Passavanti, Iacopo
Scrittore ascetico, nato a Firenze al principio del sec. XIV, morto nel 1357; entrò giovane nell'ordine domenicano, che nel 1330 lo mandò a studiare a Parigi. Fu poi lettore di filosofia a Pisa e di teologia a Siena e Roma. Fatto priore di Santa Maria Novella, di cui curò il compimento, divenne vicario della diocesi fiorentina (probabilmente 1350-52). Nel 1354 si accinse a scrivere le prediche tenute nella quaresima di quell'anno, invitanti alla buona confessione, in volgare per i non letterati, in latino per i chierici, e in redazione più ampia. Di questa redazione latina, però, non si sa nulla, salvo che taluni rinvii ce la mostrano almeno cominciata. La redazione in volgare, nella stesura giunta fino a noi, è incompiuta, e discorre solo di due vizi e due virtù.
Il P. non era nel convento di Santa Maria Novella l'8 settembre 1335 quando il capitolo provinciale mise fra i libri di lettura proibita " libellos per illum qui Dante nominatur in vulgari compositos "; ma nello Speculum verae poenitentiae accennava a D. quando ammoniva a leggere solo libri approvati dalla Chiesa, non " poeti mondani; i quali avvegna che dicessero molte e belle cose, disputando dei vizi e delle virtudi... non per ispirazione dello Spirito Santo, ma per ingegno dello spirito naturale parlando, molte cose vane e non vere favoleggiando, dissono piuttosto a dilettare gli orecchi che a correggere i vizi ". Era una necessaria distinzione fra testi sacri e profani, la quale non escludeva l'ammirazione letteraria nel frate.
Le derivazioni dantesche dello Speculum sono ben poche. Non tale la popolaresca citazione di donna Berta e ser Martino (Pd XIII), e ipotetica quella di If XIII per l'esempio del carbonaio di Niversa. Quanto ai regni dell'oltretomba, il P. si attiene alla più comune tradizione, sovvertita da Dante. Entrambi gli scrittori attingono, invece, alla leggenda fiorita attorno a s. Domenico e s. Francesco, presente nella forma più matura nello Speculum (III 5), dove il nucleo originale di essa, riguardo al mandato apostolico dei due santi uniti nel salvataggio della Chiesa ruinante, è innovato; ma certo la parte che riguarda i rapporti fra i due ordini ha riferimento all'ideazione dantesca di Pd XI e XII, almeno nel senso che lo schema concettuale di questi canti risponde alla leggenda a noi nota nella forma più adulta nel Passavanti.
Bibl. - C. Di Pierro, I Domenicani e D., in " Bull. " XII (1905) 41 ss.; A. Monteverdi, Gli esempi dello " Specchio ", in " Giorn. stor. " LXII (1913) 266 ss.; I. Taurisano, Il Capitolo di Santa Maria Novella in Firenze, in " Il Rosario. Memorie Domenicane " XXXI (1916) 24-30, 92-93; A. Sorrentino, L'unità concettuale dei canti XI e XII del Paradiso e una leggenda riferita dal Passavanti, in " Giorn. d. " XXX - (1927) 45-51; S. Orlandi O.P., Necrologio di Santa Maria Novella, I, Firenze 1955, 88-89, 450-471 (con buona bibliografia); M. Aurigemma, Saggio sul P., ibid. 1957.