I nuovi poteri dell’Autorità Anticorruzione
L’attribuzione di nuovi poteri all’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) mira a rafforzare gli strumenti predisposti dall’ordinamento giuridico per garantire la trasparenza e l’efficienza dell’azione amministrativa e contrastare il fenomeno della corruzione negli appalti pubblici. Il contributo che segue analizza i poteri attribuiti di recente all’Autority dal d.l. 24.6.2014, n. 90, conv. dalla l. 11.8.2014, n. 114, svolgendo una comparazione tra tali poteri e quelli in precedenza riconosciuti all’Autorità per la vigilanza sui contratti di lavori, servizi e forniture, contestualmente soppressa. Tra i compiti più innovativi attribuiti all’ANAC si pone quello di disporre il commissariamento dell’impresa in presenza di fatti corruttivi, al fine di evitare che le indagini penali sugli illeciti connessi alla gestione di appalti di opere pubbliche, servizi e forniture o alle concessioni di lavori pubblici possano impedire o ritardare la realizzazione di opere strategiche. La norma ha suscitato un intenso dibattito per la genericità ed indeterminatezza dei presupposti che possono portare alla gestione straordinaria dell’impresa: a tali questioni e più in generale all’analisi dei poteri attribuiti all’ANAC è dedicata la seguente riflessione.
L’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC), alla quale sono stati di recente conferiti nuovi e più incisivi poteri, è un organismo indipendente, istituito dall’art. 1 della l. 6.11.2012, n. 190, recante Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione, incaricato di svolgere attività di controllo, di prevenzione e di contrasto della corruzione e dell’illegalità nella p.a.1. Non si tratta del primo ente istituito con la specifica finalità di vigilanza e di contrasto della corruzione; si tratta tuttavia della prima Authority che unisce il controllo e la vigilanza nel settore dei controlli pubblici al sistema di prevenzione della corruzione. L’ANAC incorpora, infatti, i poteri della soppressa Autorità di Vigilanza sui Contratti pubblici (di seguito AVCP), assommando a tali competenze specifici poteri sanzionatori in materia di anticorruzione.
La scelta legislativa di congiungere le competenze in materia di prevenzione e lotta alla corruzione a quelle di vigilanza sui contratti pubblici è il risultato di una più matura riflessione circa l’intima connessione tra fenomeni corruttivi ed appalti pubblici, alla quale l’ordinamento tenta di dare una risposta più efficace rafforzando i poteri dell’autorità di controllo2. Un primo tentativo di attribuire compiti di prevenzione e contrasto della corruzione ad un ente apposito, sebbene in assenza di poteri di regolazione e sanzionatori, fu quello che portò all’istituzione dell’Alto Commissario per la prevenzione e il contrasto della corruzione e delle altre forme di illecito nella p.a., con il d.P.R. 6.10.2004, n. 258. Le prerogative rimesse a questo organismo consistevano nella possibilità di disporre analisi conoscitive, di elaborazione dei relativi dati e nel monitoraggio di procedure contrattuali e di spesa; inoltre gravava sull’Alto Commissario un obbligo di denuncia all’Autorità giudiziaria e alla Corte dei Conti dei fatti di reato e di quelli nei quali fosse ravvisabile un danno erariale. L’istituzione dell’Alto Commissario per la lotta alla corruzione traeva origine dall’adempimento di specifici obblighi internazionali sottoscritti dallo Stato italiano con il Consiglio d’Europa3, con l’ONU4 e con l’OCSE5. L’esperienza istituzionale dell’Alto Commissario per la lotta alla corruzione ebbe tuttavia vita breve e non fu significativa nella predisposizione di strumenti concreti di prevenzione e contrasto dei fenomeni corruttivi, anche a causa dello scarso interesse che le Amministrazioni pubbliche rivolsero all’ente, non avvalendosi mai dei poteri di intervento ad esso riconosciuti6. L’organismo fu poi soppresso dall’art. 68 del d.l. 25.6.2008, n. 112, conv. in l. 6.8.2008, n. 133.
Dalle ceneri dell’Alto Commissario per la prevenzione ed il contrasto della corruzione nacque il Servizio anticorruzione e trasparenza del Dipartimento della funzione pubblica (SAET)7, con l’obiettivo di valorizzare l’esperienza maturata in precedenza attraverso un organismo dotato di maggiore autonomia funzionale. Al SAET la legge attribuiva compiti di analisi, studio ed indagine del fenomeno della corruzione e delle altre forme di illecito, che dovevano concretizzarsi nella mappatura del fenomeno nella p.a., nella predisposizione di una Relazione annuale al Parlamento e nella formulazione di un piano annuale per la trasparenza dell’azione amministrativa. Il nuovo quadro normativo non colmò, tuttavia, le due principali lacune che avevano determinato il naufragare della precedente esperienza istituzionale: in primo luogo, l’assenza di autonomia ed indipendenza dagli organi politici, essendo il Servizio anticorruzione istituito presso il Dipartimento della Funzione pubblica nell’ambito del Ministero per la pubblica amministrazione e la semplificazione, e, in secondo luogo, la mancanza di poteri di tipo sanzionatorio, attraverso i quali intervenire in modo efficace nel sistema dei controlli e della vigilanza. Alla mancanza di indipendenza ed autonomia dagli organi politici, peraltro richiesta sia dalla Convenzione penale sulla corruzione del 1999 sia da quella delle Nazioni Unite adottata nel 2003, diede una risposta la l. n. 190/2012 che, nel quadro di una disciplina organica per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella p.a., istituì l’ANAC, creando per la prima volta una struttura indipendente dall’apparato amministrativo e dai vertici politici, sebbene ancora priva di poteri efficaci di intervento. A tale Authority erano inizialmente attribuite due principali tipologie di strumenti: da un lato, compiti di tipo ispettivo e di indagine, da svolgersi mediante richiesta di notizie, informazioni, atti e documenti alle p.a., dall’altro compiti di misurazione e valutazione delle performance e di controllo della trasparenza. Essa, inoltre, poteva esprimere pareri facoltativi presso gli organi dello Stato e le altre p.a., senza tuttavia avere alcun potere di regolazione del sistema. La l. n. 190/2012 non individuò una nuova struttura organizzativa alla quale affidare i compiti innanzi richiamati di prevenzione e contrasto della corruzione e dell’illegalità nella p.a.,ma individuò nella Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche (CIVIT), già istituita dall’art. 13 del d.lgs. 27.10.2009, n. 150, l’organismo indipendente incaricato di svolgere gli stessi. Con l’entrata in vigore del d.l. 31.8.2013, n. 101, convertito con modifiche dalla l. 30.10.2013, n. 125, è stata poi cambiata la denominazione della CIVIT in Autorità Nazionale Anticorruzione e per la valutazione e la trasparenza delle amministrazioni pubbliche – A.N.A.C. e ne è stata modificata parzialmente anche la compagine organizzativa. L’Authority, infatti, non è più formata da cinque componenti, come in passato, bensì da quattro componenti e un Presidente, che detiene poteri speciali di contrasto alla corruzione, come meglio si vedrà nel prosieguo. I componenti dell’Autorità sono scelti «tra esperti di elevata professionalità, anche estranei all’amministrazione, con comprovate competenze» – requisito già richiesto in passato per la nomina dei componenti della CIVIT – e, in modo del tutto innovativo rispetto al passato, anche tra soggetti «di notoria indipendenza e comprovata esperienza in materia di contrasto alla corruzione», al fine di rendere il profilo dei candidati il più possibile aderente alle finalità che l’Authority deve perseguire.
Quanto al procedimento di nomina dei componenti dell’Autorità, il d.l. n. 101/2013 non ha apportato modifiche sostanziali a quanto già previsto in precedenza per la nomina dei componenti della CIVIT, ma ha soltanto distinto tra il procedimento per la nomina del Presidente – che avviene su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, di concerto con il Ministro della giustizia e il Ministro dell’interno – e quella dei componenti, che avviene su proposta del solo Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione8.
L’investitura formale di tutti i componenti avviene poi con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri e parere favorevole reso dalle Commissioni parlamentari competenti, espresso a maggioranza dei due terzi dei componenti. Tale procedimento vale a qualificare l’Autorità in esame quale autorità amministrativa indipendente “tendenzialmente governativa”, espressione utilizzata per distinguere le Autorità nelle quali il Governo, tramite i suoi Ministri, ha il potere di iniziativa quanto alle nomine, rispetto a quelle “tendenzialmente parlamentari”, ove invece la designazione è adottata di intesa dei Presidenti di Camera e Senato9. Nei casi come quello di specie, il potere di nomina da parte del Governo è controbilanciato, per un verso, dal parere vincolante delle Commissioni parlamentari, che rende le stesse compartecipi del potere di investitura dei vertici politici, e, per altro verso, dall’investitura mediante decreto del Presidente della Repubblica, al quale si riconosce il potere di non dare corso alla delibera del Consiglio dei Ministri in caso di manifesta illegittimità10. Si tratta, invero, di un procedimento formale, adoperato già in relazione ad altre Autorità indipendenti11, e che, pur attribuendo un maggior peso all’iniziativa governativa, non ne compromette l’indipendenza e l’autonomia, stante il complesso di garanzie legate al procedimento, alla durata dell’incarico e ai requisiti per la nomina12. Più di recente, il legislatore è tornato ad occuparsi dei compiti e delle funzioni assegnati all’ANAC, colmando la lacuna derivante dall’assenza di poteri di tipo sanzionatorio in materia di anticorruzione, con il d.l. 24.6.2014, n. 90, conv. in l. 11.8.2014, n. 114. Utilizzando lo strumento della decretazione d’urgenza, il legislatore ha dotato l’ANAC di poteri di intervento più efficaci e concreti e, in omaggio al principio di semplificazione, ha riunito in un unico organismo sia la vigilanza sui contratti pubblici che la prevenzione e il contrasto del fenomeno corruttivo. Le competenze relative al ciclo della performance, in precedenza attribuite a quest’organismo da parte del d.lgs. n. 150/2009, sono state invece trasferite al Dipartimento della Funzione pubblica, al fine di concentrare in capo all’Authority esclusivamente le funzioni in materia di contrasto della corruzione e dell’illegalità.
L’ANAC eredita i poteri dell’Autorità di vigilanza per i lavori pubblici, soppressa a partire dal 25.6.2014, data di entrata in vigore del d.l. n. 90/2014, e al contempo ne ottiene di nuovi. Più che di soppressione sarebbe invero corretto parlare di incorporazione, in quanto la struttura organizzativa dell’AVCP è stata interamente assorbita dall’ANAC. Al Presidente dell’ANAC l’art. 19 del d.l. n. 90/2014 attribuisce il compito di proporre entro il 31.12.2014 un piano per il trasferimento definitivo delle risorse umane, finanziarie e strumentali, nel quale sia disposta una riduzione non inferiore al venti per cento del trattamento economico accessorio del personale dipendente, ivi inclusi i dirigenti e sia disposta in generale la riduzione delle spese di funzionamento nella misura non inferiore al venti per cento.
Sul piano delle competenze e funzioni, l’art. 19 del d.l. n. 90/2014 prevede il trasferimento all’ANAC dei poteri di vigilanza propri dell’AVCP, come definiti dall’art. 6, co. 7, del d.lgs. 12.4.2006, n. 163. Si tratta, in particolare, di poteri di vigilanza sull’osservanza della disciplina legislativa e regolamentare vigente e sui contratti di lavori, servizi e forniture; di segnalazione al Governo e al Parlamento di fenomeni particolarmente gravi di inosservanza o di applicazione distorta della normativa; di formulazione di proposte al Governo; di predisposizione della relazione annuale alle Camere; di svolgimento di accertamenti ispettivi, di irrogazione di sanzioni pecuniarie ed interdittive. L’AVCP sovrintende, inoltre, all’attività dell’Osservatorio dei contratti pubblici e svolge una fondamentale funzione di precontenzioso, consistente nell’esprimere pareri sulle procedure di gara su richiesta delle stazioni appaltanti o di uno o più concorrenti.
L’attribuzione di poteri in materia di contrasto della corruzione è invece una novità assoluta rispetto al quadro delle competenze dell’AVCP e rappresenta una risposta alle critiche che da tempo venivano rivolte all’organismo indipendente in merito alla carenza di poteri di tipo inibitorio, capaci di incidere direttamente sugli appalti pubblici nel caso di scoperta di condotte illecite da parte degli operatori.
In caso di accertate condotte illecite, infatti, l’AVCP poteva unicamente denunciare le eventuali irregolarità riscontrate agli organi amministrativi e giurisdizionali competenti. Con l’art. 32 del d.l. n. 90/2014, il legislatore ha introdotto uno strumento del tutto innovativo che si propone di colmare proprio questa lacuna: si tratta del potere di disporre il commissariamento delle imprese in funzione di anticorruzione, nei casi in cui l’autorità giudiziaria “proceda” per l’accertamento di alcuni delitti contro la p.a. (concussione, corruzione per l’esercizio della funzione, corruzione semplice e aggravata per atto contrario ai doveri di ufficio, corruzione in atti giudiziari, corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio, istigazione alla corruzione, peculato, induzione indebita, corruzione e istigazione alla corruzione di membri della Corte penale internazionale o degli organi o dei funzionari delle Comunità europee, traffico di influenze illecite, turbata libertà degli incanti, turbata libertà del procedimento di scelta del contraente) o qualora si abbia contezza di «rilevate situazioni anomale e comunque sintomatiche di condotte illecite o eventi criminali attribuibili ad un’impresa aggiudicataria di un appalto, per la realizzazione di opere pubbliche, servizi o forniture» (art. 32, co. 1, d.l. n. 90/2014). Si tratta, invero, di due fattispecie autonome ed alternative, alle quali si aggiunge un ulteriore requisito: la presenza di «fatti gravi ed accertati», sul quale si tornerà più approfonditamente nel § 3. Quanto alla prima ipotesi che può dar vita al commissariamento, va rilevato che la disposizione non fa riferimento ai casi in cui sia pendente un processo penale, ma piuttosto ai casi in cui sia pendente un semplice procedimento penale, come si desume dal generico riferimento all’autorità giudiziaria (che ricomprende quindi sia la magistratura giudicante che quella requirente) e dall’utilizzo del verbo “procedere”13. In assenza del rinvio a giudizio, tuttavia, si pone un problema oggettivo di conoscibilità delle indagini da parte del Presidente dell’ANAC, che, infatti, sul tema è tornato più volte a ribadire la necessità di «introdurre una disposizione che sancisca il diritto del Presidente di ricevere notizie ed informazioni e di chiedere atti e documenti sui procedimenti penali non coperti dal segreto»14.
I soggetti nei cui confronti può essere disposta la misura del commissariamento sono espressamente individuati dall’art. 32, co. 1, d.l. n. 90/2014 che sul punto è stato modificato in sede di legge di conversione.
Prima della l. n. 114/2014, infatti, la gestione straordinaria e temporanea dell’impresa poteva essere richiesta soltanto in riferimento all’impresa aggiudicataria di appalti per la realizzazione di opere pubbliche, servizi o forniture,mentre a tale soggetto si aggiungono oggi anche i concessionari di lavori pubblici e il contraente generale. La legge di conversione ha inoltre risolto la contraddittorietà tra la rubrica del Capo II, recante in precedenza Misure relative all’esecuzione di opere pubbliche e quanto previsto dalla disposizione, che invece fin dall’inizio faceva riferimento agli appalti per la realizzazione «di opere pubbliche, servizi e forniture»: in sede di conversione, la rubrica del Capo II è stata uniformata al contenuto della disposizione, chiarendo che l’ambito oggettivo di applicazione della disposizione non è limitato solo ai lavori, ma riguarda anche gli appalti per i servizi e le forniture.
Il procedimento per l’adozione della misura di commissariamento, disposto dall’art. 32, si compone di due fasi: l’iniziativa spetta al Presidente, mentre il potere decisorio spetta al Prefetto, al quale pure compete un autonomo potere di disporre il commissariamento nei casi in cui sia stata emessa un’informativa antimafia interdittiva e sussista «l’urgente necessità di assicurare il completamento dell’esecuzione del contratto, ovvero la sua prosecuzione al fine di garantire la continuità delle funzioni e servizi indifferibili per la tutela dei diritti fondamentali, per la salvaguardia dei livelli occupazionali o dell’integrità dei bilanci pubblici» (art. 32, co. 10, d.l. n. 90/2014). In questi casi, anche in presenza di un’informativa prefettizia antimafia, sarà possibile proseguire nell’esecuzione del contratto e l’impresa sarà gestita dagli amministratori nominati dal Prefetto. Si tratta, invero, di una disposizione non del tutto innovativa, in quanto riprende, ampliandone la portata, quanto già in precedenza previsto dall’art. 94, co. 3, del d.lgs. 6.9.2011, n. 159 ove si individuava la possibilità, in presenza di informativa prefettizia antimafia, di garantire la prosecuzione nell’esecuzione dei contratti nel caso in cui l’opera fosse in corso di ultimazione, ovvero nel caso in cui la fornitura di beni e servizi fosse essenziale per il perseguimento dell’interesse pubblico laddove il soggetto fornitore non fosse stato sostituibile in tempi rapidi. A seguito della proposta formulata dal Presidente dell’ANAC, il Prefetto del luogo in cui ha sede la stazione appaltante accerta i presupposti indicati per l’attivazione del procedimento e valuta la particolare gravità dei fatti oggetto dell’indagine: si tratta, pertanto di un sindacato di secondo grado sulla legittimità dell’iniziativa assunta dal Presidente e che può concludersi anche con un rifiuto da parte del Prefetto ad andare oltre. Qualora, invece, il Prefetto confermi la valutazione già svolta dal Presidente dell’ANAC, egli potrà intervenire alternativamente ordinando all’impresa misure di rinnovazione degli organi sociali, al fine di prendere le distanze dai soggetti coinvolti nelle situazioni di illegalità, oppure provvedendo direttamente alla straordinaria e temporanea gestione dell’impresa appaltatrice, limitatamente alla completa esecuzione del contratto di appalto o della concessione. Nel caso in cui il Prefetto abbia ordinato la rinnovazione degli organi sociali e l’impresa non vi abbia adempiuto nei termini stabiliti, oppure quando non sia possibile rimuovere la situazione di illegalità con la semplice rinnovazione degli organi sociali, il Presidente dell’ANAC può proporre al Prefetto di provvedere direttamente alla straordinaria e temporanea gestione dell’impresa appaltatrice.
Un’altra misura straordinaria che è stata introdotta dal d.l. n. 90/2014 è quella consistente nell’obbligo di segnalare all’ANAC le varianti in corso d’opera per gli appalti di importo pari o superiore alla soglia comunitaria, e precisamente quelle previste dall’art. 132, co. 1, lettere b), c) e d) del Codice degli appalti. In presenza di varianti di questo genere, è previsto un obbligo di comunicazione delle stesse da parte delle stazioni appaltanti all’ANAC, congiuntamente al progetto esecutivo, agli atti di validazione e ad un’apposita relazione del Responsabile Unico del Procedimento entro trenta giorni dalla loro approvazione.
Per gli appalti di importo inferiore alla soglia comunitaria, le varianti in corso d’opera sono invece comunicate all’Osservatorio dei contratti pubblici tramite le sezioni regionale, entro trenta giorni dall’approvazione per la stazione appaltante. La norma in esame deve essere letta in combinato disposto con l’art. 7 del Codice degli appalti, ove sono elencati gli obblighi informativi previsti da parte delle stazioni appaltanti, per cui – come chiarito in una nota informativa dell’ANAC – per le varianti aventi le caratteristiche di cui all’art. 37, co. 1, l. n. 114/2014, i dati sintetici devono continuare ad essere comunicati all’Osservatorio dei Contratti Pubblici. Ed invero, l’obbligo da parte delle stazioni appaltanti di comunicare le varianti all’Autorità di vigilanza non rappresenta una novità, in quanto già l’AVCP, in un comunicato del Presidente del 4.4.2008, del 14.12.2010 e del 22.10.2013, aveva stabilito l’obbligo di comunicazione delle suddette varianti. La previsione del d.l. n. 90/2014, allo stato attuale, rischia tuttavia di rimanere un obbligo di natura meramente formale: in assenza di un’organizzazione degli uffici e dell’individuazione di risorse da destinare a questa specifica attività, all’obbligo informativo di cui all’art. 37 del d.l. n. 90/2014 non potrà corrispondere un controllo effettivo sulla legittimità delle varianti da parte dell’ANAC.
Infine, il d.l. n. 90/2014 attribuisce all’ANAC i seguenti compiti:
ricevere notizie e segnalazione di illeciti, anche nelle forme di cui all’art. 54 bis del d.lgs. n. 165/2001;
ricevere notizie e segnalazioni da ciascun avvocato dello Stato il quale, nell’esercizio delle funzioni di tutela legale dei diritti e degli interessi dello Stato, venga a conoscenza di violazioni di disposizioni di legge o di regolamento o di altre anomalie o irregolarità relative ai contratti che rientrano nella disciplina del codice di cui al d.lgs. 12.4.2006, n. 163. Per gli avvocati dello Stato segnalanti resta fermo l’obbligo di denuncia di cui all’art. 331 c.p.p.;
applicare sanzioni amministrative, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, non inferiori nel minimo a euro 1.000 e non superiori nel massimo a euro 10.000, nel caso in cui il soggetto obbligato ometta l’adozione dei piani triennali di prevenzione della corruzione, dei programmi triennali di trasparenza o dei codici di comportamento.
Al Presidente dell’Autorità, come già innanzi anticipato, sono attribuiti compiti di «alta sorveglianza e garanzia della correttezza e trasparenza delle procedure connesse alla realizzazione delle opere del grande evento Expo Milano 2015». Al fine di svolgere tale funzione di sorveglianza e controllo, l’art. 30 del d.l. n. 90/2014 attribuisce al Presidente dell’ANAC il potere di verificare, in via preventiva, la legittimità degli atti relativi all’affidamento ed all’esecuzione dei contratti di lavori, servizi e forniture per la realizzazione delle opere e delle attività connesse allo svolgimento del grande evento EXPO. A tale potere si aggiungono i poteri ispettivi e di accesso alle banche dati, già in precedenza riconosciuti alla soppressa AVCP. Sempre in relazione all’EXPO Milano 2015, il Presidente dell’ANAC ha il potere di formulare proposte al Commissario unico delegato del Governo per l’EXPO Milano 2015 ed alla Società EXPO 2015 p.a. per la corretta gestione delle procedure d’appalto per la realizzazione dell’evento e di segnalare all’autorità amministrativa competente le violazioni in materia di comunicazione delle informazioni e dei dati e di obblighi di pubblicazione previsti dal d.lgs. 14.3.2013, n. 33.
La soppressione dell’AVCP e l’attribuzione di nuovi poteri all’ANAC presentano alcuni profili problematici che si impongono all’attenzione dell’interprete.
In primo luogo, si pone il problema relativo alla qualificazione giuridica dell’ente quale Autorità Amministrativa indipendente. Tale questione appare di fondamentale importanza, al di là dell’aspetto meramente nominale, anche in considerazione del fatto che le norme pattizie sottoscritte dall’Italia prevedevano l’istituzione di un organismo dotato dell’indipendenza necessaria a permettere di esercitare le funzioni al riparo da ogni indebita ingerenza.
A tal proposito, senza qui richiamare quanto in precedenza osservato con riferimento al procedimento di nomina, appare utile ribadire la conformità di tale procedimento a quello previsto già in precedenza per la nomina dei componenti della CIVIT, la quale era considerata a tutti gli effetti un’Autorità indipendente. I requisiti richiesti per la nomina dei componenti, il regime delle incompatibilità, la collocazione istituzionale dell’ente, l’implicazione di valori costituzionali e l’autonomia organizzativa e contabile rappresentano, infatti, degli indici sintomatici dell’ascrivibilità dell’ANAC alla categoria delle Autorità amministrative indipendenti. Non può destare preoccupazioni nemmeno la scelta legislativa di utilizzare lo strumento del decreto legge per disporre la soppressione dell’AVCP: pur essendo indubbiamente irrituale che un’Autorità indipendente sia soppressa con un atto legislativo del Governo, non pare che questa scelta abbia compromesso l’autonomia e l’indipendenza dell’organismo, in quanto la soppressione non ha determinato l’eliminazione dal mondo giuridico dell’Autorità, ma ne ha determinato soltanto una riorganizzazione, essendo state trasferite le funzioni ad una nuova compagine organizzativa che presenta eguali garanzie di indipendenza ed autonomia.
Ha destato fin dall’inizio dei dubbi interpretativi anche la misura del commissariamento dell’impresa per fatti di corruzione, disposta dall’art. 32 del d.l. n. 90/201415, ed in particola la nozione di “fatti gravi ed accertati”, che costituisce il presupposto per disporre il commissariamento sia nel caso in cui l’autorità giudiziaria proceda per uno dei reati elencati dal co. 1 dell’art. 32 sia quando ricorrano situazioni sintomatiche di condotte illecite o eventi criminali.
La nozione appare invero piuttosto generica ed indeterminata e pertanto insufficiente, nell’ottica della certezza del diritto, a qualificare le situazioni nelle quali possano ricorrere i presupposti per il commissariamento. Inoltre, la valutazione dei fatti gravi ed accertati che costituiscono il presupposto per l’avvio dell’iniziativa di commissariamento è rimessa al Presidente dell’ANAC, ovvero ad un organo che non ha le competenze dell’autorità giudiziaria e nemmeno i corrispondenti poteri istruttori: il timore legato a tale previsione normativa è, quindi, che la misura possa essere disposta anche in presenza di situazioni che non hanno una effettiva consistenza penale o che la gestione straordinaria dell’impresa possa essere applicata anche ad attività diverse da quelle necessarie a dare esecuzione all’appalto16. Anche lo stesso Presidente dell’ANAC è intervenuto sulla questione e, con le Linee guida per l’avvio di un circuito collaborativo tra ANAC-Prefetture-UTG ed enti locali per la prevenzione dei fenomeni di corruzione e l’attuazione della trasparenza amministrativa, pubblicate congiuntamente al Protocollo di intesa tra l’ANAC e il Ministero dell’interno sottoscritto il 15.7.2014, ha tentato di fornire una chiave di lettura oggettiva della norma sul commissariamento. Secondo quanto previsto dalle citate Linee Guida i fatti gravi ed accertati ai quali la norma fa riferimento sono da intendersi come le situazioni sintomatiche di condotte illecite o eventi criminali. In particolare, i fatti “accertati” sarebbero quelli corroborati da riscontri oggettivi,mentre sarebbero “gravi” i fatti che abbiano raggiunto un livello di concretezza tale da rendere altamente probabile un giudizio di condanna nei confronti dei responsabili dei fatti corruttivi.
Al momento in cui si scrive, la norma è ancora in corso di sperimentazione e ha trovato una prima applicazione solo in riferimento ad un appalto ottenuto per le cd. infrastrutture di servizio nell’ambito delle opere per l’EXPO 2015 di Milano17. Si tratta, invero, di una prima applicazione che rappresentava il caso emblematico che aveva portato all’attribuzione all’ANAC di poteri speciali in materia di anticorruzione, legata alla scoperta di fenomeni corruttivi negli appalti per l’EXPO. Nel caso di specie, il Presidente dell’ANAC osservava come fosse assolutamente certo che l’appalto fosse stato aggiudicato grazie ad un’attività illecita, essendo stato sottoposto a misura cautelare della custodia in carcere l’amministratore della società. Anche quanto alla valutazione di gravità, nella richiesta di commissariamento rivolta al Prefetto di Milano, il Presidente dell’ANAC traeva direttamente dai fatti accertati in sede penale il presupposto della gravità e dunque motivava approfonditamente sulla necessità della misura. Proprio in riferimento alla medesima vicenda, una recente sentenza del TAR Milano ha posto in dubbio l’utilità dello strumento del commissariamento, osservando come i medesimi effetti legati alla misura del commissariamento avrebbero potuto essere raggiunti anche mediante gli strumenti già previsti dall’ordinamento, quali l’annullamento dell’aggiudicazione e il subentro nell’esecuzione del contratto. In presenza di fatti gravi ed accertati penalmente, infatti, vengono in rilievo motivi sufficienti per disporre l’annullamento dell’aggiudicazione, inteso quale «rimedio finalizzato a costituire una frontiera più avanzata di tutela dell’Amministrazione contro i possibili abusi dei partecipanti alle procedure di evidenza pubblica»18. La citata pronuncia del TAR Milano ha posto in evidenza come la misura introdotta dall’art. 32 del d.l. n. 90/2014 «nulla aggiungerebbe, in termini di speditezza ed efficienza all’ipotesi di stipulazione del contratto con il RTI ricorrente» e che inoltre «non potrebbe garantire la definizione degli insorti conflitti, dal momento che l’eventuale provvedimento emesso dal Prefetto in accoglimento della proposta del Presidente dell’ANAC potrebbe essere oggetto di impugnazione ed incidere ancor di più sui tempi di consegna delle opere». È evidente come ad avviso del giudice amministrativo l’introduzione dellamisura straordinaria da parte del d.l. n. 90/2014 non sia in alcun modo risolutiva dei problemi legati all’esecuzione del contratto in presenza di rilevanti interessi pubblici alla prosecuzione dell’opera, per i quali esistono gli strumenti già previsti dal Codice degli appalti e dal Codice del processo. La diffidenza manifestata dal giudice amministrativo è, invero, più in generale, la stessa che si coglie anche in dottrina rispetto all’utilizzo di poteri emergenziali, che comportano deroghe al principio di legalità o alle ordinarie procedure amministrative19. In questo quadro assumeranno un fondamentale rilievo le scelte che farà l’ANAC nell’applicazione della norma: a tal proposito la scelta di prevedere, nell’unico caso in cui ne è stata fatta applicazione, la comunicazione di avvio del procedimento esprime un’attenzione verso il rispetto delle garanzie procedimentali, che consente anche all’ANAC di recuperare quella legittimazione dal basso che le Autorità indipendenti tentano faticosamente di costruirsi20.
1 Il Presidente dell’ANAC Raffaele Cantone, nelle Osservazioni sul decreto legge 24 giugno 2014, n. 90, ha espresso apprezzamento per questa scelta legislativa, osservando che «l’integrazione funzionale dei due ambiti di attività e il conseguente ampliamento dei poteri dell’ANAC pongono le premesse per poter presidiare più efficacemente il settore dei contratti e degli appalti pubblici nel quale si annida una parte consistente dei fenomeni corruttivi».
2 Sul tema dell’incidenza dei fenomeni corruttivi sugli appalti pubblici si veda: Della Porta, D.-Vannucci, A., Corruzione politica e amministrazione pubblica: risorse, meccanismi, attori, Bologna, 1994.
3 Convenzione penale sulla corruzione, sottoscritta a Strasburgo il 27.1.1999 e ratificata dalla l. 28.9.2012, n. 110.
4 Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione, adottata dall’Assemblea generale dell’Onu il 31.10.2003, è stata ratificata dalla l. 3.8.2009, n. 116.
5 Convenzione OCSE sulla lotta alla corruzione del 1997 è entrata in vigore con la l. 29.9.2000, n. 300.
6 Sciullo,G.,L’alto commissario per la prevenzione e il contrasto della corruzione e delle altre forme di illecito nella pubblica amministrazione, in Vandelli,L., a cura di, Etica pubblica e buona amministrazione. Quale ruolo per i controlli?, Milano, 2009, 71 ss.
7 Istituito con D.P.C.m. 5.8.2008.
8 Titomanlio, R., Autonomia ed indipendenza delle Authorities: profili organizzativi, Milano, 1009, 319 ss.
9 Blando, F., Questioni in tema di sindacabilità degli atti di nomina delle autorità indipendenti, in Rivista di diritto pubblico italiano, comunitario e comparato, 2009, 6, 1-23.
10 Cossu, L., Autorità indipendenti: questioni aperte e soluzioni nuove? in Studi in memoria di Vincenzo Caianiello, Napoli, 2008, 197 ss.
11 Ad esempio il Presidente dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM) è nominato su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri d’intesa con il Ministro dello Sviluppo Economico.
12 Clarich,M., Indipendenza ed autonomia delle Autorità Indipendenti, in Le Autorità Amministrative Indipendenti. Bilancio e prospettive di un modello di vigilanza e di regolazione dei mercati, Atti del Convegno tenutosi il 28.2.2013 a Palazzo Spada.
13 Tale interpretazione risulta confermata anche dai lavori preparatori ed in particolare si desume dal Dossier Servizio Studi del Senato n. 1963 del 25.6.2014.
14 In tal modo si è espresso il Presidente Cantone nel rendere le Osservazioni sul d.l. 24.6.2014, n. 90 “Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari”, giugno 2014, www.anticorruzione.it.
15 Per un primo commento critico alla disposizione si veda Arena,M., Le misure di straordinaria e temporanea gestione dell’impresa per fatti corruttivi, in www.filodiritto.it del 16.9.2014.
16 In tal senso si era pronunciata in particolare Confindustria in una nota ufficiale del 27.6.2014, dal titolo Decreto p.a., le misure per Expo 2015 e i contratti pubblici.
17 Nota Prot. ANA Cn. 0013739 del 10.7.2014, avente ad oggetto «richiesta di straordinaria e temporanea gestione della società Maltauro s.p.a. con riferimento all’appalto relativo alle architetture di servizio afferenti al sito per l’esposizione universale del 2015». 18 TAR Lombardia, Milano, 9.7.2014, n. 1802.
19 Cavallo Perin, R., Il diritto amministrativo dell’emergenza per fattori esterni all’amministrazione pubblica, in Dir. amm., 2005, 4, 776 ss.; Fioritto, A., L’amministrazione dell’emergenza tra autorità e garanzie, Bologna, 2008, 50 ss.
20 Clarich,M.,Garanzia del contraddittorio nel procedimento innanzi alle Autorità amministrative indipendenti, intervento al Convegno Le Autorità amministrative indipendenti, tenuto in memoria di Vincenzo Caianiello in Roma presso il Consiglio di Stato in data 9.5.2003, in www.giustizia-amministrativa.it