CELSI, Iacopo
Del ramo di Santa Trinita della nobile famiglia veneziana, nacque il 10 luglio 1520 da Gerolamo di Stefano e da Elena da Mosto.
Il padre, patrizio di media condizione, pur discendendo in linea diretta da Lorenzo, doge dal 1361 al 1365, si segnalò soltanto come castellano a Traù; la madre invece era figlia di quel Bartolomeo da Mosto che entrò in Pregadi, fu savio di Terraferma e ricoprì, tra le altre, le cariche di provveditore a Treviso e luogotenente della Tatria del Friuli. Dei numerosi fratelli, Bartolomeo si distinse come provveditore a Legnago e governatore di galera, Giovanni quale camerlengo a Spalato e sopracomito.
Scarse le notizie sinora reperite sui primi trent'anni di vita del C.: si sa soltanto che nel 1538, all'indomani dell'infausta giornata della Prevesa, nonostante la giovane età venne più volte scrutinato per la carica di sopracomito e che, proprio con tale grado, nel luglio del 1542 iniziò il suo primo periodo di comando in mare, al termine del quale, nel 1545, concorse invano alla nomina di capitano delle fuste. Sicuramente ricostruibile invece la sua carriera a partire dal 1550, anno in cui, nel maggio, ottenne il comando della "muda" d'Alessandria dopo aver mancato per pochi voti quello del convoglio mercantile diretto a Beirut. L'ascesa del C. verso le più alte dignità dell'Armata da mar cui era destinato per condizione familiare e personale inclinazione, avvenne per gradi. Grazie all'esperienza maturata, nel maggio del 1551, come anche, a causa del perdurare dello stato d'emergenza, nel marzo dell'anno successivo, egli fu prescelto quale governatore d'una delle venti galere fatte approntare e poste agli, ordini del capitano generale da Mar Stefano Tiepolo per fronteggiare le temute scorrerie della flotta ottomana. Diminuita però dopo appena qualche mese la tensione nei rapporti veneto-turchi, il C., mal sopportando l'inattività, dopo essersi candidato invano alle elezioni per la nomina del provveditore a Peschiera, a Legnago ed a Marano (1552-1553), dal luglio 1553 al marzo 1556 ricoprì con zelo l'ufficio di patrono all'Arsenale, pur non tralasciando di ricercare incarichi più prestigiosi sul mare, quali quello di capitano in Golfo (1554) e di governatore delle galie dei condannati (1555); ma fu soltanto nell'ottobre del 1557 che, fallita di stretta misura la designazione a comandante della squadra di Cipro, egli riuscì a raggiungere l'ambito grado di capitano in Golfo.
Compito principale del C. che, succeduto a Pandolfo Guoro, resse la carica sino agli inizi del 1560quando venne sostituito da Antonio Canal, era, come risulta dalla commissione inviatagli il 4 febbr. 1558, quello di provvedere alla sicurezza della navigazione in Adriatico impegnandosi a fondo con le cinque galere poste ai suoi ordini contro i corsari uscocchi; nei confronti dei "navilii turcheschi" egli avrebbe dovuto invece "osservar tutti li capitoli de la pace" in ossequio alla politica di neutralità passiva adottata dalla Repubblica, desiderosa d'evitare qualsiasi incidente con la Porta. Peggiorate le relazioni con Costantinopoli a seguito del colpo di mano compiuto, in dispregio delle clausole del trattato del 1540, dal provveditore dell'Armata Pandolfo Contarini contro alcuni pirati ottomani sin nel porto di Durazzo; nel maggio del 1559 il C. ricevette l'incarico di consegnare al Contarini l'ordine di rientro immediato e di assumere temporancamente il comando dell'armata. La sua speranza d'esser confermato in tale grado fu però presto delusa, poiché, ai primi di giugno, venne sostituito da Cristoforo Canal, preferito dal Senato con gran margine di voti.
Tornato a Venezia il C. riprese con grande determinazione ma alterna fortuna il suo cursus honorum:dopo esser stato scrutinato per la carica di capitano a Famagosta, nel marzo del 1561 si vide affidare il comando d'una delle trenta galere che la Serenissima teneva allora pronte in Arsenale quale embrione di una flotta permanente; mancata pochi mesi più tardi la designazione a capitano a Candia, nell'ottobre di quello stesso anno fu chiamato in Pregadi, ma in dicembre, dopo aver più volte concorso alla carica di provveditore all'Armar, alla dignità senatoria preferì l'ufficio di provveditore sulle galie dei condannati che ricoprì per tutto il 1562, essendo stato battuto negli scrutini per la nomina a provveditore dell'Armata e a comandante della squadra di Cipro; entrato nella zonta di Pregadi nel gennaio del 1563, ma, fallita poco dopo, ripetutamente, l'elezione a patrono all'Arsenale, nel settembre venne prescelto come rettore e provveditore a Cattaro in sostituzione di Andrea Duodo che, eletto in giugno, aveva "dimandà licenza per esser amalato".
Il C. raggiunse la nuova sede a novembre e vi rimase sino al novembre del 1565 quando gli subentrò Alessandro Minotto. L'obiettivo più immediato che, in esecuzione delle istruzioni già impartite al Duodo, egli dovette perseguire in quei giorni fu la ricostruzione della città parzialmente distrutta dopo il disastroso terremoto in cui aveva trovato la morte anche il suo predecessore Francesco Priuli; a tal fine egli poteva disporre di 5.000 ducati, da spendere però solo dietro autorizzazione della Signoria, e di altri 500da usare invece per gli interventi più urgenti; egli doveva inoltre inviare una dettagliata relazione sulle condizioni in cui si trovavano "muraglie, castello, bastioni, cisterne", per il riatto dei quali i patroni all'Arsenale dovevano approntare "tavole forte di Candia 4 mille, tavole di larese 4 cento", chiodi ed altro materiale. Di rilievo anche l'attività da lui svolta per far affluire sulla costa una notevole quantità di grano con cui assicurare l'approvvigionamento della Repubblica.Al suo rientro da Cattaro il C., fedele alla vocazione che lo legava alla tradizione marinara della Serenissima, dopo essersi candidato invano alle elezioni per la nomina del provveditore generale a Corfù e del provveditore dell'Armata (carica questa da lui particolarmente ambita come dimostra il fatto che vi aveva concorso anche due anni prima pur trovandosi a Cattaro), nel luglio del 1565 ottenne il comando d'una delle cinquanta galere con cui il capitano generale da Mar Gerolamo Zane avrebbe dovuto affrontare la squadra turca che, devastate le coste pugliesi, stava risalendo l'Adriatico. L'improvviso ritorno degli Ottomani verso le proprie basi e il conseguente disarmo del grosso della flotta veneziana fecero però sì che nel novembre egli accettasse l'elezione all'ufficio di tansador sopra le decime, lasciato il quale, nell'ottobre del 1567, rientrò in Pregadi ove rimase soltanto sino a dicembre, quando venne nominato provveditore generale a Corfù; ma già nel febbraio del 1568 egli rinunciò all'importante carica essendo finalmente riuscito ad ottenere il prestigioso grado di provveditore dell'Armata, che conservò sino alla morte.
Salpato da Venezia ad ottobre, ma assunto il comando della armata soltanto nell'aprile del 1569 dopo aver sostituito Antonio Canal il C., durante il primo anno trascorso in mare, dovette affrontare gli ormai cronici problemi della marineria veneta, quali l'equipaggiamento delle galere e il reclutamento delle ciurme; ad essi egli tentò di porre rimedio, come risulta dai numerosi dispacci inviati alla Signoria, richiedendo con puntigliosa insistenza l'invio di "armizi", "antene" e remi, sempre insufficienti rispetto ai bisogni delle sue navi e ricercando nei porti toccati i galeotti necessari a mantenere in efficienza i legni con cui, a presidio dello "Stato da Mar", pattugliava le acque dell'Adriatico e del Levante scontrandosi più volte con i corsari barbareschi e cristiani, o accorrendo a difesa delle piazzeforti minacciate dalla pressione turca, o dirottando ripetutamente verso i porti veneziani navigli carichi di grani, assai preziosi in quell'anno di carestia. Quando però nel febbraio del 1570 la Porta rivendicò apertamente Cipro e fu chiaro che la guerra sarebbe stata inevitabile, obbedendo agli ordini ricevuti il C., lasciato Marco Querini, capitano in Golfo, a difesa di Candia, per meglio custodire l'accesso all'Adriatico pose la sua base a Corfù. Da qui in aprile tentò un colpo di mano sulla costa dell'Epiro contro il castello di Sapotò, munito covo di pirati ottomani, ma venne respinto vuoi per la defezione degli alleati albanesi (come egli scrisse a Venezia), vuoi per aver sottovalutato le difficoltà dell'impresa (come afferma invece il Morosini nella Historia veneta...); un secondo tentativo da lui compiuto agli inizi di giugno, su incitamento del provveditore generale a Corfù Sebastiano Venier, alla testa di dieci galere e con l'appoggio degli albanesi di Michele Mormori portò, dopo breve assedio, alla conquista della fortezza. Tale, successo indusse un mese più tardi il capitano generale da Mar Gerolamo Zane, giunto a Corfù con il grosso della flotta, ad autorizzare una nuova azione sulla costa epirota, affidando al C. il comando della squadra di quarantacinque galere che doveva appoggiare le truppe con cui il governatore generale Sforza Pallavicino ed il Venier, nel frattempo nominato provveditore generale a Cipro, avrebbero dovuto espugnare il castello di Margariti. Fallita però l'impresa per l'irresoluta condotta del governatore generale, d'accordo con lo stesso Pallavicino ed almeno secondo quando ricorda il Sagredo nella Istoria delletre guerre dei Veneziani contro i Turchi - anche con l'altro provveditore della Armata Antonio Canal (che secondo la prassi del tempo di guerra era stato eletto sin dal marzo), il C. cercò d'indurre lo Zane a ritentare l'attacco, ma questi, desideroso di recare al più presto soccorso a Cipro, ordinò invece di trasferirsi a Candia ove ai primi di settembre giunsero anche la flotta spagnola e quella pontificia comandate rispettivamente da Gianandrea Doria e da Marcantonio Colonna. Conscio della grave carenza di galeotti e di uomini d'arme che affliggeva le navi veneziane, in occasione del consiglio di guerra tenutosi pochi giorni dopo per decidere la strategia da seguire, il C., insieme con il Pallavicino con cui, come testimonia ancora il Sagredo, era legato "talmente insieme che quello che vorrà et dirà uno, l'altro senza contradir farà l'istesso", in contrasto con lo Zane ed il Canal sostenne la necessità d'alleggerire la pressione turca su Cipro non con un attacco diretto ma mediante azioni diversive contro Negroponte ed i Dardanelli. E tale opinione egli ribadì, sempre sostenuto dal Pallavicino ed in questa occasione anche dal Canal, alla fine di settembre, quando ormai la flotta cristiana era quasi in vista della isola, nel burrascoso consiglio di guerra riunitosi nelle acque di Calamiti, dopo che era giunta la notizia della caduta di Nicosia, mettendo in tal modo in minoranza lo Zane e determinandone, in concomitanza con l'intransigente atteggiamento assunto dal Doria, la decisione di rientrare a Candia, abbandonando Famagosta al suo destino.
La delusione suscitata a Venezia da una così incerta condotta della guerra provocò ben presto il richiamo di tutti i comandanti ed il 30 dicembre, ufficialmente per "aver compiuto il suo tempo", al C. fu dato come successore Pietro Tron; la notizia lo raggiunse in febbraio a Corfù ove, per insistenza sua, del Pallavicino e del Canal, lo Zane aveva trasferito la squadra veneziana lasciando la troppo esposta Candia, e da dove egli continuava ad incrociare in operazioni di polizia lungo le coste albanesi. Al C. fu però risparmiato il dolore di dover consegnare le sue navi: dopo un ulteriore vano tentativo di prendere il castello di Margariti in cooperazione con il nuovo governatore generale Paolo Orsini, egli cadde gravemente ammalato a Cattaro, da dove, prima di poter essere sostituito, il 17 marzo 1571 inviò il suo ultimo dispaccio.
Si ignorano il luogo e la data di morte.
Da Cattaro il corpo del C. fu traslato a Venezia e sepolto nella chiesa, ora distrutta, di S. Maria della Celestia ove, non lontano dal sepolcro dell'avo, il doge Lorenzo, era ricordato da una lapide posta nel 1607 da Lorenzo e Gerolamo, due dei cinque figli maschi (gli altri erano Giulio, Marco e Bartolomeo) nati dal suo matrimonio con Elena di Gianfrancesco Morosini, celebrato il 16 giugno 1545. Non particolarmente cospicuo il patrimonio del C., la cui parte più importante era costituita, come documenta l'elenco dei beni redatto in occasione dell'estimo del 1566, da due appezzamenti nel Trevigiano per complessivi centoventi e campi", da un livello nel Padovano, da una "posta da molin" vicino a Castelfranco e da "certe casette da sazenti": date in locazione a Venezia "in contrà di San Nicolò" ; di tali sostanze il C. non si occupava però personalmente avendo preferito sin dal 1553 darne al cognato Paolo Morosini procura generale, rinnovata poi anche nel 1563.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Venezia, Miscellanea codici I, Storia veneta, 18: M. Barbaro-A. M. Tasca, Arbori de' patritii veneti, p. 327; Ibid., Miscellanea codici n. 100 (Annali), cc. 73v, 84v, 120r, 121v, 12sr, 127r, 128r, 135v; Ibid., Avogaria di Comun, Nascite, Libro d'oro, reg. 51/1, c. 79r; Ibid., Avog. di Comun, Contratti di nozze,reg. 148/9, c. 63r; Ibid., Avog. di Comun. Cronaca matrimoni, reg. 107/2, c. 91r; Ibid., Segretario alle voci, Misti, reg. 11, c. 111v; reg. 12, cc. 27r, 30r; Ibid., Segret. alle voci, Elezioni del Maggior Consiglio, reg. 2, cc. 194v-195r; reg. 3, cc. 9v, 182v; reg. 4, cc. 163v-164r, 167v-168r, 190v; Ibid., Segret. alle voci, Elezioni dei Pregadi, reg. 1, cc. 32r, 63v; reg. 3, cc. 32r, 83r, 104v, 105v; Ibid., Patroni e Provveditori all'Arsenale, Terminazioni, reg. 135, cc. 128v-147r; reg. 136, cc. 1r-17v; Ibid., Senato, Mar, reg. 33, c. 167v; reg. 34, cc. 60v, 74v; reg. 35, c. 62v; reg. 36, cc. 53v-54r; reg. 37, c. 48v; reg. 38, cc. 174v-176v; reg. 39, cc. 46v-47r, 50r, 60r, 68v, 73r-75r, 91v, 130v-132r, 138v, 178v, 214v-216r, 221v-222r, 229rv; reg. 40, cc. 13v-14r; Ibid., Senato, Secreta, reg. 70, cc. 146r-147r; reg. 71, cc. 8v, 92v, 97r-98r; reg. 74, c. 3v; reg. 75, cc. 86v, 103r-105r, 111v-112r; reg. 76, cc. 3v-4r, 9r, 10r, 23v, 25v, 35r, 41v-42r, 49r, 60r, 64v-65v, 73r; reg. 77, cc. 16v, 39v; Ibid., Capi del Consiglio di Dieci, Lettere di Rettori e di altre cariche (provveditori d'Armata e capitano in Golfo), b. 305, ordinati cronologicamente sei dispacci del C. quale provveditore d'Armata (1569) e un dispaccio quale capitano in Golfo (1559); Ibid., Capi del Cons. dei Dieci, Lett. di Rettori e di altre cariche (Cattaro), b. 275, c. 131; Ibid., Consiglio dei Dieci, Secreta, reg. 9, cc. 13v, 17r, 26v-27r, 31v-32r, 61r; Ibid., Provveditori di Terra e da Mar, filza 1063 (rubricario dell'Armata), ordinati cronologicamente regesti dei dispacci del C. quale provveditore dell'Armata dal 18 ott. 1568 al 17 marzo 1571; Ibid., Dieci Savi alle Decime, b. 130, Castello, condizione 662; Venezia. Bibl. naz. Marciana, Cod. It. VII, 15 (= 8304): G. A. Cappellari Vivaro, Il Campidoglio veneto, I, cc. 255v-256r; Ibid., Cod. It. VII, 821-827 (= 8900-8906): Raccolta dei Consegi, nn. 9-15, a) cc. 181r, 188r, 194r; b) cc. 57r, 278r, 306r; c) cc. 61v, 285r, 293r; d) cc. 6r, 14v, 75v, 95v, 130v, 142v, 162r, 246r, 248v, 307r; e) cc. 27r, 35r, 90v, 100r, 128rv, 241v, 344r, 350r, 372rv; f) cc. 7v, 17v, 28r, 30r, 34r, 37r, 38r, 39r, 46v, 48v, 94v, 97v-98r, 99r, 104r, 107r, 109r-110r, 130v, 145v, 147v-148r, 169r, 176rv, 232rv, 334v; g) cc. 23r-24v, 47v, 59v, 96r, 97r, 127v; Ibid., Cod. It. VII, 198 (= 8383): Registro dei Reggimenti..., cc. 164r, 258v, 276v, 290v, 310r, 312r; Ibid., Cod. It. VI, 187 (= 6039): Miscellanea, cc. 16v-17v; Ibid., Cod. It. VII, 309 (= 7309): F. Fedeli. Guerra di Cipro…, pp. 33, 36, 86; Ibid., Cod. It. VII, 452 (= 7939): F. Sanuto, Historia della guerra mossa da Selim II…, pp. 19, 26, 37 s., 44; Ibid., Cod. It. VII, 224 (= 8309): P. Tiepolo, Storia della guerra di Cipro, pp. 15, 20, 49; Venezia, Biblioteca del Civico Museo Correr, Cod. Cicogna 3352 (= 3014): Lettere e firme autografe di diversi, n. 10; Ibid., Cod. Cicogna 2377 (= 3596): Mem. antiche del regno di Cipro, n. 8, Difesa et narrativa del signor Sforza Pallavicino sopra tutti i progressi dell'armata venet. contro turchi l'a. 1570…, cc. 2r, 4rv, 12r; Cod. Cicogna 1108 (= 3757): B. Sagredo, Istoria delle tre guerre dei Venez. con i Turchi, pp. 204, 219, 222-229, 232, 235-246, 250, 264, 267, 271-277, 281-283, 294-295, 303-305, 321, 323, 329; Ibid., Cod. Cicogna 988 (= 3185): N. Longo, Veridica, nobile, particolare storia della guerra di Cipro, cc. 36rv, 61r, 73r, 117v; Ibid., Cod. P. D. C. 567/LXXVII; Ibid., Cod. P. D. C. 669/XVIII; Ibid., Cod. P. D. C. 670/LXIII; Ibid., Cod. P. D. C. 939/134 e 138; Ibid., Cod. P. D. C. 951/11. Tra le numerose fonti a stampa relative alla guerra di Cipro di particolare rilievo: G. P. Contarini, Historia delle cose sucesse dal principio della guerra mossa da Selim…,Venezia 1572, cc. 3v, 7v, 18r; E. M. Manolesso, Historia nova nella qual si contengono tutti i successi della guerra turchesca,Padova 1572, cc. 23r, 27r, 38rv, 39v-40r; A. M. Graziani, De bello Cyprio, Roma 1624, pp. 56, 58, 98, 136. Si vedano inoltre P. Paruta, Historia vinetiana…,Venezia 1718, II, 1, pp. 65, 69, 71; 2, pp. 167, 170-171; A. Morosini, Historia veneta, Venezia 1719, VIII, p. 144; IX, pp. 294-295, 322, 326, 351; E. A. Cicogna, Delle Inscrizioni Veneziane, III, Venezia 1830, p. 204; P. Molmenti, Sebastiano Venier e la battaglia di Lepanto, Firenze 1899, pp. 38, 41, 44, 280; C. Argegni, Condottieri, capitani, tribuni, I, Milano 1936, sub voce; La corrispondenza da Madrid dell'ambasciatore Leonardo Donà (1570-1573), a cura di M. Brunetti-E. Vitale, I, Venezia-Roma 1963, p. XXXIV; Nunziature di Venezia, IX, (26 marzo 1569-21 maggio 1571), a cura di A. Stella, Roma 1972, ad Indicem (nel volume VIII il riferimento al C. vale invece per Antonio Canal); U. Tucci, Il processo a Gerolamo Zane mancato difensore di Cipro, in Il Mediterraneo nella seconda metà del '500alla luce di Lepanto, Firenze 1974, pp. 420 s.