DEL BENE, Iacopo
Figlio di Francesco di Bene e di monna Tana Bardi, nacque all'inizio del primo decennio del 1300, non sappiamo se in Firenze - nel popolo di Ss. Apostoli, dove la sua famiglia risiedeva da tempo - o se nel contado - a Peretola o a Petriolo - dove i Del Bene possedevano numerosi beni immobili. Era già maggiorenne nel luglio del 1327, quando comprò da alcuni soci dei Bardi un pezzo di terra situato nel popolo di S. Maria a Peretola.
Uomo politico di primo piano, raggiunse le più alte cariche del governo fiorentino. Camarlingo del Fuoco nel 1333, priore per il sesto di Borgo nel 1334 (15 agosto-14 ottobre), dei Dodici boni viri del Comune dal 1° dic. 1336 al 28 febbr. 1337, di nuovo priore per il sesto di Borgo nel 1338 (15 aprile-15 giugno), ancora dei Dodici boni viri dal 1° giugno al 31 ag. 1340, priore - sempre per il sesto di Borgo - nel 1342 (15 giugno-14 agosto) e poi di nuovo - ma per il quartiere di S. Maria Novella - nel 1348 (1° luglio-31 agosto), fu gonfaloniere di Giustizia nel 1352 (1° novembre-31 dicembre) e nel 1355 (1° luglio-31 agosto). Priore, per il quartiere di S. Maria Novella, nel 1360 (1° luglio-31 agosto), camarlingo della Gabella delle porte nel 1364, e camarlingo della Camera del Comune nel 1365, fu eletto per la terza volta gonfaloniere di Giustizia nel 1366 (1° marzo-30 aprile).
Il D. svolse attività politica ed amministrativa anche fuori di Firenze, a Pistoia e a Prato. Capitano di custodia nel 1339 a Pistoia, tornò in quella città nel 1341, come membro della magistratura dei Dodici, e, nel 1355, come capitano del Popolo. Del primo soggiorno ci è rimasta testimonianza in un quaderno, dove il D. ebbe cura di far annotare tutte le spese da lui sostenute per l'equipaggiamento e per l'approvvigionamento suo e del suo seguito. Del terzo soggiorno ci è rimasta testimonianza oltre che nella notifica della sua elezione, anche nel nulla osta rilasciatogli in quell'occasione dal Comune di Firenze. Secondo quanto afferma Scipione Ammirato (cfr. Carte Dei) il D. sarebbe anche stato podestà di Prato nel 1358.
Ma il D. fu anche avveduto e fortunato uomo d'affari. Insieme col fratello Amerigo, con oculata amministrazione seppe accrescere considerevolmente i beni paterni, già di tutto rilievo. Svolse tuttavia la sua attività finanziaria essenzialmente in comunione di interessi e di intenti con il fratello. Alla morte del loro padre Francesco, il deposito bancario che questi aveva presso la compagnia dei Bardi fu infatti intestato ad ambedue. Insieme acquistarono terreni e case a Petriolo e a Peretola; insieme comprarono due grossi poderi a Casalta, in Val di Pesa dai Peruzzi nel gennaio del 1336, per la cospicua somma di libre 1.999 e soldi 11 a fiorini, che rimasero a lungo fra le più importanti proprietà fondiarie della famiglia. Finché visse Amerigo, il D. riscosse insieme con lui anche le pigioni di alcune botteghe e di alcune case, che essi possedevano in Firenze, in due zone quasi parallele, raccordate dal ponte di S. Trinita: "di là d'Arno", in piazza S. Spirito, e "di qua d'Arno", da piazza S. Trinita a Por Santa Maria.
Un libretto di mutui (cfr. Sapori, I mutui, p. 192) testimonia che il D., come del resto già suo padre ed i suoi avi, si dedicò insieme con il fratello Amerigo anche ad attività creditizie e finanziarie. Risulta infatti che esercitavano abitualmente il prestito ad interesse del denaro: le somme anticipate potevano essere piccole od ingenti, a seconda della solvibilità e delle garanzie offerte dal mutuante. La clientela era assai varia: privati cittadini che accendevano un mutuo per l'acquisto di terreni, per la costituzione di una dote, per il pagamento di una prestanza, per il riscatto di un prigioniero, appaltatori delle gabelle pubbliche che si facevano anticipare il deposito chiesto in garanzia dal Comune, artigiani che si facevano finanziare l'acquisto delle materie prime necessarie alla loro attività.
Il D. morì a Firenze nel 1367. Il suo corpo fu inumato nella chiesa di Ss. Apostoli il 24 maggio, come si trae dall'epitaffio che fu apposto sulla sua tomba, e che è tuttora esistente e leggibile.
Aveva sposato monna Oretta di Borgognone Gianfigliazzi. Da lei ebbe cinque figli: due femmine - Margherita e Lapa -, e tre maschi: Francesco (che nel 1355 costituì con Stoldo di Lapo Stoldi una compagnia dell'arte della lana, nella quale fu socio passivo lo stesso D.), Borgognone (che fu chierico e morì nel 1366), e Bene, che divenne dottore in legge.
Del fratello del D., Amerigo, morto ancor giovane nel luglio 1340, sappiamo che era stato nominato nel novembre 1338 sindaco revisore dell'operato dei Dieci buonomini incaricati dal Comune di Firenze, allora in lega con Venezia, di provvedere i denari occorrenti per le spese di guerra contro Mastino della Scala. Risulta inoltre che, quando morì, ricopriva dal 1° genn. 1340 la carica di ufficiale sopra i Beni dei ribelli del Comune di Firenze, ufficio che lo costrinse a rinunziare all'elezione a podestà di Castelfiorentino.
Le fonti riferiscono, infine, che il 26 febbraio di quello stesso anno 1340 egli era stato nominato sindaco revisore della famiglia dell'allora podestà di Firenze Monaldo Salamoni da Bettona (Archivio di Stato di Firenze, Consigli della Repubblica, Libri fabarum, n. 17, cc. 69, 71v, 185v, 196v, 207; n. 18, c. 32v; Ibid., Provvisioni Registri, n. 29, c. 69). Amerigo, che aveva sposato Francesca di Neri Adimari, lasciava un figlio ancora in tenera età, Giovanni, che ebbe come tutori, insieme con la madre, il D. e Giotto di Fantone della compagnia dei Peruzzi, già esecutore testamentario dell'avo Francesco.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Carte Dei, VIII, n. 42, cc. 8, 9v-11; Ibid., Carte Del Bene, nn. 5, 6, cc. VIIII, XXXVI, XLV; 7, cc. VIIII, XXXIIIv; 8, c. XVIv; 26; 27; 28; 48; 50, cc. 80, 140, 210-13; 52; 75; Ibid., Carte Dell'Ancisa, CC, c. 812; Ibid., Carte Pucci, II, n. 47; Ibid., Diplomatico, Acquisto Caprini, n. 79/5; Ibid., Consigli della Repubblica, Libri fabarum, 17, cc. 4v, 5, 6v, 20v, 22, 116, 134, 192; nn. 18, c. 22; Ibid., Priorista di Palazzo, cc. 64v, 71v, 75, 80, 86v, 93, 97v, 105; Ibid., Priorista fiorentino Mariani, I, c. 66; Ibid., Raccolta Sebregondi, n. 569; Firenze, Archivio Ginori-Lisci, Fondo Bardi, n. antico 183, cc. LXII, LXXIIv; n. antico 184, c. XXXIXv; Marchionne di Coppo Stefani, Cronica fiorentina, in Rerum Italicarum Scriptores, 2 ed., XXX, 1, a cura di N. Rodolico, pp. 177, 187, 190, 241, 248, 256, 265; L. Cantini, Saggi istor. d'ant. tosc., VII, Firenze 1797, p. 74; A. Sapori, Per la st. dei prezzi a Pistoia. Il quaderno dei conti di un capitano di custodia nel 1339, in Bullett. stor. pistoiese, XXIX (1926), pp. 95-98, 101; Id., Una compagnia di Calimala ai primi del Trecento, Firenze 1932, pp. 26 n., 27, 146 n., 230 n., 258; E. Fiumi, Econ. e vita privata dei Fiorentini nelle rilevazioni statistiche di G. Villani, in Arch. stor. ital., CXI (1953), p. 215; A. Sapori, I mutui dei mercanti fiorentini dei Trecento e l'incremento della proprietà fondiaria, in Studi di storia econ. (secc. XIII-XIV-XV), I, Firenze 1955, pp. 191 ss.; Id., Case e botteghe a Firenze nel Trecento (La rendita della Proprietà fondiaria), ibid., pp. 305 ss.; H. Hoshino, Francesco di Iacopo Del Bene cittadino fiorentino del Trecento. La famiglia e l'economia, in Annuario dell'Istituto giapponese di cultura, IV (1966-67), pp. 31 s., 40, 65, 68, 89 s., 94, 99, 105 ss., 116-119; V (1967-68), pp. 123-126, 147, 153, 156, 181 s.; A. Sapori, La "gabella delle porte" di Firenze 1361 e 1364, in Studi di st. econ., III, Firenze 1967, pp. 25 ss. e passim; F. Melis, Documenti per la storia economica dei secoli XIII-XVI, Firenze 1972, p. 105.