IBN GĔBĪRŌL, Shĕlōmōh ben Yĕhūdāh (in arabo Abū Ayyūb Sulaimān b. Yaḥyà; nei testi latini Avicebron, Avicebrol, Avencebrol e simili)
Poeta e filosofo ebreo del sec. XI. Nacque, a quanto pare, a Málaga, probabilmente nel 1020; passò in tenera età a Saragozza. D'ingegno agile e precoce, reso maturo anzi tempo dalle sventure familiari a cui si aggiungevano le sofferenze della malferma salute, ancor molto giovane egli si era acquistato vaste cognizioni nei più svariati campi della scienza del suo tempo e una notevole maestria nell'arte poetica. A sedici anni componeva versi ebraici che figurano fra le sue cose migliori. Non volle dedicarsi ad altra occupazione che a quella dello studio e delle lettere; alle necessità dell'esistenza provvide il favore di mecenati. Verso il 1045 abbandonò Saragozza. Morì a Valenza, verso i 38 anni; la data 1070 per la sua morte non sembra giusta.
Nei suoi versi ebraici di argomento profano I. G. segue spesso i consueti schemi convenzionali dei poeti arabi; sa trovare però non di rado accenti personali per esprimere il suo vivo sentimento della natura, le sue amarezze per la sorte avversa e il suo ardore appassionato per il sapere: accenti che hanno del leopardiano. Ancor più si effonde il suo lirismo nella poesia religiosa: con intensità di sentimento e con rara efficacia d'espressione egli si esalta nella contemplazione di Dio, nell'ardore appassionato dell'amor divino e nel mistico slancio dell'anima verso l'infinito. In particolare è da ricordarsi il poemetto Keter Malkūt (Corona regale), in cui lo spirito del poeta attraverso la contemplazione delle meraviglie del creato s' innalza a grado a grado, in un trasporto possente d'amore, verso il trono di Dio. Poeticamente colorite, si rispecchiano in parte in questo poemetto anche le sue idee filosofiche, l'esposizione dottrinale delle quali in forma ampia e prolissa ci è data dal suo Fonte di vita. Alla base del suo pensiero stanno le dottrine emanatistiche neoplatoniche e specialmente plotiniane, giunte a sua conoscenza attraverso gli scritti arabi pseudo-empedoclei. Nessun elemento specificamente giudaico appare nel sistema filosofico gabiroliano, tanto che l'autore fu dagli scolastici ritenuto un musulmano o un arabo cristiano. Vi troviamo però elementi che almeno in parte sembrano dover essere considerati contributi personali di I. G. Essi sono, oltre le nuove argomentazioni e i nuovi metodi con cui egli cerca di chiarire i motivi logici della dottrina neoplatonica:1. la teoria (forse già in germe presso Plotino) secondo la quale non solo le sostanze corporee, ma anche le sostanze intelligibili sono costituite di materia e di forma, sì che è da postulare una materia universale, substrato di tutto ciò che esiste all'infuori di Dio; 2. la concezione della volontà di Dio come principio creatore (se e quanto egli dipenda in ciò dai predecessori non è sicuro), con cui egli cerca di esplicare il passaggio dall'assoluta unità di Dio al dualismo di materia e forma, e di superare la concezione plotiniana dell'emanazione necessaria del mondo da Dio, considerando invece questa emanazione come un libero atto del volere divino. Il Fonte di vita ebbe una notevole diffusione nell'ambiente degli scolastici, che lo studiarono con zelo, e variamente discussero i problemi da esso sollevati. Alla trattazione della teoria della volontà I. G. volle destinata un'opera apposita, Origo largitatis et causa essendi; essa però non ci è pervenuta, e neppure è sicuro che sia stata effettivamente scritta. Che sia veramente suo il De anima pervenutoci in traduzione latina, o che almeno esso contenga estratti di uno scritto suo, è possibile, ma non sicuro. Suo è certamente il Kitāb Iṣlāḥ al-Akhlāq (Miglioramento delle qualità morali), trattatello divulgativo di morale pratica, e a quanto pare anche il Mukhtār al-Giawāhir, (Scelta di perle), raccolta di sentenze e massime etiche messe assieme da fonti arabe. Altre opere sue sono perdute.
Ediz. e trad.: Un canzoniere completo di I. G. deve essere esistito, ma non ci è pervenuto intero. Alcune poesie religiose isolate ci son pervenute nei formularî di preghiere; altre numerose, religiose e profane, sono state pubblicate da varî studiosi nei secoli XIX e XX. D'una edizione complessiva dovuta a Ch. N. Bialyk e J. Ch. Rawnitzki sono usciti i volumi I-III, Berlino-Tel Aviv, 1924-1929; un'eccellente antologia è quella di I. Davidson, con traduzione inglese di I. Zangwill, Filadelfia 1923. Traduzioni di singole poesie e di frammenti esistono in molte lingue europee; fra le italiane, da ricordarsi in particolare quelle di A. Orvieto, in Rassegna mensile d'Israel, V (1930), pp. 199-214. - L'originale arabo del Fons vitae è perduto. Trad. latina di Giovanni Ispano con l'aiuto di Domenico Gundissalino (sec. XII), ed. C. Bäumker, Münster 18921895; estratti in trad. ebraica (Mĕqōr Hayyīm) di Shēm-Ṭōb ibn Falaquera (sec. XIII), ed. S. Munk, Mélanges de philosophie juive et arabe, Parigi 1857-59 (ristampa 1927); trad. spagnola dal latino, di F. De Castro y Fernández, I-II, Madrid 1901; trad. ebraica moderna dal latino di J. Bluwstein, Gerusalemme 1926. - Della Scelta di perle frammenti dell'originale arabo sono stati trovati ed editi da M. N. Sokolov, Bulletin de l'Académie des sciences de l'U. R. S. S., 7ª serie, Classe des humanités, n. 4, 1929, pp. 287-300; trad. ebraica di Yĕhūdāh b. Ṭibbōn, ed. Soncino 1484 e più volte di poi; ediz. moderna con traduz. inglese, Londra 1859; rifacimento ebraico di Yōsēf Qimḥī, Sheqel ha-Qōdesh (Siclo santo), ed. I. Gollancz, Londm 1919. - Originale arabo dell'Iṣlāḥ, edito con traduzione inglese da S. Wise, New York 1901; trad. ebraica di Yĕhūdāh b. Ṭibbōn, ed. Costantinopoli 1550 e molte volte di poi. De anima, ed. in gran parte da Löwenthal, Pseudo-Aristoteles über die Seele, Berlino 1891, pp. 79-131.
Bibl.: Encycl. Judaica, VII, Berlino 1931, coll. 9-11, 23-24.