FERRETTI, Iacopo (Giacopo, Giacomo)
Nacque a Roma il 16 luglio 1784 da Francesco Maria, titolare di una agenzia di spedizioni, e da Barbara Sardi, di origine viennese, figlia di un alto funzionario dell'esercito imperiale. La famiglia Ferretti, che abitava a piazza S. Eustachio, era nota negli ambienti culturali della città: lo zio paterno del F., il poeta Paolo, era celebre per essere stato amico di V. Monti e suo ospite durante il viaggio che questi compì a Roma nel 1783. Il fratello del F., Sigismondo, nato nel 1788, fu un noto architetto.
Morto il padre nel 1794 (lasciava, oltre al F. e a Sigismondo, due figlie e la moglie trentaduenne), il tutore, l'avvocato P. M. Gasparri (poi suo patrigno), iscrisse il F. al ginnasio "Calasanzio" e in seguito al Collegio Romano, avviandolo, sotto la guida di A. Tosti, agli studi giuridici, ai quali però il giovane preferiva l'attività poetica. I primi versi conosciuti del F. si trovano in una raccolta di componimenti di arcadi, Versi nelle fauste nozze del signor Domenico Di Pietro con la signora donna Faustina Caetani (Roma 1803). Della sua produzione poetica resta un'unica raccolta, Bagattelle eroicomiche in versi (ibid. 1830), dedicata alla principessa Zenaide Volkonskij, il cui salotto il F. frequentava assiduamente.
Sin dalla gioventù si dedicò a tradurre commedie francesi, attività che lo avrebbe accompagnato poi sempre nel corso della sua vita (tra le tante commedie, ricordiamo: L'amante servitore e poeta di M. Cerou [Roma 1815], Una visita a Bedlam, di E. Scribe-Ch. Delestre-Poirson [ibid. 1831], La leggitrice di J.-F-A. Bayard [Milano 1838]).
Con il nome di Leocrito Erminiano il F. entrò a far parte nel 1805 dell'Accademia dell'Arcadia (della quale fu eletto nel 1806 sottocustode). In quegli anni frequentava il salotto di musica del maestro G. Sirleti, dove cominciò a interessarsi al melodramma, nonché le riunioni letterarie che si tenevano a casa dell'avvocato G. Pulieri, ove si incontravano alcuni giovani poeti e letterati riformatori, tra i quali C. Sterbini. Dal 1809 fu socio dell'Accademia Ellenica di Roma, fondata dall'antiquario e topografo romano A. Nibby, che abbandonò poi il 9 apr. 1813 in seguito a contrasti con uno dei soci (G. Boccanera) per formare sei giorni dopo, insieme con G. G. Belli, A. Coppini e altri venticinque ex soci, l'Accademia Tiberina.
Il F. intrattenne poi sempre con il Belli (che scherzosamente lo chiamava "ser Jacopo Frustabaccelli") una relazione di fraterna amicizia: con lui collaborò ai periodici LoSpigolatore, del quale dal 1835 fu direttore, la Rivista teatrale e Il Tiberino, giornale che pubblicava tra l'altro anche gli atti dell'Accademia Tiberina.
Il 7 giugno 1812 il F. aveva fondato un gabinetto poetico; in quello stesso anno era stato nominato professore di umanità al Collegio Romano, incarico che mantenne fino al 1813. Nei circoli da lui frequentati si preparava una rinascita del teatro melodrammatico, della cui decadenza si rintracciavano le cause, come spiegherà lo stesso F. in una conferenza tenuta nel 1834 presso l'Accademia Tiberina, "nella bontà del pubblico; ed era un poco troppo indulgente: - nella tirannia degli eunuchi; ed era nauseante: - nella poca cultura dei versificatori teatrali antichi; ed era sconsolante" (Sulla storia della poesia melodrammatica romana. Conferenza inedita con note di A. Cametti, estratto dalla Cronaca musicale, I [1896], 6-7, p. 10).
Agli anni 1806 e 1807 risalgono i primi tentativi di composizione di testi per musica, con due cantate, una per la recuperata salute del senatore A. Rezzonico e l'altra, il Coriolano, musicata da Annunziata Grossi (cfr. Cametti, Un poeta, pp. 11 s.). Il 9 sett. 1807 esordì al teatro Valle di Roma con la farsa L'inganno dura poco, ossia Le nozze di don Madrigale, musicata da Cesare Jannoni; nel 1810 al teatro Argentina con l'opera Danaidi musicata da F. Morlacchi, il quale affidò al F. il compito di riscrivere un testo già approntato ritenuto insoddisfacente, e, come compenso, gli fece ottenere la nomina di poeta della corte di Dresda (cfr. G. Monaldi, Iteatri di Roma, p. 119). Sempre al teatro Valle fu rappresentato il melodramma serio Didone abbandonata, una riduzione dall'opera di P. Metastasio su musica di V. Fioravanti. L'11 febbr. 1811 presentò all'Argentina il primo lavoro di un certo impegno, il Baldovino (Roma 1811), melodramma serio musicato da N. Zingarelli, con il quale il F. continuò poi a collaborare ricavando dal Lucio Vero di A. Zeno la Berenice in Armenia, rappresentata al teatro Valle il 12 nov. 1811, e pubblicata poi con il titolo Berenice regina d'Armenia (Roma 1811).
Negli anni successivi furono rappresentati i melodrammi seri Tito in Langres (teatro Argentina, 26 dic. 1812, musica di A. Del Fante) e Rinaldo d'Asti (teatro Valle, 17 febbr. 1816, musica di C. Coccia), e, sempre presso il teatro Valle, il melodramma sacro Voto di Jefte (marzo 1814, musica di G. S. Mayr) e quello giocoso Amore assottiglia l'ingegno, ossia Il tutore indiscreto (26 dic. 1814, musica di P. C. Guglielmi). Ancora al Valle andò in scena, il 25 genn. 1817, l'opera più famosa e celebrata del F., Cenerentola, ossia La bontà in trionfo (Roma 1817), il cui libretto, tratto non direttamente dalla favola di Ch. Perrault, ma da una féerie di N. Isouard su parole di C. Etienne (cfr. Miragoli, p. 151), gli fu affidato da G. Rossini (come pure quello del melodramma giocoso Matilde di Shabran, ossia Bellezza e cuor di ferro, rappresentata al teatro Apollo il 24 febbr. 1821), nonostante l'incomprensione che divideva lo scrittore dal musicista da quando questi gli aveva preferito C. Sterbini per la stesura del Barbiere di Siviglia.
Dopo la caduta di Napoleone Gioacchino Murat aveva istituito a Roma, occupata dalle sue truppe, il Consiglio generale d'amministrazione, di cui il F. entrò a far parte con l'incarico di minutante, incarico che durò solo il tempo del Consiglio, dal gennaio al maggio del 1814. Quello stesso anno entrò in qualità di riscontro alla Fabbrica dei tabacchi a Magnanapoli (poi trasferita al convento delle convertite), dove lavorò fino al 1845 (fu dal 1821 Sopraintendente al Magazzino primario a Trastevere), compromettendo una salute già debilitata dall'angina e dall'asma.
Il 24 luglio 1820 il F. sposò Teresa Terziani, nipote del compositore Gustavo, una cantante conosciuta otto anni prima nei salotti romani da lui frequentati. Dal matrimonio nacquero quattro figli: Cristina (1822), la quale il 20 marzo 1849 avrebbe sposato Ciro, figlio di G. G. Belli, Chiara (1823), in seguito moglie di Alessandro Spada, Barbara (1824) e Luigi (1836), che divenne un poeta dialettale.
L'abitazione del F., fino al 1825 palazzo Potenziani (poi Lazzaroni) in via dei Lucchesi, in seguito in via Monte della Farina 366, divenne un salotto letterario, meta di musicisti, poeti, critici, cantanti e letterati, tra i quali ricordiamo F. Mendelssohn-Bartholdy e Massimo d'Azeglio (che ne fa menzione nel cap. IX de I miei ricordi).
Dall'incontro con un altro grande musicista, G. Donizetti, presentato al F. da G. S. Mayr nel 1821, nacque il melodramma eroico Zoraide di Granata (teatro Argentina, 7 genn. 1824 [Roma 1824]). seguito nel febbraio dello stesso anno dall'opera buffa L'ajo nell'imbarazzo (teatro Valle, [ibid. 1824]), ricavata da una commedia di G. Giraud e paragonata da critici e pubblico alla Cenerentola. La collaborazione con Donizetti fu lunga e feconda; ricordiamo il melodramma giocoso Olivoe Pasquale (teatro Valle, 7 genn. 1827), il cui testo è attribuito però da alcuni critici ad A. S. Sografi, il melodramma semiserio Il furioso nell'isola di S. Domingo (ibid., 2 genn. 1833 [Roma 1833]) e il melodramma serio Torquato Tasso (ibid., 9 sett. 1833 [ibid.]), per il quale il F. trasse numerosi spunti da opere di Goldoni, Goethe e G. Rosini.
La produzione del F. fu molto vasta: scrisse oltre settanta opere (tra cantate, farse, melodrammi seri, semiseri, giocosi, sacri, eroici, eroicomici, tragici e romantici), tra le quali ricordiamo: Pulcinella impresario (Roma 1817), Polissena (ibid. 1817), Scipione in Cartagine (ibid. 1820), Cesare in Egitto (ibid. 1821), Amalia e Palmer (ibid. 1822), Ilcorsaro, ossia Un maestro di cappella in Marocco (ibid. 1822), Eufemio di Messina (ibid. 1822), Riccardo l'intrepido (ibid. 1824), Gli amici di Siracusa (ibid. 1824), Le gelosie villane (Firenze 1825), Le civette in apparenza (Roma 1826), L'innocente in periglio (ibid. 1827), La sposa persiana (ibid. 1827), L'eroina del Messico (ibid. 1830), Il corsaro (ibid. 1831), Il nuovo Figaro (Parma 1832), La casa disabitata (Milano 1834), Eran due or sono tre (Torino 1834), Idue incogniti (Roma 1834), Monsieur de Chalumeaux (Venezia 1835), Il disertore per amore (Napoli 1836), Furio Camillo (Roma 1839), Contraddizione e puntiglio (ibid. 1842), Il folletto (ibid. 1843), Il vitello d'oro (ibid. 1844).
Al teatro Valle, il 14 febbr. 1835, venne rappresentata l'opera La pazza per amore, che, pur non riscuotendo un successo di critica, fu apprezzata da F. Romani, il quale da allora divenne amico del F., come testimonia il carteggio tra i due, documentato dal 1837 al 1846 (cfr. Cametti, Un poeta..., p. 247). Dal 15 ag. 1842 il F. fu socio dell'Accademia nazionale di S. Cecilia, presso la quale la sua raccomandazione era già stata determinante per l'ammissione di Morlacchi e Donizetti.
In questi anni, con l'aggravarsi del suo stato di salute (nel luglio del 1842 si era intanto trasferito a palazzo Amadei in via delle Stimmate, dove già abitava il Belli), il F. andò limitando la sua attività, tanto che dal 1844 fino alla morte, avvenuta a Roma il 7 marzo 1852 (e preceduta, nel 1848, da quella della moglie Teresa), compose soltanto quattro libretti.
Tra questi, La figlia di Figaro, melodramma giocoso musicato da Lauro Rossi, rappresentato con discreto successo a Vienna il 20 giugno 1846. L'ultima sua opera fu Ilmulatto (1846), melodramma giocoso su musica di G. Lillo, mai rappresentato. Pare che il F. avesse intenzione di scrivere le memorie della sua vita, ma di tale progetto non restano che brevi note, ferme al 1817, contenute in una conferenza inedita tenuta all'Accademia Tiberina nel 1835 intitolata Alcune pagine della mia vita (Cametti, Un poeta..., p. XIII), il cui maggiore interesse consiste nel dettagliato resoconto della genesi della Cenerentola.
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