APPIANI, Iacopo
Figlio di Iacopo IV e di Vittoria Piccolomini-Todeschini, figlia di Antonio duca d'Amalfi, nel 15010 successe nella signoria di Piombino al padre, ottenendo dall'imperatore Massimiliano I la protezione imperiale.
Seguendo la tradizione familiare di rafforzare con matrimoni la malferma signoria, sposò Maria d'Aragona, figlia del duca di Villahermosa, fratello naturale di Ferdinando il Cattolico, e vedova di Roberto Sanseverino principe di Salerno. Morta Maria, nel 1514 l'A. prese in moglie Emilia di Pietro Ridoffi, nipote di papa Leone X. Fu allora che sulla signoria dell'A. si appuntarono le mire di Lorenzo de' Medici e più ancora di sua madre, Alfonsina Orsini. Ai loro tentativi, però, si oppose decisamente il pontefice, che anzi, volendo togliere ogni speranza al nipote, morta Emilia, diede in moglie all'A. l'altra sua nipote Clarice, sorella dell'estinta, e dichiarò lo stato di Piombino sotto la sua speciale protezione. Morta anche Clarice, e rimasto sempre senza prole, l'A. sposò nel 1525 Elena di Giacomo Salviati, vedova di Pallavicino Pallavicini, signore di Castel San Giovanni.
Amante delle arti, nel 1515 l'A. chiamò a Piombino il Sodoma, che dipinse per lui alcune tele. Nel 1520 ottenne da Carlo V la conferma dell'investitura imperiale di Piombino e la concessione di molti privilègi. Ma nel governo della signoria si mostrò imbelle, debole e trascurato, cosicché le strettezze in cui si dibatteva il piccolo stato, unitamente alle frequenti incursioni della flotta turca nel Tirreno, furono per lui motivo di profonde, amarezze.
Nel 1534 il corsaro Barbarossa, alleato dei Francesi, attaccò l'Elba, saccheggiando Rio e Grassera. Della situazione profittò il duca di Firenze, Cosimo I de' Medici, per chiedere a Carlo V che gli venisse affidata la difesa dello stato di Piombino, esagerando i pericoli cui esso era esposto per la mancanza di mezzi, la pusillanimità dell'A. e per le annose contese con papa Paolo III relative ai castelli di Valle e Montione, appartenenti a Ferrante Appiani, ma dal pontefice ceduti nel 1539 al nipote Alessandro Famese.
L'imperatore soltanto nel 1541 ordinò a don Giovanni de Luna, governatore imperiale presso la Repubblica senese, di trattare unitamente a Cosimo I con l'A. un più sicuro sistema di difesa del litorale piombinese.
Riunitisi nel giugno dello stesso anno a Volterra, l'A. riaffermò la sua fedeltà all'imperatore, ma alla proposta di permutare lo stato con un equivalente territorio nel regno di Napoli o nel ducato di Milano oppose un netto rifiuto. Contemporaneamente però entrò in trattative con la Francia, che mirava all'occupazione di Piombino nell'intento di tagliare in due la via marittima da Genova a Napoli e di ottenere una base di partenza sia contro la Corsica sia per una penetrazione all'intemo della Toscana. Sempre nello stesso 1541 e sempre in funzione di una politica filofrancese, avanzò proposte per un matrimonio tra un suo figlio ed una figlia del conte dell'AnguiUara, il quale militava nellamarina di Francesco I, tentativi interrotti dal pronto intervento di Cosimo I.
Ai primi del 1543, quando la flotta turca, comandata dal Barbarossa, comparve di nuovo nel Mediterraneo, Cosimo I, forte di una autorizzazione imperiale del 23, maggio che gli riconosceva una parte di primo piano nella difesa del litorale toscano, spedì subito un contingente di soldati al comando di Otto da Montauto ai confini dello stato piombinese.
L'A., consapevole delle aspirazioni di Cosimo, seguendo i consigli dello zio cardinale Salviati, nemico del Medici, proibì alle milizie del Montauto di penetrare nel suo territorio, ma allorché il Barbarossa giunse all'imboccatura del canale di Piombino si risolse ad accettare il presidio mediceo. Ma lo scontro temuto, che l'A. in ogni caso mostrò di non saper fronteggiare, non ebbe luogo, poiché il Barbarossa dovette affrettarsi in aiuto dei Francesi che stavano bloccando Nizza. Il Barbarossa ricomparve l'anno successivo, per mettere a ferro e a fuoco Capoliveri nell'isola d'Elba. A impedire mali peggiori, l'A. gli consegnò, come gli veniva richiesto, un figlio del corsaro barbaresco Sinan Pascià, che era stato catturato da Carlo V nell'impresa di Tunisi del 1535 e battezzato e allevato a Piombino.
Se l'A. poté così allontanare la minaccia turca, non riuscì a far desistere dalle sue mire Cosimo I, che nel 1545 sollecitò nuovamente presso Carlo V la regolare conseea o la vendita del dominio dell'A., in risarcimento delle spese sostenute per la difesa di Piombino. Ma Paolo III, i Senesi, i Genovesi e i ministri imperiali in Italia, don Ferrante Gonzaga e don Diego Hurtado de Mendoza, si opposero alla cessione del dominio dell'A. al Medici, preoccupati dell'importanza che costui andava assumendo nel quadro della politica italiana. Carlo V tuttavia inviò don Giovanni de Luna a Piombino per trattarvi con l'A. la cessione del feudo, in cambio, secondo il vecchio progetto, di un corrispondente compenso nel regno di Napoli o nel ducato di Milano.
Ma la morte dell'A., avvenuta il 20 ott. 1545, interruppe le trattative.
Fonti e Bibl.: P. Litta, Fam. cel. ital., I, tav. Il; G. B. Adriani, Historia de' suoi tempi, Prato 1822, 1, pp. 227-229; Il, passim; G. Canestrini, Legazioni di Averardo Serristori, Firenze 1853, pp. 178, 249-254; Calendars of letters... relating to negociations between England and Spain, III, 2, London 1877, pp. 828-836; IV, 1, ibid. 1890, p. 525; G. Spini, Lettere di Cosimo I de' Medici, Firenze 1940, pp. 73-87; G. Ninci, Storia dell'isola d'Elba, Portoferraio 1815, pp. 73-81; G. De Leva, Storia documentata di Carlo V in correlazione all'Italia, III, Venezia 1867, pp. 450-456; A. Giorgetti, Lorenzo de' Medici e Iacopo V d'Appiano, in Arch. stor. ital., s. 4, VIII (1881), pp. 222-238, 305-325; L. A. Ferrai, Cosimo de'Medici, duca di Toscana, Bologna 1882, pp. 156 s., 183, 205; A. Giorgetti, Lorenzo de' Medici capitano generale della Repubblica fiorentina, in Arch. stor. ital., s. 4, XI (1883), pp. 194-215; L. Cappelletti, Storia della città e stato di Piombino..., Livorno 1897, pp. 145-168; C. Faccio, Giovan Antonio Bazzi (il Sodoma), Vercelli 1902, pp. 110-115; L. v. Pastor, Storia dei Papi, IV,Roma 1908, p. 59; N. Giorgetti, Le armi toscane e le occupazioni straniere in Italia, I, Città di Castello 1916, pp. 73-78; O. Pastine, Genova e gli ultimi Appiani, in Giornale storico e letterario della Liguria, n. s., X (1934), p. 143; A. D'Addario, Il problema senese, Firenze 1958, p. 21.