Donne, i' non so di ch'i' mi prieghi Amore
Costituita unicamente dalla ripresa e dalla prima strofa (vv. 1-12), questa ballata (Rime dubbie III; schema ABB, XYZ XYZ WBB), anonima in uno dei memoriali bolognesi (il n. 120 dell'anno 1310; cfr. Antiche rime ital., a cura di A. Caboni, Modena 1941, 89-90) è attribuita a D. nel codice Lat. e. III 23 della Biblioteca dell'Escuriale e in altri da esso discendenti (come i Marciani It. IX 191, 213, 364; il Magliabechiano VII 640); anonima, la ballata completa (con aggiunte cioè altre due strofe) si legge solo nel Riccardiano 2317 (seconda metà del secolo XIV) e nel Palatino 613 (secolo XV), due codici secondari tra loro assai affini, che la presentano inserita in una ‛ razo ' esplicativa indirizzata alla donna amata. Il primo a pubblicare la ballata nella sua completezza fu il Trucchi (1846), che l'attribuì, sull'autorità della rubrica del Riccardiano, ad Andrea Lancia, il notaio fiorentino supposto autore dell'Ottimo commento.
La maggior parte degli studiosi, a partire dal Lamma, ne nega la paternità dantesca; il Contini è favorevole ad assegnare a D. la prima parte (vv. 1-12); dubita invece che lo siano le altre due strofe, ed esclude infine recisamente che la ‛ razo ' sia dell'Alighieri. Queste opinioni sono ribadite e rafforzate con ulteriori ragioni dal Pézard.
Frequenti sono i richiami a sistemi ed espressioni dantesche (tra i quali importanti: il lago / del cor, v. 8-9; v. If I 20; e cfr. inoltre Contini, Rime 234-236); ma la genericità della situazione e la mediocrità del tono potrebbero far pensare a un riecheggiamento di imitatore; non è tuttavia assurdo, almeno per quanto concerne i versi 1-12, supporre che la ballata risalga all'esperienza giovanile di Dante.
Rivolgendosi a donne confidenti, il poeta dichiara di non saper più come pregare Amore perché non voglia condurlo a morte; e pure, più che la morte, egli teme che Amore lo abbandoni. E spera soltanto che la donna si commuova per il suo soffrire e volga finalmente a lui li pensier suoi / pur con sospiri (vv. 28-29).
Bibl. - F. Trucchi, Poesie ital. inedite, I, Prato 1846; E. Lamma, Studi sul Canzoniere di D., Bologna 1886; A. Pézard, " La rotta gonna ", I, Firenze 1967, 99-102; Barbi-Pernicone, Rime 667-668.