IBIZA (῎Εβουσος, ῎Εβυσος, ῎Εβεσος, Ebuăsus)
Isola delle Baleari formante assieme alla più piccola, Formentera, il gruppo delle Pityusae (Πιτυουᾒσσαι), distante una ottantina di km da Maiorca. Secondo Diodoro (v, 16) I. era lontana tre giorni e tre notti di navigazione dalle Colonne d'Ercole, un giorno e una notte dalla Libia e un giorno dall'Iberia; la sua circonferenza era di 400 stadi (Strab., iii, 5, 1 C. 167).
La forma del nome è stata collegata al dio Bes, ma questa etimologia non trova conforto nei dati archeologici, data la mancanza quasi assoluta di raffigurazioni di tale divinità. Secondo altri deriverebbe dal punico ybshm, documentato nelle monete, con valore di "isola dei pini". Equivarrebbe perciò alla forma Pityusae, spiegata da Diodoro e da Plinio (Nat. hist., iii, 76) con la presenza a I. di numerosi boschi di pini − o di cipressi, secondo alcuni critici moderni.
La vicinanza alla penisola iberica fece di I. un importante punto strategico sulla via interinsulare che dalla Sicilia portava a Tartessos, lungo una delle prime rotte usate dai Greci (IX-VIII sec. a. C.) verso l'Occidente e documentata dai toponimi in "ussa". Tuttavia il primo insediamento nell'isola fu opera dei Cartaginesi, che ne videro l'importanza sia per il loro commercio con l'Iberia alla ricerca dei metalli, sia per ostacolare il traffico commerciale greco, che dopo la battaglia di Alalia scomparve nel Mediterraneo occidentale. I. era disabitata o quasi spopolata, ma abbastanza fertile e ricca di saline naturali: i primi coloni furono perciò pescatori o salatori di pesce che si stabilirono in una piccola isola, Isla Plana, vicino alla costa orientale di I., a cui ora si trova saldata. Alla metà del VII sec. a. C. lungo il lato orientale fu fondata una città che ebbe lo stesso nome dell'isola e fu la prima colonia fenicia nell'Occidente. Della città antica, situata sul luogo dell'odierno abitato, non sono rimaste tracce; resta solo la descrizione di Diodoro secondo cui I., sorta 160 anni dopo la fondazione di Cartagine e cioè nel 654 a. C., aveva un buon porto, salde mura e fu abitata da Fenici.
Gli scavi iniziati nel 1918 hanno portato alla luce necropoli e santuarî punici. A Isla Plana è documentata la presenza di un santuario in cui avvenivano sacrifici umani: si rinvennero due bàthroi scavati nella roccia, in uno dei quali erano ossa umane. Nell'altro monete, frammenti di vetri e di anfore di tipo punico e numerose statuette fittili raffiguranti uomini o donne, di modellazione sommaria e schematizzante, con corpo ovoidale o campanulato, la cui datazione oscilla tra la fine del VII e il V sec. a. C., con confronti con le terrecotte tardo-hittite e di Cipro.
A Cueva d'es Cuyram, nella zona N-E di I., fu scoperto un santuario rupestre dedicato alla dea Tanit, a cui è da collegare probabilmente la laminetta bronzea di Alicante (proveniente da I. senza indicazione del luogo di ritrovamento). Essa reca sul retro una iscrizione in neopunico con una dedica alla dea di un sacerdote (II-I sec. a. C.). Dal santuario provengono molti busti fittili rivelanti influssi greci, della dea con kòlathos sul capo, corpo campaniforme coperto dalle ali ripiegate a manto e una serie uniforme di statuette di Tanit databili tra la seconda metà del V sec. e l'età romana. Un altro santuario era a Puig d'en Valls, dove si trovano avanzi di edifici, di silos, di cisterne e di un tempio sotterraneo con numerosi ex voto fittili.
Oltre alla necropoli di Talamanca, con seppellimenti poveri, esisteva, presso l'abitato di I., la grande necropoli di Puig d'es Molins di circa 4000 tombe, la maggior parte delle quali manomesse fin dal Medioevo. Il seppellimento avveniva entro ipogei scavati nella roccia in sarcofagi monolitici senza alcun ornamento, a differenza di quelli di Cadice, oppure anche entro fosse con corredo povero e caratterizzato da oggetti per la pesca. I corredi databili, sulla base dei prodotti importati, tra il VI e il I sec. a. C., comprendono vasellame, paste vitree, ambre, oreficeria; uova di struzzo decorate, ma specialmente statuette fittili (figure virili o femminili, maschere funerarie) rappresentanti divinità greco-puniche o l'immagine stessa del defunto. Un'influenza orientale è mostrata da alcuni esemplari tra cui la lastra frammentaria di Madrid con la sfinge alata che in origine doveva avere la rappresentazione di due sfingi in schema araldico attorno all'albero della vita (fine del VII sec. a. C.). Più tarda è la produzione punica caratterizzata dal rendimento realistico e dalla sovrabbondanza barocca nella ornamentazione delle vesti femminili, con l'aggiunta, in taluni casi, di monili aurei. Testimonianza dei rapporti con il mondo greco sono le numerose statuette di produzione greca o modellate su esemplari greci o siciliani. È la serie più fine di questa produzione, tra cui predominano quelle ellenistiche, ma sono anche opere di età precedenti: un busto femminile rodio degli inizî del V sec., un rilievo con fauno del VI sec., un pinax con nereide su un cavallo marino. A ciò è da aggiungere la ceramica greca importata a cominciare da un arýballos di Naukratis e vasi attici a figure nere e a figure rosse; mancano tuttavia le kýlikes e i crateri del IV sec., numerosi nelle necropoli iberiche della penisola.
Il ruolo di primo piano svolto da I. nell'ambito del dominio cartaginese del Mediterraneo occidentale è documentato pure dalla coniazione autonoma di monete, privilegio mantenuto assieme a Cadice anche in età romana, fino a Caligola, raggiungendo una diffusione vasta nelle Baleari, nell'Iberia e persino nella Campania.
Dopo la fine della seconda guerra punica cessò il dominio cartaginese e I. fu considerata civitas foederata in primo tempo, ma nel 121 a. C. fu conquistata da Q. Cecilio Metello e perdette l'indipendenza. Se nel II e nel I sec. a. C. ebbe parte attiva nel traffico tra l'Italia meridionale e la Spagna, decadde in epoca imperiale e fu luogo di esilio di relegati politici (Tac., Ann., iv, 42; xiii, 42, 43; Svet., Galba, 10). Sotto Vespasiano divenne Municipium Flavium Ebusum ascritto alla tribù Quirina (C. I. L., ii, 3663).
Pochi monumenti di età romana sono rimasti: si tratta di documentazioni epigrafiche che attestano l'esistenza di un acquedotto costruito da sei cittadini (C. I. L., ii, 3663-3664) e di tre statue frammentarie erette al pretore C. Iulius Tiro Gaetulicus esiliato a I., a Giunone Regina e ai fondatori della città (C. I. L., ii, 3661, 5659, 3662).
Del I sec. d. C. è pure la necropoli di incinerati a Purmany (= Portus Magnus) con tombe a fossa di poveri pescatori, il cui corredo è composto da statuette fittili tipo Puig d'es Molins, vasi in terra sigillata, vetri, aghi da rete, monete.
Bibl.: Opere generali: E. Hübner, in Pauly-Wissowa, V, 2, 1905, cc. 1903-1906, s. v. Ebusus; J. Serra Ráfols, Les îles Baléares, Barcellona 1929; I. Llobet Macabich, Pityusas. Ciclo Fenicio, Palma 1931; P. Bosch-Gimpera, La formación de los pueblos de España, México 1945, pp. 173, 175, 186, 228 s., 242; A. García y Bellido, Colonizaciones púnica y griega, in Ars Hispaniae, I, Madrid 1947, pp. 137 s., 142 ss., 147 ss.; I. Macabich, Notas sobre Ibiza púnico-romana, in Archivo Español de Arqueologia, XX, 1947, pp. 129-137; A. García y Bellido, Hispania Graeca, voll. 2, Barcellona 1948; id., El mundo de las colonizaciones, in Historia de España, vol. I, 2, Madrid 1952, pp. 338 ss., 424 ss., 470 ss.; P. Bosch-Gimpera, Die iberische und keltiberische Kunst, in Hand. d. Arch., II supp. del 2° vol., Monaco 1954, p. 409 s. Sull'etimologia: J. M. Solé Solá, La etimologia fenicio-púnica de Ibiza, in Sefarad, XVI, 1956, pp. 325-334. Sulla rotta interinsulare: A. García y Bellido, Las primeras navegaciones griegas a Iberia, in Archivio Español de Arqueologia, XLI, 1940, p. 118 ss. Sulla necropoli di Puig d'es Molins: A. Vives y Escudero, Estudio de Arqueologia Cartaginesa. La necrópolis de Ibiza, Madrid 1917; C. Román y Ferrer, Excavaciones en diversos lugares de la isla de Ibiza, in Memorias de la Junta Superior de Excavaciones y Antigüedades, 1918, n. 28-7; 1919-20, n. 43-8; 1922-23, n. 58-5; 1924-25, n. 80-10. Su oggetti particolari dei corredi funerarî: J. Roca Colomines, Les terracuites d'Eivissa, Barcellona 1938; J. M.a Mañá de Angulo, Las figuras acampanadas de la Cueva de Es Cuyram (Ibiza), in Memorias de los Museos Arqueológicos Provinciales, VII, 1946, pp. 46-58; M. Astruc, Exotisme et localisme. Études sur le coquilles d'oeufs d'austruche décorées d'Ibiza, in Archivio de Prehistoria Levantina, VI, 1955, pp. 47-112; G. Becatti, Oreficerie antiche, Roma 1955, pp. 64 s.; 71; J. M. Blazquez, Pinax fenicio con esfinge y árbol sagrado, in Zephyrus, VII, 1956, pp. 217-228; E. Kukahn, Busto femenino de terracotta de origien rhodio en el ajuar de una tumba ibicenca, in Archivo Español de Arqueologia, XXX, 1957, pp. 3-14; M. Astruc, Empreints et reliefs de terre cuite d'Ibiza, ibidem, pp. 139-191. Sull'iscrizione punica: J. Vallejo, A propósito de una inscripción ibérica de Ibiza, in Emérita, XX, 1952 (1953), pp. 170-172; J. M. Solé Solá, Dos inscripciones hispano púnicas, in I Congresso Arqueológico del Marruecos Español, Tetuan 1954, pp. 318-322. Sulla monetazione: A. Stazio, Rapporti tra Pompei e Ebusus alla luce dei rinvenimenti monetali, in Annali Istituto Italiano di Numismatica, II, 1955, pp. 33-57.