RUSTICUCCI, Iacopo
– Nacque verosimilmente a Firenze intorno al 1200 da famiglia non conosciuta.
Nulla di lui è noto prima di alcuni documenti sangimignanesi che lo ricordano tra i fiorentini coinvolti in alcune vicende di quel Comune negli anni Venti e Trenta del Duecento. Tra le spese sostenute nel mese di marzo del 1228 dal camerario del Comune di San Gimignano si menziona il pagamento di 50 soldi di denari pisani effettuato in favore di Jacopo Rusticucci, per aver preso parte alle operazioni militari e di assedio contro il castello della Nera, nella diocesi di Volterra. Nella medesima occasione, in qualità di procuratore, ricevette anche quanto dovuto dal Comune a Iacopo del fu Adimaro di Gianni Lieti per la sua partecipazione alla stessa impresa militare. Doveva dunque essere abile nell’esercizio delle armi, e appartenere a quel gruppo di individui definiti come militia.
Miles – o cavaliere – era senza dubbio colui di cui Rusticucci fu procuratore nel 1228: gli Adimari erano una delle più potenti e affermate casate fiorentine dell’epoca, e di essi Rusticucci fu probabilmente consorte.
Contrariamente a quanto sostenuto da alcuni commentatori danteschi che lo volevano appartenente alla famiglia Cavalcanti e in conformità a quanto già intuito da Pietro Santini (1923, p. 32), Rusticucci ebbe in effetti stretti legami con gli Adimari. Non solo le abitazioni di Rusticucci e degli Adimari erano poste nel centrale popolo di S. Piero in Palchetto, nel sesto di Por S. Piero, ma addirittura confinavano – ed essi erano per di più comproprietari – insieme con altre importanti famiglie fiorentine quali quelle dei Della Tosa e dei Sizi, di una torre che si innalzava lì vicino. Nel corso degli anni, inoltre, vari documenti presentano Iacopo Rusticucci agire insieme a esponenti degli Adimari.
Nel gennaio del 1237 fu più volte testimone alle sedute consiliari del Comune di San Gimignano convocate dal podestà allora in carica, il fiorentino Gerardo di Aldobrando Adimari, fratello di quel Tegghiaio insieme al quale Dante lo ricorderà nel girone infernale dei colpevoli di sodomia. Rusticucci faceva forse parte della familia podestarile che affiancava Gerardo Adimari nello svolgimento del suo incarico, ma ebbe anche un ruolo attivo nella politica sangimignanese di quegli anni, adoperandosi in favore del Comune nella contesa che vedeva la città contrapposta a Volterra per il possesso di alcuni castelli. In particolare egli rappresentò gli interessi sangimignanesi presso il podestà di Firenze, allora incaricato di pronunciare il lodo che avrebbe posto termine alla controversia tra i due comuni toscani. E in favore dei sangimignanesi si adoperò allora anche Tegghiaio di Aldobrando Adimari che, con le sue lettere, teneva informato il fratello di quanto avveniva nel frattempo a Firenze.
Sia Tegghiaio degli Adimari sia Rusticucci dovettero svolgere così bene il proprio incarico in favore di San Gimignano che il primo fu nominato podestà per l’anno seguente, mentre il secondo fu ricompensato con due libbre di prezioso zafferano «pro merito sui servitii prestiti tempore domini Teghiarii in mense novembris coram potestate et consilio Florentie, contradicendo Vulterranis, silicet ambasciatoribus qui erant ibi et repetebant Montevultraium dicendo esse comunis Vulterranum» (San Gimignano..., Parte terza, in corso di stampa, p. 802).
Mancano notizie per gli anni seguenti, sino al 1254 quando Rusticucci fu nominato insieme a Ugo degli Spini quale ambasciatore del Comune di Firenze con amplissimo mandato per concludere paci e alleanze. L’anno seguente, probabilmente a partire dal mese di marzo, ricoprì l’incarico di capitano del Popolo nel Comune di Arezzo, città della quale l’anno precedente era stato podestà il più volte citato Tegghiaio degli Adimari.
Rusticucci era ancora in vita alla fine degli anni Sessanta, quando fu compilato il cosiddetto Liber Extimationum (nel quale furono elencati i danni subiti nei beni dai guelfi fiorentini durante il precedente dominio ghibellino in città): vi è citato insieme con non meglio identificati nipoti che condividevano con lui il possesso di alcuni edifici danneggiati dai ghibellini tra il 1260 e il 1266. Sia di lui sia dei nipoti si perdono poi le tracce e se ne ignora la data di morte.
La figura che si delinea sulla base dei pochi documenti conservati non pare paragonabile a quelle degli altri ragguardevoli personaggi che Dante colloca insieme a Rusticucci nei canti infernali della Commedia: fu consorte degli Adimari, ma la famiglia d’origine, gli avi e gli eredi sono sconosciuti. L’esercizio dell’arte militare, la proprietà di una porzione di torre, il titolo di messere che vanta in alcuni documenti e l’aver ricoperto l’incarico di capitano del Popolo lo collocano all’interno della militia, ma non ai più alti livelli; anzi, se non fosse stato immortalato dai versi del poeta, difficilmente si sarebbe distinto nel panorama politico fiorentino del XIII secolo. Eppure i meriti di Rusticucci dovettero essere tali da guadagnarsi il ricordo di Dante e dei suoi contemporanei e probabilmente furono paragonabili a quelli di coloro insieme ai quali fu rammentato dal poeta. Tegghiaio di Aldobrando degli Adimari, Guido Guerra, Farinata degli Uberti si distinsero per aver anteposto a tutto, anche agli odi di fazione e ai propri interessi, il bene della città di Firenze ed è dunque probabile che anche Iacopo Rusticucci si fosse adoperato in tal senso (Inferno VI, 77-84; XVI, 34-45), ponendo le proprie capacità al servizio di Firenze.
L’esplicito riconoscimento dei meriti di questi personaggi non impedì tuttavia a Dante di collocarli all’Inferno poiché colpevoli di peccati morali degni di punizione, e così Rusticucci fu relegato nella schiera dei sodomiti, destinati a correre sotto un’eterna pioggia di fiamme. Le allusioni contenute nei versi danteschi a proposito della moglie e delle sue sventure matrimoniali («la fiera moglie più ch’altro mi nuoce»: Inferno XVI, 45) furono tuttavia sviluppate soprattutto a partire da Giovanni Boccaccio che, come altri commentatori dopo di lui, giustificarono la scelta da parte di Rusticucci di praticare la sodomia come conseguenza della repulsione suscitata in lui dalla coniuge, capace di generare l’avversione nei confronti di tutto il genere femminile. Tutti i commentatori furono però concordi nel celebrare la dignità umana e politica di Iacopo Rusticucci, meritevole di esser citato nel novero di coloro «ch’a ben far puoser li ’ngegni» (Inferno VI, 81).
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Firenze, Diplomatico, Camaldoli, San Salvatore (eremo), 1258 gennaio 19; P. Santini, Documenti dell’antica costituzione del comune di Firenze, Firenze 1895, pp. 436-438, 441-443; Documenti per la storia della città di Arezzo nel Medio Evo, II, Codice diplomatico (anno 1180-1337), a cura di U. Pasqui, Arezzo 1916, pp. 326 ss.; G. Cecchini, Il Caleffo Vecchio del Comune di Siena, I-III, Siena 1931-1940, II, pp. 779 s.; P. Santini, Documenti sull’antica costituzione del comune di Firenze. Appendice, Firenze 1952, pp. 226-228; Liber extimationum (Il libro degli estimi) (An. MCCLXIX), a cura di O. Brattö, Göteborg 1956, §§ 371, 381, 434-438; San Gimignano. Fonti e documenti per la storia del Comune, a cura di O. Muzzi, Parte prima. I Registri di entrata e uscita (1228-1233), Firenze 2008, p. 29; Parte seconda. I verbali dei Consigli del podestà (1232-1240), I (1232-1237), Firenze 2010, pp. 349 s., 357-359, 614-618; Parte terza. I verbali dei consigli del podestà dell’anno 1238, Firenze, in corso di stampa, p. 802.
P. Santini, Sui Fiorentini “che fur sì degni”, in Studi danteschi, VI (1923), pp. 25-40; A. D’Addario, R., I., in Enciclopedia Dantesca, IV, Roma 1970, pp. 1060 s.; D. Conoscenti, Fra mala ventura e fuoco dal cielo: La sogdomia in Decameron V 10 e nelle Esposizioni sopra la Comedia, in Heliotropia. An online journal of research to Boccaccio scholars, 2008, vol. 5, n. 1-2 (http://scholarworks.umass.edu/ cgi/viewcontent.cgi?article=1045&context=helio tropia, 23 giugno 2017).