CHIAVISTELLI, Iacopo
Pittore e decoratore, nato a Firenze il 2 giugno 1621 da Andrea di Domenico e da Caterina d'Agnolo Fumanti nel popolo di San Michele Visdomini (Firenze, Opera di S. Maria del Fiore, Registro dei Battesimi,Maschi, 1620-1621, Lettera J, c. 43v), fu primo di quattro fratelli. Sembra si sia sposato in età alquanto avanzata (a cinquantanove o sessantadue anni, secondo le fonti) con Doralice Bottini, dalla quale ebbe sette figli, quattro maschi e tre femmine.
Le principali e le più complete fonti per la vita e l'opera del C. sono la sua "vita" compilata da F. Moücke (1762)e un'altra "vita" anonima, composta nel primo decennio del Settecento, ma solo recentemente ritrovata (Leoncini, 1980).
Altre notizie si traggono qua e là dall'antica storiografia e soprattutto da numerosi documenti d'archivio, dei quali continuamente si viene a conoscenza in seguito all'intensificarsi degli studi che coinvolgono il nome dell'artista nell'ambito delle ricerche sul periodo barocco fiorentino. Tali studi hanno permesso di identificare e restituire al C. molte decorazioni ad affresco che, pur conservatesi o recuperate, erano cadute nell'anonimato.
Primo maestro del C. appena dodicenne fu Fabrizio Boschi; egli passò in seguito tra gli allievi di Mario Balassi, ma il momento più significativo per la sua formazione di pittore quadraturista e d'ornato fu il successivo discepolato presso Bartolommeo Neri (detto il Poeta a Piedi), tipico rappresentante di tal genere di pittura in Firenze, operoso talvolta accanto a Baccio del Bianco; secondo Filippo Baldinucci il C. frequentò anche la scuola aperta da quest'ultimo nella propria casa, dove insegnava prospettiva e architettura civile e militare.
Poco prima del 1650, anche per interessamento di Ferdinando Tacca, il C. contrasse società con Andrea Ciseri, questi pure pittore ornatista, società che continuò a sussistere fino agli anni 1670-71, quando nacque tra i due una controversia, che nel 1674 fu portata dinanzi ai consoli dell'Accademia del disegno: il Ciseri reclamava la metà di tutti i guadagni in nome della "compagnia" tra loro contratta, il C. rifiutava negando la parità nella collaborazione e l'esistenza di tale società; l'Accademia dette ragione al Ciseri con sentenza del 18 ag. 1677, pur tuttavia le testimonianze sono concordi nel riconoscere le maggiori capacità artistiche del C. (Arch. di Stato di Firenze, Accademia del disegno, nn. 70 e 71).
Nei primi anni oltre la metà del secolo il C. fu essenzialmente impegnato nei teatri dell'Accademia degli Immobili (fondata nel 1649 col patrocinio del cardinal Gian Carlo de' Medici): dapprima nel teatro di via del Cocomero, poi, e soprattutto, nel nuovo teatro di via della Pergola (fondato nel 1652). Il C. fu qui impegnato, a fianco di Ferdinando Tacca, sia nella decorazione del teatro stesso (strutturato allora completamente in legno) sia nell'esecuzione delle scene per le commedie fatte rappresentare dal cardinal Gian Carlo. Tale attività di scenografo rimase poi fondamentale per tutta la vita dell'artista.
Negli stessi anni il C. ebbe modo di perfezionare e affinare la sua arte traendo un fondamentale insegnamento dalle opere dei pittori bolognesi Angelo Michele Colonna e Agostino Mitelli che per il granduca Ferdinando II avevano affrescato a grandiose finte architetture tre saloni terreni di palazzo Pitti già negli anni 1637-1641 e che furono a più riprese a Firenze sino al 1658 a servizio del cardinal Gian Carlo, soprattutto nel suo casino di via della Scala. Non sembra comunque che il C. sia stato a diretto contatto con i due artisti ed ancor meno probabile è che egli abbia compiuto un viaggio di studio a Bologna, come suggerisce l'Orlandi. In ogni caso sull'esempio dei bolognesi, il C. seppe rinnovare la tradizione fiorentina dell'affresco ornamentale, ammorbidendo la maniera di stender le tinte, variando più delicatamente le cromie, arricchendo i motivi decorativi con particolare riguardo alle finte architetture destinate a ricoprire con effetti illusionistici le pareti e i soffitti di sale e di chiese. Nonostante i notevoli progressi in tal senso, va però riconosciuto che egli non raggiunse mai l'inventiva, la leggerezza, la qualità delle opere del Colonna e del Mitelli; tuttavia già il Baldinucci e poi il Lanzi riconobbero in lui il maestro di una fitta schiera di prospettici e quadraturisti operanti prevalentemente a Firenze, che nella città erano all'avanguardia in tal genere di decorazioni. All'incirca fin dal 1660 il C. tenne effettivamente la "scuola del disegno" in alcune stanze poste in borgo S. Iacopo, presso la omonima chiesa, dove più tardi si formeranno anche i suoi migliori allievi: Rinaldo Botti, Giuseppe Tonelli, Giovanni Sacconi.
Nel 1661 ha inizio il grande momento dell'attività dell'artista, datane l'occasione dal matrimonio del principe ereditario Cosimo con Margherita Luisa d'Orléans, cugina di Luigi XIV. Il C. ricevette innanzitutto l'incombenza di eseguire le scene per la commedia Ercole in Tebe, rappresentata al teatro della Pergola con supervisione del Tacca (incisioni di Valerio Spada allegate al libretto della commedia). Subito dopo lo stesso Cosimo gli affidò la decorazione di tutto il suo nuovo appartamento estivo al pian terreno di palazzo Pitti (sulla destra del cortile dell'Ammannati); qui l'artista affrescò otto sale e un salone con la collaborazione di altri pittori fra cui Francesco Bettini e Cosimo Ulivelli per le figure, e Agnolo Gori per i festoni di frutta e fiori. Parte di tale decorazione, nonostante le molte perdite e i gravi deterioramenti, si è conservata fino ai nostri giorni (Chiarini, 1974 e 1977). Per i Medici il C. operò, sempre in palazzo Pitti, anche in altre occasioni: prima del 1661 nei mezzanini del cardinal Gian Carlo, negli anni 1670-71 negli appartamenti della granduchessa madre Vittoria Della Rovere e in quelli della nuova granduchessa Margherita Luisa. Queste opere, citate nei documenti, sono andate per la maggior parte perdute; sono rimasti integri solo una sala e altri due ambienti al piano terreno del palazzo sul lato sinistro del cortile ammannatesco, nei quali si accentua la monumentalità dei finti colonnati ed il rilievo degli effetti illusionistici (Chiarini, 1974: per tali decorazioni esistono disegni al Gabinetto dei disegni degli Uffizi). Per il granduca Ferdinando II il C. aveva inoltre iniziato fin dal 1656, a fianco di altri pittori (A. Gori, C. Ulivelli e altri), la decorazione delle campate del soffitto del terzo corridoio degli Uffizi, dove furono illustrate le azioni e le opere di illustri fiorentini: qui l'opera del C. è alquanto varia nella concezione e nello stile e tradisce il lungo periodo per il quale si protrasse l'esecuzione (vi lavorava ancora nel 1680: Rudolph, 1973; Caneva, 1979); tale complesso fu poi inciso in una serie di tavole commentate da D. M. Manni (1745).
Nel 1669, dopo aver lavorato insieme a F. Tacca per il teatro dell'Accademia degli Intronati in Siena, portò a termine la decorazione dell'intero soffitto della chiesa di S. Maria Maddalena de' Pazzi in borgo Pinti, in occasione della grande festa per la canonizzazione della santa: vasta impresa, tuttora esistente, per la quale egli stesso dipinse anche il grande sfondo figurato al centro con la Glorificazione di s. Maria Maddalena. Tra le altre decorazioni chiesastiche del C. le fonti citano quelle ormai perdute della Compagnia della SS. Trinità e del Sacramento presso la chiesa di S. Maria a Settignano e della facciata della chiesetta di S. Tommaso d'Aquino in via della Pergola. Rimane invece in S. Gaetano la decorazione delle pareti laterali dei due transetti a finte architetture inquadranti due episodi della vita del santo titolare, e che deve porsi a dopo il 1677.
Le opere però che resero ai suoi tempi particolarmente ricercato il C. furono soprattutto le vaste decorazioni di sale, gallerie, camere in palazzi e ville delle più rinomate famiglie fiorentine.
Non è possibile citare qui tutte quelle menzionate dalle fonti, a volte con ricchezza di particolari (come per la villa Dragomanni a Quinto, del 1665, il palazzo Orlandini in via de' Pecori o il palazzo Ugolini in via Torta, nel quale ultimo tra il 1664 e il 1674 affrescò una ventina di ambienti): decorazioni andate per la massima parte perdute; tra le principali che di questo periodo si sono conservate sono il grande salone del palazzo Cerretani, sulla piazza vecchia di S. Maria Novella (anteriore al 1671), e talune decorazioni superstiti in palazzo Medici-Riccardi, ove il C. già operava nel 1670, sebbene il periodo di maggiore attività si collochi negli anni 1687-1690 (Büttner, 1970; Rudolph, 1974).
L'ultimo decennio di attività del pittore si svolse soprattutto al servizio del gran principe Ferdinando, primogenito di Cosimo III.
Questi chiamò nel 1688 il C. nella villa di Pratolino (demolita all'inizio del sec. XIX), luogo della sua abituale villeggiatura autunnale, e da allora sino al 1696 l'artista eseguì insieme con i suoi allievi le scene delle commedie che ogni anno il principe faceva là rappresentare. Nella villa decorò (1690) il grande salone del trucco, che fu poi terminato con paesaggi e figure da Crescenzio Onofri e da Pier Dandini (Strocchi, 1978). Servì ancora il gran principe nell'altra villa di Poggio a Caiano (1692) e nei mezzanini di palazzo Pitti (1693), in ambedue le occasioni per fare ornati e quadrature intorno ad affreschi di Anton Domenico Gabbiani (Chiarini, 1974, 1976, 1977).
Per le nozze del principe Ferdinando con Violante Beatrice di Baviera (gennaio 1689) il C. fu impegnato ad allestire le diciotto scene della commedia Il greco in Troia, da rappresentarsi al teatro della Pergola, illustrate in incisioni da Arnold van Westerhout, che rivelano ancora la ricchezza inventiva del C. in tale campo, pur entro i tradizionali schemi già propri del Tacca (Grohs, 1976). Il gran principe gli dette inoltre l'incarico di fare due "giunte d'architettura" a due quadri della sua collezione: la tela di Giusto Sustermans rappresentante l'Omaggio del Senato fiorentino al piccolo Ferdinando II de' Medici (1693) e la Madonna del baldacchino di Raffaello, giunta da Pescia nel 1697 (al cui restauro collaborò anche Niccolò Cassana). Su espresso invito dello stesso Ferdinando il C. fece infine il proprio Autoritratto (1697), che entrò subito a far parte della famosa raccolta granducale.
In questi ultimi anni di attività del C. si collocano ancora due altre imprese (in parte esistenti) per due nobili famiglie fiorentine, i Corsini e i Gerini. Circa il 1694 egli iniziò, con grande collaborazione di allievi, la decorazione di varie sale terrene del palazzo Corsini in Parione, realizzandone cinque (oggi rintracciabili tra quelle occupate dalla Società Leonardo da Vinci sul Lungarno), e sempre nel medesimo palazzo eseguì la quadratura intorno all'affresco di A. D. Gabbiani nella volta del grande salone d'ingresso al piano nobile. Subito dopo compì per il marchese Gerini le quattro vedute di paesaggio con scenografiche architetture popolate di figure (queste ultime forse di P. Dandini o A. Giusti) nei quattro riquadri lasciati liberi dagli stucchi sulle pareti della prima sala al pianterreno nel palazzo di via Ricasoli.
Tra le molteplici attività del C. è necessario ricordare ancora il ruolo importante che egli svolse con la sua bottega nell'allestimento degli addobbi per le grandiose esequie di tutti i membri della famiglia medicea, a iniziare da quelle del cardinal Gian Carlo (1663), e per i riti funebri celebrati in occasione della morte di altri regnanti europei, interventi attestati da documenti e incisioni (vedi quella di A. Haelweg del catafalco di Anna d'Austria, 1666).
Il C. morì a Firenze il 27 apr. 1698 (Firenze, Bibl. nazionale, Magliab. cl.XXV, cod. 42, c. 334), e fu sepolto nella chiesa di S. Felice in Piazza nella tomba da lui stesso preparata per la propria famiglia sin dal 1679 dinanzi all'altare di S. Lucia, per il quale di sua mano aveva dipinto la tela col Martirio della santa.
Fonti e Bibl.: Firenze, Bibl. Mediceo-Laurenziana, Antinori 248, cc. 2r-19r: Vita di J. C. Pittore di figure et eccellente nell'archit. a fresco; Ibid., Bibl. nazionale, Palat. E.B.9.5.: F. M. N. Gabburri, Vite de' pittori (c. 1714-1741), ad vocem; F. Baldinucci, Notizie de' professori del disegno,da Cimabue..., a cura di F. Ranalli, IV, Firenze 1846, p. 664; P. A. Orlandi, Abecedario pittorico, Bologna 1704, p. 244 ; F.S. Baldinucci, Vite di artisti dei secc. XVII-XVIII, a cura di A. Matteoli, Roma 1975, p. 276; Azioni gloriose degli uomini ill. fiorentini espressi co' loro ritratti nelle volte della Real Galleria di Toscana, a cura di I. Orsini, con la descrizione di D. M. Manni, Firenze 1745; G. Richa, Notizie istoriche delle chiese fiorentine, Firenze 1754-1762, ad Indicem; F. Moücke, Museo fiorentino... o Serie di ritratti degli eccellenti pittori dipinti di propria mano..., IV, Firenze 1762, pp. 1 ss.; D. Moreni, Notizie istor. dei contorni di Firenze, I, Firenze 1791, p. 126; VI, ibid. 1795, p. 107; L. Lanzi, Storia pittor. della Italia, a cura di M. Capucci, I, Firenze 1968, pp. 187, 205; S. Ticozzi, Diz. deipittori, I, Milano 1818, ad vocem; P.Zani, Encicl. metodica delle belle arti, I, 6, Parma 1820, p. 178; F. Fantozzi, Nuova guida... di Firenze, Firenze 1842, pp. 293, 531; U. Morini, La R. Accademia degli Immobili e il suo teatro "La Pergola"(1649-1925), Pisa 1926, pp. 7 ss.; H. Honour, The Palazzo Corsini,Florence, in The Connoisseur, CXXXVIII(1956), 557, p. 160; F.Büttner, Der Umbau des Palazzo Medici-Riccardi zu Florenz, in Mitteil. des Kunsthist. Inst. in Florenz, XIV (1970), pp. 393 ss.; L. GinoriLisci, I palazzi di Firenze, Firenze 1972, ad Indicem; S. Rudolph, Mecenati a Firenze tra Sei e Settecento..., in Arte illustrata, VI (1973), 54, p. 226 nota 19; VII (1974), 59, p. 279; M.Mosco, Itinerario di Firenze barocca, Firenze1974, ad Indicem;M. Chiarini, J. C. a Palazzo Pitti, in Antichità viva, XIII (1974), 3, pp. 25ss.; Id., A. D. Gabbiani e i Medici, in Kunst des Barock in der Toskana, München 1976, p. 337; Id., The decoration of the Pitti Palace in XVIIth and XVIIIth c., in Apollo, CVI(1977), p. 186; Id., Postilla al Gabbiani, in Mitteil. des Kunsthist. Inst. in Florenz, XXI (1977), p. 332; B. RiedererGrohs, Das Festspiel "Il Greco in Troia" im Jahre 1689, in Kunst des Barock in der Taskana, München 1976, pp. 225-233; M.L. Strocchi, Pratolino alla fine del Seicento e Ferdinando di Cosimo III, in Paradigma, 1978, n. 2, p. 425 s.; C. Caneva, I soffitti affrescati, in Gli Uffizi. Catalogo generale, Firenze 1979, ad Indicem; G.Leoncini, Una "Vita" di I.F.C. ..., in Paragone, XXXI(1980), in corso di stampa; U. Thieme-E. Becker, Künstlerlexikon, VI, pp. 489 s.; Enciclopedia dello Spettacolo, III, col. 645.