ZENO, Iacopo (Jacopo Zen, Geno)
Nacque a Venezia nei primi mesi del 1418 da Iacopo, del ramo di S. Giminiano e figlio di Carlo, che morì poco prima della sua nascita, e da Elisabetta Gussoni (morta nel 1433). Gli fu imposto il nome di Ranieri, che presto mutò in Iacopo in memoria del padre. Ebbe tre fratelli, Andrea, Carlo e Marino, e una sorella, Maria.
Apparteneva a quella consorteria familiare che nel Quattrocento generò tre pontefici veneti: Gregorio XII Correr (1406-15), Eugenio IV Condulmer (1431-47) e Paolo II Barbo (1464-72).
Crebbe nella contrada di S. Lio, ove fu compagno di giochi del coetaneo e lontano parente Pietro Barbo. I primi studi di grammatica gli furono impartiti da Damiano da Pola; a soli undici anni iniziò a frequentare gli studi di eloquenza e di diritto presso l’Università di Padova. Ebbe come docenti Giovanni Francesco Capodilista, Paolo di Castro, Antonio Roselli e Angelo Ubaldi: gli ultimi due furono i suoi promotori per il titolo dottorale in utroque iure, che conseguì il 21 agosto 1440.
Al 1433 risale la lettera consolatoria indirizzata dal quindicenne Zeno al fratello Marino Consolatio in obitu matris (Milano, Biblioteca ambrosiana, ms. D 93 sup.), composta in occasione della morte di Elisabetta Gussoni. Sempre a Marino dedicò nel 1435 la Descriptio coniurationis Patavinae (ediz. Bertalot, 1928-1929), narrazione della rivolta occorsa proprio quell’anno.
Si trasferì quindi a Firenze, ove si teneva il Concilio, presumibilmente per raggiungere Pietro Barbo che in quell’anno era stato creato cardinale dallo zio Eugenio IV. Sull’Arno ebbe modo di conoscere ed entrare a stretto contatto col cardinale Niccolò Albergati e il suo segretario Tommaso Parentucelli (futuro papa Niccolò V).
Tali frequentazioni gli permisero di muovere i primi passi nella carriera ecclesiastica: nel 1444 si trovava a Roma già nominato suddiacono apostolico da papa Condulmer e, assurto il Parentucelli al papato, fu presto eletto vescovo delle sedi unite di Belluno e Feltre (26 aprile 1447), che governò tramite un vicario, Paganino da Bergamo, vescovo di Dolcigno in Dalmazia.
Nel 1443 compose il perduto Libellus de morte sororis sanctissimi domini nostri, dedicato al pontefice in occasione della morte di una non identificata sorella, mentre al 1444 risale l’orazione funebre del cardinale Giuliano Cesarini (Cortona, Biblioteca Comunale e dell'Accademia Etrusca, ms. 243, cc. 1r-14r). In questo periodo scrisse pure una dotta lettera laudatoria a Ciriaco d’Ancona (Bertalot - Campana, 1939).
Ad eccezione di sporadici viaggi alla sua sede, Zeno si trattenne in curia, dove fu nominato referendario apostolico il 19 marzo 1449 (e confermato in tale officio da Callisto III il 1° ottobre 1455). Tentò quindi di esser nominato prima vescovo di Vicenza (1451) e patriarca di Venezia (1456) sottoponendo la sua candidatura al Senato veneto, che scelse invece rispettivamente Pietro Barbo e Matteo Contarini.
Al periodo dell’episcopato bellunese risalgono un’epistola laudatoria al cardinale Ludovico Trevisan (Perugia, Biblioteca Augusta, ms. I 89) e il De vita et moribus Nicolai cardinalis sanctae Crucis, una biografia (dai toni agiografici) del cardinale Niccolò Albergati, dedicata a Pietro Barbo (Città del Vaticano, Biblioteca apost. Vaticana, Vat. lat., 3703, ultima ediz. in Bibliotheca hagiographica latina antiquae et mediae aetatis, II, Bruxellis 1900-1901, nr. 6096). La vita del nonno e grande condottiero Carlo Zeno, lo scritto di Iacopo più noto e che ha avuto maggior circolazione, fu composta nel 1458 e dedicata a Pio II (Iacobi Zeno Vita Caroli Zeni, a cura di G. Zonta, in RIS2, XIX, 6, Bologna 1940).
A seguito dei contrasti fra il Senato veneziano e la curia, ottenne un po’ casualmente la carica di vescovo di Padova il 26 marzo 1460, ma ciò ebbe come conseguenza la rottura dei rapporti con Pietro Barbo, che era in lizza per quella sede.
Alla morte di Fantino Dandolo (1459), il Senato aveva designato a succedergli Gregorio Correr, che era abate di S. Zeno di Verona; tuttavia Pio II aveva in mente di nominare a Padova Pietro Barbo e di fargli succedere a Vicenza proprio il Correr. Il consesso veneziano però non intendeva cedere sul controllo dei benefici maggiori, e si oppose inoltre al fatto che la grande diocesi patavina andasse a un ecclesiastico non residente. La questione si acuì rapidamente: alla Dieta di Mantova (1459) gli oratori veneti si rifiutarono di conferire con il Barbo e il Senato convocò il fratello del cardinale, Paolo, per convincerlo a rinunciare alla nomina papale. Al netto rifiuto del vescovo di Vicenza, Paolo Barbo fu condannato all’esilio e il Senato, per dirimere la questione, riaprì la proba per Padova, facendo emergere Iacopo Zeno come terzo candidato. Pietro Barbo, ormai messo alle strette, rinunciò alla nomina agli inizi del 1460 e Pio II, malvolentieri, confermò la scelta di Venezia.
Zeno si trasferì quindi a Padova, ove si servì del vescovo di Cattaro Marco Negro come vicario. Nel 1461 entrò in conflitto con il capitolo della cattedrale per la sua prerogativa di esenzione dalla giurisdizione vescovile: la questione fu risolta solo nel 1464, quando Pio II confermò i diritti del consesso e sconfessò le ingerenze del vescovo.
Nello stesso anno, morto papa Piccolomini, fu eletto pontefice Pietro Barbo. Zeno decise quindi di omaggiare personalmente Paolo II a Roma; l’accoglienza tuttavia fu gelida: il papa lo fece attendere per un mese e, una volta concessa l’udienza, lo trattò severamente, nonostante le belle parole che il vescovo di Padova gli riservò in un’orazione gratulatoria in cui ricordava i trascorsi giovanili (Città del Vaticano, Biblioteca apostolica Vaticana, Vat. lat., 3704).
Si stabilì quindi nell’Urbe (in un palazzo nel rione Trevi) – forse sperando di introdursi maggiormente nell’ambiente della curia e di rilanciare la sua carriera ecclesiastica – fino all’estate del 1468, quando lasciò la città, ufficialmente per scampare all’epidemia di peste che la infestava e per poter compilare tranquillamente le Vitae pontificum (Ammannati Piccolomini, Lettere, II, 1997, pp. 1117 s.).
Le Vitae pontificum, dedicate a Paolo II, si configurano come un «tentativo di ripresa umanistica del Liber pontificalis» (Miglio, 1975, p. 17); rimasero tuttavia incomplete: il catalogo si fermò al papato di Clemente VI, sebbene lo Zeno avesse raccolto molto materiale per giungere alla sua epoca coeva, come segnalò l’arcivescovo Santo Venier in un codice presentato al cardinale Giovanni Battista Zeno al finire del Quattrocento (Città del Vaticano, Biblioteca apostolica Vaticana, Vat. lat., 5942, c. 1v).
Tornò quindi alla sua sede patavina, rimanendovi stabilmente dal 1469 sino alla fine dei suoi giorni. Lì si dedicò, oltre che al governo della diocesi (effettuando pure visite pastorali), anche alla ristrutturazione del palazzo episcopale dove ospitò una biblioteca che accrebbe costantemente.
Fu anche dedicatario di quattro edizioni a stampa nel 1472 (due testi classici, uno di Boccaccio e l’epistolario di Francesco Bruni, v. Bertalot - Campana, 1939, p. 364), confermando la sensibilità culturale e la vicinanza ai circoli umanistici. Continuò in questi anni a comporre orazioni, epistole e trattatelli teologici e giuridici, conservati prevalentemente nella Biblioteca capitolare di Padova (ibid.; Govi, 1951; I manoscritti, 2014).
Morì a Padova «di morte subitana, andando a spasso per lo suo palazo» (da Bisticci, Le vite, 1970, p. 268) entro il 16 aprile 1481 e fu sepolto nella sua cattedrale.
Iacopo Zeno non lasciò testamento; alla sua morte il palazzo episcopale fu assaltato e saccheggiato da gruppi di facinorosi, che si appropriarono dei suoi beni del defunto e dispersero la biblioteca. Il successore, Pietro Foscari, riuscì a recuperare solo un terzo del patrimonio librario (361 unità tra codici e incunaboli) e lo donò al capitolo della cattedrale. È in fondo il lascito più importante, insieme agli scritti, di Iacopo Zeno, che brillò più come umanista che come prelato: pur essendo legato a quel clan nepotistico che ‘imperversò’ nel XV secolo, poté approfittare delle sue relazioni solo nella prima parte della sua carriera, stroncata da uno ‘sgarbo’ commesso a un parente che pochi anni dopo sarebbe divenuto papa.
Archivio di Stato di Venezia, Misc. cod., Storia Veneta, b. 23: M. Barbaro - A.M. Tasca, Arbori de’ patritii veneti, VII, p. 371; Padova, Archivio storico diocesano, Curia vescovile di Padova, Visitationes, 2: Visitationes sub reverendissimis Fantino Dandulo et Iacobo Zeno. 1455 usque 1477, cc. 296r-332v. Le vite di Paolo II di Gaspare da Verona e Michele Canensi, a cura di G. Zippel, in RIS2, III, 16, Città di Castello 1904-1911, ad ind.; Acta graduum academicorum Gymnasii Patavini ab anno 1406 ad annum 1450, a cura di C. Zonta, I. Brotto, Patavii 1922, nrr. 1330, 1343, 1411, 1448 s.; Vespasiano da Bisticci, Le vite, a cura di A. Greco, I, Firenze 1970, pp. 267 s.; Iacopo Ammannati Piccolomini, Lettere (1444-1479), I-III, a cura di P. Cherubini, Roma 1997, ad ind. G. Degli Agostini, Notizie istorico-critiche intorno la vita e le opere degli scrittori viniziani, Venezia 1752, pp. 294-309; A. Zeno, Dissertazioni Vossiane, II, Venezia 1753, pp. 126-133; C. Eubel, Hierarchia catholica, Monasterii 1914, pp. 103, 210; L. Bertalot, Jacobi Zeni descriptio coniurationis Patavine, in Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken, XXI (1928-1929), pp. 333-359; B. Katterbach, Referendarii utriusque Signaturae a Martino V ad Clementem IX et praelati signaturae supplicationum a Martino V ad Leonem XIII, Città del Vaticano 1931, pp. 26, 28, 34, 40; L. Bertalot - A. Campana, Gli scritti di I. Zeno e il suo elogio di Ciriaco d’Ancona, in La Bibliofilìa, XLI, 9 (1939), pp. 356-376; E. Govi, La biblioteca di I. Zeno, in Bollettino dell'Istituto di patologia del libro, X (1951), pp. 34-118; C. Piana - C. Cenci, Promozioni agli ordini sacri a Bologna e alle dignità ecclesiastiche nel Veneto nei secoli XIV-XV, 1968, ad ind.; M. Miglio, Storiografia pontificia del Quattrocento, Bologna 1975, ad ind.; G. Mariani Canova, Un saggio di gusto rinascimentale: i libri miniati di Jacopo Zeno (1460-1480), in Arte Veneta, XXXII (1979), pp. 345-361; M.C. Bellato, I. Zeno, Vescovo di Feltre e Belluno 1447-1460. Spazi, uomini, attività, da un registro della cancelleria vescovile. Tesi di laurea, rel. A. Rigon, Padova 2003; Zeno, Jacopo, in Repertorium fontium historiae Medii Aevi, XI, 4, Roma 2007, pp. 526 s.; G. Mariani Canova, Bibliofilia nel Rinascimento a Padova: I. Zeno, la sua biblioteca e il miniatore Giovanni Vendramin, in Storie di artisti, storie di libri: l'editore che inseguiva la bellezza. Scritti in onore di Franco Cosimo Panini, Roma 2008, pp. 345-361; I manoscritti miniati della Biblioteca capitolare di Padova, a cura di Ead. - M. Minazzato - F. Toniolo, II, I manoscritti dei vescovi I. Zeno e Pietro Barozzi, manoscritti rinascimentali della Chiesa padovana e di altra provenienza, Padova 2014, passim; M. Melchiorre, Ecclesia nostra: la cattedrale di Padova, il suo capitolo e i suoi canonici nel primo secolo veneziano (1406-1509), Roma 2014, ad ind.