BELLINI, Iacopo
Nacque a Venezia verso il 1400, da Nicolò. fonditore di stagno. Nell'affresco con la Crocefissione, oggi distrutto, che dipinse nel. 1436 nel duomo di Verona, egli si firmò qualificandosi allievo di Gentile da Fabriano che tra il 1408 e il 1414 era presente a Venezia. Altre prove degli stretti vincoli che legavano il B. a Gentile sono il ritratto di questo, di mano di Iacopo, esistente al principio del sec., XVI a Padova in casa di Pietro Bembo, e, non ultimo, il nome del grande maestro dato al figlio primogenito di Iacopo.
È verosimile che il B abbia accompagnato Gentile da Fabriano, in qualità di scolaro, anche a Firenze. Risulta da documenti che "Iacopo de Venetiis", che viene indicato come "olim famulus et discipulus" di Gentile da Fabriano, nel 1423 entrò in conflitto con le autorità fiorentine per una lite con il figlio di un cittadino che, intenzionalmente, aveva danneggiato opere di Gentile nel cortile del suo studio. Nel 1425 dovette far pubblica penitenza in S. Giovanni a Firenze.
II fatto che come nome del padre i documenti diano Pietro fa sospettare che essi non si riferiscano al B., il cui padre si chiamava Nicolò (v. c. Ricci, 1908, p. 48, doc. III, testamento di Nicolò dell'11 aprile 1424). Tuttavia, la maggioranza degli studiosi concorda giustamente nell'opinione che i documenti vadano ugualmente riferiti al B. e che il nome del padre sia stato scritto errato dal notaio (v. L. Testi, 915, IL p. 149 nota 4).Per comprovare il discepolato del B. presso Gentile l'episodio fiorentino è comunque meno importante della testimonianza fornita dalle opere d'arte stesse, specie dalle sue Madonne giovanili (Bergamo, Accademia Carrara, n. 164; Parigi, Louvre, n. 1279).
In Firenze il B. stabilì un primo contatto con i grandi maestri del primo Rinascimento fiorentino, Masaccio, Paolo Uccello, Ghiberti, Donatello e Brunelleschi, contatto che si sarebbe rinnovato più tardi con Donatello a Padova e con Andrea del Castagno a Venezia. Proprio nei due libri di schizzi del B. (British Museum e Louvre) si manifesta l'influenza fiorentinà, che in lui si congiunse con la componente veneziana in una sintesi feconda per tutta l'Italia settentrionale. Il modo di rappresentare proprio dei Veneziani, che in un ampio racconto epico, soffermandosi sui particolari, copre la superficie come se fosse una stoffa, riceve impulso e limiti dall'esperienza fiorentina del B. di ricerca e di articolazione dello spazio.
In data 6 febbr. 1429 v'è un testamento della moglie del B., Anna Rinversi, fatto, secondo le usanze del tempo, prima di dare alla luce un figlio - molto probabilmente. Gentile. Nel 1430 il B. dipinse, per S. Michele in Padova, un San Michele oggi distrutto, che fu stìmato da alcuni artisti, fra cui Michele Giambono. Nel 1436 dovette eseguire nel duomo di Verona, come si è detto, l'affresco della Crocefissione nella cui segnatura si dichiarava discepolo di Gentile da Fabriano. Il committente, il vescovo Guido Memmo, si fece ritrarre, con altri ectlesiastici, sul dipinto murale distrutto nel 1759 durante un restauro.
Una Crocefissione conservata un tempo in casa Albrizzi a Venezia (ripr. in J. A. Crowe-G. B. Cavalcaselle, I, 1912, p. 110, nonché un'incisione di Paolo Caliari da questo dipinto, nel Museo Correr di Venezia (ripr. in G. Ludwig-P. Molmenti, Carpaccio, London 1907, p. 3), possono tutt'al più essere copie libere dell'affresco di Verona, visto che mancano il detto vescovo e i suoi accompagnatori.
Nel 1437 il B. diventò membro della Confraternita della Scuola Grande di San Giovanni Evangelista; nel 1439 Si ha notizia che acquistò "una tavola intarsiata" dall'asse ereditario di Iacobello del Fiore. Un contratto datato 1440 informa di una società del B. con il pittore Donato Bragadin- ma poiché fu annullato dal rogatore sorge il dubbio che esso úón abbia avuto effetto. Nel 1441 il B. fu nominato decano della Scuola Grande di San Giovanni Evangelista per il sestiere di San Marco.
Ancora nel 1441 avvenne un fatto che dimostra l'alta stima in cui era tenuto il B.: fu chiamato da Lionello d'Este per fargli il ritratto in gara col Pisanello al quale fu preferito; la gara fu cantata da Ulisse degli Aleotti in due sonetti (G. Vasari, Gentile da Fabriano e Pisanello, a cura di A. Venturi, Firenze 1896, p. 46; c. Ricci, 1908, I, p. 52, doc. XI). II ritratto di Lionello fatto dal Pisanello è-, probabilmente, quello che oggi si trova nell'Accademia Carrara di Bergamo (n. 519); quello del B. non è conservato.
La Madonna del B. al Louvre (n. 1279), con Lionello d'Este in preghiera come committente., è stata finora sempre legata al soggiorno dell'artista a Ferrara nel 1441, ma sulla base di argomenti stilistici si deve supporre che fosse stata commissionata anteriormente. Il dipinto è ancora del tutto gentilesco nel tipo della Madonna, gotico nella morbida pienezza del panneggio chenasconde il corpo, gotico anche nella discontinuità delle proporzioni fra Madonna e committente, fra figure e paesaggio; pure, proprio in questo quadro si annunzia un nuovo s entimento della natura. Non tanto nel paesaggio montano raffigurato alquanto fantasticamente e lumeggiato d'oro, quanto nel cielo, sul quale sono trattenuti e individuati con delicatezza i vari toni e le luci dell'atmosfera; qui si avverte per la prima volta un mondo figurativo che più tardi il genio di Giovanni Bellini avrebbe ampliato con infinite variazioni.
La figura a mezzo busto della Madonna col bambino (della collezione J. I. Strauss, New York) va avvicinata cronologicamente alla Madonna del Louvre. Al principio del quinto decennio del secolo fu dipinta la pala con l'Annunciazione in S. Alessandro a Brescia, uno dei più importanti e significativi lavori rimastici del B.; è possibile datarlo in base a una notizia di pagamento per il suo trasporto, ávvenuto nel 1444 da Vicenza a Brescia.
La pala di Brescia rivela la profonda maturazione cui l'arte del B. era giunta nell'intervallo di tempo che corre fra essa e la Madonna del Louvre. Maturità ed esperienza in senso rinascimentale: figure e spazio sono entrati in un rapporto reciproco razionalmente intelligibile, che si può leggere prospetticamente anche nelle mattonelle del pavimento e nella cassettonatura del soffitto. Nel contempo però il B. esalta nelle stoffe riccamente ornate degli abiti e della tenda, nelle ali dell'angelo favolosamente variopinte, più che non faccia in tutte le altre sue pitture rimasteci, la preziosa bellezza della materia: ciò era possibile soltanto a Venezia, nell'epoca che proprio in quegli anni si andava esaurendo. Qui brilla per l'ultima volta un estremo impulso creativo del gotico, che poco dopo diventa, nelle opere di Antonio Vivarini e soprattutto di Carlo Crivelli, pura decorazione piacevole.
La predella dell'altare bresciano venne eseguita, su disegni dei B., da suoi aiuti, citati in un documento di pagamento ("maestri che fecero la predella").
La Madonna di Brera (n. 799) è firmata sulla cornice e datata 1448. La firma non è originale, ma ricalca quella vera. Pda collegarsi con questo quadro la Madonna, non ben conservata, dell'Accademia di Venezia (n. 835).
Un gruppo di Madonne (Venezia, Accademia, n. 582, firmata sulla cornice originale; Lovere, Galleria Tadini, firmata; Firenze, Uffizi, n. 3344: nella. prima delle quali il volto richiama quello della Vergine dell'Annunciazione di Brescia) appartiene al periodo medio dell'attività di Iacopo. A tutto il gruppo è comune la preoccupazione. di creare lo spazio con lo scorcio prospettico, nonché la severa semplicità del contorno.
Nel 1452, come apprendiamo dai documenti, il B. abitava a Venezia presso la chiesa di San Geminiano (distrutta nel sec. XIX) e nello stesso anno ricevette l'ordinazione di un gonfalone processionale, con l'impegno da parte sua di eseguirlo tutto di propria mano e prima del marzo 1453. Nel 1453, in febbraio, il B. ricevette., in occasione del matrimonio della figlia Nicolosia con il Mantegna, una dote per la medesima di 20 ducati dalla Scuola Grande di San Giovanni Evangelista, di cui nel 1454 fu di nuovo nominato decano per il Sestiere di San Marco. Nel 1456-1457 il B. dipinse nella cattedrale di Venezia, S. Pietro dì Castello, la figura del Beato Lorenzo Giustiniani sulla sua tomba, nonché tre figure nella sala del patriarca (opere perdute). Nel 1460, infine, con i due figli Gentile e Giovanni, lavorava nella cappella Gattamelata in S. Antonio di Padova, ad un altare oggi sparito.
Il 31 genn. 1465 il B. ricevette il saldo del pagamento per le scene della Vita di Gesù e Maria, che, egli aveva dipinte per la Scuola Grande di San Giovanni Evangelista. H. Tietze e E. Tietze Conrat (1944, p. 94) pongono però in dubbio l'attendibilità della descrizione di questi dipinti, fatta con molta eloquenza da c. Ridolfi, che corrisponde più all'iconografia del XVII secolo che non a quella del Quattrocento. Come risulta da un inventario, nel 1466 il B. dipinse per la Scuola Grande di San Marco una Crocefissione e una rappresentazione del Monte Calvario, entrambe distrutte già nel 1485 nell'incendio della Scuola. In un documento del 7 genn. 1470, concernente Lazzaro Bastiani, il B. è nominato per l'ultima volta. Il testamento di sua moglie Anna Rinversi è datato 25 nov. 1471, ed essa vi si dichiara vedova. Dunque il B. morì fra il 7 gennaio del 1470 e il 25 novembre del 1471.
Altre opere del B.: Crocifisso (firmato), Verona, Museo Civico, n. 365; S. Gerolamo penitente, ibid., n. 306; Polittico, Matelica, Museo Piersanti, n. 34; Cristo al Limbo, Padova, Museo Civico, n. 416; Crocifissione, Venezia, Museo Correr, n. 25; Ritratto di giovane, Washington, National Gallery, Collezione Kress, n. 374; Madonna, North Mymms Park, Hatfleld, Mrs. Walter Burns; Nesso e Deianira inseguiti da Ercole, U.S.A., proprietà privata (L. Venturi, A mythological picture by Y. B., in The Burlington Magaz., XLIX [1926], p. 205); Adorazione dei Magi, Ferrara, Casa Vendeghini. Una grande grisaille della collez. Cini, Monselice, si ricollega molto da vicino al f. 31a (G. XXX) del libro di schizzi di Parigi, ma si tratta di un'opera di bottega.
I due libri di schizzi conservati al British Museum e al Louvre sono le principali testimoniange dell'importanza artistica del B.: senza di essi non ci sarebbe più possibile comprendere la sua arte, così apprezzata dai contemporanei, nella sua grandezza e nel suo significato storico. Da essi specialmente è illuminato il posto che spetta al B. nell'arte veneziana e dell'Italia settentrionale; mediatore tra Gotico e Rinascimento, tra Venezia e Firenze, egli pone le premesse della funzione di guida che Venezia avrebbe assunto nei riguardi della Terraferma e ci offre con questi volumi già celebri al loro tempo, un quadro esemplare dei metodi di studio di una bottega rinascimentale, in cui il rispetto della tradizione èaccostato al nuovo studio dell'antico e della natura e a nuove concezioni compositive. I due libri sono compresi fra le opere che, nel suo testamento, la vedova del B., Anna, chiama "quadros dessignatos et onmes libros de dessigniis" e che ella lasciò a Gentile. Questi a sua volta li legò nel proprio testamento a Giovanni.
Il libro del British Museum contiene in 198 pagine, delle quali 7 vuote, disegni a, punta di piombo su carta preparata., viene identificato con quello visto da Marcantonio Michiel in casa di Gabriele Vendramin in Venezia nel 1530: "el libro grande in carta bombasina de dissegni de stil de piombo fu de mande Jacomo Bellini (Notizia d'opere di disegno, pubbl. e ill. da D. I. Morelli, a cura di G. Frizzoni, Bologna 1884, p. 220).
Il volume del Louvre fu scoperto nel 1884 nel castello del marchese de Saleran Ponlevès, presso, Bordeaux. È questo il volume, di disegni che, al principio del secolo XVIII, un certo Guérin "antiquaire du Roi" (Louis XV) trovò a Smirne. Lì era giunto dalla libreria del serraglio di Costantinopoli nella quale era entrato al tempo di Maometto II; quest'ultimo a sua volta l'aveva ricevuto direttamente da Gentile Bellini, in occasione del suo viaggio a Costantinopoli nell'anno 1479. Le 92 pagine, tutte in pergamena salvo un foglio di carta, portano, su fondo preparato, per lo più disegni a punta d'argento o di piombo, che sono ripresi a penna. Eccezioni sono alcuni disegni a punta d'argento o di piombo su fondo di toni diversi, altri a pennello e a penna senza tracciato a punta d'argento, il disegno a guazzo di Cristoforo (G. LII) e l'ireos ad acquerello (G. LVII), assolutamente insolito. p. accluso al volume un indice dei disegni del XV sec., ma non di mano del B., che comprende fogli in origine appartenenti al libro, dei quali oggi qualcuno manca. Il B. disegnò nei volumi già legati (come prova, per es., la preparazione eguale del fondo di pagine ricavate dallo stesso foglio), sicché i volumi non rappresentano una scelta di disegni raccolta in seguito. Più difficile è la questione concernente la tecnica originaria del volume del Louvre, in merito alla quale esistono due opinioni: una, secondo la quale i fogli, che andavano sbiadendosi, sarebbero stati più tardi ripresi a penna, fra gli altri, anche dai figli del B., Giovanni e Gentile; l'altra (seguita da ultimo da M. Röthlisberger, 1956) secondo la quale il B. stesso avrebbe ripassato a penna i propri disegni, cioè avrebbe avuto in mente sin da princìpio di fare disegni a penna. Il Röthlisberger (1956) richiamò inoltre l'attenzione su una particolarità del volume di Londra, nel quale i fogli vennero disegnati prima tutti sul recto e poi sul verso, cosa che nella maggioranza dei casi ha spostato l'equilibrio compositivo e talvolta distrutto la chiarezza della rappresentazione. La vecchia soprascritta sulla prima pagina del volume di Londra "de mano de ms lacopo bellino veneto 1430, in Venetia" (prima erroneamente letta come "de me Iacopo...") non è né una firma, né è decisiva per la molto discussa datazione dei libri. I volumi offrono un quadro degli intenti e dei problenii della bottega Bellini; non si può quindi supporre che l'esecuzione dei disegni abbia richiesto soltanto un breve spazio di tempo, bensì l'intiera durata dell'attività artistica di Iacopo. L. Fröhlich-Bum (1916) ha felicemente definito i due volumi, per il gran numero di studi di prospettiva in essi contenuto, un cprrosèpmdemte veneziano, di un trattato, della pittura fiorentino. Del resto è molto verosimile che il B. sia entrato in contatto con il più eminente teorico fiorentino del tempo, l'Alberti, a Venezia nel 1437 e più tardi a Ferrara. Le composizioni a molte figure del B. riflettono soprattutto le idee del trattato sulla pittura dell'Alberti. I libri di schizzi comprendono scene dei Vecchio e del Nuovo. Testamento, che il B., nella sua gioia di raccontare, ha collocato in una ricca cornice che spesso sovrasta l'azione; inoltre, leggende di santi, raffigurazioni dalla mitologia antica, copie da monumenti antichi, studi di animali nei quali è avvertibile l'influsso del Pisanello., monumenti equestri. Questi ultimi vengono riferiti al concorso per il monumento equestre di Nicolò d'Este, cui partecipò Iacopo.
L'ipotesi che l'esecuzione dei libri di schizzi si sia protratta per qualche decina d'anni comporta però la questione della partecipazione dei figli del Bellini. H. Tietze e E. Tietze-Conrat (1944, p. 110) hanno distinto le varie mani con particolareggiate argomentazioni. Tale distinzione tuttavia incontra altrettante dffficoltà quante ne incontra, nei quadri tardi, lo stabilire il confine tra Iacopo e Giovanni (es.: Crocefissione, Museo Correr, Venezia; Cristo al Limbo, Museo Civico, Padova). Ma entrambi i problemi mettono in luce in modo impressionante la forza feconda e piena di promesse per il futuro insita nell'arte di Iacopo.
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