IBN JUBAYR
Letterato e viaggiatore arabo di Spagna, nato a Valencia nel 1145, morto ad Alessandria d'Egitto nel 1217.Da Granada, ove rivestì in gioventù alcuni uffici sotto gli Almohadi, I. intraprese nel 1183 un lungo viaggio di pellegrinaggio alla Mecca, per voto di espiazione per aver bevuto vino. Si imbarcò a Ceuta su una nave genovese, ebbe una lite ad Alessandria con i doganieri e, sceso attraverso la Nubia e il mar Rosso in Arabia, giunse alla città santa. Sciolto il suo voto di pellegrinaggio, risalì nella lunga via del ritorno il deserto di Siria, visitò Damasco e Baghdad e si rimbarcò sulla fine del 1184 ad Acri, ancora su una nave genovese che naufragò, colta dalla tempesta, nello stretto di Messina. Tratto in salvo a fatica, traversò per terra tutta la costa settentrionale della Sicilia fino a Palermo e a Trapani, dove riprese il mare verso l'Andalusia; nella primavera del 1185 fece finalmente ritorno a Granada. Di questo lungo viaggio biennale - un altro ancora ne seguì, su cui poco si sa - I. stese una relazione (Riḥla), divenuta un classico della letteratura araba medievale. Nel 1204 tornò ancora e rimase questa volta definitivamente in Oriente, dove morì. Non si sono conservate altre sue opere, oltre quella che gli ha dato fama.Questa sua famosa relazione di viaggio abbraccia tutti i paesi nell'orbita della civiltà musulmana, sui quali peraltro già esisteva una abbondante tradizione geografica e descrittiva. Pregio principale dell'opera, che colpì i suoi contemporanei, è la chiarezza e l'eleganza del dettato, ricorrente solo di rado, e in modeste proporzioni, agli artifici retorici della prosa rimata, e serbante nel complesso una rara semplicità e immediatezza; un genuino riflesso di 'cose viste', non offuscato e deformato dalla retorica cui l'Oriente musulmano si era a quel tempo avvezzato. Ordine, semplicità e sincerità spiegano il successo di questa Riḥla, che fornisce una fedele immagine del Mediterraneo nel sec. 12°, visto da un occhio attento e da un animo candido e cordiale. Talune descrizioni, come quelle della Grande moschea di Damasco e dei luoghi santi dell'Islam, sono state riprese e disinvoltamente plagiate dalla letteratura geografica successiva, compresa l'opera del celebre viaggiatore Ibn Baṭṭūta, di circa due secoli posteriore e di assai più vasti orizzonti, che però nella attuale sua forma attinge largamente e spesso letteralmente alle descrizioni di Ibn Jubayr.Un valore tutto particolare ha l'opera di I. in relazione all'Italia, grazie alla sua imprevista avventura siciliana. Il naufragio nello stretto, il percorso per terra da Messina a Palermo, e specialmente le famose pagine sulla capitale siciliana, che serbava ancora fresche le tracce del dominio arabo sull'isola, sono tra le parti più attraenti della Riḥla e, con l'opera di poco anteriore di al-Idrīsī, sono preziosa testimonianza dell'ambiente sociale, culturale e monumentale della Sicilia arabo-normanna. Particolarmente interessanti sono le pagine sulla corte del re Guglielmo II (1153-1189), sui paggi e le ancelle musulmane e la benevola tolleranza religiosa del sovrano, sul culto e i monumenti cristiani di Palermo; qualche elemento diverso, su un Islam ormai minoritario e osteggiato, si riflette nelle confidenze raccolte dal viaggiatore nelle ultime sue pagine siciliane, fra Palermo e Trapani. Tutta questa parte di così immediato interesse per l'Italia, scoperta dapprima e valorizzata da Amari (1880), ha conservato intatto il suo fascino, se mai sciupato dalle troppo frequenti citazioni che se ne fanno.Un aspetto particolare e altamente positivo della Riḥla è l'interesse e la sensibilità del viaggiatore per i monumenti, islamici e non, incontrati nel corso delle sue peregrinazioni: tali risultano le accennate descrizioni della Grande moschea degli Omayyadi nella capitale siriana, dei luoghi e dei santuari del pellegrinaggio alla Mecca e, nel mondo infedele, del palazzo in Messina 'bianco come colomba' del re normanno. Di valore unico è poi, in Palermo, la descrizione della 'chiesa dell'Antiocheno', quella S. Maria dell'Ammiraglio (oggi detta la Martorana), gioiello di arte bizantina nel cuore della città. La profusione di marmi, di ornati e di opere musive nel tempio commissionato da Giorgio d'Antiochia colpì già otto secoli fa il viaggiatore musulmano, che ne lasciò ammirata memoria nella sua relazione, che a sua volta offre uno specchio fedele di quella 'società mediterranea' medievale, ove si confondono insieme ebraismo, cristianesimo e Islam.
Bibl.:
Fonti. - M. Amari, Biblioteca arabo-sicula, I, Torino 1880, pp. 137-180; Extrait du Voyage d'Ibn Djobeïr, a cura di W. Mac Guckin de Slam (Recueil des historiens des Croisades. Historiens orientaux, 3), Paris 1884; Ibn Jubayr, Viaggio in Ispagna, Sicilia, Siria e Palestina, Mesopotamia, Arabia, Egitto, compiuto nel secolo XII, a cura di C. Schiaparelli, Roma 1906; The Travels of Ibn Jubayr, a cura di W. Wright, M.J. de Goeje, Leiden-London 19072 (1852); M. Godefroy-Demombynes, Voyage d'Ibn Djobeïr, 3 voll., Paris 1949-1956; The Travels of Ibn Jubayr, a cura di R.J.C. Broadhurst, London 1952.
Letteratura critica. - C. Pellat, s.v. Ibn Djubayr, in Enc. Islam2, III, 1971, pp. 777-778.F. Gabrieli