IACOPO di Cione
Pittore fiorentino, nato probabilmente nel terzo decennio del XIV secolo (Kreytenberg, 1996), fu fratello di Andrea, detto l'Orcagna (morto nel 1368), e Nardo (morto nel 1366), celebri pittori, e di Matteo, scultore (morto nel 1390 circa).
La prima menzione dell'artista, soprannominato in alcuni documenti Robiccia, risale al 21 maggio 1365, quando è nominato nel testamento di Nardo di Cione come erede alla pari rispetto agli altri due fratelli; di I. - iscritto nell'arte dei medici e speziali il 12 genn. 1369 - possediamo una nutrita lista di attestazioni documentarie (Offner - Steinweg, pp. 7-13), che è stata incrementata anche in anni più recenti da nuovi reperimenti.
L'opera cardine della fase più antica del pittore è la raffigurazione della Madonna col Bambino e del Redentorebenedicente nel trilobo della cuspide, un tempo nella collezione Stoclet a Bruxelles, oggi in una raccolta privata americana (ripr. in Boskovits, 1975, tav. 48), recante la data del 1362. Riconosciuta a I. già nel lontano 1933 da Offner, essa documenta un intenso e originale recupero delle formule daddesche, con accenti stilistici che poi si ritrovano nelle opere più antiche riferite all'artista dalla maggior parte dei critici; mentre il disegno rigoroso dei contorni, unito al fermo rilievo delle forme, rimanda senza dubbio all'esempio dell'Orcagna.
Nel dipinto prevalgono tuttavia caratteri stilistici che sono tipici della pittura fiorentina degli anni Sessanta e Settanta - atmosfera rassicurante e grande attenzione agli aspetti decorativi, sempre di squisita raffinatezza - sensibilmente distinti dalla forte e severa sintesi plastica e spaziale portata avanti dall'Orcagna fino alla morte, che rappresentò forse il primo episodio coerente di rievocazione giottesca nella pittura fiorentina del Trecento. Appare pertanto del tutto fuorviante il recente inserimento del dipinto nel catalogo dell'Orcagna operato da Kreytenberg (2000, pp. 158-162, 250).
Nel 1366 l'artista risulta impegnato in lavori ad affresco nella sede dell'arte dei giudici e notai (Borsook), la corporazione più potente nella Firenze di allora, a dimostrazione del ragguardevole credito ormai acquisito nell'ambito del panorama artistico cittadino. Secondo altre referenze documentarie reperite in anni recenti (Levin, 1999), nella primavera del 1369 I. era ancora impegnato in decorazioni ad affresco nella sede della Misericordia presso l'oratorio del Bigallo a Firenze, insieme con il fratello Nardo. La perdita di questi lavori giovanili ci priva purtroppo di alcuni punti di riferimento d'importanza cruciale per definire gli elementi costitutivi della sua formazione artistica. Quest'ultima, tuttavia, dovette svolgersi sotto l'influsso, oltreché dei due fratelli maggiori, di un ristretto novero di artisti all'interno del quale dovettero risaltare soprattutto il cosiddetto Maestro di San Lucchese e Niccolò di Tommaso. Secondo la plausibile proposta di Boskovits (1975, pp. 52, 321), le opere riunite in passato da Offner (v. in proposito Offner, Suppl., 1981, p. 34) sotto la denominazione provvisoria di Maestro dell'Infanzia - dal singolare dipinto (inv. 1890, n. 5887) della Galleria dell'Accademia di Firenze raffigurante per l'appunto Storie dell'infanzia di Cristo (la Strage degli Innocenti, l'Adorazione dei magi e la Fuga in Egitto) - sono da ricomprendere nell'ambito della produzione giovanile e della prima maturità di I., con la datazione nel settimo decennio del secolo. Tra esse spicca il bellissimo tabernacolo conservato anch'esso alla Galleria dell'Accademia di Firenze - raffigurante nella parte centrale la Madonna dell'Umiltà e due donatori genuflessi e, negli sportelli laterali, le figure dell'Annunciazione, Quattro santi e la Crocifissione - significativamente attribuito in passato e per lungo tempo a Giovanni da Milano, che documenta al meglio la sensibile raffinatezza esecutiva e la preziosità degli effetti decorativi tipiche di questa fase del pittore. A questo periodo risale anche l'importante anconetta oggi nella National Gallery di Canberra, recante la data del 1367, raffigurante la Madonna col Bambino all'interno di un ricchissimo trono a baldacchino, circondata da dodici santi. Nel 1368 I. fu incaricato di portare a termine la grande tavola con S. Matteo e quattro storie della sua vita (Firenze, Uffizi), lasciata incompiuta dal fratello Andrea, cui era stata commissionata nel settembre 1367 dai consoli dell'arte del cambio. Dal punto di vista dello stile, tuttavia, il dipinto appare non soltanto ideato ma anche sostanzialmente eseguito dall'Orcagna; e pertanto I. dovrebbe essersi occupato di far portare a termine soltanto alcune parti marginali, affidandone magari l'esecuzione diretta a un fedele collaboratore della bottega orcagnesca, il cosiddetto Maestro della Predella dell'Ashmolean Museum, che in seguito sarebbe stato sovente un assiduo collaboratore dello stesso Iacopo.
È stato anche proposto (Bellosi, 1986) di riferire i dipinti sin qui riconosciuti al Maestro della Predella dell'Ashmolean Museum (per cui si veda Tartuferi, 1991, con bibl.) alla fase giovanile dello stesso I., ma tale ipotesi è stata respinta giustamente e con argomentazioni probanti da S. Chiodo (2000).
Alla National Gallery di Londra si conserva la maggior parte delle tavole superstiti del grande polittico eseguito per l'altar maggiore della chiesa fiorentina di S. Pier Maggiore, per il quale sono noti alcuni documenti di pagamento del 1370-71, nei quali tuttavia non compare il nome di I., bensì quelli di un "Niccholaio dipintore", cui fu affidato il disegno dell'opera, e di due collaboratori minori (Davies - Gordon; De Marchi, 1997). Questi dipinti sono comunque generalmente riferiti a I. sulla base della stringente affinità stilistica con altre opere per le quali l'intervento dell'artista è attestato dai documenti: in primo luogo, la grande Incoronazione della Vergine eseguita nel 1372-73 per la Zecca fiorentina (Firenze, Galleria dell'Accademia), in collaborazione ancora una volta con "Niccolò" e con un altro pittore di nome Simone.
Nonostante in tempi più o meno recenti sia stata proposta l'identificazione del misterioso "Niccolò" con il pittore Niccolò di Pietro Gerini (che si trovò a collaborare effettivamente con I. nel 1383 nell'esecuzione di un affresco nel palazzo dei Priori a Volterra), appare molto più verosimile riconoscere in esso Niccolò di Tommaso, l'altro pittore fiorentino legato già da alcuni anni soprattutto a Nardo di Cione tramite rapporti di amicizia e collaborazione (Tartuferi, 1989).
Databile intorno agli anni 1370-75 è la Madonna dell'Umiltà della National Gallery of art a Washington, un'opera di alto livello qualitativo, oggetto anche in anni recenti di inaccettabili attribuzioni a favore dell'Orcagna (Padoa Rizzo; Kreytenberg, 2000).
Il 10 dic. 1378 I. fu pagato per aver dipinto uno scudo di pietra con il motto "Libertas" posto nella navata del duomo di Firenze; mentre, il 23 luglio 1380 ricevette altri pagamenti per aver dipinto gli stalli del nuovo coro nella quarta campata della cattedrale (Offner - Steinweg, pp. 8 s.; Kreytenberg, 1996). In parallelo con queste prestigiose commissioni pubbliche, la bottega dell'artista - in assoluto una delle più attive e affermate nella Firenze dell'ultimo quarto del secolo - continuò a soddisfare le numerosissime richieste della committenza privata mediante la produzione di decine e decine di trittici portatili e ancone devozionali di proporzioni più o meno grandi. Tale copiosa attività è una delle più rappresentative nel quadro della produzione artistica della seconda metà del Trecento a Firenze e ne esemplifica molto bene il livello medio; tuttavia, sebbene l'artista risulti sovente più gradevole nelle tavole di predella e, in genere, nelle opere di formato contenuto, egli riuscì a raggiungere buoni risultati anche in imprese di vaste dimensioni: nel Crocifisso un tempo in collezione privata a Perugia e oggi in Arizona (Boskovits, 1975, fig. 114), eseguito intorno al 1380 ancora nel solco della più pura tradizione giottesca, oppure nel polittico con la Madonna col Bambino e quattro santi, datato 1383, della chiesa dei Ss. Apostoli a Firenze, bene recuperato dal recente restauro (2001).
Secondo la plausibile proposta di Boskovits (1975), anche le opere riunite un tempo da Offner (1965) sotto la denominazione provvisoria di "Maestro dell'Annunciazione di Prato" - dal dipinto di analogo soggetto della chiesa di S. Spirito a Prato - sono da riportare nell'ambito della produzione matura di Iacopo.
Nel marzo 1383 il camarlingo del Comune di Volterra commissionò a I. e a Niccolò di Pietro Gerini un affresco da eseguire nel palazzo dei Priori raffigurante l'Annunciazione e quattro santi. L'opera fu saldata il 15 novembre dello stesso anno (Battistini), ma fu ridipinta per ben due volte, nel 1441 e nel 1759, e pertanto nel suo stato attuale appare pressoché ingiudicabile (Offner - Steinweg, p. 10 n. 11). Da un documento conservato nell'Archivio di Stato di Prato apprendiamo che il 6 marzo 1386 furono inviate cinque tavole dipinte da I. alla sede commerciale di Avignone del celebre mercante pratese Francesco di Marco Datini, delle quali nessuna ci è pervenuta o è stata finora identificata.
Nella fase tarda della sua attività, I. si trovò a collaborare sovente oltre che con Gerini con Giovanni del Biondo, del quale sembra risentire l'influenza, come dimostra la bella Madonna col Bambino datata 1386, un tempo in collezione Miari Pelli Fabbroni a Firenze, appartenuta in anni più recenti al grande collezionista antiquario Carlo De Carlo (Boskovits, 1975, fig. 120). In questo periodo i documenti ci dicono I. attivo soprattutto per l'Opera del duomo, oltreché come esecutore, come fornitore di materiali (marmo, colori) anche in collaborazione con il fratello Matteo, scultore. Il 2 maggio 1398 si fece garante per gli impegni assunti in un contratto con l'Opera del duomo da parte del pittore Mariotto di Nardo.
Il nome di I. compare per l'ultima volta negli elenchi delle tasse per il quartiere di S. Giovanni, gonfalone del Leon d'oro, nell'anno 1400, tuttavia senza l'indicazione del pagamento, lasciando supporre quindi che a questa data fosse morto da poco.
La produzione di I. - in assoluto una delle più abbondanti del XIV secolo, fra quelle giunte fino a noi - contribuì a prolungare fino alle soglie del Quattrocento la tradizione orcagnesca, una delle matrici fondamentali della fiorente cultura pittorica fiorentina del Trecento.
Fonti e Bibl.: O. Sirén, Giotto and some of his followers, Cambridge, MA, 1917, pp. 256-262; M. Battistini, L'affresco di I. di C. e di Niccolò di Pietro nel palazzo dei Priori a Volterra, in L'Arte, XXII (1919), pp. 228 s.; R. Van Marle, The development of the Italian schools of painting, III, The Hague 1924, pp. 491-500; B. Berenson, Italian pictures of the Renaissance, Oxford 1932, pp. 273-275; R. Offner, The Mostra del Tesoro di Firenze Sacra, I, in The Burlington Magazine, LXIII (1933), p. 84 n. 59; Id., A Florentine panel in Providence and a famous altarpiece, in Studies of the Museum of art of the Rhode Island School of design, Providence 1947, pp. 43-61; B. Berenson, Italian pictures of the Renaissance. Florentine school, I, London 1963, pp. 103-106, 163; L. Marcucci, Gallerie nazionali di Firenze.I dipinti toscani del secolo XIV, Roma 1965, pp. 99-105; R. Offner - K. Steinweg, Corpus of Florentine painting, sect. 4, III, New York 1965, pp. 7-13; M. Boskovits, Pittura fiorentina alla vigilia del Rinascimento, Firenze 1975, pp. 50-54, 68-71, 95-98, 321-330; R. Fremantle, Florentine Gothic painters, London 1975, pp. 161-172; R. Offner, Corpus of Florentine painting, Suppl., A legacy of attributions, a cura di H.B.J. Maginnis, Florence 1981, pp. 34 e 89; A. Padoa Rizzo, Per Andrea Orcagna pittore, in Annali della Scuola normale superiore di Pisa, s. 3, XI (1981), p. 887; E. Borsook, I. di C. and the Guild Hall of the judges and notaries in Florence, in The Burlington Magazine, CXXIV (1982), pp. 86-88; L. Bellosi, in Sassetta e i pittori toscani tra XIII e XV secolo (catal.), a cura di L. Bellosi - A. Angelini, Siena 1986, pp. 25-28; E. Biagi, I., in La pittura in Italia. Il Duecento e il Trecento, II, Milano 1986, p. 587; M. Davies - D. Gordon, The early Italian schools before 1400, London National Gallery Catalogues, London 1988, pp. 45-56; A. Tartuferi, I. di C., in Gothic to Renaissance. European painting 1300-1600, London-New York 1988, pp. 60-62; Id., I "primitivi" italiani della National Gallery a Londra: un nuovo catalogo e alcune considerazioni, in Arte. Documento, 1989, n. 3, pp. 52 s., 56 nn. 25-29; A.S. Labuda, I., in Opus sacrum (catal., Warsaw), a cura di J. Grabski, Wien 1990, pp. 34-39; A. Tartuferi, Maestro della Predella dell'Ashmolean Museum, in Dipinti e sculture in una raccolta toscana, secoli XIV-XVI, a cura di M. Boskovits, Firenze 1991, pp. 66-69; E.S. Skaug, Punch marks from Giotto to Fra Angelico, I, Oslo 1994, pp. 193-200; G. Kreytenberg, I. di C., in The Dictionary of art, VII, London 1996, pp. 337-339; A.G. De Marchi, I. di C., in Enc. dell'arte medievale, VII, Roma 1996, pp. 244-246; Id., in F. Zeri - A.G. De Marchi, La Spezia. Museo civico Amedeo Lia. I dipinti, Cinisello Balsamo 1997, pp. 158 s.; W.R. Levin, A lost fresco cycle by Nardo and I. at the Misericordia in Florence, in The Burlington Magazine, CXLI (1999), pp. 75-80; D. Benati, in Da Bernardo Daddi a Giorgio Vasari (catal.), Firenze 1999, pp. 50-52; S. Chiodo, in Dipinti italiani del XIV e XV secolo. La collezione Crespi nel Museo diocesano di Milano, a cura di M. Boskovits, Ginevra-Milano 2000, p. 34; G. Kreytenberg, Orcagna. Andrea di Cione, Mainz 2000, pp. 158-162, 181, 250; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXVI, p. 39 (s.v. Orcagna, Iacopo di Cione).