. d. " XVI (1908) 168 ss.; D.A., Il Canzoniere, a c. di A. Santi, Roma 1907, II 441; Contini, Rime 137-138; D.A., Le rime, a c. di D. Mattalia, Torino 1943, 200; A. Pézard, Le sonnet de la dame verte, in " Revue Études Ital. " XI (1965) 329-380; Dante's Lyric Poetry, a c. di K. Foster e P. Boyde, Oxford 1967, 311-317; Barbi-Pernicone, Rime 523 ss.

Vocabolario
radice
radice s. f. [lat. radix -īcis]. – 1. a. In botanica, uno dei tre organi caratteristici delle cormofite, che manca in generale di clorofilla e, a differenza del fusto, non porta le foglie: si forma nell’embrione dove prende il nome di radichetta,...
veduto
veduto agg. – È il part. pass. di vedere, meno pop. di visto (v.) e con usi più limitati: cercò di avvicinarsi non veduto, senza farsi vedere; essere ben veduto, veduto di buon occhio, con simpatia; e al contr. mal veduto (anche in una...
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