I maestri di San Vittore e la teologia mistica
Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Mentre i grandi maestri di dialettica e di teologia sviluppano nelle scuole cattedrali l’idea di una scienza divina che affida alle arti liberali un importante ruolo di sostegno e chiarificazione delle verità di fede, monaci e teologi attivi ai margini delle grandi città perseguono con rinnovata consapevolezza filosofica l’ideale di vita monastico, privilegiando la ricerca personale dell’unione estatica con Dio, ma senza mortificare le esigenze della ragione umana.
Ugo di San Vittore
Amore per la sapienza
Didascalicon, Libro I, cap. II
La filosofia è amore, studio ed amicizia della vera sapienza, non di quella che concerne la conoscenza delle arti tecniche o il loro esercizio, ma della Sapienza divina che, in se stessa perfettissima, è vivo ed eterno pensiero, unica causa prima e originaria di tutte le cose esistenti. Questo amore per la sapienza è un’illuminazione dell’intelletto umano da parte dell’altissima Sapienza divina ed è, se così è possibile esprimersi, un’attrazione ed un richiamo da parte di Dio: ne risulta che la ricerca della sapienza è un’amicizia verso Dio e verso la Sua altissima intelligenza. Questa Sapienza partecipa a tutte le anime umane i doni della Sua divina realtà e le richiama e riconduce alla pura ed integra perfezione del proprio essere. Da quest’incontro ha origine la verità delle speculazioni e delle riflessioni, ed anche l’onestà e la purezza delle azioni umane.
U. di San Vittore, Didascalicon, trad. it. di V. Liccaro, Milano, Rusconi, 1987
Bernardo di Chiaravalle
Anima e verbo
Sermo LXXXII super Cantica Canticorum
Non è priva di conseguenze la profonda relazione dell’anima con il Verbo […]. Davvero meravigliosa e stupenda quella somiglianza che è accompagnata dalla visione di Dio, anzi che è la visione di Dio, io dico nella carità. Quella carità è la visione, è la somiglianza […]. Tolta di mezzo l’iniquità, che produce la parziale dissomiglianza, vi sarà l’unione dello spirito, la reciproca visione e il reciproco amore. Poiché arriva ciò che è perfetto, scomparirà ciò che è parziale; vi sarà un reciproco amore casto e completo, una conoscenza piena, una visione manifesta, una congiunzione solida, una alleanza indissolubile, una somiglianza perfetta. Allora l’anima conoscerà come è conosciuta; allora amerà come è amata; e godrà lo sposo per la sposa, chi conosce e chi è conosciuto, chi ama e chi è amato.
in C. Stercal, Bernardo di Clairvaux, Milano, Jaca Book, 1997
Guglielmo di Saint-Thierry
Dio è essenza suprema
Epistula aurea
Egli [Dio] è l’essenza suprema, da cui trae origine ogni essere; è la suprema sostanza, che sfugge ad ogni definizione verbale, pur essendo il principio sussistente e causale di tutte le cose. In lui, poi, il nostro essere non muore, l’intelligenza non può errare e l’amore non rimane deluso. Quanto più lo cerchiamo tanto più incontriamo la sua dolcezza; più è soave il nostro incontro con lui e più ci impegniamo nel cercarlo. Pertanto, dal momento che questo [essere] ineffabile può essere visto solo in un modo ineffabile, chi vuol vederlo purifichi il cuore! Difatti, nessuna somiglianza corporea [può rappresentare Dio] a colui che dorme, nessun aspetto materiale a chi veglia; non c’è indagine razionale che sia in grado di mostrarlo o farlo conoscere, ma soltanto il cuore puro di chi lo ama umilmente.
Guglielmo di Saint-Thierry, Epistula aurea, trad. it. di M. Spinelli, Roma, Città Nuova, 1993
Fondata nel 1108 da Guglielmo di Champeaux, maestro di Abelardo e convinto sostenitore del realismo delle essenze (prima delle dure critiche ricevute dal celebre allievo), la scuola dei canonici agostiniani di San Vittore è, tra i centri di studio sorti in questi anni all’ombra della cattedrale parigina di Notre-Dame, quella che meglio esprime l’equilibrio tra l’interesse verso gli studi profani del clero secolare e la tradizione mistica ed esegetica dell’ambiente monastico. In una cornice di spiritualità centrata sul tema dell’amore di Dio, i cosiddetti vittorini inseriscono senza remore le arti meccaniche nelle competenze necessarie al percorso terreno dell’uomo in vista della salvezza.
In un contesto speculativo in cui l’esperienza di fede trascende la ragione senza negarne l’utilità, l’unità del sapere sacro e del sapere profano si articola nelle modalità parallele dell’illuminazione e della rivelazione divine e dell’indagine razionale umana. Risale invece al 1098 la fondazione, per opera di Roberto di Molesme, del monastero di Cîteaux: nato come abbazia benedettina riformata, modellata sul pensiero e la spiritualità di Gregorio Magno, Cîteaux (Cistercium in latino) diventa la guida dell’ordine contemplativo riformato più importante del Medioevo. Nelle opere dei rappresentanti più importanti dell’ordine cistercense, Bernardo di Chiaravalle e Guglielmo di Saint-Thierry, lo spiritualismo contemplativo prevale sull’approccio razionale alla fede: tuttavia la proposta di un itinerario capace di orientare la propria vita cristiana verso il raggiungimento della beatitudine, non esclude l’intelligenza a favore dell’amore, bensì riesce ad armonizzarli e a farli convivere nell’unico ideale di vita monastica. Anche l’esperienza di Ildegarda di Bingen, monaca e filosofa tedesca, non può leggersi semplicemente nei termini di una contrapposizione tra la specialissima esperienza personale e i vani tentativi di razionalizzarla: la dimensione profetica dell’esperienza mistica svela, infatti, una conoscenza e una capacità speculativa pari a quella dei grandi maestri suoi contemporanei.
Nato in Sassonia nel 1096, Ugo approda al chiostro di San Vittore nel 1115, diventa priore intorno al 1135, fino al 1141, anno della sua morte. Nella sua produzione spiccano il Didascalicon, opera di grande respiro, un commento alla Gerarchia celeste dello Pseudo Dionigi Areopagita, diversi scritti di contenuto mistico e la prima grande summa teologica medievale, la Summa de sacramentis.
Ugo condivide l’idea abelardiana secondo cui i grandi filosofi dell’Antichità, a partire da Platone, hanno attinto grazie all’uso della ragione le verità del mistero trinitario. Per questo motivo, l’esposizione della dottrina cristiana contenuta nel Didascalicon comprende sia le litterae divinae che le litterae humanae. Il valore delle scienze, rivolto in ultima istanza a una migliore comprensione di Dio, non è mai messo in discussione, anzi è raccomandato con forza poiché ogni forma di sapere, anche la più umile, aiuta l’uomo ad ascendere verso l’intelligenza dell’invisibile. Commentando un passo dello Pseudo Dionigi, Ugo afferma che l’uomo può contemplare la verità attraverso l’immagine della natura e l’immagine della grazia: la prima è la più evidente dimostrazione dell’esistenza di Dio, mentre la seconda illumina gli occhi ottenebrati dell’uomo. Ugo riesce a stabilire un armonico equilibrio tra la scienza sacra e la scienza profana: entrambe contribuiscono al progetto di un’educazione intellettuale del chierico graduale ma completa nella sua organicità, che sfocia senza soluzione di continuità nella meditazione spirituale. Per ritrovare la sorgente luminosa della verità, la mente umana ha bisogno dell’intervento della grazia divina. Per permettergli di recuperare la condizione originaria, corrotta dal peccato originale, Dio ha dotato l’uomo della filosofia, nello specifico di quattro discipline, tutte ugualmente importanti, nell’ordine: la scienza teoretica, che insegna a conoscere il vero, la scienza pratica, che aiuta a conseguire il bene mediante le virtù, la scienza meccanica, orientata all’organizzazione concreta della vita umana, infine la scienza logica, che rappresenta il fondamento metodologico comune a ogni conoscenza.
L’ascesa dalle discipline profane alla verità divina è inaugurata dal riconoscimento delle manifestazioni di Dio nel mondo, che Ugo definisce sacramenta, la prima delle quali è rappresentata proprio dall’uomo, che si colloca in una posizione mediana tra lo spirito e la materia. La teologia mondana o naturale anticipa dunque la fede, grazie alla partecipazione dell’illuminazione divina, per poi cedere il passo alla teologia divina, basata sui dati della Rivelazione, ossia sul contenuto della Sacra Scrittura. L’esegesi biblica è un esercizio indispensabile nel progetto pedagogico dei maestri di San Vittore, che applicano con uguale efficacia le arti del trivium e quelle del quadrivium, allo scopo di una corretta comprensione prima della lettera e poi dello spirito del testo scritturale. Pensiero, meditazione e contemplazione sono per Ugo tre momenti imprescindibili della storia sacra e della ricerca del senso profondo della Parola di Dio, di cui il credente deve appropriarsi nel cammino di fede che deve condurlo fino all’esito della visione intuitiva ed estatica del Creatore, anticipazione della beatitudine oltremondana.
Scozzese di nascita, priore dell’abbazia di San Vittore dal 1162 fino al 1173, anno della sua morte, Riccardo è allievo diretto di Ugo e autore di opere enciclopediche e di scritti mistici. Egli condivide l’impostazione del maestro di un percorso pedagogico organico e ascensivo, capace di realizzare al meglio l’anselmiano intellectus fidei. Nell’esegesi biblica assegna la sua preferenza alla lettura allegorico-spirituale, considerata un completamento necessario dell’analisi letterale. Nel De Trinitate il suo modello è Agostino, ma soprattutto Anselmo, da cui riprende la ricerca delle rationes necessariae dei misteri della fede cristiana. Significativi sono i suoi sforzi di dimostrare l’esistenza dell’Unitrinità divina a partire dai dati dell’esperienza, che rappresenta una delle tre fonti della conoscenza, assieme alla ragione e alla rivelazione.
Dalla considerazione delle cose finite, che non hanno l’essere da sé, occorre risalire necessariamente all’idea di un principio eterno che è l’Essere stesso, non derivato da altro. Anche la dimostrazione della Trinità parte dall’esperienza sensibile: a Dio deve attribuirsi la più elevata virtù riscontrabile nell’anima umana, ossia l’amore, che deve esprimersi sia verso se stesso, sia verso il frutto della sua creazione. Da qui la necessità di ammettere in Dio una trinità di persone, in cui si realizza nel modo più perfetto la comunicazione di amore divino. L’anima umana, immagine della natura divina, è unica ma contiene al suo interno tre facoltà conoscitive: l’immaginazione, la ragione e l’intelligenza. La prima conserva le tracce della percezione sensibile, la seconda orienta il sapere discorsivo, la terza rappresenta l’occhio spirituale con cui l’uomo è in grado di riconoscere nel mondo i segni delle realtà invisibili. Questo percorso conoscitivo ascensivo, che segna le tappe della via mistica a Dio, è esposto dettagliatamente nel Beniamin maior, mentre nel Beniamin minor Riccardo descrive, attraverso una complessa esegesi delle figure dei dodici figli di Giacobbe, il processo di purificazione dell’anima, basato sulla purezza di cuore e sulla conoscenza di sé, che conduce alla contemplazione estatica del divino.
Bernardo, fondatore del monastero di Chiaravalle, una delle quattro abbazie nate per filiazione da Cîteaux, è un personaggio di grande rilievo nella vita culturale ed ecclesiastica del tempo, convinto sostenitore del primato della Chiesa nella vita mondana, e appassionato promotore della seconda crociata.
La spiritualità di Bernardo, espressa con particolare efficacia nei sermoni sul Cantico dei cantici, assegna una posizione di assoluta centralità alla figura mediatrice del Cristo. La sua riflessione teologica ha il suo presupposto spirituale nell’amore e il suo fine unico nella contemplazione mistica di Dio. Nonostante affermi che, per il cristiano, tutto ciò che non riguarda la salvezza è vano, Bernardo mostra di possedere una concezione ampia del sapere, che prevede il ricorso a tutti gli strumenti a sua disposizione: l’esperienza sensibile, la ragione, le auctoritates. Non v’è contraddizione: la prospettiva fondamentale della scienza è la salvezza, che passa attraverso la conoscenza di sé e la comprensione, intellettuale e spirituale, di Dio. Fedele sodale di Bernardo, che sostiene nelle battaglie verso Abelardo e Gilberto di Poitiers, Guglielmo di Saint Thierry è un intellettuale dall’indole contemplativa, ma impegnato in prima persona nel progetto di riforma del monachesimo benedettino.
Nonostante la corruzione del peccato di Adamo, Guglielmo crede che l’uomo possa raggiungere Dio nell’intimità del suo cuore: il linguaggio della fede ha una specificità che non può e non deve essere attenuata dall’utilizzo di termini inappropriati, come quello di sostanza, al quale preferisce quello di essenza, maggiormente rispettoso della semplicità divina. Ogni espressione umana mantiene un grado di inadeguatezza all’oggetto divino che cerca di descrivere, tuttavia la ragione umana, se purgata degli eccessi del concettualismo e del materialismo, può offrire un sostegno fondamentale alla fede, difendendola da ogni forma di eterodossia. In rapporto dialettico con la teologia abelardiana, Guglielmo si affida principalmente alle verità scritturali e pone alla base della sua dottrina trinitaria il concetto di relazione dinamica fra le essenze delle tre persone divine. Ragione e fede devono convergere nella realizzazione dell’incontro tra l’anima umana e l’oggetto principale delle sue aspirazioni e del suo amore: la divina Trinità di cui essa è imago nel senso agostiniano del termine. La dottrina dell’amore non può che sfociare, attraverso una serie di passaggi descritti nella Lettera d’oro indirizzata ai fratelli di Mont-Dieu, nella dottrina della divinizzazione, ossia della trasformazione dell’uomo in Dio, esito supremo di un percorso ascensionale di perfezionamento morale, che non può fare a meno dell’illuminazione della grazia.
Espressione originale di uno spiritualismo visionario non disgiunto da una speculazione raffinata e incisiva è la figura di Ildegarda di Bingen, che trascorre tutta la sua lunga vita nel contesto monastico, ma intrattiene rapporti epistolari con papi e imperatori, a dimostrazione della fiducia che ella nutriva nella forza della parola. Pone la sua produzione religiosa e la sua predicazione pubblica al servizio dell’opera di riforma della Chiesa promossa da Bernardo di Chiaravalle, che vede nella sua esperienza profetica una validissima alternativa alla nuova cultura scolastica.
Si dedica alla stesura di scritti profetici carichi di elementi simbolici (il Liber Scivias, il Liber vitae meritorum e il Liber divinorum operum), ma anche di opere naturalistiche, come il Liber subtilitatum diversarum naturarum creaturarum, e liriche religiose. Nella sua visione profetica della storia trovano spazio idee cosmologiche di grande rilievo, ispirate da esperienze intuitive piuttosto che dalla lettura di testi. Le visioni, ricondotte esplicitamente a un’origine divina, sono autentiche portatrici di conoscenza nell’ambito della natura, della storia e della vita spirituale, e possono essere lette in chiave letterale, allegorica o tropologica. Esse le consentono di acquisire, senza mediazioni concettuali o discorsive, la comprensione della Bibbia nella sua interezza. In virtù di questa sua esperienza, Ildegarda si assume un ruolo di intermediaria fra Dio e l’umanità. Ella valorizza la natura e in essa l’uomo, accentuandone la dipendenza dal Creatore, piuttosto che il preteso carattere di autonomia. Ildegarda riprende l’idea dell’uomo-microcosmo e sostiene inoltre la superiorità dell’uomo sulle creature angeliche, in virtù della composizione di anima e corpo che riflette la divinità e l’umanità di Cristo. In una dimensione religiosa della storia, il cui percorso non è distante da quello schematizzato da Gioacchino da Fiore, spetta alla ragione umana, immagine della ragione divina, riunificare nella vita morale il mondo corporeo e il mondo spirituale, attraverso la conoscenza del mondo naturale, la cui vitalità rimanda al principio eterno dell’ordine cosmico.