GUIDI, Iacopo (Iacopo di Piero Guidi)
Non si conosce la data di nascita di questo scultore e architetto, figlio di Piero, la cui attività è strettamente legata alla città di Firenze, particolarmente alla loggia dei Lanzi e soprattutto all'Opera del duomo. Si è ritenuto che fosse nato non prima del 1340 e non dopo il 1350 (Wundram, p. 196); assai più oscure appaiono le sue origini, fiorentine per alcuni, comacine per altri (Bossini).
Le prime notizie documentarie relative al G. - citato come "Iacopo Pieri Guidi", "Iacopo Pieri Guidonis", più spesso semplicemente "Iacopo Pieri" - risalgono al 1376, quando risulta iscritto all'arte dei maestri di pietre e legname.
Nel dicembre del 1377 si ha testimonianza del suo apporto, non meglio specificato, alla loggia della Signoria, retribuito con una paga giornaliera elevata. Intorno a questi anni possono farsi risalire alcuni lavori in S. Maria del Fiore: sulla base di riflessioni stilistiche sono state attribuite al G. alcune sculture del ballatoio, mensole e lastre pavimentali con teste, putti e animali, databili all'incirca fra il 1377 e il 1384 (Kreytenberg, 1979 e 1995: a questi contributi, se non diversamente indicato, si farà riferimento per la ricostruzione del corpus delle opere dello scultore). L'incisività della linea, l'energia del modellato plastico contribuiscono a indicare nel G. l'autore di questi rilievi; altre formelle, da ricondurre ai decenni successivi, potrebbero essere assegnate a un suo allievo dotato, per cui si è proposto il nome di Perfetto di Giovanni. L'intaglio vivace ha favorito l'ipotesi di un diretto alunnato del G. alla scuola di Andrea di Cione, detto l'Orcagna, tradizionalmente attribuitogli.
Soltanto nel 1379, però, si trova documentato il primo lavoro del G. come scultore "pro quadam figura lapidis" (Frey, p. 290): la notizia è stata collegata all'esecuzione di alcune figure a decoro di due mensole per la loggia dei Lanzi. Esse sarebbero state realizzate almeno da tre artefici diversi; e il G. avrebbe prodotto i cinque soggetti più dinamici.
L'anno seguente, o intorno a quella data, egli potrebbe aver realizzato i leoni negli sguanci della porta dei Cornacchini e il putto davanti al leone di destra; in quest'ultimo è infatti riscontrabile il trattamento fisionomico caratteristico dello scalpello dell'artista, evidente d'altronde anche negli animali: scarsa attenzione alla resa organica e alla cura del dettaglio, definizione delle figure con poche linee, cariche così di energia, in favore del movimento.
Nello stesso periodo il G. provvide a fornire il duomo dell'acquasantiera che tuttora è collocata all'interno della navata principale accanto al primo pilastro di destra.
L'acquasantiera per lungo tempo è stata considerata opera di Giovanni Fetti, che nel 1380 veniva pagato per la sua installazione; tuttavia i movimenti sciolti e sicuri delle figure che fanno da corona al fusto di marmo, le vesti ricadenti in abbondanti e morbide pieghe, i caratteristici visi, per quanto notevolmente rovinati, hanno suggerito il nome del Guidi. La pila è conservata al Museo dell'Opera del duomo, dove si trova anche la statuetta di Angelo del XV secolo posta a coronamento intorno al 1790: quella originale è andata dispersa; ma risulta ancora visibile nell'affresco con S. Antonino allontana i curiosi dal duomo di Fabrizio Boschi, eseguito nei primi anni del Seicento nel chiostro di S. Marco.
Il G. continuava a lavorare per la loggia dei Lanzi, realizzando lo stemma nel 1381 e, l'anno seguente, la figura di un leone. Fra il 1382 e il 1388 completava i tre Angeli musicanti, destinati alla facciata del duomo, la cui ubicazione precisa è tuttavia controversa (Brunetti, p. 248). Si tratta del personaggio con salterio, poi trasformato in David (Berlino, Bode Museum), terminato nell'aprile del 1383, e di altre due statue (Firenze, Museo dell'Opera del duomo), rispettivamente l'angelo con cimbali, per il quale riceveva un anticipo di 10 fiorini nel giugno del 1383, e l'altro con viola da gamba. La verifica delle notizie documentarie trova pieno riscontro sul piano stilistico; informazioni più generiche hanno contribuito a far credere, ma l'ipotesi non è condivisa da tutti, che egli fosse l'autore di un quarto angelo, ora disperso.
All'incirca negli stessi anni, e un po' oltre, il G. eseguiva alcune Virtù per la loggia dei Lanzi.
Negli anni 1383-84 realizzò la Fede e la Speranza (quest'ultima conclusa probabilmente l'anno dopo); nel 1386 terminava la Fortezza, già portata a buon punto da Giovanni Fetti, e la Temperanza, solo appena iniziata da quest'ultimo; fra il 1388 e il 1391 lavorava alla Carità, affidata in un primo momento a Luca di Giovanni da Siena (vi era stata anche una temporanea commissione a Piero di Giovanni Tedesco). Le Virtù furono condotte su disegni di Agnolo Gaddi, il quale però sembra aver dato poco più che generiche indicazioni: sulla base di queste il G. concepì figure monumentali, dai caratteristici volti con occhi sporgenti e naso lungo e diritto, distinte da movimenti sicuri e vesti ricadenti in drappeggi fluenti e copiosi. Le sculture, attribuite dalla tradizione vasariana ad Andrea di Cione, alla fine del Settecento venivano fatte riprodurre, perlomeno due di esse, la Fede e la Fortezza (Biblioteca apostolica Vaticana, Vat. lat. 9840, cc. 66v, 67rv), da J.-B. Séroux d'Agincourt per essere pubblicate nella sua monumentale Histoire de l'art, con attribuzione secondo la tradizione e coinvolgimento degli allievi dell'Orcagna, in particolare del G. per la Fortezza.
Proseguiva intanto il contributo del G. alla Fabbrica del duomo fiorentino: è documentata nel 1384 la sua partecipazione alle commissioni per risolvere i problemi inerenti alla costruzione della sagrestia (4 aprile) e alle fondamenta del coro (6 luglio). L'apporto maggiore rimaneva tuttavia quello offerto alla facies scultorea, interna ed esterna.
L'Angelo annunciante, già sopra la porta del campanile (ora Firenze, Museo dell'Opera del duomo), è stato attribuito al G. sulla base di confronti con la serie delle Virtù per la loggia dei Lanzi e degli angeli musicanti per la facciata della duomo (precedentemente, quest'opera era stata assegnata a Luca di Giovanni da Siena): la scultura, collegata in un primo momento alla testimonianza di un elevato compenso, è stata fatta risalire al 1385 da Kreytenberg (1981, p. 54), che ne ha successivamente proposto una datazione anticipata agli anni 1379-80 (1995, p. 83). Nella figura e nei confronti citati sono ravvisabili una costruzione plastica del tutto simile, un attento riferimento alla scultura classica e marcati movimenti di corpi e vesti. Il cospicuo pagamento sopra menzionato è stato riferito anche a una statua di Profeta, priva di testa (Firenze, Museo dell'Opera del duomo, dal cortile di palazzo Riccardi), destinata all'antica facciata della duomo e ascritta all'artista su basi stilistiche (Wundram, pp. 215 s.); per essa si è ipotizzata pure una datazione intorno all'ultimo decennio del XIV secolo (Rathe, 1910, p. 110; Kreytenberg, 1981, p. 61 n. 17).
Agli anni 1388-89, quando documenti attestano la realizzazione da parte dello scultore di una statua di Maria, potrebbe farsi risalire la Vergine annunciata inserita nel tabernacolo centrale sopra la porta dei Cornacchini (tale assegnazione era stata indipendentemente avanzata da G. Brunetti e da Wundram).
Nel 1390 la fama del G. sembra essere ormai consolidata: veniva infatti eletto console dell'arte dei maestri di pietre e legname e aveva l'occasione di offrire una prova concreta delle sue abilità come architetto. A Figline Valdarno, nelle vicinanze di Firenze, erigeva infatti la cappella a destra dell'abside nella chiesa dei frati minori.
La struttura, tuttora pertinente alla chiesa di S. Francesco, nasceva dalla volontà testamentaria di Baldo Baldi "da Fighine": l'ospedale di S. Maria Nuova di Firenze e la Compagnia di Orsanmichele, in qualità di suoi eredi, assegnavano al G. il compito di costruirla. Nel giugno dell'anno seguente egli riceveva il saldo per l'opera (Poggi, 1907, p. 28). Ciò che rimane di questa cappella, dopo il restauro della fine degli anni Venti del Novecento che ha eliminato le aggiunte barocche, è un semplice spazio di tipo gotico, identico alla cappella di sinistra voluta dalla famiglia Serristori: un vano a pianta quasi quadrata, coperto da volta a crociera e illuminato da una bifora.
Dal 1391 il G. collaborava con Piero di Giovanni Tedesco, Niccolò di Piero Lamberti, Giovanni d'Ambrogio e suo figlio Lorenzo, alla porta "della Mandorla": la critica più recente è ormai concorde nell'ascrivere al G. il blocco centrale nello sguancio di destra.
Si tratta di mezze figure di Angeli inserite in losanghe fra tralci di acanto rigoglioso, in cui si dispongono figurette nude; le parti superiore e inferiore sono attribuite a Niccolò di Piero Lamberti: entro il 1394 i blocchi dovevano essere conclusi. Dalla fine del XIX secolo la critica tentò di distinguere la diversità di mani nella decorazione della porta, che accolse nella lunetta, fino al 1489 circa, un gruppo con l'Annunciazione. Per questo, associato o meno a parti del fregio sguanciato dello stipite sinistro, è stata avanzata anche l'assegnazione al G., oggi non più credibile: il suo stile appare diverso da quello delle sculture, per cui si è proposta pure l'attribuzione a un giovanissimo Iacopo Della Quercia (Brunetti, pp. 255-258).
Le cappelle della tribuna sud nel coro del duomo di Firenze vennero erette fra il 1393 e il 1396; a questo periodo si devono dunque assegnare alcuni rilievi che decorano la zona. In particolare, si attribuiscono al G., sulla base di raffronti con i suoi interventi alla porta "della Mandorla", due mensole con putti sotto la finestra della cappella est, all'esterno, e tralci di fogliame, fra cui uno racchiudente una testina umana, sul pinnacolo della stessa finestra (per altri motivi simili e sculture affini alla maniera dell'artista, sempre nella tribuna sud, si veda Kreytenberg, 1979, p. 39 n. 22).
Nell'autunno del 1402 il G., che negli anni 1394, 1398 e 1401 aveva nuovamente rivestito la carica di console della corporazione degli scalpellini, fu chiamato a Orvieto in qualità di capomaestro del duomo e qui sembra aver curato soprattutto i lavori del fonte battesimale. L'incarico durò perlomeno fino all'anno successivo. Nelle sculture della vasca il suo contributo, inizialmente negato (Toesca, p. 360 n. 198), è stato successivamente giustificato grazie alle affinità con alcuni rilievi del ballatoio nella cattedrale fiorentina, a lui attribuiti (Lisner, p. 152). Il 1° maggio 1404 diveniva nuovamente console dell'arte dei maestri di pietre e legname; l'incarico gli fu rinnovato nel 1406, anno in cui ricoprì anche il ruolo, mantenuto però solo per un mese, di capomaestro del duomo di Firenze.
Le ultime notizie sul G. risalgono agli anni 1408 e 1412, in occasione della ripetuta elezione a console della corporazione. Non se ne conosce la data di morte.
Si deve a Baldinucci il riscatto dall'anonimato del G., operato alla luce dei documenti rinvenuti. Ma solo in tempi assai più recenti l'artista è stato oggetto di uno studio più ampio. Nel 1968 Wundram gli dedicò un saggio monografico, nel quale ricostruiva il corpus delle opere sulla base delle testimonianze e dei confronti stilistici e sottolineava l'importanza dell'artista per la scena artistica fiorentina di fine Trecento e i futuri sviluppi del Quattrocento. In seguito, oltre agli interessanti contributi di G. Brunetti, fu soprattutto Kreytenberg, con una serie di interventi, a ritornare sul personaggio, ampliando il catalogo delle sculture attribuitegli, rileggendo le fonti e pubblicando alcune testimonianze inedite.
Fonti e Bibl.: F. Baldinucci, Notizie de' professori del disegno da Cimabue in qua, Firenze 1768, II, pp. 141 s.; G. Della Valle, Storia del duomo di Orvieto, Roma 1791, p. 292; J.-B. Séroux d'Agincourt, Histoire de l'art par les monuments depuis sa décadence au IVe siècle jusqu'à son renouvellement au XVIe siècle, Paris 1823, III, p. 31; IV, tav. XXXV, figg. 1, 5; G. Milanesi, in G. Vasari, Le vite… (1568), I, Firenze 1878, p. 604 n. 1; C. Frey, Die Loggia dei Lanzi zu Florenz, Berlin 1885, pp. 34, 37-39, 109, 112 s., 289 s., 301-309; C. Guasti, S. Maria del Fiore. La costruzione della chiesa e del campanile secondo i documenti tratti dall'Archivio dell'Opera secolare e da quello di Stato, Firenze 1887, pp. CXII, 271 (doc. 352), 273 s. (doc. 355), 302 (docc. 433 s.); L. Fumi, Il duomo di Orvieto e i suoi restauri, Roma 1891, pp. 312 s., 328 (docc. XI s.); A. Venturi, Storia dell'arte italiana, IV, Milano 1906, pp. 711, 713, 715-718; VI, ibid. 1908, p. 15; G. Poggi, Documenti su Giovanni del Biondo, in Rivista d'arte, V (1907), 1-2, pp. 26, 28; Id., Il duomo di Firenze. Documenti sulla decorazione della chiesa e del campanile tratti dall'Archivio dell'Opera, I, Berlino 1909, pp. XXXIX s., XLII, XLIV, LXIX s., 7 (doc. 34), 8 (docc. 36-42), 9 (doc. 43), 11 (docc. 57 s., 63), 12 (doc. 67), 15 (docc. 88, 90), 17 (doc. 102), 64 (docc. 348 s.); K. Rathe, Domfassade in Florenz, Wien-Leipzig 1910, pp. 62, 83, 104-106, 110, 116; H. Kauffmann, Florentiner Domplastik, in Jahrbuch der Preussischen Kunstsammlungen, XLII (1926), pp. 146-148, 152 s.; P. Toesca, Il Trecento, Torino 1927, pp. 350-352, 356, 359 s.; A. Bossini, Storia di Figline del Valdarno Superiore, Firenze 1964, p. 165; M. Wundram, J. di Piero G., in Mitteilungen des Kunsthistorischen Institutes in Florenz, XIII (1968), pp. 195-222; G. Brunetti, in Il Museo dell'Opera del duomo a Firenze, a cura di L. Becherucci - G. Brunetti, I, Venezia s.d. (ma 1969), pp. 22 s., 247-250, 252, 255-258; M. Lisner, Die Skulpturen am Laufgang des florentiner Domes, in Mitteilungen des Kunsthistorischen Institutes in Florenz, XXI (1977), pp. 128, 130, 139, 152, 160 s., 169, 177-179, 181; G. Kreytenberg, Contributo all'opera di J. di Piero G., in Prospettiva, 1979, n. 16, pp. 34-40, 42-44; Id., Die Figurenkonsolen der Loggia dei Lanzi in Florenz, in Mitteilungen des Kunsthistorischen Institutes in Florenz, XXIV (1980), pp. 276-282; Id., L'"Annunciazione" sopra la porta del campanile nel duomo di Firenze, in Prospettiva, 1981, n. 27, pp. 54 s., 60 s.; Id., Firenze, Scultura, Secolo 14°, in Enc. dell'arte medievale, VI, Roma 1995, pp. 241 s.; Id., Le sculture trecentesche all'esterno e all'interno, in La cattedrale di S. Maria del Fiore a Firenze, II, a cura di C. Acidini Luchinat, Firenze 1995, pp. 83, 85, 88, 146, 151, 154-156; Id., Orcagna, Andrea di Cione. Ein universeller Künstler der Gotik in Florenz, Mainz a.R. 2000, pp. 27, 124, 130; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XVIII, pp. 283 s. (s.v. J. di Piero G.).