CORSI, Iacopo
Nacque a Firenze il 17 luglio 1561 da Giovanni di Jacopo (da non confondere col celebre Giovanni di Bardo, morto nel 1547) e da Alessandra di Simone della Gherardesca.
La sua fama, nella Firenze degli ultimi decenni del Cinquecento, fu dovuta in gran parte alla liberalità verso i poveri e al mecenatismo nei confronti di numerosi esponenti della cultura toscana. Solo nel corso del Settecento e dell'Ottocento è stata riconosciuta la funzione decisiva del C. nella nascita del melodramma e il suo nome si è venuto progressivamente associando a quelli del Peri, del Rinuccini, del Caccini, quali promotori delle prime esperienze nel campo della "musica scenica".
Già durante gli anni '80 del Cinquecento il C. appare legato da vincoli di amicizia ad esponenti di primo piano della cultura fiorentina e soprattutto ai musicisti che si riunivano nella celebre Camerata de' Bardi. Non è un caso, ad esempio, che Vincenzo Galilei, nel 1584, dedicasse la nuova edizione del Fronimo (opera teorica sul liuto, pubblicata per la prima volta nel 1568) proprio al Corsi. Tuttavia solo a partire dal 1592 il C. successe al conte Giovanni Maria Bardi quale animatore della Camerata fiorentina e mecenate dell'ambiente musicale cittadino. Nell'ultimo decennio del Cinquecento il suo palazzo, appartenuto in precedenza ai Tornabuoni, divenne il punto d'incontro di musicisti e poeti (quali il Galilei, il Rinuccini, il Peri, il Chiabrera, ed anche il Tasso, il Marino e il Monteverdi). Giovan Battista Doni, nel suo Trattato della musica scenica, ricorda come "dopo il sig. Giovanni Bardi successe il sig. Iacopo Corsi in amare e favorire la musica e i professori di essa, anzi di ogni più nobile e virtuosa professione; sicché la sua casa, mentre visse, fu un continuo albergo delle Muse e un cortese ricetto de' loro seguaci, non meno forestieri che del paese" (Doni, p. 212). Proprio in questi anni cominciò a prender forma, nelle conversazioni con Ottavio Rinuccini, l'idea di un nuovo incontro fra musica e parola ("recitar cantando"), secondo il modello dell'antica tragedia greca. La paternità di questo progetto è chiaramente attribuita al C. e al Rinuccini dal Doni, che li definisce come "i veri architetti di questa musica scenica" (ibid., p. 214). Il primo risultato concreto delle teorie del C. e del Rinuccini fu il dramma in musica Dafne, con testo dello stesso Rinuccini e note di Iacopo Peri, composto fra il 1594 e il 1595 e rappresentato nel palazzo del C. in occasione del carnevale del 1597, alla presenza della corte medicea e del granduca. Il C. contribuì al successo della rappresentazione, oltre che grazie alla propria "liberalità", come scriveva Pietro Bardi in una lettera del 1634, anche con la sua attiva partecipazione alle varie fasi della messinscena: "infiammatosi, e non contento, se non dell'eccellente in quest'arte, instruiva que' compositori, con pensieri eccellenti e dottrine mirabili, come conveniva a cosa sì nobile" (Bardi, p. 146). Il C. stesso compose due arie della Dafne ("Non curi la mia pianta", e "Bella ninfa fuggitiva"), che ci sono rimaste (pubblicate in Solerti, Gli albori del melodramma, p. 60 fuori testo), contrariamente al resto dello spartito.
Il mecenatismo del C. non fu circoscritto esclusivamente al mondo della musica. Egli stesso autore di sonetti, rivolse la sua generosità anche verso i poeti, i quali gli dedicarono numerose composizioni. Giambattista Marino, che conobbe il C., cantò in un sonetto le bellezze di una sua villa nei dintorni di Firenze; Gabriello Chiabrera, che gli fu amico, lo pianse, dopo la sua morte, in sette egloghe (Alcune poesie boschereccie, Firenze 1608); Giovandomenico Peri, il "poeta contadino" d'Arcidosso, dedicò il suo poema Il Caos overo la guerra elementale al C., che lo aveva sostenuto finanziariamente ed apprezzato.
Il C. fu molto vicino all'ambiente della corte medicea. Nel 1595 egli era stato scelto quale inviato del granduca a Venezia per complimentarsi, a nome della corte toscana, per l'elezione del doge Marino Grimani. Il suo credito presso i Medici si accrebbe nel 1599, quando, in occasione delle trattative per la dote di Maria, nipote del granduca, nel suo matrimonio con Enrico IV re di Francia, "informato delle pendenti contestazioni sulla quantità della dote, ebbe il coraggio di supplicare il Gran Duca a nome dei suoi concittadini di desistere dalle opposizioni e offerire le ricchezze di ciascheduno per contribuire alla dote richiesta" (Galluzzi, p. 321). Una proposta, che, come si può immaginare, fu accolta con molta gioia dall'interessata. In occasione delle nozze fra Maria de' Medici ed Enrico IV, fu rappresentato il secondo dramma in musica di Ottavio Rinuccini e Iacopo Peri: l'Euridice. Al successo dell'esecuzione non fu estraneo lo stesso C., che accompagnava il canto al clavicembalo.
Il C. morì a Firenze il 29 dic. 1602.
In un'orazione funebre, letta da uno dei suoi amici, venne ricordato il sostegno dato dal C. alla musica e il suo diretto impegno "in tutte le scienzie e in tutte le arti virtuose" (Firenze, Bibl. nazionale, Mss. Magliab., cl.XXXVIII, 115, c. 142). I meriti del C. apparivano certamente esagerati, come quando si sosteneva che "mercè sua la celebratissima tromba omerica forma toscana ha potuto prendere" (ibid., c. 140). In realtà il contributo forse più importante del C. alle arti è costituito, anziché dall'apporto personale con le composizioni in versi e con le arie per la Dafne, dalla funzione di animatore e di mecenate in un periodo in cui simili figure, care alla tradizione rinascimentale, andavano scomparendo.
Il C. si era sposato nel 1595 con Laura di Lorenzo Corsini, ottenendo la ragguardevole dote di 10.600 scudi. Da essa ebbe due figli, Lorenzo e Giovanni, eredi della fortuna del padre e dello zio Bardo, che trasmise ad essi il titolo marchionale del feudo di Caiazzo (nei pressi di Napoli).
Fonti e Bibl.: Firenze, Bibl. nazionale, Mss. Magliab., cl.XXXVIII, 115, cc. 139-143; Ibid., CI. VII, 735; Ibid., Poligrafo Gargani, 666, 667; Ibid., Palatino, 250, c. 2; Ibid., Bibl. Riccardiana, Manoscritti, 2241; I. Peri, Le musiche... sopra l'Euridice del signor Ottavio Rinuccini, Firenze 1600, prefaz.; G. B. Doni, Trattato dellamusica scenica, in A. Solerti, Le origini del melodramma, Torino 1903, pp. 212, 214; P. Bardi, Lettera (1634), ibid., p. 146; R.Galluzzi, Istoria del Granducato di Toscana, Firenze 1781, V, p. 321; A. Ademollo, Marietta de' Ricci, ovvero Firenze al tempo dell'assedio, con note genealogichedi L. Passerini, Firenze 1845, VI, p. 2140; D. Tiribilli-Giuliani, Sommario storico delle famigliecelebri toscane, Firenze 1855, I, s. v.; R. Rolland, Histoire de l'Opéra en Europe avant Lully etScarlatti, Paris 1895, pp. 75 ss.; A. Solerti, Gli albori del melodramma, Milano-Palerrno-Napoli 1906, pp. 48 ss., 60 (fuori testo); E. Lazzareschi, Per un contadino poeta, in Giorn. d'Italia, 30 ott. 1906; U. Marchesini, Il Poeta contadino d'Arcidosso a Firenze, in Arch. stor. ital., s. 5, XI, (1907), pp. 357 s.; M. Mila, Breve storia della musica, Torino 1963, P. III; E. Strainchamps, C. J., in The New Grove Dictionairy..., IV, London 1980, pp. 806 s.