Ballata, i' vo' che tu ritrovi Amore
Ballata della Vita Nuova (XII 10-15); consta del seguente schema di rime: ripresa YZZY, stanza ABC; ABC: CDDY. La ripresa contiene un breve riassunto dell'intero tema che è sviluppato nelle stanze (vv. 1-2 = stanza 1; v. 3 = stanze 2-3; v. 4 = stanza 4). Seguendo il racconto della Vita Nuova (X-XII), l'occasione della ballata è offerta dalla crisi dei rapporti tra D. e Beatrice sopravvenuta a causa di spiacevoli voci che la vicenda della seconda donna dello schermo ha originato. D. infatti dimostra un tale zelo, sia pure simulato, verso quella donna, che la distruggitrice di tutti li vizi e regina de le virtudi, adirata, negò lo suo dolcissimo salutare al suo giovane amante. Il dispiacere per la perdita del saluto è acerbo a tal punto che D. si apparta in luogo solitario a bagnare la terra d'amarissime lagrime e potersi così abbandonare al suo sconforto. Placato con le lacrime il dolore e ritiratosi nella sua stanza, invoca Amore, il quale, quando il poeta si addormenta sfinito, gli appare in sogno e gli parla. Alla fine del discorso, tutto intessuto di allusioni enigmatiche e velate, Amore esorta il poeta a comporre una poesia di scusa affinché Beatrice sia rassicurata sulla sua fedeltà e intatta devozione. L'ispirazione dunque della ballata sorge per consiglio di Amore, e così il racconto dei capitoli X-XII; ma una cosa è la vicenda coerente come ci appare sistemata nel libello, " altro è ricercare - ha osservato il Barbi - quanto nel racconto c'è di reale e di immaginato ".
Anche se la ballata è il primo componimento indirizzato a Beatrice nella Vita Nuova, resta il dubbio se essa fosse in origine diretta alla gentilissima. Sufficientemente vistoso è infatti il disaccordo tra la prosa e la rima; nella prosa, ad esempio, manca ogni riferimento a Beatrice adirata e, per tacere d'altro, nella ballata non si parla affatto del saluto negato, né della beatitudine che esso saluto procurava, né vi è indizio alcuno della soverchievole voce, né sembra determinante l'accordo tra i vv. 22-28 della ballata e il racconto, per poter affermare che essa sia stata composta negli stessi anni della Vita Nuova. Il Barbi pensa che " quello che più fa dubitare della contemporaneità ai fatti della ballata è che mal si concilia così aperta e insistente dichiarazione che Beatrice è adirata per avere il suo fedele mostrato amore ad altri, e ciò par risultare da tutto il resto, cioè che sino a quel momento mai non scrisse rime per Beatrice, e che le rime che seguono ... e le estravaganti del medesimo tempo esprimono sì le oscure qualità che amor gli dona, ma per poca pietà della donna, senza che s'accenni mai più, o si lasci trasparire, sdegno della donna per aver Dante mirato altrui " (Barbi - Maggini, Rime 59-60). Che la ballata fosse adattata in seguito alla vicenda del racconto, è affermato dallo Zappia, il quale non dubita " che codesta rima si proponeva di colmare la provocata a bella posta gelosia di una donna amata ed amante " (E.V. Zappia, Studi, ecc., p. 210). Non è improbabile, dato il carattere di semplice esercitazione elegante della ballata nella tradizione dell'escondig, che essa fosse composta per una donna che non è Beatrice, oppure può essere sì rivolta a lei, ma in un tempo in cui l'amore di D. non si allontanava ancora dai moduli obbligatori di una vetusta tradizione. Inoltre, " la stessa forma della ballata - osserva D. De Robertis - insolita nella Vita Nuova .., tende a ricondurci nell'ambito prestilnovistico " (De Robertis, Il libro, ecc., p. 65; v. BALLATA). Evidente è infatti la velatura arcaicizzante del linguaggio (vòi, faria, dolze, erte, vui, bieltate, face, smaltato, preghero, messo, servidore) e il tono generale basato su di una stilizzata ‛ cortesia ' deferente e iperbolica. La ballata, con il suo andamento basato sulla giustificazione e la scusa, è un esercizio sull'arte del persuadere e del convincere che può " essere studiato come un buon esempio di come condurre un causae genus che è anceps, cioè non consono a trovare favore " (Foster - Boyde, p. 68).
Bibl. - E.V. Zappia, Studi sulla Vita Nuova di D., Roma 1904, 207-211; Barbi - Maggini, Rime 54-60; D. De Robertis, Il libro della Vita Nuova, Firenze 1961, 57-58 e 65; K. Foster e P. Boyde, Dante's Lyric Poetry, Oxford 1967, II 67-71; F. Montanari, L'esperienza poetica di D., Firenze 1968 2, 66-68.