FANCELLI, Iacopo Antonio
Nacque a Roma da Carlo e Isabella Ghetti il 28 febbr. 1606, secondo l'atto di nascita. Il Pascoli (1736), che la data erroneamente al 1619 (errore riportato anche nel Thieme-Becker), scrive che il padre lo avviò al mestiere di scultore, facendogli prendere lezioni di disegno e mettendolo come apprendista nella bottega di G. L. Bernini.
I documenti confermano che il suo esordio fu legato ad imprese berniniane: nel 1630 collaborò alla realizzazione del catafalco di Carlo Barberini, insieme con Alessandro Algardi, Nicolò Cordier e Domenico De Rossi (Montagu, A. Algardi, 1985) e dal 1630 al 1633 lavorò ai modelli di festoni e di angeli per il baldacchino di S. Pietro (Pollak, 1931). Nel corso della successiva carriera egli continuò saltuariamente a lavorare per il Bernini, mentre in altre occasioni operò insieme col fratello più giovane Cosimo, che fu inizialmente suo aiutante, poi collaboratore e infine, diventato scultore affermato, volle Iacopo accanto a sé nell'impresa decorativa di S. Carlo al Corso.
Dal 1640 al 1647, con Gabriele Renzi, Matteo Bonarelli e Giovanni Vincilia, eseguì la decorazione della sacrestia di S. Maria dell'Anima, in marmo e stucco (Löhninger, 1909, riporta il nome Domicelli, probabilmente mal interpretando un documento). La sacrestia, progettata da Paolo Marucelli, presenta nella volta una ricca decorazione, con una serie di figure raffiguranti Virtù, e papi di area linguistica tedesca, entro delle lunette, e fasce decorative che incorniciano l'affresco centrale di G. F. Romanelli.
Nello stesso periodo il F. fu impegnato al servizio di Bernardino Naro: dell'aprile 1641 è il saldo finale per due ritratti a mezzo busto dei nonni del conte, Orazio Naro e Maria Giulia Cenci, collocati nella cappella di famiglia in S. Maria sopra Minerva. Nei precedenti pagamenti figura come aiutante Cosimo, che a quell'epoca non aveva ancora iniziato una carriera autonoma (Arch. segr. Vat., Arch. Naropatrizi, E, vol. 49). Per la tomba del cardinal Gregorio, fratello di Bernardino, progettata dal Bernini, realizzò la statua del defunto a mezza figura (pagamento nel dicembre 1642, Lavin, 1980). Dal 1641 al '45 ricorrono inoltre pagamenti per restauri di statue antiche (Arch. Naro-Patrizi). Sempre sotto la direzione del Bernini, partecipò alla decorazione dell'interno di S. Pietro in Vaticano, voluta da Innocenzo X: nel 1647-48 fu impegnato nell'esecuzione di due Virtù in stucco, Clemenza e Contemplazione, sopra il secondo arco a destra della navata centrale in collaborazione con Cosimo (Enggass, 1978) e di tre rilievi marmorei con coppie di cherubini sorreggenti un ritratto papale, o la tiara e le chiavi.
Intorno al 1646 si collocano i suoi interventi nella tomba Ginnasi già in S. Lucia delle Botteghe Oscure (ora nella cappella di palazzo Ginnasi) e nella cappella Cerri al Gesù. La tomba di Faustina Gottardi Ginnasi è opera di collaborazione tra il F. e il fratello Cosimo (Titi, 1686; Pascoli, 1736); a mio parere si possono attribuire a Cosimo i due putti, mentre al F. spettano l'ideazione della struttura architettonica, semplice e priva di elementi innovativi, gli altri ornamenti plastici e il ritratto della defunta (si conserva a Berlino un progetto di Orazio Torriani per un doppio sepolcro, non realizzato, di Faustina Ginnasi e sua figlia Caterina, cfr. Jacob, 1975). Secondo il Pascoli, il F. collaborò anche alla decorazione della tomba del cardinal Domenico Ginnasi, morto nel 1639: gli si possono ascrivere i sei putti che completano la decorazione scultorea, opera di G. Finelli. All'ornamentazione della cappella Cerri, progettata da Pietro Berrettini da Cortona, il F. partecipò con l'esecuzione della statua marmorea della Fortezza (Titi, 1674; Pascoli, 1736); le altre Virtù furono realizzate dal fratello Cosimo, da Domenico Guidi e Giovanni Lanzone. Le statue dei Fancelli nel 1647 erano già compiute, come si desume da uno scritto di Virgilio Spada (Heimbürger Ravalli, 1977).
In queste opere il F., pur non mostrando forti personalità e originalità, rivela notevole abilità tecnica e sensibilità artistica, che emergono maggiormente sotto la guida di maestri come il Bernini. Il busto di Gregorio Naro, infatti, è di qualità nettamente superiore, per sicurezza di impostazione e finezza di modellato, al ritratto di Faustina Ginnasi, in cui la figura, di gusto ritardatario, realizzata con un modellato a piani larghi, privo di effetti pittorici, manca di vivezza e di caratterizzazione. Nelle Virtù della cappella Cerri e della basilica vaticana l'impostazione è classicheggiante nei gesti contenuti e nelle pose statiche, ma mentre nelle figure di S. Pietro la supervisione berniniana, oltre all'intervento di Cosimo, porta il F. ad un'impostazione spaziale più aperta e a una maggiore ricchezza del panneggio, la Fortezza della cappella Cerri appare più statica ed accademica.
L'impresa più importante del F. fu la decorazione della cappella Nobili a S. Bernardo alle Terme. Su commissione di Vincenzo Nobili, che la fece costruire nel 1647, il F. eseguì la statua marmorea di S. Francesco posta sull'altar maggiore e i quattro busti dei congiunti del committente (il Cardinal Roberto, Vincenzo senior, Sforza e Pietro Francesco Nobili). A questi ritratti fu aggiunto quello del fondatore della cappella, dopo la sua morte (1649), per volontà della vedova Eleonora Orsini. I busti sono racchiusi entro cornici ovali sorrette da coppie di angeli in stucco e sormontano delle epigrafi dedicatorie.
Il Titi (1674, p. 337) e il Pascoli (1736, p. 469) non precisano il numero dei busti eseguiti dal F.; l'Ortolani (1924, pp. 25, 48) glieli assegna tutti e cinque, ma quello di Vincenzo, fondatore della cappella, sembra di mano diversa. Gli altri quattro busti mettono in luce le buone doti di ritrattista del F. e si avvicinano a quello di Orazio Naro per la resa analitica delle vesti e dei lineamenti. Di qualità più modesta è la statua di S. Francesco, improntata a un gusto genericamente berniniano, ma banale nell'impostazione e debole nel modellato.
Negli anni seguenti il F. collaborava ancora con il fratello Cosimo: nel 1648 restaurando sculture antiche per la facciata di villa Medici (Keller, 1991) e nel 1649 partecipando all'esecuzione degli stucchi della cupola e della tribuna di S. Maria in Vallicella, su disegno del Cortona (pagamenti in gennaio e febbraio, Montagu, 1991, p. 207 n. 9). Sotto la stretta sorveglianza del Bernini collaborò alla realizzazione della fontana dei Quattro Fiumi a piazza Navona.
I lavori erano iniziati nel 1648 e si conclusero nel 1651; al F. fu affidata l'esecuzione della statua del Nilo - per la quale fu pagato 750 scudi - dal marzo 1650 al luglio 1651 (D'Onofrio, 1986, pp. 424, 538). Il Bernini fornì disegni preparatori e bozzetti per le statue, e rifinì personalmente quella del Nilo (Baldinucci [1681-1728], IV, p. 288).
A questo punto nell'attività documentata del F. vi è un'interruzione di alcuni anni, forse da mettere in relazione con una malattia, cui fa cenno il Titi (1674, p. 146) nel menzionare il suo intervento nella facciata di S. Andrea della Valle.
La decorazione della facciata, progettata da Carlo Rainaldi, fu eseguita dal 1662 al 1675, con la collaborazione anche di E. Ferrata e di D. Guidi. Nei pagamenti al F., che vanno dal maggio 1664 al novembre 1665 (Fasolo, 1951-52), non sono precisati i soggetti né il numero delle sculture, ma il Titi gli attribuisce le due figure sopra il frontone del portale centrale (la Speranza e la Fortezza). Altre guide assegnano al F. anche l'angelo a destra in alto (Venuti, 1766, p. 262).
In seguito il F. operò nuovamente in un cantiere berniniano, eseguendo una statua per il colonnato di S. Pietro, che fu pagata 1212 scudi nel 1666. Attraverso una analisi comparata dei documenti e delle fonti contemporanee, è stata attribuita al F. la figura di S. Teodora (in travertino), per analogie stilistiche con altre sue opere, quali le Virtù di S. Andrea della Valle (Le statue..., 1987, p. 178).
Sia le Virtù di S. Andrea sia la statua di S. Teodora hanno una impostazione classicheggiante e forme plasticamente definite, dalle proporzioni piuttosto tozze e panneggi realizzati con mano pesante, anche per la qualità del materiale usato, e per essere concepite in funzione di una visione da lontano.
Nel 1668-69 il F. collaborò con il fratello Cosimo, sotto la direzione di Pietro da Cortona, alla decorazione della volta della navata centrale di S. Carlo al Corso, consistente in riquadri mistilinei in stucco (Drago-Salerno, 1967). Il Pascoli (1736) gli attribuisce i ritratti nei sepolcri Ceva nell'oratorio di S. Venanzio, presso il battistero lateranense.
I lavori di sistemazione dell'oratorio, condotti su disegno del Rainaldi, iniziarono nel 1674 (Titi, 1674, p. 232: "li Ritratti nelli Sepolcri dicono che li faccia il Fancelli"). Dato che il F. morì nel marzo di quell'anno è più probabile che l'autore delle sculture sia Cosimo.
Il F. risiedeva nella parrocchia di S. Nicola in Arcione, in via Felice, con la moglie Eufrasia Casotti, sposata il 16 maggio 1638, dalla quale ebbe tre figli, morti in tenera età. Accademico di S. Luca dal 1638, il F. fu descritto dal Pascoli (1736) come un uomo di media statura, bruno, gracile e di temperamento serio e disinteressato.
Morì a Roma il 13 marzo 1674 e fu sepolto nella tomba di famiglia a S. Nicola in Arcione.
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