IBN WĀṢIL
Storico, studioso di logica e giudice (qāḍī) siriano, ambasciatore per conto del sultano mamelucco Baybars presso Manfredi, re di Sicilia, al quale avrebbe dedicato un trattato di logica.
Abū ῾Abd Allāh Ǧamāl al-Dīn Muhammad b. Sālim b. Nasr Allāh b. Sālim b. Wāṣil nacque ad Hamāt, in Siria, nel 604/1208. La sua prima formazione fu giuridico-religiosa, sotto la guida di suo padre, anch'egli giudice in Siria e a Gerusalemme. Successivamente, I.W. ebbe come maestro, fra gli altri, lo storico Ibn Šaddād, prima di entrare al servizio dei dinasti ayyubidi di Siria. Nel 631/1234, sotto il signore di Hamāt, al-Muzaffar II, I.W. collaborò con il matematico ῾Alam al-Dīn Kaysar, detto Ta῾āsīf, alla costruzione di un osservatorio astronomico, pressappoco all'epoca in cui questo personaggio fu interpellato per rispondere alle questioni filosofiche e scientifiche poste da Federico II ai sapienti musulmani dell'epoca.
Negli anni successivi, I.W. fu introdotto alla corte del sultano ayyubide d'Egitto, al-Malik al-Sālih Naǧm al-Dīn, al quale dedicò un'opera dal titolo Ta'rīkh al-Sālihi, storia universale dalla morte del profeta Muhammad al 1240. Al successore di Naǧm al-Dīn, Tūrān-shāh, I.W. dedicò un'altra sua opera storica, il Nazm al-durar (entrambe restano inedite).
Dopo aver assistito all'assassinio di Tūrān-shāh e alla presa del potere da parte del mamelucco Baybars, nel 649/1252, I.W. non tardò a integrarsi nel nuovo regime: per conto di Baybars, che aveva intanto assunto il titolo onorifico di al-Malik al-Zāhir, egli fece parte, nell'agosto del 659/1261, di un'ambasceria presso Manfredi, re di Sicilia, che egli incontrò nella città di Barletta.
Verso il 663/1264-1265, I.W. tornò ad Hamāt, sua città natale, dove esercitò la funzione di giudice supremo (qāḍī l-qudāt), pur continuando a comporre opere di vario genere, aiutato dalla sua prodigiosa memoria nonostante fosse stato colpito da cecità progressiva. Si tratta perlopiù di commenti o compendi di opere celebri di tradizioni islamiche, grammatica, poesia e logica (fra queste, il compendio del Kitāb al-Aghānī, la maggiore raccolta di poesia araba, fino al sec. IX) ma anche, fra il 671 e il 683 (1272-1285), del Mufarriǧ al-kurūb fī dawla Banī l-Ayyūb, una grande storia dei suoi tempi fino al 660/1262 ca., nella quale è contenuto, fra l'altro, il resoconto dell'ambasciata presso Manfredi. I.W. morì ad Hamāt nel 697/1298.
Prima dell'edizione completa del Mufarriǧ, condotta a termine nel 1977, l'ambasciata di I.W. presso Manfredi per conto del sultano mamelucco d'Egitto, al-Malik al-Zāhir Baybars, era nota attraverso gli estratti contenuti nella Storia di Abū l-Fidā', tradotti da Michele Amari. In tempi più recenti, Francesco Gabrieli ne aveva dato una traduzione, condotta sulla fotografia del manoscritto del Mufarriǧ, posseduto dalla Bibliothèque Nationale di Parigi (ms. arabe 1702), alla quale si fa riferimento.
Il sapiente musulmano vi racconta del suo arrivo a Barletta, in Puglia, dove fu accolto con onore dal re in persona, che egli trova sapiente e amante delle scienze speculative (Manfredi avrebbe conosciuto a memoria i dieci trattati di Euclide sulla geometria). A Lucera, I.W. viene a conoscenza della presenza di una grande comunità di musulmani, deportati presumibilmente dalla Sicilia da Federico, che vi professano apertamente la loro religione, come pure dell'esistenza di un istituto scientifico (dar ῾ilm) per lo studio delle scienze speculative. Egli nota pure che il personale palatino è per gran parte composto da musulmani, che Manfredi lascia liberi di seguire i propri riti.
Rientrato ad Hamāt, mentre è intento alla redazione della sua storia, I.W. apprende della scomunica inflitta a Manfredi dal papa, della guerra mossagli dalle truppe papali e francesi, e della sconfitta subita dagli imperiali nel 1266.
È anche noto, attraverso la Storia di Abū l-Fidā', che al re siciliano (che I.W. nomina costantemente come al-anbrūr, 'l'imperatore', variante del titolo attribuito dalle fonti arabe esclusivamente a Federico II e a suo figlio; cf. H. Gottschalk, Al-Anbaratūr/Imperator, "Der Islam", 33, 1957, pp. 30-36) il sapiente siriano avrebbe dedicato un trattato di logica, chiamandolo appunto Al-risāla al-anbrūriyya ('Trattato imperiale'), il cui testo non ci è pervenuto.
Lo storico al-Safadī (696-764/1297-1363), in due sue compilazioni storico-biografiche finora inesplorate, getta luce ulteriore sull'ambasceria di I.W. e sulla composizione del trattato. In A῾yān al-῾asr wa a῾wān al-nasr, al-Safadī descrive come I.W., intento a insegnare nel suo circolo intellettuale (halqa), ricevesse la visita di un messo di Baybars, nella persona del grande logico persiano Naǧm al-Dīn Abū l-Hasan ῾Ali, detto Dabīrān, che gli avrebbe comunicato la sua inclusione nell'ambasceria a Manfredi. Giunto presso il re di Sicilia, questi gli avrebbe posto "quesiti riguardanti la logica e altri soggetti", ai quali I.W. avrebbe risposto il giorno dopo, trascrivendone le risposte su un quadernetto, in quello che sembrerebbe essere il primo abbozzo della Risāla al-anbrūriyya. Manfredi si mostra assai meravigliato che un sapiente musulmano (nel testo arabo, si parla di qasīs 'sacerdote') abbia potuto rispondere su argomenti noti solo ai filosofi antichi e per di più senza avere con sé alcun libro (mostrando quindi di ignorare che la trasmissione della conoscenza dell'epoca presso i musulmani era essenzialmente orale, e che essa comportava l'apprendimento mnemonico di opere anche assai voluminose). Manfredi avrebbe allora sottoposto I.W. a una sorta di prova di carattere, facendo suonare per lui uno strumento a fiato (probabilmente una specie di primitivo oboe, in arabo arfal) per costringerlo a danzare. Il sapiente musulmano sarebbe rimasto inginocchiato sul tappeto, immobile; una volta alzatosi, i presenti avrebbero constatato che le sue ginocchia sanguinavano, a riprova dello sforzo fatto per immobilizzarle (questo episodio si sarebbe verificato subito prima della di-scussione delle questioni di logica, secondo il Nukath al-himyān dello stesso autore).
L'ambasciata di I.W. avrebbe avuto un seguito l'anno successivo, 660/1262, con un secondo invio di lettere diplomatiche e il dono di una giraffa da parte di Baybars a Manfredi. Nel racconto di I.W., che non partecipò a questa seconda missione, Manfredi avrebbe ricevuto con estremo interesse la nuova ambasciata, e avrebbe chiesto che le lettere di accompagnamento gli fossero lette ripetutamente (il che, secondo Gabrieli, potrebbe equivalere a una conferma indiretta della conoscenza dell'arabo da parte di Manfredi). Un'altra fonte storica, lo ῾Iqd al-ǧumān di Badr al-Dīn al-῾Aynī (762-855/1361-1451), aggiunge che, oltre alla giraffa, Baybars avrebbe inviato un gruppo di prigionieri tatari, catturati nella famosa battaglia di ῾Ayn Ǧālūt (658/1260), con tutti i loro cavalli.
Fonti e Bibl.: Abū l-Fidā', Annales moslemici, a cura di J.J. Reiske, V, Hafniae 1789-1794, pp. 144-150 (trad. it. in M. Amari, Biblioteca Arabo-Sicula, Lipsia 1857, pp. 421-423, e Id., Storia dei Musulmani di Sicilia, III, Catania 1939, p. 669); Ibn Wāṣil, Ǧamāl al-Dīn Muhammad, Mufarriǧ al-kurūb fī dawla Banī l-Ayyūb, a cura di G. al-Shayyal-H.M. Rabi῾-῾A.F. ῾Ashur, I-V, Il Cairo 1953-1977; Badr al-Dīn al-῾Aynī, ῾Iqd al-ǧumān fī ta'rīkh al-zamān, a cura di M.M. Amin, I-IV, ivi 1987; al-Safadī, Khalīl b. Aybak, A῾yān al-῾asr wa a῾wān al-nasr, a cura di F.A. al-Bakur, Beirut 1998; Al-Safadī, Khalīl b. Aybak, Nukath al-himyān fī nukat al-῾umyān, ivi 2000. G. al-Dīn al-Shayyal, Ǧamal al-Dīn Ibn Wāṣil e il suo libro῾Mufarriǧ al-kurūb fī dawla Banī l-Ayyūb' (in arabo), tesi inedita, Alessandria d'Egitto 1948; F. Gabrieli, Le ambascerie di Baybars a Manfredi, in Id., Saggi orientali, Caltanissetta 1960, pp. 97-106; Historians of the Middle East, a cura di P.M. Holt-B. Lewis, London 1962, pp. 94-95 e ad indicem. C. Brockelmann, Geschichte der arabischen Literatur, I, Leiden 1937, p. 323; Supplementband, ibid., p. 555; G. al-Shayyal, Ibn Wāsil, in Encyclopédie de l'Islam, Leiden 19682.