I villaggi olimpici
Il villaggio olimpico, oltre ad alloggiare in maniera confortevole atleti, tecnici e accompagnatori, favorendone il riposo e lo svago quando non sono impegnati in allenamenti e competizioni, ha anche un significato simbolico: tenere unite in armonia e amicizia persone che vengono da ogni angolo della terra. È quindi importante promuovere attività comuni, incoraggiando un'atmosfera distesa. Tra i servizi offerti acquistano così un peso sempre maggiore i servizi ricreativi e culturali, che spesso comportano la realizzazione di strutture permanenti. Grande attenzione va inoltre dedicata alla cucina, che deve essere diversificata per ciascun paese e deve avere particolare riguardo al tipo di attività svolta.
È auspicabile che il villaggio si trovi nelle vicinanze degli impianti sportivi, con i quali sia collegato con mezzi di trasporto frequenti e veloci. Considerata la particolarità degli impianti necessari per alcuni sport (per esempio il canottaggio e la vela) si devono allestire anche dei villaggi secondari o utilizzare le foresterie eventualmente presenti nei centri prescelti.
Visto l'ingente investimento, non va neppure trascurata la destinazione del villaggio al termine dei Giochi; di solito viene trasformato in un quartiere residenziale, vendendone gli appartamenti già in fase di progettazione.
Nel corso di un secolo il numero degli atleti è cresciuto di 42 volte: nel 1896 parteciparono 245 atleti, tutti uomini, nel 1996, l'Olimpiade del centenario, erano 10.300, una cifra che dà un'idea del problema che devono affrontare i comitati organizzatori.
I concorrenti delle Olimpiadi antiche si sistemavano in tende situate all'esterno del sacro recinto, nella pianura lambita dall'Alfeo. Lo stesso faceva il pubblico, che era solo maschile per il divieto imposto alle donne, pena la morte, non solo di partecipare, ma anche di assistere ai Giochi. Ovviamente, le tende si differenziavano per grandezza e comodità a seconda del prestigio o della ricchezza delle persone che ospitavano. Sappiamo, per esempio, che erano sfarzose quelle dei rappresentanti del tiranno Dionigi di Siracusa (iscritto alla corsa delle quadrighe nel 388 a.C.), date alle fiamme dal popolo istigato dall'oratore Lisia.
La grande tendopoli, che brulicava di venditori di cibo e bevande, di mercanti, di giocolieri, di ladri, veniva smantellata al termine dei Giochi, la cui durata passò da un solo giorno a tre, quindi a cinque (nel 472 a.C.) con l'aumentare delle gare.
Non doveva essere facile controllare l'entusiasmo o la rabbia di migliaia di persone, ammassate in un'area relativamente ristretta. Gli ellanodici avevano perciò alle loro dipendenze una sorta di polizia, gli alùtai, muniti di frusta, che mantenevano l'ordine tra gli spettatori e punivano gli atleti scorretti. Fu fustigato, infatti, il bugiardo spartano Lica che, essendo la sua città esclusa dalla XC Olimpiade, si iscrisse alla corsa delle bighe (vincendola) dichiarandosi tebano.
Nel 5° secolo, a ovest del recinto, sorsero dei bagni rudimentali e una piscina scoperta di 24 x 16 m (profonda 1,60 m). Molto più tardi (1°-2° secolo d.C.) i romani sostituirono quelle costruzioni con bagni termali e una locanda. Altri bagni sorsero a nord, alle pendici del monte Cronio, e a sud tra il Leonidaion e il Bouleuterion.
Il Leonidaion, così denominato da Leonida di Nasso, che lo innalzò a proprie spese tra il 330 e il 320 a.C., era una costruzione di 80,20 x 73,50 m posta fuori dal recinto, a sud-ovest. All'esterno presentava un porticato ionico composto da 138 colonne, all'interno un peristilio dorico di 44 colonne intorno a un cortile di 30 m per lato, nel quale, in epoca romana, fu realizzato un laghetto artificiale. Negli ambienti posti tra i due colonnati trovavano ospitalità i forestieri illustri e, al tempo di Pausania, i governatori romani inviati in Grecia. Fra il Leonidaion e la palestra, accanto alle terme romane e all'Ergasterion (il laboratorio di Fidia), sorgeva la residenza dei sacerdoti, il Theokoleon (4° secolo a.C.).
Ai piedi del Cronio sorgeva il Prytaneion (6° secolo a.C.), centro politico e religioso di Olimpia, dove si custodiva l'ara di Vesta con il fuoco sacro perennemente acceso. Nella grande sala rettangolare chiamata Estiatorion pranzavano i sacerdoti e lì si davano banchetti in onore degli olimpionici e dei visitatori di riguardo.
I giudici pare avessero il loro 'ufficio' nel portico meridionale (a sud del Bouleuterion) e alloggiassero nell'Ellanodikaion, che potrebbe essere l'edificio all'angolo sud-est del recinto, in prosecuzione del portico di Eco.
Alle spalle dell'Ellanodikaion sorse poi la casa di Nerone, il 'trionfatore' della CCXI Olimpiade, che aveva fatto spostare al 67 d.C. per potervi partecipare (quei Giochi furono annullati dopo la morte dell'imperatore).
Si hanno notizie sulla sistemazione degli atleti che parteciparono alle Olimpiadi moderne a partire dai Giochi di Londra nel 1908. L'Housing and reception committee redasse un elenco di alberghi e pensioni, nominando tutti i concorrenti soci onorari dell'Istituto Politecnico in Regent Street, carica che dava loro, tra gli altri vantaggi, la possibilità di utilizzarne la piscina, la palestra, il ristorante e un terreno di gioco di 20 acri per la corsa, il tennis e il cricket.
A Stoccolma, nel 1912, gli atleti vennero alloggiati nella Caserma Sud e in alcune scuole. I posti disponibili erano 575 nella caserma, 105 nella Norra Latinläroverket, 200 nella Norra Realläroverket e altrettanti nella Östermalms högre allmänna läroverk. L'Istituto reale di ginnastica offrì 80 posti per le ginnaste e l'accordo tra il Comitato per gli alloggi e l'Ufficio scolastico di Stoccolma assicurò altri posti in tre scuole elementari. Grazie a un'ordinanza reale, i materassi, le lenzuola e gli asciugamani furono presi in prestito dalle riserve della Corona. Anche la Croce Rossa mise a disposizione il materiale di cui disponeva.
Ad Anversa, nel 1920, la Commission de logement, che era presieduta dal conte Henri de Baillet-Latour, sperava di utilizzare gli accampamenti predisposti per le truppe inglesi dopo l'armistizio. Svanita questa possibilità, decise di trasformare alcune scuole in alloggi provvisori e si rivolse al Municipio, alla Croce Rossa e all'esercito per ottenere la biancheria e quanto necessario all'arredamento. Non poté ricevere molto, perché tante risorse erano impegnate per soccorrere gli sfollati del Belgio e della Francia settentrionale, e dovette quindi acquistare quasi tutto ciò che era necessario.
Gli atleti statunitensi furono spartanamente alloggiati nella scuola in via Oudaan e le donne nella foresteria della YWCA (Young women's christian association), quelli francesi nell'École du Rivage, quelli olandesi a bordo della nave Hollandia. Gli atleti italiani trovarono ospitalità a 100 m dallo stadio, in una scuola a un solo piano, a pianta pressoché quadrata con un grande cortile, che disponeva di cucina, sala da pranzo trasformabile in palestra, docce, e dove l'Ente nazionale per il turismo installò anche un ufficio di propaganda (La Gazzetta dello Sport, 23 aprile 1920). I tiratori vennero sistemati tra gli ufficiali a Beverloo, i canottieri in alberghi di Bruxelles.
Molte pagine dei rapporti ufficiali narrano le traversie dei vari comitati organizzatori per trovare le camere, le mense, le palestre necessarie ad atleti, tecnici e accompagnatori. Visto il continuo aumento dei partecipanti e il conseguente lievitare delle spese, tenuto conto dei lavori per l'adattamento dei locali che poi dovevano essere riportati nello stato precedente una volta terminati i Giochi, i comitati cominciarono a porsi il problema di alloggiare gli ospiti in edifici limitrofi appositamente costruiti, che disponessero di ristoranti, spazi di riunione e ricreazione, ambulatori, uffici postali, impianti di allenamento.
Un 'embrione' di villaggio olimpico, con casette in legno dai tetti a due falde in laterizio, edificate frettolosamente nei pressi degli impianti sportivi di Colombes, risale ai Giochi di Parigi del 1924. Gli alloggi disponevano di camere ammobiliate a tre letti. I servizi comuni consistevano in ristorante, lavanderia, barbiere, edicola, custodia valori, ufficio di cambio, ufficio postale. Il villaggio fu dotato anche di telegrafo e di cabine telefoniche.
Pur previsto nel primo progetto della Città Olimpica di Amsterdam, nel 1928 il villaggio non poté tuttavia essere realizzato e lo spazio relativo venne destinato al parcheggio delle auto. Approfittando delle vacanze estive degli alunni, gli alloggi furono quindi rimediati, non senza difficoltà, in alcune scuole. La squadra degli Stati Uniti preferì dormire e mangiare a bordo del piroscafo President Roosevelt (sulla fiancata della nave era scritto "American olympic teams"), quella italiana a bordo della nave Solunto, quella finlandese a bordo della Oihonna.
Il primo 'vero' villaggio olimpico sorse soltanto a Los Angeles nel 1932, alle Baldwin Hills (su parte di uno storico rancho spagnolo), da cui si godeva un meraviglioso panorama. Il suggestivo ingresso del villaggio era costituito da un edificio con pareti di stucco bianco e tetti di tegole rosse, lungo 600 piedi, dove erano i servizi amministrativi, il commissariato, la banca, l'ufficio telegrafico. Vennero costruite 550 casette a pannelli prefabbricati in legno trattato, composte di due stanze con vestibolo e bagno (misuravano 20 x 10 piedi), resistenti al fuoco e insonorizzate, concepite per ospitare ognuna quattro persone.
Numerosi altri edifici accessori completavano il villaggio: cinque grandi padiglioni destinati a cucine e sale da pranzo, cinema, teatro all'aperto con 2000 posti, ospedale, stazione dei pompieri, ufficio postale, palestre, piscine e campi di allenamento, distribuiti su un'area di circa 331 acri, tutta recintata e sorvegliata da autentici cow-boys con tanto di lazos. L'unica pecca fu la mancanza di verde, che avrebbe potuto contrastare il caldo afoso dell'estate californiana. Il prezzo giornaliero per persona, vitto e alloggio compresi, era di appena 2 dollari. Molte star della vicina Hollywood vennero ad allietare gli abitanti del villaggio: Charlie Chaplin, Douglas Fairbanks, Marlene Dietrich, Mary Pickford ecc.
Non erano stati in molti a credere nel successo dell'iniziativa, temendo che la promiscuità fra tante persone di diversa nazionalità, razza, cultura e stato sociale (ben 23 atleti erano di origine aristocratica) potesse creare problemi. Qualcuno arrivò a parlare di 'comunismo'. Si deve alla tenacia e all'abilità di William May ('Big Bill') Garland e di Zack Farmer se il villaggio di Los Angeles fu realizzato e divenne una componente essenziale dei Giochi successivi.
Le donne, invece, alloggiarono al Chapman park hotel, nell'elegante distretto di Wilshire. L'albergo era dotato di camere con bagno, di salotti e di un ristorante con 250 posti.
Nel 1936 agli uomini fu destinato l'attrezzatissimo villaggio a Döberitz, chiamato Dorf des Friedens ("Villaggio della pace"), alle donne due edifici al Reichssportfeld ("Campo sportivo del Reich"). Vista la distanza che separava il bacino di regate dal villaggio, si decise di sistemare i canottieri a Köpenick, nel Castello, nella scuola per ufficiali di polizia e nella scuola Dorothee. Quattro squadre, tra cui quella italiana, trovarono posto a Grünau. I velisti vennero alloggiati a Kiel.
Il villaggio a Döberitz, a 14 km dal Reichssportfeld, sorse nei pressi del campo militare e fu aperto il 1° luglio 1936. Ognuna delle 162 case in muratura disponeva di 8-12 camere a due letti (4 x 3 m), sala comune, bagni con docce, cabina telefonica. Ciascuna casa aveva il nome di una città tedesca, ciascuna strada il nome di una provincia. La decorazione degli edifici fu affidata agli artisti delle Accademie di belle arti del Reich.
Nel Dorf des Friedens sorgevano due grandi caseggiati, in cui si accentravano le funzioni direttive e organizzative: uno era l'edificio d'ingresso, di forma semicircolare, che conteneva l'ufficio del comandante del villaggio, il posto di guardia, gli uffici dell'amministrazione, la banca, l'ufficio postale, la sala delle Nazioni per gli incontri tra atleti e visitatori, il ristorante per i visitatori; l'altro era il grande edificio delle cucine (ogni nazione aveva la propria) e dei ristoranti, con stazione dei pompieri, nel cuore dell'insediamento.
Da ricordare inoltre il Bastione, luogo di ritrovo aperto fino alle 22, con il bar dove si poteva gustare ogni tipo di bevanda analcolica al suono di un'orchestra; la Hindenburg-Haus, con gli uffici delle Federazioni internazionali, un salone per spettacoli teatrali e cinematografici, sale di allenamento per lottatori, pugili e schermidori; il campo di calcio di 105 x 70 m e la pista podistica di 400 m, la palestra coperta per gli allenamenti di ginnasti, pugili e pesisti, nonché la piscina coperta, con vasca di 25 x 12 m con trampolino; un laghetto con locali per la sauna; i servizi sanitari, in funzione giorno e notte. Per trasportare gli atleti dal villaggio agli impianti di gara vi erano a disposizione 200 autobus.
Il Comitato organizzatore preferì non sistemare le atlete in albergo, come era avvenuto a Los Angeles, ma al Reichssportfeld, lontane dal rumore e dal traffico cittadino, e più vicine ai campi di allenamento e di gara: una parte nella Casa delle studentesse (presso il teatro all'aperto), che disponeva di 120 posti; e un'altra nella più grande Casa degli studenti. La Friesenhaus aveva camere a due letti per oltre 400 atlete al primo e al secondo piano, mentre al piano terra erano collocati la ricezione, l'amministrazione, il ristorante, le sale per la lettura e la musica.
Il villaggio olimpico di Tokyo, costituito da bassi padiglioni (sul modello dell'Olympische Dorf berlinese), era previsto a Komazawa, sul lato ovest del nuovo Stadio Olimpico. Le atlete avrebbero trovato alloggio nelle case della Young women's christian association e in alcune scuole, i giornalisti nell'Hotel Daiiti (da costruire), i membri del CIO e dei Comitati nazionali nell'Hotel Imperiale, nell'Hotel Sanno o nell'Hotel Mampei. Alcuni sottopassaggi avrebbero collegato il villaggio allo stadio, permettendo agli atleti di evitare la folla. Il Comitato organizzatore ipotizzò un villaggio più piccolo a Toda per i canottieri e la sistemazione dei velisti in alberghi di Yokohama. Va ricordato che la prima proposta avanzata dal Giappone contemplava un villaggio per le donne accanto a quello degli uomini, cosa che poi non ebbe seguito e non fu realizzata.
Helsinki avviò il 17 gennaio 1939 la costruzione del villaggio olimpico a Käpylä, che avrebbe ospitato poi gli atleti nel 1952. I lavori furono interrotti dall'invasione sovietica. Secondo i progetti, il villaggio doveva comporsi di almeno 30 edifici di 3 piani, con appartamenti di due o tre camere, dotati di bagno e riscaldamento centralizzato, in grado di accogliere 3000 persone. Fu stabilito fin dall'inizio di costruire case permanenti, che avrebbero dovuto essere utilizzate come alloggi popolari al termine dei Giochi. Dall'altra parte della via Mäkelä sorgevano i campi di allenamento e il velodromo, da collegare al villaggio con un ponte (Il Littoriale, 31 marzo 1939). Per le donne si stava costruendo la Scuola delle infermiere a Meilathi, in grado di accogliere 550 atlete.
A Londra, non potendosi affrontare la spesa per la costruzione di un villaggio, gli uomini vennero alloggiati in un ospedale militare e in caserme, scuole e case private; le donne nei college. Gli italiani furono ospitati in padiglioni prefabbricati di legno a Richmond Park, le atlete al Southland College di Wimbledon.
In questa occasione fu realizzato il primo villaggio olimpico a carattere permanente, destinato ad abitazioni civili. Il villaggio di Los Angeles, infatti, era stato demolito dopo i Giochi e quello di Berlino ceduto ai militari.
Helsinki riservò ai partecipanti 7500 posti letto dislocati in diverse località. Il nucleo principale di Käpylä, distante un paio di chilometri dallo Stadio Olimpico, era in grado di ospitare 4800 persone in 13 edifici a più piani (545 alloggi, 1630 camere). Si allestirono inoltre una clinica con 60 letti, un Istituto di fisioterapia e 13 saune. I pasti venivano consumati in un ristorante con 1600 posti, coperto da un tendone. A Käpylä furono in seguito accolti i profughi provenienti dalla Carelia. Il villaggio femminile, ricavato nella Scuola delle infermiere, a un chilometro dallo stadio, disponeva di 64 stanze singole e 198 a tre letti.
Si era in clima di 'guerra fredda' e l'URSS, che partecipava per la prima volta, la Bulgaria, la Cecoslovacchia, la Polonia, la Romania e l'Ungheria (il cosiddetto 'blocco comunista') pretesero di essere separati dalle altre rappresentative: alloggiarono a Otaniemi, a 8 km dal centro di Helsinki, dove ebbero a disposizione 106 camere a due letti e 294 a quattro letti. Nel 1960 questa separazione non si ripeté e nel 1964 americani e sovietici abitarono senza problemi lungo la stessa strada del villaggio, quasi gli uni di fronte agli altri. Il villaggio e il centro polisportivo di Otaniemi, progettati dall'architetto Alvar Aalto, vennero poi inglobati nella locale università.
I concorrenti del pentathlon furono alloggiati nella città di Hameenlinna: immersi in una splendida natura a più di 100 km da Helsinki, erano ospiti dell'esercito finlandese.
Il villaggio olimpico sorse a Heidelberg, a 20 km dal Cricket ground stadium. Era costituito da 365 edifici di uno o due piani, con 841 appartamenti con 2 o 3 camere da letto, soggiorno, cucina, bagno e lavatoio. Vennero approntati 10 cucine e 20 sale da pranzo (self-service), un cinema, una sala di ricreazione, un piccolo ospedale, negozi, una lavanderia, una banca e un ufficio postale. Dopo i Giochi gli alloggi furono destinati alle famiglie bisognose.
Poiché il Comitato organizzatore rinunciò a sistemare le atlete in alberghi o scuole, com'era avvenuto sino ad allora, per la prima volta si può parlare di 'villaggio femminile': venne inserito nella stessa area di quello maschile, da cui lo separava una rete metallica, ma con ingresso indipendente, sotto la vigilanza di soldati dell'esercito australiano. Le sale da pranzo, però, erano in comune.
Altre 600 persone (i canottieri e i loro accompagnatori) trovarono alloggio a Ballarat, in un centro a 110 km da Melbourne, normalmente destinato ad accogliere gli emigrati in attesa che si procurassero una casa.
Roma chiese l'assegnazione dei Giochi del 1940 e del 1944. La sua candidatura fu reclamizzata in particolare da due omonime pubblicazioni del CONI, curate da Bruno Zauli e Raniero Nicolai, intitolate Roma Olimpiaca. Gli impianti si concentravano al Foro Mussolini (oggi Foro Italico) e nell'area compresa tra la via Flaminia, il Tevere e i Parioli.
Il villaggio olimpico nel 1940 doveva sorgere alla Camilluccia, sulla collina che sovrasta il Foro. Erano previsti due grandi edifici: uno per le foresterie, all'ingresso del villaggio, e uno per la direzione, collegati tra loro da una larga strada fiancheggiata da portici, con al centro una piscina scoperta per gli allenamenti. La palestra, le piste di allenamento, una piscina naturale, l'ufficio postale e le villette per gli atleti completavano il complesso, opportunamente dimensionato per fondersi con l'ambiente naturale. Di ben altra consistenza sarebbe stato il villaggio olimpico per i Giochi del 1944: ubicato sulla via Cassia e destinato ad accogliere 5000 atleti, intendeva colpire per la sua monumentalità, palese già nella grande piazza d'ingresso (delimitata da due blocchi a 'C'). Dalla piazza partiva una grande via in fondo alla quale sorgeva un ristorante semicircolare sovrastato da un'alta e massiccia torre che incombeva sulla piazza principale del villaggio. I blocchi delle residenze, dalle varie tipologie, degradavano verso l'esterno. Il mutamento dimensionale dei villaggi per il 1940 e il 1944 ha come elemento di raffronto la contemporanea trasformazione dello stadio dei Cipressi al Foro, costituito solo da terrazze erbose (architetto Enrico Del Debbio), in un monumentale Stadio Olimpico (progetto dell'architetto Luigi Moretti), rimasto incompiuto per il sopraggiungere della guerra.
Il 16 giugno 1955 i membri del CIO riuniti nel Faubourg Saint Honoré a Parigi sotto la presidenza di Avery Brundage assegnarono la XVII Olimpiade a Roma, preferendola a Losanna dopo tre combattuti scrutini. Oltre a costruire adeguati impianti sportivi, nel 1960 si doveva dare ospitalità a circa 8000 persone, tra atleti, accompagnatori e giornalisti. "Occorreva creare un ambiente sereno, accogliente, dalla gradevole architettura distensiva, con ampi spazi verdi, luoghi di convegno e di riposo, nel quale gli atleti potessero ritemprare le loro energie; costruire insomma una piccola città autosufficiente che fosse in grado di lasciare pienamente soddisfatti gli ospiti di una così importante manifestazione. Erano problemi colossali che a prima vista apparvero insolubili" (INCIS, Villaggio Olimpico, quartiere di Roma).
Il 30 ottobre 1957, caduta la proposta di ubicare il villaggio olimpico in una località equidistante dal Foro Italico e dall'EUR, l'apposita commissione scelse il Campo Parioli, un'area degradata tra viale Tiziano, il Tevere e Villa Glori, presso gli impianti di gara del Foro Italico e quelli di allenamento dell'Acqua Acetosa. Con questa decisione si potevano soddisfare tre urgenti necessità della capitale: offrire ospitalità agli atleti, realizzare un imponente complesso residenziale per il ceto medio, bonificare una zona dove centinaia di famiglie si agglomeravano in squallidi tuguri.
Il nuovo quartiere, infatti, sorse grazie a un'apposita convenzione con il CONI, secondo la quale l'INCIS (Istituto nazionale per le case degli impiegati dello Stato), valendosi delle disposizioni della legge 2 luglio 1949, nr. 408 ('legge Tupini'), avrebbe proceduto alla costruzione degli alloggi per ospitare i partecipanti alle manifestazioni olimpiche, destinandoli poi agli impiegati statali. Il progetto del piano urbanistico e delle residenze venne affidato (con trattativa privata) agli architetti Vittorio Cafiero, Adalberto Libera, Amedeo Luccichenti, Vincenzo Monaco e Luigi Moretti.
Dopo la cessione dell'area, di proprietà comunale, si procedette alla demolizione delle fatiscenti costruzioni sorte abusivamente e di ciò che restava del vecchio Ippodromo dei Parioli, aperto nel 1911. Poco distante, anche lo Stadio Torino, già Stadio Nazionale, veniva abbattuto e sostituito da un impianto più moderno, lo Stadio Flaminio. Le attrezzature sportive nella zona furono completate con il Palazzetto dello sport, accanto al quale sorse il Palazzo delle federazioni sportive.
La cerimonia per la posa della prima pietra si svolse il 10 maggio 1958, alla presenza del ministro dei Lavori Pubblici Giuseppe Togni, del sindaco Urbano Cioccetti, del presidente dell'INCIS e del vicepresidente del CONI. Per l'occasione al centro del villaggio venne collocato un cippo romano antico su cui era incisa la scritta 'Villaggio Olimpico 1960' sotto i cinque cerchi: al suo interno fu introdotta una pergamena con le firme delle autorità e dei progettisti. I lavori ebbero inizio in ottobre, completato lo sgombero del Campo Parioli. Furono divisi in cinque lotti, ognuno dei quali raggruppava fabbricati contigui e con caratteristiche simili, e vennero eseguiti da 35 imprese, che impiegarono in media 900 operai al giorno (a volte arrivarono fino a 2000), per un totale di 500.000 giornate lavorative. Tutto si svolse sotto il controllo dei tecnici dell'INCIS, guidati dal segretario generale dell'ente, l'ingegnere Allegra. Il 4 marzo 1959, alla copertura del primo edificio, il cantiere ricevette la visita del capo dello Stato, Giovanni Gronchi.
Sorsero palazzine da 2 a 5 piani, di tipo modernissimo, circondate da zone verdi con pini, lecci e allori, sollevate da terra su pilastri di cemento armato per lasciare completamente libero e tutto percorribile il piano terreno. Oltre a 800 alberi d'alto fusto, nel villaggio furono piantati 8000 tra arbusti e cespugli. Si rispettò al massimo l'ambiente naturale, anzi si fece del verde l'elemento più importante del progetto. Con un sapiente gioco di volumi gli edifici vennero disposti in maniera tale da lasciare libera la visuale sia verso la collina di Villa Glori sia verso le sponde del Tevere, armonizzandosi con il paesaggio. Dei 35 ettari del villaggio ben 16 furono destinati al verde, 12 a strade (di larghezza variabile da 12 a 3,50 m), piazze e marciapiedi, 7 alle residenze, ossia appena il 20%.
Il villaggio romano era composto da 1348 appartamenti (714 a est del viadotto di corso Francia, 634 a ovest), con 4723 vani utili e 2960 vani di servizio. Esaminando le tipologie è possibile notare che a ovest del viadotto, parallele a viale Tiziano, sorgevano 5 case di 2 piani a pianta quadrata, con scala centrale e 4 alloggi per piano; 2 case in linea di 5 piani con piccoli appartamenti e chiostrine centrali, con 11 scale e altrettanti ascensori che suddividevano le costruzioni in varie unità separate di 15 appartamenti ciascuna; 4 case in linea di 4 piani, dalla pianta leggermente articolata, 3 con 8 scale e una con 9, che servivano 8 appartamenti ciascuna. A est del viadotto sorgevano 4 case in linea di 4 piani, disposte a formare una corte quadrata, con 16 scale che servivano 8 appartamenti ciascuna; 11 case in linea di 3 piani, con 57 scale che servivano 6 appartamenti ciascuna; 39 case di 2 piani con pianta a croce, scala centrale e 4 alloggi per piano (si trattava dei due gruppi di 'crocette' alle pendici di Villa Glori). Il totale contava 33 unità, composte da 143 edifici e 164 blocchi-scale. Le diverse soluzioni architettoniche venivano unificate dalla scelta di alcuni elementi comuni: i pilotis, i marcapiani in cemento, le finestre a nastro verniciate di bianco e la cortina di rivestimento di color giallo dorato. Un altro elemento caratteristico erano i 'torrini' sulle terrazze di copertura, attraverso le cui pareti traforate l'aria circolava liberamente senza che però vi penetrasse lo sguardo. Si trattava di asciugatoi destinati a impedire che la visuale fosse deturpata dalla biancheria sciorinata sui terrazzi.
Tutti gli appartamenti "dispongono di un funzionale ingresso, di un ampio soggiorno-sala da pranzo e di un'altrettanto ampia cucina, la quale si restringe (pur rimanendo sempre enorme rispetto a quelle di altre costruzioni) allorché l'appartamento dispone anche di una stanzetta cosiddetta di servizio. Il tipo di appartamento medio è quello a tre stanze; in esso la cucina comunica con un comodo terrazzino, al quale è altresì possibile accedere da una delle camere da letto. I doppi servizi sono una caratteristica di alcuni degli appartamenti di 5 vani utili. Le rifiniture interne sono razionali, eleganti, costituite da pavimenti in marmette di graniglia di marmo, infissi tamburati in abete (mentre gli infissi esterni sono metallici), rivestimenti in maioliche per i servizi e carte da parati alle pareti, con zoccoletti battiscopa in marmo" (Corriere dello Sport, 16 marzo 1960).
All'epoca dei Giochi i soli edifici pubblici del quartiere non provvisori erano la scuola (preesistente) e il mercato coperto a pianta esagonale. Venne destinata a parcheggio la vasta area risultante dalla demolizione dell'ippodromo di Villa Glori e del cinodromo della Rondinella, dove sorge ora il Parco della Musica di Renzo Piano.
Il Villaggio fu consegnato al CONI il 4 giugno 1960 nel corso di una cerimonia alla quale parteciparono il presidente del Consiglio, Fernando Tambroni, il ministro dei Lavori Pubblici, Giuseppe Togni, il presidente dell'INCIS, Umberto Ortolani, il presidente del CONI, Giulio Onesti, Giulio Andreotti, ministro della Difesa e presidente del Comitato organizzatore dei Giochi. L'apertura ufficiale avvenne il 25 luglio: le bandiere del CIO e delle 84 nazioni partecipanti salirono sui pennoni al suono dell'Inno del Sole, dall'Iris di Mascagni.
Costruzioni provvisorie ospitarono invece le strutture di accoglienza, con l'ufficio informazioni, l'ufficio postale e la banca (1200 m2) all'ingresso principale, verso viale Tiziano; un salone per le riunioni; un cinema; un ambulatorio; 10 padiglioni-ristorante, allineati ai due lati del viadotto di corso Francia, ciascuno di 36 x 34 m, con due sale per una capienza di 300 posti; 13 magazzini all'esterno del villaggio (per 4100 m2 complessivi).
Il villaggio fu recintato con 4300 m di rete metallica stampata, in cui si aprivano 27 cancelli. Nella stessa area, come avvenne a Melbourne, erano compresi il villaggio maschile e quello femminile, dislocati intorno a via Gran Bretagna, con un cancello verso viale de Coubertin e un altro verso l'interno.
Il villaggio olimpico, che a Le Corbusier ricordava la sua Ville radieuse, rappresenta ancora oggi un dignitoso esempio di zona residenziale cittadina, uno dei migliori quartieri d'iniziativa pubblica realizzati a Roma e certamente il primo in cui siano stati applicati con coerenza i principi dell'urbanistica moderna.
Il villaggio principale sorse nel quartiere denominato Washington Heights a Yoyogi, in un grande terreno, circondato di verde e vicino ai principali impianti sportivi, che fino alla Seconda guerra mondiale era servito alle esercitazioni dell'Armata giapponese, venendo più tardi utilizzato per la costruzione di abitazioni riservate al personale dell'esercito americano di stanza nella regione di Tokyo. Vista la posizione assai favorevole per installarvi una stazione televisiva, una parte dell'area fu ceduta alla NHK, la televisione giapponese, riducendo così a 66 ettari la superficie per il villaggio.
Le costruzioni comprendevano 10 edifici in cemento armato, di 4 piani ciascuno (700 camere), oltre a 249 blocchi in legno di uno o due piani per un totale di 543 casette (2148 camere), ognuna con cucina e bagno. Erano previsti uffici amministrativi, sale per lo svago, un teatro con 700 posti a sedere, una clinica sanitaria, una stazione dei pompieri, ristoranti, una banca, un ufficio postale, uno shopping center, una pista di 400 m, piscine riscaldate, una grande sala di allenamento. Alle principali strade interne furono assegnati i nomi di città olimpiche come Atene, Londra, Helsinki, Melbourne, Roma e Città del Messico.
Il villaggio femminile, sempre separato da quello maschile, era composto da 4 edifici in cemento armato, di 4 piani ciascuno, per un totale di 276 camere, un ristorante, un club, un terreno di allenamento.
Altri 4 villaggi minori vennero allestiti a Hachioji per i ciclisti, al Lago di Sagami per i canottieri, a Oiso per i velisti, a Karuizawa per i cavalieri. Tutti i villaggi furono inaugurati il 15 settembre 1964.
Da quell'anno in poi si costruirono edifici di altezza sempre maggiore, a testimonianza di uno sfruttamento via via più intensivo del suolo metropolitano. Si passò così dai 4 piani di Tokyo ai 10 di Città del Messico, ai 14 di Monaco, ai 19 di Montreal, ai 15 di Mosca. Los Angeles e Atlanta preferirono usare dei fabbricati universitari, ma Seul optò per blocchi da 24 piani sui bordi del villaggio, degradanti verso il centro. Barcellona e, soprattutto, Sydney hanno invece riportato i fabbricati a una scala più umana.
Il villaggio fu diviso in due nuclei. Il primo, intitolato 'Miguel Hidalgo', si componeva di 29 edifici da 6 a 10 piani, per un totale di 904 appartamenti e 5044 camere: 24 edifici erano riservati agli ufficiali di gara e agli atleti maschi, 3 alle donne, 2 ai giornalisti. Sorse nell'estremità meridionale della città, molto vicino allo Stadio Olimpico, su un'area di 11 ettari. Ogni appartamento disponeva di cucina, soggiorno, 3 camere e servizi. Accanto agli alloggi, messi in vendita dopo i Giochi, vennero costruiti con carattere provvisorio il blocco amministrativo (sale di riunione, banca, ufficio postale), 6 padiglioni per la ristorazione, due cliniche mediche, un club per 1500 persone con bar, sale da gioco, auditorium con 800 posti, piscina scoperta, e poi palestre e saune. Aveva carattere permanente il teatro all'aperto circondato da ruderi di tre piramidi azteche.
Il secondo nucleo, intitolato 'Narciso Mendoza', era composto da 686 casette e 470 appartamenti, per un totale di 3474 camere riservate ai giudici, agli arbitri, ai gruppi culturali e ai giornalisti indipendenti. Sorse presso il bacino di Xochimilco, sede delle gare di canottaggio e di canoa/kayak. I due villaggi furono inaugurati il 17 settembre 1968 dal presidente della Repubblica, Gustavo Díaz Ordaz.
Definito da molti una 'mini-Manhattan', il villaggio olimpico che doveva accogliere oltre 12.000 atleti e accompagnatori sorse in meno di tre anni su 80 ettari di verde nella zona settentrionale dell'Oberwiesenfeld, in prossimità dei principali impianti. Proprio questa vicinanza costituì un grosso vantaggio per la candidatura di Monaco a ospitare i Giochi. Il villaggio, che disponeva di circa 4800 alloggi distribuiti in edifici a vari piani, era dotato di ristoranti, centri commerciali e di svago, un hotel, banche, uffici postali, una chiesa cattolica e una protestante. Pedoni e veicoli si muovevano su percorsi a livelli sfalsati. Le vie erano dedicate ad atleti famosi e gli edifici numerati progressivamente: è rimasto tristemente noto il 'blocco 31' nella Connollystrasse in seguito all'attacco dei terroristi appartenenti all'organizzazione denominata Settembre Nero.
Il Comitato organizzatore, in base al contratto sottoscritto, si limitò a pagare l'affitto all'impresa costruttrice, che già prima dei Giochi aveva venduto il 70% degli appartamenti. Gli alloggi per gli uomini erano distribuiti in tre blocchi di edifici 'a nastro' (7-14 piani), davanti ai quali sorgevano fabbricati sempre più bassi (3-5 e 1-3 piani). In mezzo a questi blocchi si aprivano ampi spazi comuni. Alle donne erano destinati un edificio di 19 piani con 800 monolocali (19-24 m2 abitabili), un insieme di bungalow con altri 800 monolocali (24 m2), 118 alloggi per due persone. I bungalow furono realizzati con elementi prefabbricati in cemento. Questa zona sorgeva a sud, a ridosso delle stazioni degli autobus e della metropolitana.
Nel villaggio della stampa, al limite ovest del Parco Olimpico, trovarono posto 4000 giornalisti e fotografi, oltre a 2500 tecnici della radio e della televisione. Finiti i Giochi, gli appartamenti furono assegnati, a prezzi contenuti, alle famiglie numerose.
Il villaggio sorse in prossimità degli impianti, su progetto degli architetti Roger d'Astous e Luc Durand. Occupava 3 degli 85 acri del Parco Viau, a est di Montreal, ed era composto da 4 grandi blocchi triangolari di 19 piani ciascuno, accostati due a due: visti di profilo potevano sembrare delle piramidi. I blocchi (tre erano destinati agli uomini, uno alle donne) contenevano complessivamente 980 appartamenti di cinque diverse tipologie, con un numero di letti variabile da 5 a 14, che potevano ospitare 11.000 persone. Gli alloggi furono messi in vendita subito dopo i Giochi.
Nei piani inferiori erano sistemati gli alloggi e gli uffici delle varie delegazioni, il centro amministrativo, la caffetteria, il centro medico, le saune, le sale per i massaggi. Per la prima volta fu costruito anche un parcheggio sotterraneo per le auto. Il villaggio era collegato a un Centro internazionale, fornito di discoteca, cineteca, anfiteatro, biblioteca, sale per esposizioni e conferenze, negozi, ristoranti, dove gli atleti potevano partecipare a diverse attività durante le ore di riposo.
I velisti furono alloggiati nelle residenze della Queen's University a Kingston, a un chilometro e mezzo dal Centro olimpico di yachting a Portsmouth. Le atlete furono sistemate in appartamenti singoli.
Il villaggio olimpico nel Parco Izmaïlovo poteva alloggiare oltre 10.000 persone nei 18 edifici da 15 piani, con appartamenti di due o tre camere. Questo nuovo quartiere residenziale di 107 ettari nella parte sud-ovest di Mosca, progettato da Evgeni Stamo, non ha subito alcun cambiamento dopo i Giochi, tranne la rimozione della rete di cinta.
Era dotato di ristorante per 4000 persone, bar, dancing, un centro commerciale, uno culturale e uno sportivo. Del centro culturale facevano parte una sala per concerti da 1200 posti, due sale cinematografiche da 250 posti ciascuna, una biblioteca, una sala lettura, i locali di culto. Nel centro sportivo furono costruiti uno stadio con una pista di 400 m, una piscina, quattro palestre, campi di calcio, di pallacanestro e di tennis, i gabinetti medici, le saune.
Come abbiamo visto, fu nel 1932, a Los Angeles, che prese corpo un vero villaggio. Nel 1984 è stata proprio Los Angeles a interrompere l'ormai cinquantennale tradizione. Per risparmiare ingenti somme, infatti, il Comitato organizzatore, approfittando delle vacanze estive degli studenti, decise di alloggiare atleti e accompagnatori nella University of California, Los Angeles (UCLA), che mise a disposizione 3680 posti-letto, e nella University of Southern California (USC), che ne procurò 6978.
Presso la University of California, Santa Barbara (UCSB), furono reperiti 481 alloggi con 856 posti-letto per gli atleti del canottaggio, della canoa e del kayak.
Per la prima volta venne permesso a uomini e donne di risiedere negli stessi edifici, seppure in diverse ali.
Dopo la parentesi di Los Angeles, la tradizione di costruire un villaggio olimpico fu ripresa a Seul. Una parte del complesso era stata aperta in occasione dei Giochi Asiatici del 1986. Sue caratteristiche erano la disposizione a raggiera e l'altezza degradante degli edifici, dai più alti (24 piani) situati sul limitare, ai più bassi (6 piani) all'interno, allo scopo di isolare e proteggere la grande piazza, dove si voleva un'atmosfera di calma e serenità. Gli appartamenti, che potevano alloggiare oltre 13.000 persone, furono tutti venduti mentre erano ancora in costruzione.
Il villaggio era dotato di una grande sala da pranzo, con pasti serviti dai migliori ristoranti della città, un centro medico, una discoteca, alcuni negozi. Come a Montreal, fu realizzato un vasto parcheggio sotterraneo. Di particolare rilievo era la piazza delle bandiere, di 6600 m2, parzialmente delimitata dal blocco dei servizi culturali e ricreativi, con galleria vetrata a volta, che in pianta aveva la forma di un manico d'ombrello. Attraverso il pavimento della piazza, anch'esso in vetro, filtrava la luce dei proiettori sottostanti. In quello spazio, circondato dal verde e affacciato su un corso d'acqua, si svolgevano le cerimonie di accoglienza e di commiato delle varie delegazioni nazionali. Nelle vicinanze sorgeva il villaggio della stampa, costituito da 36 edifici di varia altezza (da 6 a 24 piani), che ospitava 6000 persone. Altri vennero predisposti a Taenung, in un complesso molto attrezzato, per le gare di tiro e tiro con l'arco; a Pusan per le gare di vela; a Kwangju, Taejon e Taegu per le eliminatorie delle partite di calcio.
Il villaggio sorse su 45 ettari nell'area del Parc de Mar, sulla quale l'architetto catalano Oriol Bohigas operò la più innovativa trasformazione del tessuto della città: la maglia ottocentesca, che in precedenza trovava un limite invalicabile nella zona industriale e nella ferrovia (interrata in occasione dei Giochi), poteva finalmente collegarsi al mare. Al Poble Nou, un tempo definito la 'Manchester catalana', si sostituì il quartiere Nuova Icaria, così chiamato in omaggio all'utopista francese Étienne Cabet, le cui comunità negli Stati Uniti avevano suscitato grandi entusiasmi intorno alla metà dell'Ottocento. La ristrutturazione di 5 km di litorale consentì la creazione di 50 ettari di parchi e la costruzione di due torri gemelle di 44 piani ciascuna (una adibita a uffici, l'altra ad albergo), del nuovo Palazzo dei Congressi, del porto sportivo, del villaggio olimpico, che era costituito da edifici di 2, 4 o 6 piani, con appartamenti di 2 o 3 camere, per un totale di 2000 alloggi in grado di ospitare 15.000 persone. Al pianterreno si trovavano un ristorante con 3500 posti (altri 4 più piccoli erano distribuiti lungo le banchine del porto), servizi culturali e ricreativi, sale riunioni, poliambulatorio, negozi. Gli atleti disponevano anche di una spiaggia privata. Al termine dei Giochi tutti gli appartamenti furono venduti al libero mercato.
I canottieri vennero alloggiati nel villaggio di Banyoles, i canoisti in quello di La Seu d'Urgell.
Come era già accaduto per Los Angeles nel 1984, anche ad Atlanta il villaggio principale venne ricavato all'interno di un'università, il Georgia institute of technology (Georgia Tech), situato nella parte nord del cosiddetto 'Olympic Ring'. L'Atlanta committee for the olympic games contribuì per un terzo della spesa alla costruzione di nuove residenze. Gli alloggi degli studenti, dotati di ogni comodità (tra cui l'aria condizionata), ospitarono 14.000 persone, fra atleti e accompagnatori.
Al centro del villaggio si era creato un luogo d'incontro, l'area del Festival internazionale, con attrezzature ricreative e culturali quali cinema, discoteca, anfiteatro e museo. Non poteva mancare il centro commerciale con negozi, edicola internazionale, agenzia di viaggi, banca, ufficio postale. Il servizio di ristorazione era diviso tra varie mense e chioschi.
Altri villaggi furono allestiti per gli atleti impegnati nelle gare di calcio (a Washington; a Miami e a Orlando, in Florida; a Birmingham, in Alabama), di softball (a Columbus, in Georgia), di slalom con la canoa/kayak (al Lee College di Cleveland, nel Tennessee), di vela (al Marriott Hotel di Savannah, nella Georgia).
Per la prima volta nella storia dei Giochi, Sydney riunì tutti gli atleti in un unico villaggio. Sorse all'Olympic Park nella Homebush Bay, adiacente agli impianti di 14 discipline sportive, ed era destinato a centro residenziale dopo i Giochi. Occupava 84 ettari, di cui oltre la metà sistemati a verde e spazi ricreativi, e poteva ospitare 15.000 persone tra atleti, allenatori e giudici di gara in un complesso di media densità, a basso consumo energetico: il fabbisogno era ridotto del 33% rispetto alla domanda corrente, con abbattimento fino al 95% delle emissioni di anidride carbonica. I trasporti interni vennero assicurati da una navetta elettrica, silenziosa e non inquinante. Le vie e i parchi del villaggio, che faceva parte del nuovo quartiere Newington, furono intitolati ai campioni delle Olimpiadi moderne.
Il villaggio della stampa per 6000 giornalisti fu edificato a 4 km dalla Homebush Bay (660 ettari), un tempo area industriale con una discarica sotterranea incontrollata, che fu oggetto di una vastissima indagine del suolo e relativo programma di recupero, tutelando così un'affascinante varietà di flora e fauna locale. Sydney, insomma, seppe sfruttare in modo adeguato le possibilità che vengono offerte alle città olimpiche per promuovere i principi di un corretto sviluppo urbano.
Il progetto del villaggio fu il risultato di una gara bandita nel 1992 dal Comitato promotore dei Giochi in collaborazione con il Royal Australian institute of architects e il Royal Australian planning institute. I cinque gruppi vincitori si riunirono per dare vita a un piano conforme alle direttive sviluppate di concerto con Greenpeace, allo scopo di assicurare elevati standard ambientali, in armonia con le indicazioni del CIO: un'altra 'perla' di queste Olimpiadi, finalmente tornate a misura d'uomo.
Il villaggio di Atene è stato realizzato ai piedi del monte Parnete, su una superficie di 1240 ettari, e può ospitare 16.000 persone. Accanto ai 2500 alloggi sorgono ristoranti, caffè, sale da gioco, un cinema all'aperto, un policlinico, un centro commerciale, uno amministrativo e uno sportivo di 5000 m2, dotato di palestra, piscina coperta, percorso di jogging e quattro campi di tennis. Come il villaggio di Sydney, anche quello di Atene è immerso nel verde, costruito con materiali ecologici e rispettoso dell'ambiente.