ibornio
Invece della lezione le scalee / che n'avean fatte i borni a scender pria, concordemente nelle edizioni moderne in If XXVI 14, e dove borni valeva " sporgenze dello scoglio " o simili (v. BORNO), dall'ediz. Petrocchi il verso è letto che n'avea fatto iborni a scender pria, sulla base dell'ipotesi espressa dal Pagliaro (Altri saggi di critica semantica, Messina-Firenze 1961, 201-209; un cenno anche in Ulisse 603-604), secondo cui " ci troviamo di fronte a bornio, continuazione del latino eborneus, cioè eburneus, di ‛ avorio ', assunto nel senso traslato di bianco "; l'intero passo verrebbe a significare: " Virgilio risalì per i gradini che prima, allo scendere, ci avevano fatto impallidire, e mi trasse a sé ".
Il Petrocchi, sulla base dei codici antichi, ha corretto da borni a iborni, e da fatte a fatto, accettando il significato di " pallidi ", " freddi ": " ibornio è ‛ semidotto ' per -b- e per -ni-, più sospetto i-, giacché il continuatore ‛ normale ' di eburneus dovrebbe essere e- o o-, con dissimilazione anche a- ". Per tutta la questione, come per le interpretazioni degli antichi commentatori (importante il Lana: " freddi e stanchi "; stranissima la variante buior del Buti), V. Petrocchi, ad locum.