icona
L'immagine sacra per eccellenza della cristianità
Nella cultura cristiana l'icona è un dipinto raffigurante le immagini più importanti per ogni credente: Gesù, la Madonna, i santi e le storie sacre. Le icone più famose sono state realizzate nell'Impero bizantino, ma hanno avuto un ruolo importante anche a Roma; anzi, la scelta se rappresentare o meno in pittura i personaggi sacri ha addirittura creato uno scontro durissimo tra Oriente e Occidente nell'8° e nel 9° secolo. La produzione di icone è continuata anche dopo il Medioevo soprattutto in Russia, dove ancora oggi i cristiani ortodossi venerano queste immagini
Le icone ‒ dalla parola greca eikòn "immagine" ‒ nascono come piccole raffigurazioni portatili, realizzate su una tavola di legno con tecniche varie (tempera, affresco, mosaico) e custodite nelle chiese e nei monasteri più importanti. La tradizione popolare riteneva che le immagini fossero di origine divina e avessero poteri miracolosi: per questo erano chiamate, con espressione greca, acheiropòiete, ossia "non fatte da mano umana" ma dipinte da una mano divina. Le icone più antiche risalgono ai primi secoli del cristianesimo, in particolare a partire dal 6° secolo, e vengono realizzate principalmente in due centri di produzione: il Monte Sinai e Roma.
Il Sinai è una penisola dell'Egitto, affacciata sul Mar Rosso, dove nel periodo bizantino vengono fondati numerosi monasteri importanti, tra cui quello di S. Caterina. Proprio per questo monastero è realizzata nel 6° secolo una delle prime icone: la Madonna col Bambino, oggi conservata nel Museo di Kiev. Anche se nell'opinione comune le icone sono legate al mondo orientale, è la città di Roma a conservare alcuni degli esempi più antichi. La Madonna col Bambino del Pantheon, l'unica icona datata con certezza, viene realizzata nel 609, quando l'antico tempio romano è trasformato in chiesa cristiana; la Madonna in trono col Bambino della chiesa di S. Maria in Trastevere, datata tra 6° e 8° secolo, viene chiamata solitamente Icona della clemenza per i suoi poteri; l'Icona della Vergine, conservata oggi nell'oratorio di S. Maria del Rosario, è l'unica presente a Roma ma dipinta in Oriente intorno al 7°-8° secolo.
Anche se lo scopo di ogni icona è quello di essere venerata dai fedeli, ci sono differenze tra le icone orientali e quelle romane: esse riguardano principalmente la tecnica di realizzazione e soprattutto la funzione. Nelle icone romane, infatti, il colore non è steso direttamente sulla tavola di legno ma su una tela, che viene poi a sua volta incollata sulla tavola. Riguardo all'uso, si può dire che le icone di Roma avevano anche una funzione pubblica: non rimanevano sempre chiuse negli edifici religiosi, ma erano protagoniste di ricche e solenni processioni. Per tale ragione le icone romane avevano anche dimensioni più grandi di quelle bizantine.
La più importante opposizione tra Bisanzio e Roma in relazione alle icone si verificò tra 8° e 9° secolo, quando l'imperatore Leone III dichiarò nel 726 la lotta alle immagini, con termine tecnico detta iconoclastìa, una parola composta derivante dal greco che significa precisamente "distruzione delle immagini": la legge emanata dall'imperatore bizantino prevedeva infatti che le immagini raffiguranti Gesù, la Madonna, i santi e gli angeli venissero distrutte. Secondo l'imperatore, le pitture non erano infatti degne di rappresentare materialmente la divinità, raffigurandola in forme umane e con strumenti materiali quali i colori o il legno; inoltre si temeva che il popolo venerasse più le immagini che la persona sacra vera e propria, arrivando a momenti di fanatismo religioso. Come ogni evento importante l'iconoclastia, che terminò nell'843, ebbe anche motivazioni politiche: l'imperatore temeva il crescente potere sul popolo dei monasteri e dei monaci (abbazie), presso i quali si trovavano le immagini più venerate.
Il modo in cui il pittore doveva dipingere un'icona era fortemente condizionato dal significato dell'immagine rappresentata: bisognava raffigurare infatti personaggi sacri e spirituali, non persone umane. Così le figure dovevano essere frontali e immobili per una maggiore idea di sacralità; le vesti dovevano presentarsi ricche e preziose per dare impressione di regalità; spesso poi le immagini erano disegnate con una linea marcata, che aveva lo scopo di rendere le figure piatte, astratte, insomma fuori dalla realtà umana!
Nella fase finale dell'esecuzione di un'icona il pittore applicava foglie d'oro sul fondo e spalmava uno strato di vernice a base di olio di lino per far risplendere i colori. Tuttavia nei primi esempi di icone del 6°-7° secolo rimane qualche traccia di realismo nella resa delle figure: in fondo l'Impero bizantino aveva ricevuto l'eredità dell'Impero Romano e della sua arte.
Testimonianza della grande venerazione nei riguardi delle icone sono le solenni cerimonie che si svolgevano a Roma nel Medioevo e che avevano come protagoniste proprio le immagini sacre.
La più famosa si svolgeva la notte tra il 14 e il 15 agosto, festa dell'Assunzione della Madonna: tutta la popolazione guidata dal papa portava in processione la famosissima Icona del Salvatore, custodita nella cappella del Sancta Sanctorum al Laterano. Tra luci, festoni e musici si faceva una prima tappa nella chiesa di S. Adriano, dove i piedi del Salvatore venivano lavati con acqua profumata al basilico; si arrivava quindi alla Chiesa di S. Maria Nova, che conserva un'antica icona della Madonna col Bambino: qui le due immagini sacre venivano fatte toccare, come un saluto tra una madre e un figlio, e la processione riprendeva con le due immagini vicine, per terminare presso la chiesa di S. Maria Maggiore con una solenne Messa.
Dopo la fine dell'iconoclastia nel 9° secolo nessuno si schierò più contro la rappresentazione delle immagini sacre; la produzione ebbe così un notevole aumento e numerose icone vennero prodotte tra 10° e 13° secolo per le chiese dell'Impero bizantino. Viva fu anche la realizzazione e la presenza di icone in Italia, nel Meridione e a Venezia. Qui nel Tesoro della basilica di S. Marco è conservata l'Icona di s. Michele: capolavoro di oreficeria, è lavorata interamente con oro, argento, pietre preziose, cristalli e smalti colorati. Altri importanti centri di produzione furono Cipro e Creta, mentre ancora oggi lo sono la Penisola Balcanica e i conventi del Monte Athos in Grecia.
Nel 12° secolo l'uso delle icone cominciò a diffondersi tra le popolazioni della Russia meridionale, che ne assimilarono la tecnica e ne fecero un elemento caratteristico della fede e dell'arte del paese. Grandi centri di produzione furono i monasteri di Kiev e Novgorod; a Mosca l'arte sacra delle icone trovò il suo culmine creativo con grandi pittori di icone tra cui Teofane il Greco e Andrej Rublëv, vissuti tra il 14° e il 15° secolo.
Divenute elemento caratteristico della religione ortodossa, le icone si trovano in tutte le chiese, molto spesso in gruppi sfolgoranti d'oro. Dopo il 17° secolo le icone perdono però la loro originalità artistica, presentando una ripetizione di stili tradizionali.
Oggi il termine icona viene usato da molte persone in ambienti di certo lontani dai monasteri. Nel linguaggio informatico, infatti, l'icona è una piccola immagine che indica simbolicamente un programma o un file di dati, attivabili proprio posizionando sopra l'icona il cursore e schiacciando un tasto di comando. Così le cartelle, i documenti e il cestino sono le nuove icone del mondo digitale. Anche giornali e televisione usano questa espressione per indicare un personaggio famoso e di successo del cinema, della cultura, della canzone o della moda. Perché? Che relazione c'è con le icone sacre del Medioevo? Semplicemente si fa riferimento al fatto che un personaggio è divenuto il simbolo, l'immagine per eccellenza del suo settore e spesso viene 'venerato' dai fan come accadeva alle icone antiche!