Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
L’invasione dei Mongoli separa i Russi dall’Europa. Per due secoli parte della Russia diventa provincia di un impero asiatico, mentre l’altra è sottoposta a continue scorrerie e tributi. Nel XIV secolo la zona nord-orientale inizia a dare segni di ripresa. La rivalità tra Tver’ e Mosca vede l’affermazione della seconda, anche grazie alle sue alleanze strategiche con i Mongoli. Nel 1364 i principi di Mosca si fregiano del titolo ereditario di Gran Principe di Vladimir e cominciano a perseguire il progetto dell’unificazione di tutti i Russi.
All’inizio del XIII secolo in Russia si accentuano le differenziazioni regionali, che anticipano le diversità dell’età moderna. Kiev, a seguito dei saccheggi del 1169 e del 1203, perde il suo ruolo dominante a favore di altre metropoli regionali e in particolare della città settentrionale di Vladimir. Kiev rimane comunque il centro culturale della Chiesa russo-ortodossa, nonché un grande emporio, almeno fino all’irruzione mongola.
Le regioni sud-occidentali dell’Ucraina e della Galizia formano il principato di Galic e costituiscono da sempre la porta per l’Occidente attraverso le vie terrestri per Cracovia e Regensburg e le vie fluviali fino a Danzica. L’influenza occidentale si riscontra nell’architettura romanica e nell’espressione delle forme del potere, con un’aristocrazia latifondista che limita l’influenza dei principi. Polonia e Ungheria sono i partner e gli antagonisti di questa regione, tanto che la dinastia ungherese degli Arpadidal 1216 al 1234 possiede il principato di Galic ad appannaggio dei secondogeniti. Nel 1241, nel corso dell’invasione mongola, il principe Danilo cerca aiuto dall’Europa occidentale. Innocenzo IV prende Danilo sotto la sua protezione col titolo di Rex Russiae e lo fa incoronare da un suo legato nel 1254. Ma da questa politica l’Ucraina trae pochi vantaggi e l’unico effetto è la nascita degli Ucraini uniati. Danilo deve successivamente venire a patti coi Mongoli e partecipare come vassallo alle loro spedizioni.
La Russia del nord-est si estende intorno al corso superiore del Volga. Il centro della regione è Rostov-Suzdal, sostituita poi come residenza dei principi da Vladimir che, a sua volta, durante il periodo mongolo cede questo ruolo a Mosca, la quale viene ricostruita dopo essere stata rasa al suolo. Il suolo fertile rende la regione economicamente florida. Novgorod vede nella prima parte del secolo la sua autonomia ridimensionata a causa della sua dipendenza dai rifornimenti di grano, che giunge attraverso le vie controllate dai principi di Vladimir. Contrariamente al principato di Galic, in questa regione è più forte e precoce la tendenza verso il potere assoluto dei principi, teso a limitare l’influenza dell’aristocrazia fondiaria.
All’inizio del XIII secolo l’Europa orientale è presa d’assalto da invasori di stirpe mongola. Proprio alle soglie del tardo Medioevo una catastrofe travolge l’intera Russia. L’Impero mongolo dall’Asia si espande in ogni direzione, travolgendo prima i popoli nomadi delle steppe e poi dilagando verso le pianure meridionali. Nel 1207 Jochi, figlio di Gengis Khan, sottomette la Siberia, e nel 1223 un corpo militare russo e cumano viene distrutto dai Mongoli sul fiume Kalka.
Tra il 1236 e il 1237 Batu Khan, nipote di Gengis, attraversa nuovamente gli Urali. Tra il 1238 e il 1241 conquista la Russia a partire dal principato sudorientale di Rjazan, assediando ed espugnando le città grazie all’ausilio di tecnici cinesi. Rade Mosca al suolo e nel 1240 pone l’assedio a Kiev, conquistandola e distruggendola. I principi russi, profondamente divisi tra di loro, non riescono a organizzare una difesa comune, per cui i Mongoli devono affrontare solo eserciti di ridotte dimensioni. Tutte le città vengono messe a fuoco e gli abitanti massacrati. Novgorod sfugge alla distruzione esclusivamente perché l’intenso inverno del 1238 ne impedisce la conquista. Solo i villaggi nascosti nelle foreste scampano alla devastazione. Le spedizioni compiute tra il 1236 il 1241 portano alla conquista della Russia meridionale. Batu Khan si stabilisce sul medio Volga, ponendo la sua capitale a Saray, nell’odierno Astrakan, ed esercitando sui territori russi una sovranità fondata sulla riscossione di periodici tributi.
Proprio negli anni dell’invasione mongola Aleksandr Nevskij, principe di Vladimir e Novgorod, rifiuta la proposta di battersi contro i Mongoli al comando del papato. La crociata latina del 1204 e l’espansione germanica nel Baltico hanno creato un forte risentimento tra i Greci e i Russi nei confronti degli occidentali. Peraltro Nevskij ritiene che porsi al comando di un’alleanza occidentale antimongola farebbe della Russia un campo di battaglia tra Europa e Asia. Sceglie dunque una politica di sottomissione ai Mongoli e di difesa dall’Occidente. Combatte, quindi, contro gli Svedesi sulla Neva (battaglia della Neva) nel 1240 e contro l’ordine teutonico sui ghiacci del lago Peipus nel 1241. Nevskij spera in una politica di tolleranza religiosa da parte dei Mongoli, convinto che il cristianesimo nestoriano tra loro diffuso avrebbe sostituito l’islamismo. Ma le previsioni di Nevskij sono sbagliate. Il cristianesimo non si diffonde affatto tra i Mongoli e le invasioni trasformano i connotati dell’Europa orientale.
Per circa due secoli i Mongoli separano la Russia dall’Europa, gettandola nella miseria e nell’arretratezza, distruggendo le sue strutture politiche. Il XIII secolo per gli Slavi orientali rappresenta una catastrofe, un secolo oscuro. Con la popolazione cittadina spariscono infatti le attività manifatturiere ad alto valore tecnologico come l’oreficeria, l’argenteria e la tessitura di pregio. Tra il Volga e il Don si insedia, invece, una popolazione asiatica che costituisce la base moderna dell’odierna popolazione tartara. I Tartari fondano uno stato fiorente, l’Orda d’oro, che per secoli vive di incursioni. Solo il centro della Russia occidentale, da Novgorod a Galic, resta fuori dal dominio tartaro e prosegue il suo sviluppo, con scambi con l’Occidente. Ma anche i principati di questa Russia indipendente pagano spesso pesanti tributi e subiscono scorrerie. I principati orientali della Russia diventano invece direttamente vassalli dell’Orda d’oro. Come gli altri territori dell’impero mongolo, vengono governati con durezza. La Russia è ridotta a essere una provincia occidentale di un impero asiatico e solo i contatti ecclesiastici con Costantinopoli e gli scambi commerciali con il Baltico la uniscono all’Europa. I principi sono convocati a intervalli regolari all’accampamento del Khan e vengono obbligati a camminare tra due fila di fuoco, a fermarsi sotto il giogo e costretti a prostrarsi. I tributi vengono pagati ai governatori mongoli presenti sul territorio. I Mongoli pretendono il dieci percento di tutti i beni, uomini e cose.
Con il XIV secolo, nella Russia nordorientale dei principati di Tver’, Mosca e Vladimir, le perdite umane causate dalle invasioni dei Mongoli vengono rapidamente compensate dall’immigrazione. L’agricoltura, sebbene non presenti le condizioni favorevoli di fertilità e di clima della regione meridionale, si riprende. L’epidemia di peste peraltro è meno devastante che nel resto d’Europa, sia per la minore densità della popolazione, sia per il clima poco favorevole al contagio.
La lotta per la supremazia nella parte settentrionale della Russia vede lo scontro tra i principi di Tver’ e quelli di Mosca. Ma sono i Mongoli che decidono di fatto quale Rurikide deve diventare Gran Principe di Vladimir e quindi sommo esattore per loro conto. La posizione di esattore assicura forza militare e ricchezza. Mentre i principi di Tver’ sono più accesamente antitartari, subendo devastanti punizioni, i principi di Mosca, miscelando coraggio e slealtà, perseguono una linea politica di alleanza con i Mongoli, che permette loro di acquisire una posizione di supremazia sugli altri signori della regione. Accattivandosi il Khan dell’Orda d’oro, ottengono il permesso di agire come capi esattori degli stessi Mongoli. Ivan I Kalita riscuotendo tributi per i Tartari accumula un’enorme ricchezza. Nel 1327 aiuta i Mongoli a sconfiggere la ribellione della città di Tver’, devastando la città rivale di Mosca. Gli altri piccoli principati poco per volta cedono a Mosca i loro diritti politici e i loro territori. Nel 1364 i principi di Mosca si fregiano del diritto ereditario di Gran Principe di Vladimir. Ha inizio dunque la “riunione delle terre russe”, che i principi di Mosca sentono come una loro missione.
La Moscova è uno Stato patrimoniale, in cui il principe tratta i sudditi e la loro proprietà secondo il totale suo arbitrio. Il controllo delle risorse dei principati rafforza l’egemonia moscovita. Tra il 1380 e il 1382 il principe Demetrio Donskoj (1350-1389, Gran Principe di Mosca dal 1362) ritiene giunto il momento di sfidare apertamente i Mongoli. L’Orda d’oro infatti è percorsa da forti tendenze centrifughe.
Nella seconda metà del secolo numerosi conflitti interni la indeboliscono sia nei confronti della crescente potenza polacco-lituana (Kiev diventa lituana nel 1363), sia di Tamerlano, che sbaraglia gli eserciti tartari nel 1395 determinandone la completa crisi. I Moscoviti decidono di lanciare un’offensiva contro i Tartari e l’8 settembre 1380 ottengono una straordinaria vittoria a Kulikovo. Ma due anni dopo si scatena la vendetta dei Mongoli, che bruciano Mosca. Alla fine del XIV secolo è comunque evidente che i Moscoviti, sebbene restino ancora vassalli dell’Orda d’oro, sono diventati i più potenti della regione.
La Chiesa ortodossa è l’unica istituzione che resiste all’urto dei Mongoli e nel corso del XIII e del XIV secolo costituisce la sola forza in grado di cementare e mantenere in vita l’unità dei Russi. In particolare è il monachesimo che impedisce alla Russia di trasformarsi in una società asiatica.
Proprio grazie a questa funzione che svolge per due secoli, la Chiesa ortodossa ha una forte capacità di penetrazione nell’ambito della società russa, che diventa profondamente clericalizzata. Con la distruzione di Kiev del 1240, il metropolita fugge al Nord. Nel 1299 Massimo (metropolita di Kiev, Vladimir e di tutta la Rus’ dal 1283 al 1305) elegge Vladimir come propria residenza. Con lo scoppio delle rivalità tra Tver’ e Mosca, la Chiesa ortodossa si schiera con la seconda. I principi di Mosca, a partire da Ivan I Kalita, sono infatti molto generosi verso il clero e ricevono in cambio l’appoggio dalle gerarchie ecclesiastiche, che irradiano sul loro potere politico anche il carisma religioso. Nel 1328 il metropolita Pietro I si stabilisce a Mosca, dove verrà sepolto nel 1336 all’interno del Cremlino e successivamente proclamato santo patrono delle città.