BONRIPOSI, Iacopo
Nacque presumibilmente intorno al 1375 a Perugia. Entrato in un anno imprecisato nell'Ordine benedettino, nel 1405 era diacono e priore del monastero di S. Lorenzo di Monte Petriolo in diocesi di Perugia. Con bolla datata da Viterbo il 7 ottobre dello stesso anno, Innocenzo VII lo nominava vescovo di Iesi, allora sotto la signoria di Raniero e Brunoro Simonetti, che governavano la città in qualità di vicari della S. Sede. Il 12 dicembre il B., a mezzo del suo procuratore Giovanni Mathioli da Perugia, s'impegnò a pagare alla Camera apostolica oltre la tassa di 300 fiorini per il suo comune servizio e per i consueti cinque servizi minuti, dovuta per la sua nomina a vescovo di Iesi, anche la somma, per la stessa tassa non pagata, dovuta dai suoi due immediati predecessori Luigi e Tommaso.
Nel 1411 si accreditò a Iesi la notizia che le acque del fiume Esino avessero miracolosamente restituito il corpo di s. Floriano martire, venerato nella città almeno dal 1194. Secondo la Passio scritta nel sec. VIII, il santo sarebbe stato precipitato da un ponte nelle acque del fiume Anesus (Enns nell'Austria superiore), che al tempo del B. s'identificava evidentemente con Esinus, donde la trasposizione a Iesi del martirio di s. Floriano - avvenuto invece secondo la Passio a Lauriacum (Lorch) appunto sull'Enns (cfr. F. Lanzoni, Le diocesi d'Italia, I, Faenza 1927, pp. 490 s.) - e il conseguente presunto rinvenimento miracoloso del corpo. Il B., comunque, vittima della buona fede o complice della mistificazione, provvide alla traslazione dei resti, che vennero posti nel mese di dicembre di quell'anno, come ricorda l'epigrafe scolpita per l'occasione (Cappelletti, VII, p. 288; L. Wadding, Annales Minorum, Ad Claras Aquas 1932, IX, p. 436), sotto l'altare maggiore della chiesa dei frati minori, intitolata al martire. Inoltre il B., secondo A. Oldoini (p. 156), avrebbe scritto una Vita di s. Floriano, aggiungendovi il racconto del presunto rinvenimento del corpo e della sua traslazione. Ma di quest'opera non rimane che questa notizia.
Dopo il concilio di Pisa e le elezioni di Alessandro V e di Giovanni XXIII, il vescovo di Iesi restò fedele al papa romano, di cui erano ferventi fautori i Malatesta nuovi signori della città. Prova di questo suo atteggiamento sarebbe una lettera che Gregorio XII gli scrisse il 13 giugno 1411 da Gaeta, dove si era rifugiato (e non viceversa, come scrive il Lambert in Dict. d'Hist. et Géogr. Eccl., IX, col.1103, il quale erroneamente ritiene trattarsi di una lettera scritta dal B. al papa per protestare la sua fedeltà). Gregorio XII con quella lettera incaricava il B. di farsi consegnare da Iacopo Ghirardi da Treviso, familiare pontificio, inviato per certi affari nella Marca d'Ancona, tutto il denaro e altre cose avute da alcune persone per la Camera apostolica, ricorrendo, se fosse stato necessario, anche all'arresto e al braccio secolare. Di tutto il suo operato, poi, doveva informare la Camera apostolica nel rimettere il denaro e le cose recuperate. Tuttavia il 14 nov. 1414, a Costanza, Giovanni XXIII, pochi giorni dopo l'apertura del concilio, nel conferire al B. il beneficio sine cura della chiesa di S. Maria de Nestorio de Monteferulo in diocesi di Perugia, che fruttava 50 fiorini d'oro annui, lo qualificava come persona "nobis... devotam" (Reg.Lat. 175, f. 94v). È difficile dire se il vescovo di Iesi fosse nel frattempo passato all'obbedienza pisana. È possibile invece che il B., già a Costanza all'inizio del concilio, quando ancora non era riconosciuto da Gregorio XII, avesse manifestato in privato la scarsezza delle risorse economiche della sua sede, inadeguate al prestigio della sua dignità vescovile, ed avesse perciò criticato - ma era lamentela generale al concilio - il sistema di tassazione pontificio sui benefici ecclesiastici, e Giovanni XXIII, a cui, contrariamente alle sue speranze, sfuggì subito il controllo del concilio, avvertito dal suo efficiente servizio di informazione dell'umore del B., avesse cercato di guadagnarlo alla sua causa, con la concessione di un beneficio sine cura. Infatti nella bolla di conferimento alludeva velatamente alle ristrettezze economiche del vescovo, ma in pari tempo dichiarava che aveva voluto provvedervi non dietro istanza dell'interessato o per raccomandazione di qualcuno, ma di sua propria iniziativa: "motu proprio", "de nostra mera liberalitate" (ibid.). Se così, il vescovo di Iesi avrebbe aderito al concilio di Costanza prima del riconoscimento da parte di Gregorio XII (4 luglio 1415);ma, naturalmente, non è escluso che Giovanni XXIII possa aver preso la sua iniziativa senza che il B. fosse presente al concilio. Infatti non è neppure improbabile che il vescovo di Iesi fosse giunto a Costanza il 15 giugno 1415, al seguito dei plenipotenziari di Gregorio XII, Carlo Malatesta e il cardinal Dominici, o poco appresso.
Comunque sia di ciò, pare certo che il B. fosse presente al concilio prima del 16 ott. 1415, se è esatta la notizia data dall'Ughelli (I, col. 283)e ripresa dall'Oldoini e dal Mazzuchelli, secondo la quale egli fu uno dei testimoni nel testamento del cardinal Landolfo Maramaldi, morto appunto a Costanza in quel giorno. Tra i documenti del concilio che però non danno mai il numero completo dei partecipanti, il B. compare il 4 febbr. 1416come sottoscrittore della ratifica dei Capitula Narbonensia, concordati per l'unione della Chiesa tra l'imperatore Sigismondo e i legati del concilio, da una parte, e i legati di re e principi dell'obbedienza del papa avignonese Benedetto XIII (Pedro de Luna), dall'altra. Il 3 giugno di quello stesso anno il vescovo di Iesi, per la nazione italiana, insieme con Giovanni, patriarca latino di Costantinopoli, per la nazione francese, Ulrico vescovo di Verden, per la nazione germanica, e Patrizio vescovo di Cork, per la nazione inglese, venne incaricato dal concilio, che dopo la deposizione di Giovanni XXIII e la rinuncia di Gregorio XII aveva assunto in pieno il governo della Chiesa, di perseguire e giudicare con sentenza definitiva gli ordinari e i prelati, che nel regno di Boemia e nel marchesato di Moravia si fossero mostrati negligenti nella lotta contro gli ussiti, attivi soprattutto nella diocesi di Praga e di Olomouc, o addirittura favorevoli al movimento.
Nel frattempo, resasi vacante la diocesi di Narni, il capitolo, il clero, e le autorità cittadine dovettero eleggere il B. a vescovo della città e chiedere al concilio di ratificare la loro scelta. La richiesta fu portata in assemblea dall'avvocato concistoriale Agostino da Pisa, il quale il 20 febbr. 1417, prima che iniziasse la ventisettesima sessione generale, propose che il B. chiedesse la conferma della sua elezione a vescovo di Narni e il relativo munus consecrationis, e aggiunse che, ove il concilio non volesse intromettersi nelle nomine vescovili in attesa dell'elezione del futuro pontefice, protestava pubblicamente, riservandosi di farlo per iscritto nelle dovute forme legali, che da questo atteggiamento dei padri non dovesse derivare al vescovo alcun pregiudizio. Certamente in ossequio a questa designazione, Martino V (eletto l'11 novembre), con atto datato da Costanza il 31 genn. 1418, trasferì il vescovo di Iesi alla sede di Narni. Va perciò corretta la notizia data dall'Eubel (Hierarchia catholica..., I, p. 357), secondo la quale il trasferimento sarebbe stato disposto da Gregorio XII.
Il 7aprile dello stesso anno, a Firenze, dove si era spostata la Curia, il nuovo vescovo di Narni pagava personalmente 50 fiorini d'oro de camera "pro parte sui communi servitii" (Obligationes et Solutiones 61, f. 157). Poiché la tassa per il comune servizio e per i consueti cinque servizi minuti era fissata normalmente, per la diocesi di Narni, in 200 fiorini, si potrebbe dedurre che all'inizio del suo pontificato Martino V fosse venuto incontro alla generale esigenza, prospettata dai padri a Costanza, di ridurre le varie tasse a cui erano sottoposti i benefici ecclesiastici, a meno che non si voglia intendere l'espressione "pro parte sui communi servitii" - ma il significato tradizionale della formula non lo consente - come pagamento parziale della tassa, invece che "in conto (della tassa) del suo servizio comune". Tuttavia qualche mese dopo, e precisamente il 30 luglio, il B. fece offrire alla Camera apostolica dal suo procuratore Benedetto Guidalotti, chierico della stessa Camera, e al collegio cardinalizio 300 fiorini "ad quos ipsa ecclesia [i.e. Narniensis] taxatur" (Obligationeset Solutiones 58, f. 65), da pagarsi in due rate entro un anno. Così la somma complessiva pagata dal B. per il suo trasferimento alla diocesi di Narni fu di 350 fiorini, cioè 150 in più della tariffa precedente: indice sicuro della politica finanziaria di Martino V, il quale, riordinati rapidamente gli uffici della Curia, dopo lo scisma tricefalo e il concilio di Costanza, disattese sostanzialmente i voti e le istanze espresse concordemente al concilio in merito alla riduzione dell'aggravio fiscale sui benefici ecclesiastici, tentando perfino in qualche caso di aumentare le aliquote. Per l'applicazione della sua politica finanziaria, Martino V si servì anche dell'opera del B., nominandolo, il 4 maggio 1420, collettore e nunzio apostolico nella provincia ecclesiastica di Rouen e nel ducato di Normandia, con una lettera, con la quale, nel rivendicare rigorosamente i diritti e le tasse dovute alla S. Sede, gli conferiva i tradizionali amplissimi poteri accordati ai collettori, per i quali poteva, in caso di insolvenza, scomunicare e arrestare perfino i vescovi e confiscarne i beni, mantenendo così in vigore sostanzialmente tutto il vecchio sistema fiscale. Doveva rimettere le somme esatte alla Camera apostolica il più rapidamente possibile a mezzo lettera di cambio o di altro modo sicuro. Le direttive appaiono anche più chiaramente nella lettera che gli indirizzò, nello stesso giorno 4 maggio 1420, il vicecamerario Luigi Aleman, il quale, in considerazione della contrazione dei redditi provocata dalla guerra dei Cento anni, gli dava facoltà di ridurre, al massimo di un quarto i debiti verso la S. Sede per tasse non pagate. Tale riduzione, però, il B. doveva applicare solo ai debiti precedenti all'assunzione al pontificato di Martino V.
Il B., prestato il 7 maggio il giuramento di rito nelle mani dello stesso vicecamerario, partì per la sua collettoria, ponendo la sua sede stabile a Evreux (dipartimento dell'Eure). Durante il suo collettorato in Normandia, con lettera del 25 giugno 1423, riceveva dalla Camera apostolica l'incarico di eseguire un'inchiesta sui proventi del monastero di S. Taurino di Evreux, al fine di stabilire se il nuovo abate Roberto aveva risorse sufficienti per pagare la metà della tassa ordinaria per i servizi comuni e minuti, contro cui aveva fatto ricorso. L'inchiesta del B. e dei suoi colleghi dovette essere rigorosissima, dacché l'abate di S. Taurino l'anno appresso pagò non la metà, secondo quanto, in considerazione della guerra franco-inglese, era stato stabilito a Costanza a favore di tutte le diocesi e monasteri di Francia, ma la tassa intera ammontante a 1.144 fiorini (cfr. H. Hoberg, Taxae pro communibus servitiis ex libris obligationum ab anno 1295 usque ad annum 1455 confectis, Città del Vaticano 1949, p. 327).
Non sappiamo quanto il B. sia restato nella sua collettoria di Normandia, per quanto è presumibile che il suo ufficio durasse almeno fino alla morte di Martino V. Comunque sia, il 27 marzo 1435 si trovava in Curia a Firenze - dove si era rifugiato il papa Eugenio IV dopo la rivolta romana del 29 maggio 1434 - per il pagamento di 30 fiorini dell'annata del priorato della chiesa di S. Luca dell'Ordine gerosolimitano di Perugia, di cui era stato fatto commendatario (forse proprio in ricompensa del suo collettorato). Il 25 aprile dello stesso anno era ancora a Firenze, dove il papa lo incaricò di conferire a Giovanni Croisardi, creato abate del monastero di S. Maria de Calma in diocesi di Nantes, il rituale munus benedictionis.
L'ultima notizia che abbiamo del B. è la sua sottoscrizione all'atto notarile della sesta sessione del concilio di Ferrara, tenuta l'11 febbr. 1438. Morì nel 1455.
Fonti e Bibl.: Arch. Segr. Vaticano, Reg. Lat. 119, ff. 46v-47v; 175, ff. 94v-95v; Ibid., Reg. Vat. 337, f. 248; 349, ff. 43v-45; Ibid, Oblig.et Solut. 55, f. 226; 57, f. 136; 58, f. 65; 61, f. 157; Ibid, Acta Miscellanea 1, f. 75; la notizia di questo documento è riportata anche in una copia del sec. XVIII, Ibid., Arm. XII, 121A, f. 50; Arm. XXIX, 6, f. 96; 8, ff. 21v-23, 49; 19, f.87; Arm. XXXIV, 4, f. 150v ; Ibid., Introitus et Exitus 397, f. 26v; Corpus actorum er decretorum magni Constantiensis concilii, a cura di H. von der Hardt, Francofurti et Lipsiae 1699, IV coll.591, 1094; G. D.Mansi, Sacror. concilior. nova et amplissima collectio, XXVII, Venetiis 1784, col. 818, 1013;H. Finke, Acta Concilii Constanciensis, II, Münster 1923, pp. 299 s.; Concilium Florentinum. Fragmenta,Protocolli,Diaria privata,Sermones, a cura di G.Hofmann, III, fasc. 2, Romae 1951, p. 16.
Non esiste nessuna monografia particolare. D'altra parte sono insufficienti, e talora errate, le notizie date da F. Ughelli-N. Coleti, Italia sacra, I, Venetiis 1717, coll. 283, 1019 (il primo che dà, non si sa perché, il cognome Bontempi o Bonriposi: incertezza poi ripetuta in seguito); A.Oldoini, Athenaeum Augustum, Perusiae 1678, p. 156;G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 3, Brescia 1762, p. 2414;G.Cappelletti, Le Chiese d'Italia, IV, Venezia 1846, p. 565; VII, ibid. 1848, pp. 288 s.; G. Eroli, Descrizione delle chiese di Narni e suoi dintorni, Narni 1898, pp. 164 s. (in cui siosserva che il cognome del B., oltre che con Bontempi, è stato scambiato anche con Mansueti. Quest'ultimo scambio è un'evidente confusione con un predecessore - circa il 1242 - del B. nella sede di Narni, che aveva lo stesso nome Iacobus); Dict. d'Hist. et Géogr. Eccl., IX, col. 1103.