I popoli slavi
Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Le popolazioni slave, rimaste al margine delle grandi invasioni del IV e V secolo, iniziano il loro movimento di espansione nel VII secolo, occupando buona parte dell’Europa centro-orientale. Dai loro spostamenti e dal loro stanziamento si origina già nell’antichità un progressivo movimento di resistenza che condiziona la storia europea sino al XX secolo.Origine, insediamento e migrazioni
Si è soliti identificare nella zona nord-orientale dei Carpazi e nell’ampio bacino compreso tra l’Oder e il Dnepr il luogo in cui nel I millennio a.C. possono essere rinvenuti i primi insediamenti abitativi delle popolazioni indo-europee di stirpe slava. Da sempre in stretto contatto con altre culture (traciche, sarmatiche, germaniche, iraniche) le popolazioni slave restano sino al IV secolo essenzialmente al margine della storia occidentale.
Dalla metà del IV secolo la loro caratteristica stanzialità sembra, però, infrangersi, sia per una crescita interna delle popolazioni, sia in conseguenza dell’arrivo nella Russia meridionale degli Unni che Ambrogio, nel Commento al Vangelo di Luca, descrive icasticamente come la causa principale del crollo delle civiltà sedentarie dell’Europa centrale e orientale: “Quante guerre e quali notizie catastrofiche ci sono riferite! Gli Unni si volsero contro gli Alani; gli Alani contro i Goti, e i Goti contro i Taifali e i Sarmati; esuli dalle loro sedi, i Goti hanno fatto di noi stessi, in Illirico, gli esuli in patria; né ancora si vede la fine di tutto ciò...”.
Schiacciati prima dagli Unni e poi massacrati in alcune zone dalla successiva avanzata degli Avari, gli Slavi portano a piena maturazione, dalla metà del VII secolo, un movimento di espansione già intuibile a partire dal V secolo. Espansione che si realizza in un’ampia occupazione (spesso violenta) delle regioni che si estendono dalla Grecia all’odierna Germania orientale e dalla penisola balcanica, a Polonia, Ucraina e Bielorussia, territori questi ultimi da cui in seguito si diparte l’invasione della Russia centrale. In particolare, l’espansione degli Slavi occidentali, probabilmente pacifica e inserita in vaste zone abbandonate ormai dalle stirpi germaniche, giunge in pochi secoli sino a comprendere l’intera Germania orientale, dove si scontra ben presto con l’emergente regno dei Franchi; qui, un secolare riflusso, a vantaggio delle popolazioni germaniche, risospingerà a oriente il confine tra l’Europa germanica e l’Europa slava.
Questi diversi spostamenti, che danno origine a resistenze di lunga durata, influenzano certamente la successiva differenziazione storica e linguistica fra Slavi occidentali (Cechi, Polacchi, Slovacchi), Slavi orientali (Russi, Ucraini, Bielorussi, Ruteni) e Slavi meridionali (Sloveni, Croati, Serbi, Macedoni, Bulgari).
L’espansione delle popolazioni slave rappresenta nella storia del popolamento europeo anche un incontro tra tipologie, abitudini e fisicità assai differenti, elementi che dal VI secolo vengono evidenziati dagli scrittori bizantini e, in seguito, da quelli arabi ed ebrei nelle loro opere e nelle pagine dei loro diari di viaggio: così Procopio di Cesarea, abituato alle genti del Mediterraneo del Sud non può non rimanere colpito dal colore rossastro dei capelli mentre, alcuni secoli dopo, anche Ibn al-Faqih, storico e geografo persiano, annota come evidente la colorazione chiara dell’incarnato e il biondo dei capelli tipici delle popolazioni settentrionali.
Accanto alle diverse fisionomie, anche la possente fisicità maschile di queste popolazioni, per di più connessa con abilità guerriere a lungo apprezzate nell’Europa medievale, lascia una chiara immagine di sé. Gli scavi archeologici di necropoli del X secolo hanno confermato effettivamente una altezza media superiore a quella del resto dell’Europa (tra 1,60 m e 1,80 m). Alla tonicità muscolare e alla vigoria fisica ben presto si accosta nell’immaginario comune la diretta dipendenza tra buona salute, prolificità e corpulenza sia per quanto riguarda i notabili, sia in riferimento alle tipologie femminili. Nondimeno le abitudini di vestiario attraggono, per la loro diversità, l’attenzione dei commentatori: ricordando per certi versi la tradizione delle popolazioni germaniche già descritta dallo storico Tacito nel I secolo, l’abbigliamento delle varie popolazioni slave è accomunato dalla presenza di brache e camicie di canapa o lana, pellicce, copricapi e stivali di pelle o di betulla o di tiglio, abitudini originarie che in seguito si arricchiscono e si differenziano nell’avvicinamento alle civiltà meridionali.
Le analisi archeologiche condotte in varie zone dei territori slavi (Ucraina, Russia meridionale, Polonia, Cechia e Slovacchia, Bulgaria, ex-Jugoslavia) rimandano un’immagine assai definita anche delle condizioni di vita che caratterizzano a lungo queste popolazioni.
Gli Sclaveni, nome con il quale vengono accomunati i gruppi della zona ucraina e polacca e dal quale discende l’etnico comune di “Slavi”, abitano in nuclei assai dispersi, caratterizzati dalla presenza di piccole e modeste unità abitative incavate nel terreno chiamate solitamente “fosse-riparo”; l’assenza di stratificazioni antropiche importanti rende, inoltre, ragione di una condizione di semi-sedentarietà, con spostamenti regolati sia dall’allevamento, sia dall’inaridimento dei territori in cui era praticata un’agricoltura estensiva; resti di vasellame assai povero sono inoltre emersi dallo scavo di abitati e di necropoli nelle quali si praticava comunemente l’incinerazione. La stessa immagine proviene anche dall’analisi dei dati relativi al ceppo di maggioranza slavo degli Anti, la cui localizzazione può essere fissata per il V secolo nel sud-est ucraino e il cui oblio dal VII secolo sarebbe da ricollegare alla dispersione di queste popolazioni: incinerazione e utensili agricoli elementari rinviano, in effetti, allo stesso orizzonte culturale. In generale, le popolazioni slave paiono accomunate, sin dai loro primi insediamenti, da una economia prevalentemente basata sull’allevamento, sulla pesca e la caccia, oltre che su una agricoltura estensiva di cereali (miglio, frumento, segale, grano, orzo) e di ortaggi (rape in primo luogo).
La struttura sociale delle popolazioni slave rimanda invece a una comune organizzazione tribale, ossia all’intreccio di famiglie patriarcali unite da forti vincoli di stirpe o di sangue. Una popolazione, come per il mondo germanico, risulta dalla convergenza di tribù comandate per lo più da re. Accanto alla popolazione libera, infine, il mondo slavo conosce anche la schiavitù tanto che, nel mondo medievale, un ampio bacino di schiavi deriva proprio dall’Oriente slavo.
Rare e disperse sono le notizie relative alla religiosità slava precedente il diffondersi del cristianesimo, in quanto solo con la progressiva evangelizzazione dei popoli slavi si estende anche l’uso della scrittura (con alfabeto cirillico): ciononostante, grazie ad alcune cronache cristiane, sembra possibile giungere a una ricostruzione parziale dell’insieme delle credenze slave.
Benché Procopio riferisca al mondo slavo un monoteismo collegato con il culto di una divinità superiore, il pantheon slavo, che probabilmente non raggiunse mai una forma sistematica, viene meglio rappresentato da un politeismo animista in cui convivono diverse divinità, spesso locali. Un ruolo predominante soprattutto tra gli Slavi di Kiev è affidato al signore del tuono Perun, personificazione della folgore o esso stesso folgoratore, sebbene tra altre popolazioni fossero preminenti figure quali Rod (dio del sole, del cielo, del fuoco) o Veles (genericamente dio dell’aldilà). Accanto a queste figure ne sono note altre, tra le quali si possono segnalare Simar’gl, dio della fertilità dalla forma di cane alato o di uccello con testa di cane, Stribog, dio del vento, o ancora Mokos, divinità femminile della pioggia riconosciuta da alcuni studiosi come magna mater slava.
Il mondo slavo sembra restare essenzialmente pagano sino al IX secolo, quando le opere dei due centri missionari rivali, ossia Roma e Costantinopoli, divengono assai più incisive: proprio da questa diversa direzione si produce in seguito quella spaccatura ancora oggi nota tra un mondo ortodosso, a cui appartengono Russi, Serbi e Bulgari, e un mondo fedele al cristianesimo romano, al quale si sono uniformati Croati, Sloveni, Cechi, Slovacchi e Polacchi.
Sebbene nel mondo slavo dei secoli successivi all’espansione del VII secolo si muovano missionari franchi, irlandesi e romani, l’attività della Chiesa di Costantinopoli sembra aver goduto in un primo tempo di un primato e di una forza di espansione maggiore: in particolare, il mondo orientale deve soprattutto all’opera dei fratelli Cirillo e Metodio e dei loro discepoli l’espansione della religione ortodossa. L’adesione alle forme cristiano-orientali del culto deve comunque essere letta anche in relazione a modalità e motivazioni politiche: è noto, ad esempio, che in quella Grande Moravia, che Francis Dvornik ha definito come il “primo grande organismo politico” degli Slavi nell’Europa centrale (F. Dvornik, Gli Slavi nella storia e nella civiltà europea, Bari 1968), la scelta della liturgia di Costantinopoli è collegata anche al tentativo operato dai sovrani moravi di opporsi alla progressiva espansione dei Franchi cattolici nei bacini della Morava e del Danubio; allo stesso modo, la successiva decisione di Vladimiro I di spingere alla conversione il principato Kiev, oltre alla fascinazione che poté essere suscitata dall’incontro con il rito bizantino in una chiesa di Sofia, viene maturato alla luce del matrimonio con Anna Porfirogenita, sorella dell’imperatore di Bisanzio Basilio II. Accanto alle pressioni che già dal IX secolo i papi esercitano in particolare nelle zone della Dalmazia, che portano alla conversione di Croati e Sloveni, alla decisione di Mieszko I nel 966 di essere battezzato si deve rimandare invece l’originario avvicinamento del mondo polacco al rito romano; anche i territori della Germania orientale, progressivamente occupati da coloni germani, con Enrico I e Ottone I, rientrano nell’orbita del cristianesimo romano.