INGHIRAMI, Iacopo
Nacque a Volterra nel luglio 1565 da Giovanni, di famiglia volterrana di lontane origini tedesche, e da Lucrezia Falconcini.
L'I., rimasto presto orfano di entrambi i genitori, si dedicò agli studi umanistici e alla musica, ma, indirizzato verso la professione delle armi, entrò nell'Ordine dei cavalieri di S. Stefano, milizia creata da Cosimo I de' Medici nel 1562 con lo scopo di combattere gli Ottomani nel Mediterraneo. Ricevette l'abito di cavaliere il 13 giugno 1581, per mano del commendatore maggiore M. Sforza, e iniziò il triennio di addestramento teorico-pratico previsto per i giovani membri della milizia. Terminato il corso, iniziò a navigare sulle galere stefaniane, prendendo parte a numerose crociere. Dopo alcuni anni divenne comandante di una compagnia di fanteria imbarcata. Nell'autunno 1590 ebbe per la prima volta il comando, seppure per un solo mese, della galera "S. Giovanni".
Nel 1593 lasciò temporaneamente il servizio nella marina stefaniana per andare a battersi in Francia, sconvolta dalle guerre di religione, nell'esercito della Lega cattolica allora sotto la guida di Philippe Emmanuel de Lorraine duca di Mercoeur. Rientrato in Toscana all'inizio del 1596, il 25 aprile fu nominato dal nuovo granduca e gran maestro dell'Ordine stefaniano Ferdinando I de' Medici comandante della "Livornina", la più piccola nave della Marina dell'Ordine. Distintosi in numerose crociere compiute isolatamente oppure insieme con altre unità, il 2 apr. 1599 l'I. divenne capitano della "Padrona", la seconda galera della flotta per importanza. Questa promozione suscitò il rancore di M.A. Calefati, comandante della flotta, che avrebbe gradito che tale prestigioso incarico fosse affidato al nipote C. Angelini.
Dopo un fallito attacco contro l'isola di Chio e un'abortita operazione anfibia contro il borgo di Djidjelli (oggi Jijel) in Algeria, la squadra dell'Ordine il 9 luglio 1599 effettuò uno sbarco per conquistare il vicino abitato di Al Kholl. I musulmani però resistettero all'attacco, obbligando i reparti di Ferdinando I a ritirarsi; durante la delicata fase del reimbarco l'I. fu ferito al petto da un'archibugiata. A Messina, dove era riparata la flotta, l'I. ebbe un alterco con Calefati e i due arrivarono quasi al duello; sull'episodio fu aperta un'inchiesta, al termine della quale l'I. fu riconfermato al comando della "Padrona". Nell'autunno del 1600, in occasione del viaggio per condurre Maria de' Medici in Francia per le nozze con Enrico IV, l'I. ebbe il temporaneo comando della "Capitana" stefaniana, l'ammiraglia della flotta. In seguito alla morte di Calefati, avvenuta l'8 nov. 1601, Ferdinando I decise di affidare le navi stefaniane all'I., a C. Angelini e a L. Pitti, ognuno dei quali avrebbe retto il comando per una crociera, avvalendosi della collaborazione degli altri due. Il primo cui spettò tale incarico fu l'I., che nel 1602 con sei unità remiere compì una crociera in Levante della durata di oltre tre mesi. I risultati conseguiti in questo viaggio furono eclatanti (vennero addirittura catturate le galere capitana e padrona di Alessandria d'Egitto), specialmente se confrontati con quelli raggiunti nel corso delle due successive crociere, nelle quali il comando della squadra fu assegnato ad Angelini e a Pitti.
Per tutto il 1603 le navi furono dirette dall'I., che il 18 ottobre rimase nuovamente ferito durante il combattimento che portò alla cattura della capitana di Tunisi. A seguito della scomparsa degli altri due cavalieri con i quali si alternava al comando della flotta, il 27 luglio 1604 fu nominato viceammiraglio e il 30 maggio 1605, dopo il vittorioso attacco a Prevesa, venne promosso ammiraglio per la durata di tre anni. In tale veste prese parte a parecchie crociere nel Mediterraneo e nell'Egeo (di solito tre o quattro l'anno) e compì ardite operazioni contro centri rivieraschi musulmani. Obbedendo alle disposizioni di Ferdinando I, si unì sovente con le galere dell'Ordine all'armata navale cattolica, che di solito si concentrava a Messina e in una di queste occasioni, il 27 sett. 1606, ebbe modo di mettersi in luce per avere costretto alla resa la padrona di Biserta, sebbene il successo gli fosse costato una seria ferita a una gamba. Le ripetute vittorie fecero riconfermare l'I. per ben tre volte di seguito ammiraglio della squadra stefaniana nei capitoli generali dell'Ordine che si tenevano con cadenza triennale, e per i suoi meriti, oltre a ricevere alcune commende, il 23 giugno 1616 fu creato marchese di Montegiovi e il 23 luglio priore di Borgo Sansepolcro.
Nel 1617 ebbe contatti con Galileo Galilei riguardo alcuni esperimenti fatti con un particolare cannocchiale concepito per essere utilizzato dalle vedette delle navi. Il 2 febbr. 1618 fu nominato governatore di Giustizia del presidio, della città e del porto di Livorno e in tale veste ebbe modo di battersi per evitare speculazioni sul cambio delle monete, per ridurre le pretese dei navicellai e per istituire un corpo di pompieri.
Il 7 apr. 1621 fu richiamato a comandare la squadra navale stefaniana con il grado di generale delle galere, titolo che mantenne sino al giorno della sua morte, avvenuta a Volterra il 3 genn. 1624 probabilmente per una terzana.
La salma fu inumata nel duomo nella cappella di S. Paolo, fatta costruire dallo stesso I. in omaggio al santo protettore della sua famiglia.
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