IACOPO da Cessole
Nato nella seconda metà del XIII secolo, I. era originario di Cessole, località nei pressi di Asti; proprio ad Asti, nel convento della Maddalena, I. fece il suo ingresso nell'Ordine dei predicatori. Coinvolto nella fondazione del convento domenicano di Savona, avvenuta intorno al 1288, I. fece in seguito parte della comunità genovese, riunita nel convento di S. Domenico.
I dati biografici su I. si limitano a pochi documenti, tutti relativi al secondo e terzo decennio del XIV secolo, che si riferiscono con buona certezza all'ultimo periodo della sua vita; questa supposizione si fonda sul fatto che l'opera per la quale I. è conosciuto, il Libellus de moribus hominum et officiis nobilium ac populum super ludo scaccorum, nota anche come Liber de moribus o Libellus super ludo scaccorum, fu composta intorno al 1300.
L'origine italiana di I., il cui nome è spesso riportato dai manoscritti anche in altre forme, quali Casalis, Casulis, Carzolis, non è stata per lungo tempo accertata dagli studiosi. Gli stessi autori degli Scriptores Ordinis praedicatorum, facendo propria una tradizione erudita risalente al XV secolo, hanno infatti ritenuto che I. provenisse dalla Piccardia e si fosse formato nel convento di Reims, attribuendogli il titolo di "magister theologiae" (p. 171). Proprio l'autorità dell'opera succitata ha, in qualche maniera, giustificato l'ininterrotta presenza di I. in repertori e storie letterarie riguardanti la cultura francese, anche se già Lajard avanzava l'ipotesi che I. fosse nato nell'Italia settentrionale; così, ancora in opere recenti (cfr. A Dominican bibliography) I. è ritenuto, erroneamente, francese.
A comprovare l'origine italiana di I. sono quattro documenti. Nel primo di questi, un atto rogato a Genova il 1° ott. 1317, fra Pietro Castagna, procuratore del locale convento, affidava al "fratrem Iacobum de Cessolis" e ad altri laici la gestione e la risoluzione di vertenze e questioni amministrative riguardanti il convento di Savona. Nel secondo documento, già noto agli inizi del XIX secolo, I. compare in qualità di teste, in una lettera nella quale Giacomo da Levanto "inquisitor hereticae pravitatis in Lombardiae et Marchia Ianue" (cfr. Kaeppeli, 1960, p. 159) accreditava un suo ufficiale impegnato nell'opera di indagine e di repressione dell'eresia.
Negli ultimi due documenti, rogati al pari dei precedenti dal notaio genovese Ugolino Cerrino, I. viene nominato il 16 febbr. 1322 in qualità di esecutore testamentario di Bonifacio Milanese, il quale aveva affidato a sua moglie Aldisia e a I. il compito di restituire alcuni proventi percepiti per via usuraria.
Da queste testimonianze emerge che I. ricoprì in seno al prestigioso convento di Genova un ruolo certamente non secondario.
Non è nota la data della sua morte avvenuta dopo il 1322, anno degli ultimi due atti ricordati.
Gli scarni dati biografici in nostro possesso collocano quindi I. nella comunità genovese di S. Domenico, centro di fervida e intensa attività spirituale dove, intorno agli anni Sessanta del XIII secolo, era stata composta la Legenda aurea di Iacopo da Varazze; con tutta probabilità, anche il Liber de moribus fu realizzato in questo stesso cenacolo.
Non è noto quando il Liber de moribus, che conobbe una rapida diffusione ed eco in tutta Europa, fu composto da Iacopo. Termine sicuro post quem è costituito dai numerosi riferimenti allo Speculum historiale di Vincenzo di Beauvais (completato nel 1259) mentre la prima traduzione a noi nota, quella in lingua tedesca a opera di Corrado d'Ammenhausen, indica come terminus ante quem l'anno 1337. I frequenti riferimenti alla crisi istituzionale apertasi con il tramonto della dinastia sveva e le attestazioni documentarie ricordate che vedono I. ancora attivo nel secondo e terzo decennio del Trecento inducono a ritenere che il testo sia stato redatto proprio intorno al 1300.
Il Liber de moribus è propriamente un'opera a carattere moraleggiante che presenta, ricorrendo alla descrizione e all'interpretazione del gioco degli scacchi e alle caratteristiche di ogni pezzo, una puntuale disamina delle virtù e delle attitudini che ogni membro della società medievale deve avere al fine di rendere armonico l'intero impianto sociale.
L'opera è strutturata in quattro parti: la prima illustra le circostanze dell'invenzione degli scacchi nonché gli scopi che il suo creatore si era prefissato stabilendone le regole. La seconda parte passa in rassegna i pezzi "nobili" della scacchiera attribuendo a ognuno una funzione diversa: regale e onorifica per il re e la regina, giudiziaria per gli alfieri, militare per i cavalli, amministrativa per le due torri. Sempre con questa prospettiva I. si sofferma, nella terza parte dell'opera, a descrivere gli otto pedoni, ossia le diverse funzioni svolte dal popolo. In questa sezione del Liber l'autore si vede costretto, per il numero limitato dei pezzi, ad attribuire a ogni pedone riflessioni e ammonimenti riguardanti diverse professioni quali il contadino, l'artigiano e il tessitore, il notaio, il mercante e cambiavalute, il medico e l'apotecario, l'oste e l'albergatore, il guardiano delle porte della città, il giocatore d'azzardo e il ribaldo, il pubblico araldo. Una quarta e ultima parte è dedicata infine ad annotazioni tecniche vere e proprie riguardanti il gioco.
La seconda e terza sezione del Liber si contraddistinguono per il frequente ricorso a exempla e dicta desunti in primo luogo da Vincenzo di Beauvais, Giovanni di Salisbury, Valerio Massimo, nonché dalla Bibbia. I. ha inoltre attinto, anche se in misura minore, ad altri autori quali Gerolamo, Agostino, Seneca, Paolo Diacono e Pietro Alfonsi, tutti riferimenti culturali frequenti in seno all'Ordine dei predicatori. Dirette allusioni, come già detto, alle vicende politiche contemporanee nonché a figure della vita pubblica genovese sono anch'esse presenti nell'opera la cui reale originalità consiste non solo nel ricorso ai numerosi exempla, nella loro esposizione e nel loro adattamento allo scopo didattico-moraleggiante dell'intero Liber de moribus, ma nella complessiva concezione di I. nei confronti dell'armonica coesistenza delle diverse classi sociali all'interno della civitas.
Il successo dell'opera presso il pubblico europeo è testimoniato non solo dai numerosi manoscritti presenti nelle biblioteche di tutta Europa (cfr. Kaeppeli, II, pp. 312-316; IV, p. 132), ma anche dalla consistente tradizione di volgarizzamenti in catalano, italiano, fiammingo e tedesco (cfr. Repertorium, p. 114), nonché francese (un'ampia disamina sulle traduzioni del XV secolo in Jacques de Cessoles. Le jeu des eschaz moralisé. Traduction de Jean Ferron (1347), a cura di A. Collet, Paris 1999). La fortuna dell'opera proseguì nel Quattrocento ed è documentata dagli incunaboli relativi sia al testo latino sia alle diverse traduzioni (cfr. Gesamtkatalog der Wiegendrucke, nn. 6523-6538).
Kaeppeli (II, p. 318) segnala anche una Postilla super Ecclesiastes, attribuita a I. dal manoscritto che la contiene (Siena, Biblioteca comunale, F.V, 23, cc. 1-38; per la sola descrizione del manoscritto cfr. Pellegrini), ma opera di Bonaventura da Bagnoregio.
Fonti e Bibl.: A. Ferreto, Per la storia dell'eresia a Genova, in Giorn. stor. e letterario della Liguria, III (1902), p. 141; T. Kaeppeli, Pour la biographie de Jacques de Cessolis, in Archivum fratrum praedicatorum, XXX (1960), pp. 149-162; F. Lajard, La littérature religieuse, in Histoire littéraire de France, XXV, Paris 1869, pp. 9-41; F. Novati, Una data certa per la biografia di frate J. da C., in Il Libro e la stampa, n.s., III (1909), pp. 45-50; G. Bertoni, Il Duecento, Milano 1930, pp. 217, 241 s.; J. Rychner, Les sources morales des "Vigiles de Charles VIII": le jeu des échecs moralisé…, in Romania, LXXVII (1956), pp. 39-65; R.D. Di Lorenzo, The collection form and the art of memory in the "Liber super ludo scachorum"…, in Medieval Studies, XXXV (1973), pp. 205-221; T. Kaeppeli, Scriptores Ordinis praedicatorum Medii Aevi, II, Romae 1975, pp. 311-318; IV, a cura di E. Panella, ibid. 1993, p. 132; J.M. Mehl, L'exemplum chez Jacques de Cessoles, in Le Moyen Âge, LXXXIV (1978), pp. 227-246; R.A. Müller, Der Arzt im Schachspiel bei Jacobus von Cessolis, München 1981; Das Schachbuch des Jacobus de Cessolis: Codex Palatinus Latinus 961 [facsimile e commenti], I-II, Zürich 1988; J. Calvo González - M.J. Peláez Albandea, Entre escaques y trebejos. Visión crítica del la imagen del "caballo" (v. gr. caballero) en la filosofía jurídica medíeval…, in Le cheval dans le monde médiéval. Actes du XVIIe Colloque… 1992, Aix-en-Provence 1992, pp. 45-58; H. Holländer, Ein Spiel aus dem Osten, in Die Begegnung des Westens mit dem Osten…, a cura di O. Engels - P. Schreiner, Sigmaringen 1993, pp. 389-410; Id., "Bretter, die Welt bedeuten". Das Schachspiel in der frühen Neuzeit…, in Gioco, civilizzazione, transizioni… Atti del Convegno, Bonn … 1994, Treviso-Roma 1995, pp. 126-143; R.A. Müller, Il gioco degli scacchi come metafora della società tardomedievale, ibid., pp. 114-125; K.S. Kramer, Bauern, Handwerker und Bürger im Schachzabelbuch. Mittelalterliche Ständegliederung nach Jacobus de Cessolis, München 1995; L. Pellegrini, I manoscritti dei predicatori, Roma 1999, pp. 371 s.; A Dominican bibliography and book of reference 1216-1992, a cura di Ch.R. Auth, New York-Washington-Frankfurt a.M. 2000, pp. 464 s.; Dictionnaire de biographie française, VIII, coll. 79 s.; Medioevo latino, I (1980) e successivi; J. Quétif - J. Échard, Scriptores Ordinis praedicatorum, I, pp. 471 s.; II, pp. 818 s.; Rep. fontium hist. Medii Aevi, VI, pp. 113 s.; Lexikon des Mittelalters, V, col. 257.