I signori del rating
Quanto sono affidabili le agenzie di valutazione del credito? I loro giudizi influiscono pesantemente sul mercato e sul destino stesso dei governi. Ma in passato, dal caso Enron a Lehman Brothers, hanno dimostrato di non essere infallibili.
Il termine rating deriva dall’inglese to rate che significa giudicare, valutare; il rating, in generale, è pertanto una valutazione di tipo qualitativo. Per rating del credito si intende un servizio d’informazione offerto a investitori e consumatori in merito al valore creditizio di un ente, di un debito o di un’obbligazione finanziaria emesso utilizzando un sistema di classificazione in categorie predefinite. Il credit rating è uno strumento informativo importante poiché consente all’investitore di allocare le proprie risorse con cognizione dei rischi e con il vantaggio della facile comprensibilità; permette il risparmio di costi di finanziamento in capo agli emittenti dotati di un buon rating e limita la discrezionalità degli intermediari che devono giustificare le loro politiche di investimento.
Le agenzie di rating nacquero nella seconda metà dell’Ottocento negli Stati Uniti per rispondere alla esigenza degli investitori che chiedevano valutazioni sull’affidabilità e qualità del credito dei grandi progetti infrastrutturali (costruzione di canali, ferrovie, ecc.).
Il mercato del rating conobbe un primo periodo di espansione tra il 1909 e il 1930, una pausa tra gli anni Quaranta e Sessanta e una progressiva crescita a partire dagli anni Settanta fino a oggi.
Le ragioni dello sviluppo dell’attività di rating sono direttamente correlate alla crescita dei mercati finanziari internazionali: aumento del numero degli investitori, asimmetrie informative, ‘disintermediazione’ creditizia, nuovi prodotti finanziari strutturati e non, globalizzazione, ecc.
La centralità della funzione dei credit rating nei mercati finanziari internazionali è un fatto oggettivo e indiscutibile. Peraltro al riconoscimento di tale ruolo è corrisposta l’ombra di alcuni scandali finanziari (Enron, Worldcom, Parmalat, Bear Stearns, Lehman Brothers), che hanno posto in evidenza limiti intrinseci evidenziando lacune specifiche (negligenza nell’attribuzione dei rating, ritardo nell’aggiornamento degli stessi, ecc.).
Le criticità evidenziate comportano risposte adeguate. È necessario individuare il perimetro dei temi da esaminare. La prima parola chiave è responsabilità: si discute se le agenzie possano o meno essere responsabili per i giudizi che emettono. La questione della responsabilità da rating è un tema aperto, in quanto le agenzie utilizzano disclaimers volti a sottolineare che i rating non rappresentano né consigli di investimento o consulenze finanziarie, né raccomandazioni per la compravendita di specifici titoli. La seconda parola chiave è concorrenza: il mercato del rating è naturalmente oligopolistico; al duopolio composto da Moody’s Investors Service Inc. e Standard & Poor’s Ratings Services Inc. solo di recente si è aggiunta una terza società, Fitch Investors Service Inc. Nasce così la preoccupazione che la carenza di competitività possa avere riflessi sia sul fronte della politica dei prezzi, sia sulla qualità dei servizi resi.
La terza parola chiave è trasparenza: si tratta qui della questione della comunicazione delle metodologie seguite dalle agenzie nell’attribuzione dei rating; l’esigenza è che sia reso noto il processo di elaborazione e approvazione dei rating, imponendo l’obbligo per le agenzie di comunicare e giustificare le ragioni che ne determinano la modifica. La quarta parola chiave è efficienza: le agenzie di rating devono informare la propria struttura organizzativa e orientare la propria attività in modo che sia rispettato il criterio della best practice nelle metodologie utilizzate. Infine l’indipendenza che si rivolge tipicamente alle situazioni di conflitto d’interesse derivanti dal modello issuer-pays, dall’assetto proprietario e dalla longevità delle relazioni d’affari intrattenute dalle agenzie di rating.
L’esperienza normativa è quasi esclusivamente statunitense ed è distinta in tre momenti: l’autoregolamentazione, la vigilanza, la disciplina speciale.
La prima fase viene storicamente collocata tra la metà dell’Ottocento e la metà degli anni Settanta del secolo scorso ed è caratterizzata sostanzialmente dall’agnosticismo del legislatore.
La seconda fase, svoltasi tra la metà degli anni Settanta e la metà degli anni Novanta del secolo scorso, si caratterizza per la sottoposizione più stringente alla vigilanza della SEC (Securities and Exchange Commission) e al riconoscimento del valore economico-finanziario assegnato dalle agenzie.
La terza fase, che va dalla metà degli anni Novanta del secolo scorso ai nostri giorni, invece, è contraddistinta dalla necessità di discipline speciali che attengono sia all’attività sia ai soggetti.
Per quanto riguarda la normativa europea, questa è recente, di carattere comunitario e ha introdotto, fra l’altro, l’obbligo di registrazione per tutti coloro che intendano svolgere in modo professionale l’attività di emissione di rating sul credito.
La supervisione europea
Dall’autunno 2011 un’agenzia dell’Unione Europea, la European Securities and Markets Authority, si occupa di supervisionare le agenzie di rating.
Il suo obiettivo è quello di migliorare la trasparenza e l’affidabilità dei rating stessi, e ha già emanato raccomandazioni in proposito per quanto riguarda la valutazione dei bond emessi da banche e Stati sovrani, due settori oggetto di non poche polemiche in tempi recenti. In particolare, ha criticato l’uso di modificare in blocco le valutazioni di affidabilità, sottolineando la necessità di vagliare caso per caso ogni singola situazione.
Le parole
■ Best practice (migliore pratica). Regole che permettono di raggiungere gli obiettivi con la massima efficienza a parità di qualità di servizio.
■ Debito sovrano. Debito emesso dagli Stati (non da soggetti privati).
■ Disclaimer. Affermazione tesa a definire o a delineare l’estensione di diritti e obblighi tra due soggetti in una relazione legalmente riconosciuta; per estensione, dichiarazione di limitazione delle proprie responsabilità.
■ Issuer-pays. Modello in cui i costi del rating sono pagati dall’emittente (issuer) dei bond di cui viene valutata l’affidabilità. Contrapposto al modello subscriber-pays in cui i costi ricadono su chi sottoscrive i bond in questione.
■ SEC (Securities and Exchange Commission). Ente governativo statunitense preposto alla vigilanza sulla borsa valori. Equivale alla CONSOB italiana.
Gli errori del passato
In occasione della crisi finanziaria del 2008, le valutazioni di importanti agenzie di rating si dimostrarono sbagliate: società come Lehman Brothers e AIG godevano infatti della massima reputazione di affidabilità nel momento in cui fallirono o vennero nazionalizzate. Una performance così imbarazzante può aver contribuito alla prontezza con cui, a partire dal 2009, le stesse agenzie hanno richiamato l’attenzione sui problemi delle economie dell’eurozona, destando l’indignazione degli Stati tirati in ballo e, secondo alcuni, finendo con l’aggravare la crisi dei debiti sovrani europei. Quest’ultima, però, è in ultima analisi dovuta a reali problemi di insostenibilità della spesa pubblica in alcuni paesi dell’eurozona, per cui attaccare le agenzie di rating su questa base equivale a ritenere il latore di una cattiva notizia responsabile per quest’ultima.
I libri
■ Francesca Gennari, La governance delle agenzie di rating, 2010
■ Paolo Gila, Mario Miscali, I signori del rating. Conflitti di interesse e relazioni pericolose delle tre agenzie più temute della finanza globale, 2012
Basilea 2
Basilea 2 è il nuovo accordo internazionale sui requisiti patrimoniali delle banche. In base a esso le banche dei paesi aderenti dovranno accantonare quote di capitale proporzionali al rischio derivante dai vari rapporti di credito assunti. Maggiore rischio significa maggiori accantonamenti, quindi per la banca maggiori costi. Le banche classificano ora i propri clienti in base alla rischiosità, attraverso procedure di rating sempre più sofisticate. Il timore è che l’applicazione dell’accordo possa tradursi in minore credito alle imprese più rischiose e a tassi più elevati. Appare quindi evidente la necessità che le imprese, e in particolare le pubbliche amministrazioni, pongano in essere tutte le politiche, gestionali e di bilancio, atte a rafforzare la propria struttura e la propria immagine per affrontare serenamente l’esame dei rating bancari.
Le altre agenzie
■ A. M. Best (Stati Uniti)
■ Cerved Group (Italia)
■ Credo line (Ucraina)
■ Dagong Global (Cina)
■ Dominion Bond Rating Services
(Canada)
■ Egan-Jones Ratings Company
(Stati Uniti)
■ Japan Credit Rating Agency, Ltd.
(Giappone)
■ Muros Ratings (Russia)