I servizi per l’impiego e le politiche attive del lavoro
L’avvio della nuova legislatura, pur caratterizzato dalle note difficoltà politiche, è connotato da evidenti continuità nell’opera di progressiva definizione del disegno di riforma di servizi per l’impiego e delle politiche attive del lavoro. Il percorso si è sviluppato lungo le due principali direttrici segnalate nei precedenti contributi1: da un lato ha compiuto ulteriori progressi il ripensamento dell’impianto istituzionale ed organizzativo, dall’altro lato si è consolidata l’azione volta a dare effettività, anche mediante azioni sperimentali (basti pensare alla “garanzia per i giovani”), alle politiche delineate dalle riforme legislative in programma, quasi a voler “testare” alcune scelte prima di renderle definitive.
Il cammino percorso in avvio di legislatura per l’edificazione del nuovo sistema è risultato lento ma è altrettanto vero che, mediante graduali tappe di avvicinamento all’obiettivo, il legislatore e l’esecutivo si sono mostrati univocamente orientati a superare il modello istituzionale ed organizzativo adottato nei due decenni precedenti (quello fondato sulla ripartizione di competenze legislative tra Stato e regioni sancita nel 2001 dalla riforma del Titolo V della Costituzione2 nonché sulla devoluzione di ampi poteri amministrativi alle province, a suo tempo prevista dal d.lgs. 23.12.1997, n. 469 e dal d.lgs. 10.9.2003, n. 276).
Per quanto concerne il primo dei due fronti sopra citati, l’elenco delle principali novità deve necessariamente iniziare con la segnalazione del d.d.l. costituzionale n. 1429 «Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte seconda della Costituzione», approvato in prima lettura dal Senato il giorno 8.8.2014.
L’avvio della complessa e, come noto, non rapida procedura legislativa di modifica della Costituzione, non solo non ha rallentato ma sembra aver stimolato il Governo a sostenere il varo di leggi ed a predisporre disegni di legge volti a ridefinire, con importanti effetti anche per la materia in esame, il quadro dei soggetti istituzionali in campo, il ruolo ad essi affidato e la relativa ripartizione di compiti. A testimonianza di questo atteggiamento particolarmente attivo possono essere citati la l. 7.4.2014, n. 56, «Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni» ed il notissimo d.d.l. delega n. 1428/2014, cd. Jobs Act, approvato dal Consiglio dei Ministri in data 12.3.2014 ed approvato dal Senato, in prima lettura, l’8.10.20143.
Invero, su questo versante può essere segnalato anche l’impegno di alcuni esecutivi regionali; ne è un esempio la proposta di legge regionale recentemente approvata dalla Giunta regionale della regione Toscana contenente, tra l’altro, norme per l’istituzione di una Agenzia regionale per il lavoro4.
Sul secondo fronte, va registrato il varo della “garanzia per i giovani”, quale sperimentazione di un modello cooperativo di politica attiva del lavoro tra Stato e regioni e banco di prova su cui misurare la capacità del Paese di affrontare sfide impegnative, seppur, come nel caso in esame, mirate ad una specifica categoria di soggetti in difficoltà occupazionale (i giovani).
L’area riguardante i servizi per l’impiego e le politiche attive del lavoro è stata oggetto di viva attenzione da parte del Governo (mediante la presentazione di disegni di legge), da parte del legislatore statale nonché da parte delle regioni.
Nelle pagine che seguono vengono illustrati i principali provvedimenti legislativi approvati o in discussione ai diversi livelli istituzionali al fine di dare conto delle tappe e dei contenuti di quello che sempre più appare un difficile e non breve processo di riforma.
2.1 Cenni sulle principali novità del d.d.l. costituzionale
Il citato d.d.l. costituzionale,modificando anche il Titolo quinto della parte seconda della Costituzione (ed in specie gli artt. 114, 117 e 118), prefigura due importanti cambiamenti destinati ad incidere sulla materia in esame.
In primo luogo è prevista la soppressione delle province (v. art. 31, tendente alla modifica dell’art. 118 Cost.) con effetti rilevantissimi, come diremo tra breve, sull’attuale assetto istituzionale ed organizzativo dell’attuale sistema.
In secondo luogo, il d.d.l. costituzionale, all’art. 30 (articolo volto alla modifica del vigente art. 117 Cost.), si propone di incidere sul riparto di competenze legislative eliminando, sulla scia delle critiche da tempo sollevate dalla dottrina e sulla base dell’esperienza altamente conflittuale registrata nel decennio trascorso, la ripartizione di competenze legislative di tipo “concorrente”5; queste ultime “migrano” in parte significativa alla competenza statale6. In questa prospettiva sono destinate a sopravvivere, quindi, solo competenze legislative statali o regionali, individuate mediante specifica elencazione. Invero, questa impostazione lascia comunque spazio ad aree soggette a reciproca interferenza legislativa. Al citato art. 30 è ribadita, infatti, la competenza legislativa esclusiva dello Stato per quanto concerne la “determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale”, competenza trasversale che travalica i confini relativi alle materie di competenza legislativa regionale. Inoltre, vi sono materie su cui è attribuita allo Stato la competenza legislativa esclusiva in materia di “disposizioni generali e comuni”: “tutela della salute”, “sicurezza alimentare” e “tutela e sicurezza del lavoro”; in questi campi, dunque, oltre alla legislazione statale potranno essere approvate leggi regionali volte a disciplinare aspetti che non abbiano carattere generale e comune a tutte le regioni.
Infine, va segnalato che il d.d.l. costituzionale in esame, traendo chiara ispirazione da un’analoga disposizione presente nella Costituzione tedesca, prevede che, solo su iniziativa del Governo, la legge dello Stato possa intervenire in materie non riservate alla legislazione esclusiva «quando lo richieda la tutela dell’unità giuridica o economica della Repubblica, ovvero la tutela dell’interesse nazionale»7. Consapevole dei problemi del nostro “federalismo amministrativo” e memore dei problemi a suo tempo manifestati anche dal “federalismo intrecciato”8 adottato in Germania (risolti solo con la modifica della Costituzione e con pronunce della Corte costituzionale9), il d.d.l. in esame propone quindi una “clausola di sicurezza” istituzionale.
Come detto, anche la materia «tutela e sicurezza del lavoro» (attualmente materia a competenza concorrente) nel cui ambito rientrano, secondo il pronunciamento della Corte costituzionale10, i servizi per l’impiego e le politiche attive del lavoro, è investita da questi cambiamenti. Ad una prima lettura della norma pare ragionevole sostenere che la sfera di competenza legislativa statale è destinata, secondo quanto emerge dal testo approvato in prima lettura dal Senato, ad essere ampliata: il potere dello Stato, limitato dal vigente art. 117 Cost., per le materie a competenza concorrente, alla fissazione dei «principi fondamentali», risulterebbe in futuro allargato ad interventi legislativi più pervasivi, a seguito del ricorso alla dizione «disposizioni generali e comuni»; a quest’area, si ricordi, va inoltre aggiunta la potestà legislativa esclusiva in materia di «livelli essenziali delle prestazioni».Dovrebbero in tal modo essere superate all’origine alcune aree di conflitto emerse nel decennio trascorso. Mi riferisco, ad esempio, alle controversie in merito alla disciplina dello stato di disoccupazione di cui all’art. 4 d.lgs. 21.4.2000, n. 181, tema fondamentale per dare effettività alle disposizioni riguardanti la cd. “condizionalità” (si pensi alle regole sull’accertamento, verifica e durata di tale stato e soprattutto le regole per il mantenimento, la sospensione o la perdita dello stesso)11.
Va comunque sottolineato che la materia in esame permane soggetta ad un duplice intervento legislativo, poiché, ad integrazione delle sopra citate «disposizioni generali e comuni» o per la disciplina di aspetti non considerati dalla legislatore statale, è ammesso l’intervento legislativo, più puntuale, delle regioni.
2.2 Servizi per l’impiego e superamento delle province
Il processo volto, in un primo tempo, al riordino e, successivamente, al superamento definitivo delle Province, tocca profondamente il sistema italiano di servizi per l’impiego e di politica attiva del lavoro come lo abbiamo conosciuto negli ultimi quindici anni (a partire dal d.lgs. n. 469/1997). Le Province sono risultate infatti protagoniste dell’esperienza di costruzione di tale sistema nel nostro Paese (forse anche al di là degli intenti del legislatore delegato del 1997, il quale sembrava voler incentrare il nuovo assetto istituzionale su «sistemi regionali per l’impiego»12) e l’orientamento volto al loro superamento apre indubbiamente il problema della riallocazione delle funzioni e dei compiti ad esse a suo tempo affidati, a partire da quelli relativi alla gestione dei Centri per l’impiego.
Come detto, il superamento delle province è affidato ad un graduale processo che ha il suo traguardo nella soppressione dell’istituzione provinciale ad opera del citato d.d.l. di riforma costituzionale.
Nel frattempo il legislatore ordinario sta provvedendo a ridisciplinare, potremmo dire “in via transitoria”, l’attività delle province quali enti di area vasta . I co. da 51 a 100 della l. n. 56/2014, oltre alla ridefinizione degli organi della provincia ed alla trasformazione del sistema di elezione degli stessi13, individuano le «funzioni fondamentali» dell’istituzione (v. il co. 85). Per quanto ci riguarda più direttamente dobbiamo segnalare che tra queste ultime non rientrano più le funzioni ed i compiti di cui all’art. 2, co. 1 del d.lgs. n. 469/1997 e più precisamente quelli relativi a tutte le forme di collocamento, alla «preselezione ed incontro tra domanda ed offerta di lavoro», nonché alle «iniziative volte ad incrementare l’occupazione e ad incentivare l’incontro tra domanda ed offerta di lavoro anche con riferimento all’occupazione giovanile»14. Viene a mancare, inoltre, anche l’affidamento della gestione ed erogazione dei servizi connessi alle funzioni ed ai compiti sopra indicati tramite strutture denominate «Centri per l’impiego»15.
L’allocazione di tali funzioni e compiti (come di tutti quelli non rientranti nell’elencazione di cui al citato co. 85) è stata demandata ad un’intesa tra Stato e regioni, sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, sancita in sede di Conferenza Unificata (v. co. 91) e da raggiungere entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della l. n. 56/2014 (cioè entro l’8.7.2014). In proposito deve essere segnalato che un primo protocollo d’intenti tra Stato, regioni, comuni e province circa l’attuazione della l. n. 56/2014 è stato raggiunto il 5.8.2014; la definizione puntuale di quanto richiesto dal sopra citato co. 91 è stata demandata ad una successiva intesa, raggiunta in sede di Conferenza Unificata in data 11.9.201416.
All’intesa sopra indicata dovrà far seguito, per gli ambiti di rispettiva competenza, l’intervento dello Stato e delle regioni. Per quanto riguarda queste ultime, esse si sono impegnate, nell’intesa sopra citata, ad adottare le iniziative legislative di loro competenza entro il 31.12.2014. Decorso tale termine senza che la regione abbia provveduto, potrà essere esercitato il potere sostitutivo dello Stato, in applicazione dell’art. 8 l. 5.6.2003, n. 131 (art. 1, co. 95).
È interessante però notare che queste disposizioni di carattere generale non trovano applicazione immediata nel campo dei servizi per l’impiego e delle politiche attive del lavoro. Il sopra citato Accordo in sede di Conferenza Unificata prevede infatti che «lo Stato e le Regioni, per le funzioni che rientrino nell’ambito di applicazione di disegni di legge delega o di deleghe già in atto relative a riforme di settori organici di cui all’allegato 1…(d.d.l. delega n. 1428/2014, limitatamene all’art. 2 in materia di riforma di servizi per l’impiego), sospendono l’adozione di provvedimenti di riordino fino al momento dell’entrata in vigore delle riforme in discussione.
Fino a tale data le predette funzioni, nel rispetto del principio di continuità amministrativa, continuano ad essere esercitate dagli enti di area vasta o dalle città metropolitane a queste subentrate».
In verità, al completamento del mosaico mancherebbero comunque altri tasselli. Sempre entro l’8.7.2014, con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri previa intesa in Conferenza unificata, avrebbero dovuto essere stabiliti i criteri generali per l’individuazione dei beni e delle risorse umane e finanziarie connesse alle funzioni da trasferire dalle province agli altri enti (art. 1, co. 92). Come è ovvio, anche questa parte del processo di riorganizzazione è stata, necessariamente rallentata. In data 11.9.2014 la Conferenza Unificata ha raggiunto un’intesa sullo schema di tale d.P.C.m. (che resta in attesa, quindi, del perfezionamento della procedura di approvazione)17. Prima di concludere sul punto, è opportuno dedicare qualche breve riflessione a quella parte della l. n. 56/2014 (art. 1, co. da 5 a 50) che dà effettività alla disposizione costituzionale istitutiva delle «Città metropolitane». Con essa si affaccia un nuovo soggetto destinatario di funzioni amministrative e ciò che più interessa ai nostri fini è sapere se alla «Città metropolitana» vengono affidate funzioni riguardanti i servizi per l’impiego e politiche attive del lavoro. Il co. 44 affida alle nuove istituzioni le «funzioni fondamentali» delle province e dispone che altre possano essere ad esse attribuite
nell’ambito del processo di riordino delle funzioni delle province. Inoltre, ai sensi dell’art. 117, co. 2, lett. p), sono esplicitamente elencate ulteriori funzioni tra cui, al punto e), «la promozione ed il coordinamento dello sviluppo economico e sociale, anche assicurando supporto e sostegno alle attività economiche ….».
Dall’insieme di queste disposizioni può dedursi che le Città metropolitane, pur non essendo richiamate espressamente quali destinatarie di funzioni in materia di servizi per l’impiego e politiche attive del lavoro, qualora coinvolte dallo Stato o dalle regioni nel disegno di riorganizzazione delle funzioni svolte in precedenza dalle province, potrebbero candidarsi, a secondo delle soluzioni che prevarranno, a partecipare alla istituzione, insieme alle regioni ed alle province autonome, della Agenzia nazionale per l’occupazione (di cui diremo più avanti) od a ritagliarsi un ruolo nella istituzione delle Agenzie regionali o, ancora, ad essere affidatarie di funzioni e compiti in materia.
2.3 L’Agenzia nazionale per l’occupazione
L’art.1, co.3 e 4,del citatod. d.l. delegan.1428/2014, nel testo approvato dal Senato della Repubblica in prima lettura in data 8.10.2014, persegue un obiettivo ambizioso: colmare il divario sul piano istituzionale-organizzativo che ci separa da molti altri Paesi europei nel campo dei servizi per l’impiego e delle politiche del lavoro mediante l’istituzione di una Agenzia nazionale per l’occupazione18. In verità già nel 1995 venne esperito un primo tentativo in questa direzione, purtroppo quasi immediatamente accantonato19.
Ora il Governo ritorna sul tema e, nell’intento di dare effettività ai «livelli essenziali delle prestazioni» concernenti i servizi per l’impiego e le politiche attive del lavoro (a partire da quanto previsto dall’art. 3 d.lgs. n. 181/2000, come modificato dalla l. 28.6.2012, n. 92) nonché di «assicurare l’esercizio unitario delle relative funzioni amministrative», manifesta la volontà di procedere alla istituzione, ai sensi dell’art. 8 d.lgs. 30.7.1999, n. 300, di una Agenzia nazionale partecipata da Stato, regioni e province autonome.
La descrizione dell’area di intervento dell’Agenzia necessita di precisazioni in relazione ad almeno due profili. In primo luogo è importante richiamare l’attenzione sull’attribuzione alla nuova struttura di «competenze gestionali in materia di servizi per l’impiego, politiche attive e Aspi» (art.1, co. 4, lett. e). L’intreccio tra politiche attive (erogazione di servizi ed attuazione di interventi a sostegno dell’inserimento o reinserimento lavorativo) e politiche passive (indennità concesse in relazione allo stato di disoccupazione od alla sospensione dal lavoro per ragioni economiche) è dunque uno dei più innovativi obiettivi perseguiti dalla riforma; ne consegue, dal punto di vista organizzativo, che l’Agenzia è destinata ad ampliare il proprio orizzonte d’azione, anche trovando forme di interazione con l’INPS, come conferma il punto r) del co. 4 dell’articolo in esame che, tra i principi e criteri direttivi per l’attuazione della delega, inserisce anche la individuazione di «meccanismi di raccordo tra l’Agenzia e l’INPS, sia a livello centrale che a livello territoriale».
Il secondo aspetto che merita approfondimento è relativo al rapporto tra Stato e regioni come emerge dal punto e) del co. 4 sopra citato. La formulazione originaria di cui all’art. 2, co. 2, d.d.l. delega governativo («attribuzione all’Agenzia delle competenze gestionali…») ha ingenerato nelle regioni il timore di una riorganizzazione in chiave “centralistica” del sistema, inducendole a denunciare sia la possibile lesione delle competenze loro attribuite dal vigente art. 117 della Costituzione che la cesura tra le competenze in materia di formazione professionale (di competenza legislativa regionale di tipo “esclusivo residuale”) e le competenze concorrenti in materia di «tutela e sicurezza del lavoro». Anche alla luce di tali obiezioni, il Senato ha modificato il punto e) adottando una espressione («attribuzione all’Agenzia di competenze gestionali ...”) che elimina l’esclusivo riconoscimento allo Stato di competenze gestionali nella materia in esame. La nuova formulazione lascia intravedere una concezione più equilibrata del rapporto tra Stato e regioni, senza per questo rinunciare a fissare con precisione, su alcuni punti qualificanti, i confini della competenza statale. A conferma di questa impostazione, possono essere segnalati, tra i principi e criteri direttivi previsti dall’art. 1, co. 4 e 5), i punti che:
attribuiscono allo Stato (leggi «Ministero del lavoro e politiche sociali») le competenze in materia di «verifica, controllo e rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni che devono essere garantite su tutto il territorio nazionale», anche rafforzando le funzioni di monitoraggio e valutazione20;
prevedono l’impegno di tutti i soggetti, mediante ricorso alle tecnologie informatiche secondo le regole tecniche in materia di interoperabilità e scambio dei dati definite dal codice di cui al d.lgs. 7.3.2005, n. 82, ad assicurare il conferimento al sistema nazionale per l’impiego delle informazioni relative ai posti di lavoro vacanti21;
promuovono la revisione degli adempimenti riguardanti il libretto formativo del cittadino al fine di integrarlo nell’ambito dei sistemi nazionali statistico-informatici sul mercato del lavoro previsti dalla l. n. 92/2012 e dalla l. 9.8.2013, n. 99 (e cioè la «dorsale informativa» e la «banca dati politiche attive e passive del lavoro»)22.
Quasi a far da contrappeso alla più puntuale definizione del ruolo dello Stato, il co. 4 afferma che saranno «mantenute in capo alle Regioni ed alle Province autonome le competenze in materia di programmazione di politiche attive del lavoro»23.
Il nuovo quadro normativo dovrebbe svilupparsi mediante decreti legislativi da emanarsi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge delega, previa intesa in sede di Conferenza permanente tra Stato, regioni e province autonome, ai sensi dell’art. 3 d.lgs. 28.8.1997, n. 28124. Questo approccio cooperativo indica il percorso privilegiato che si intende seguire ma non mancano disposizioni di “salvaguardia” nel caso di mancata intesa. Qualora entro il termine sopra indicato non si dovessero creare le condizioni per un disegno condiviso, il Consiglio dei Ministri potrà provvedere con deliberazione motivata.
Quanto agli aspetti che investono più direttamente la istituzione dell’Agenzia, è bene essere consapevoli che essa nasce senza investimenti aggiuntivi («senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica») ma solo con operazioni di razionalizzazione degli enti strumentali e degli Uffici del Ministero del lavoro e politiche sociali, compresa la possibilità di far confluire nei ruoli dell’Agenzia il personale di queste o di altre amministrazioni25.
In questo quadro resta indefinita una questione centrale e cioè a quale istituzione faranno capo in futuro gli oltre cinquecento Centri per l’impiego ed il relativo personale26. La risposta, prima ancora che nel disegno di legge delega in esame, va ricercata negli artt. 117 e 118 del Titolo V della Costituzione (nella versione attualmente vigente oppure in quella in fase di gestazione e che potrebbe essere in vigore al momento di emanazione dei decreti legislativi) a cui necessariamente il Governo, nell’esercizio della delega, dovrà conformarsi.
2.4 Iniziative legislative regionali
Nel tentativo di prospettare un assetto istituzionale ed organizzativo di tipo «federale», «basato su un modello di governance unitario del sistema, articolato su una rete composta da un’Agenzia nazionale e da Agenzie regionali, responsabili della gestione dei servizi, che implementano ed organizzano gli interventi sul territorio in un’ottica di collaborazione tra pubblico e privato»27, la Giunta della regione Toscana ha approvato una proposta di legge regionale che, nell’ambito di un’ampia rivisitazione dei comparti dell’educazione, istruzione, orientamento, formazione professionale e lavoro, prevede la istituzione di una «Agenzia regionale per il lavoro»28. Ad essa la Giunta propone di affidare le funzioni ed i compiti in materia di collocamento, servizi per l’impiego e politiche attive del lavoro a suo tempo conferiti alle province. Ne consegue che i Centri per l’impiego sono concepiti come strutture periferiche dell’Agenzia regionale. Peraltro, questo impianto non è del tutto incompatibile con l’idea di una «Agenzia nazionale». Come esplicitato nella relazione di accompagnamento alla proposta di legge, si tende a prefigurare quest’ultima come parte di una rete nazionale, articolata in una struttura nazionale (l’Agenzia nazionale) ed in Agenzie regionali.
L’analisi svolta consente di individuare la direzione verso cui si sta orientando la riforma ma offre solo alcuni punti certi di approdo.
Nel complesso è un sistema che appare ancora in divenire, in cui è chiaro ciò che è oggetto di graduale smantellamento (l’assetto dei servizi per l’impiego e delle politiche del lavoro incentrato sulle province) mentre non è ancora definito il modello istituzionale ed organizzativo destinato a subentrare.
I tratti fondamentali di quest’ultimo dipenderanno dall’attribuzione della principale eredità delle province, cioè dalla individuazione del soggetto a cui verranno affidati i Centri per l’impiego e, conseguentemente, le funzioni da essi attualmente svolte. Stiamo vivendo, dunque, una classica fase di transizione aperta a esiti diversi e non ancora del tutto intellegibili.
A rendere difficile la lettura organica dei provvedimenti adottati od in gestazione concorre anche la loro successione temporale: l’approvazione della riforma costituzionale, che definirà la cornice istituzionale del nuovo sistema, giungerà in porto (a seguito delle quattro letture parlamentari richieste) solo nel 2015 mentre alcuni provvedimenti di legislazione ordinaria sono già stati adottati ed altri sono in fase avanzata di approvazione da parte del Parlamento (si pensi al provvedimento legislativo noto come cd. Jobs Act ed in particolare alla parte di esso relativa alla istituzione dell’Agenzia nazionale per l’occupazione).
Tra elementi già definiti e nodi che rimangono da sciogliere (probabilmente rinviati alla fase successiva alla riforma del Titolo V della Costituzione), la materia in esame si presenta come un mosaico formato da tessere ad incastro che vengono a maturazione in successione temporale non lineare. Ciò rende quindi più arduo il compito del legislatore di definire un nuovo ed organico assetto istituzionale ed organizzativo (e non meno difficile il compito di chi è chiamato a ricostruire le tappe di questo processo ed a prefigurarne gli esiti sui punti più qualificanti).
1 Cfr. Varesi, P. A., Politiche attive e servizi per l’impiego, in Il libro dell’anno del diritto 2013, Roma, 2013, 396.
2 V. le modifiche al Titolo V della Costituzione apportate dalla l. cost. 18.10.2001, n. 3.
3 V. d.d.l. delega n. 1428/2014 «Deleghe in materia di riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, nonché in materia di riordino dei rapporti di lavoro e di sostegno alla maternità e alla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro», approvato dal Senato della Repubblica l’8.10.2014, in sede di prima deliberazione, ed ora all’attenzione della Camera dei Deputati.
4 V. regione Toscana, Proposta di l.r. n. 340 approvata dallaGiunta regionale il 3.7.2014, concernente «Modifica alla l.r. 26 luglio 2002 n. 32 (Testo unico della Regione Toscana in materia di educazione, istruzione, orientamento, formazione professionale e lavoro)».
5 Cfr. Carretti, P., La riforma del Titolo V della Costituzione, in Rivista Associazione Italiana dei Costituzionalisti - A.I.C., Atti del seminario su «I costituzionalisti e le riforme», Università di Milano, 28.4.2014, 2014, n. 2, 1-2.
6 Cfr. La riforma del Senato e del Titolo V nel d.d.l. costituzionale di iniziativa del Governo – Note di sintesi, Servizio studi del Senato, dossier n. 125, Roma, 2014, 18.
7 V. art. 72 della Costituzione tedesca che si esprime con le stesse parole utilizzate dal d.d.l. costituzionale italiano: lo Stato tedesco è, infatti, legittimato a legiferare a tutela «dell’unità giuridica e dell’unità economica» del Paese.
8 V. Sartori, A., Servizi per l’impiego e politiche per l’occupazione in Europa, Maggioli, 2013, 235-236. L’autrice segnala, in proposito, come in un primo tempo fosse stato creato un complicato e frammentato sistema di due o addirittura tre one-stop shop, somigliante più ad un patchwork che ad una Agenzia ben governata, sollevando le severe critiche della dottrina (v. in proposito Kemmerling, A.-Bruttel, O., New Politics in German labour Market Policy?The implication of recent Hartz Reforms for the German Welfare State,WZB Discussion Paper, n. 101, 2005, 17 in www.econstore.eu).
9 V. Konle-Seidl R., Changes in the governance of employment services in Germany since 2003, IAB Discussion Paper, n. 10, 2008, 15-18.
10 V. C. cost., 28.1.2005, in Riv. giur. Lav., 2005, con nt. di Garilli, A., La riforma del mercato del lavoro al vaglio della Corte costituzionale, 449. Questa lettura era stata già prospettata dalla dottrina: v. in proposito Carinci, F.,Una riforma rimasta orfana, in Lav. pubbl. amm., 2002, 5; Treu, T., La riforma dei servizi per l’impiego e le competenze regionali, inMagnani,M.-Varesi, P.A., Organizzazione del mercato del lavoro e tipologie contrattuali, Torino, 2005, 51;Magnani,M., Il lavoro nel Titolo V della Costituzione, in Argomenti dir. lav., 2002, 655-656; Varesi, P.A., Regioni e politiche attive del lavoro dopo la riforma costituzionale, in Lav. pubbl. amm. , 2002, suppl. al fascicolo 1, in specie 122-126.
11 V. Liso, F., La disciplina regionale della disoccupazione di fronte alla Corte costituzionale, nota a C. cost., 13.7.2007, n. 268 in Dir. rel. ind., 2008, 2, 330 e ss.
12 L’art. 4 del d.lgs. n. 468/1997 è intitolato non a caso «Criteri per l’organizzazione del sistema regionale per l’impiego», espressione della volontà di costruire venti sistemi regionali in dialogo con ilGoverno centrale (e non cento piccoli sistemi provinciali).
13 Per cui l’istituzione provinciale passa da un sistema a elezione popolare diretta ad un sistema elettivo di secondo livello.
14 L’attribuzione alle province di tali funzioni e compiti è stata imposta alle regioni dall’art. 4 , co. 1, lett. a), del d.lgs. n. 469/1997.
15 L’affidamento alle province dei “Centri per l’impiego” è previsto all’art. 4, co. 1, lett. e) del d.lgs. n. 469/1997.
16 Tale accordo prevede che «ciascuna Regione provveda a definire l’elenco delle funzioni esercitate dalle rispettive Province, non riconducibili alle funzioni fondamentali di cui all’art. 1, comma 85 del legge n. 56/2014 e ad operarne il riordino nel rispetto dei principi fondamentali e secondo le modalità concordati nel presente Accordo» (v. il testo su www.statoregioni.it).
17 V. la lettura del testo completo si rinvia a www.statoregioni.it
18 Sull’assetto istituzionale ed organizzativo dei servizi per l’impiego e delle politiche del lavoro in Europa v. Sartori, A., Servizi per l’impiego e politiche per l’occupazione in Europa, cit., 2013. Benché incentrati sull’analisi delle politiche, offrono ricostruzioni interessanti anche in merito agli aspetti organizzativi: Lagala, C.-D’Onghia,M., Politiche di attivazione dei disoccupati in Europa, Roma, 2010; Loy, G., a cura di, Diritto del lavoro e crisi economica, Roma, 2011; Eichhorst, W.- Kaufman, O.-Konle-Seidl, R. (eds), Bringing the jobless into work? Experiences with Activation Schemes in Europe and the US, Springer – Verlag, Berlin Heidelberg, 2008.
19 V. il d.d.l. n. 1865 «Disposizioni in materia di organizzazione del mercato del lavoro» presentato il 21.7.1995 su proposta delMinistro del lavoro T. Treu. Il testo prevedeva l’istituzione di un’Agenzia nazionale del lavoro, articolata regionalmente, e governata da Stato e regioni. La proposta e numerosi commenti sono rinvenibili in Carinci, F., a cura di, Decentramento istituzionale e politiche del lavoro, in Dir. prat. lav., 1995, n. 50, inserto. Questa proposta e quella contenuta nel d.d.l. delega in esame non vanno confuse con le Agenzie regionali di cui all’art. 24 della l. 28.2.1987, n. 56; queste ultime, infatti, erano uffici periferici dell’amministrazione centrale (quindi usurpavano la definizione “regionali”) e non avevano compiti gestionali nel campo dei servizi per l’impiego e delle politiche attive del lavoro.
20 V. art. 1, co. 4 lett. t) e m).
21 V. art. 1, co. 4, lett. bb).
22 V. art. 1, co. 5, lett. i).
23 V. art. 1, co. 4 lett. u).
24 Art. 1, co. 3.
25 V. art. 1, co. 4, lett. f), h), i), l),
26 Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Rapporto di monitoraggio dei servizi per l’impiego, Roma, dicembre 2013.
27 Cfr. Osservazioni e proposte di emendamento delle regioni e province autonome al citato d.d.l. delega n. 1428/2014 adottate dalla Conferenza delle regioni e province autonome in data 15.5.2014.
28 V. la Proposta di l.r. regione Toscana n. 340, approvata dallaGiunta regionale il 3.7.2014, concernente «Modifica alla l.r. 26 luglio 2002 n. 32 (Testo unico della regione Toscana in materia di educazione, istruzione, orientamento, formazione professionale e lavoro)» ed in particolare gli artt. da 21 a 33.