Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Uno dei temi iconografici musicali più interessanti nell’ambito della produzione artistica medievale è la raffigurazione della musica sia come Ars Musica (la fanciulla che rappresenta la Musica nelle arti liberali) che come Armonia. Ripercorrere la storia e la fortuna della sua illustrazione è abbastanza complesso perché è spesso frutto della sovrapposizione di vari elementi culturali, simbolici, allegorici.
La rappresentazione di una figura femminile associata alla musica è molto antica e trae origine nella codificazione delle Muse elaborata dal mondo classico. Figlie di Mnemosine (la dea della Memoria) e di Zeus, esse erano considerate, già da Esiodo nel VII sec. a.C., numi tutelari delle arti e del sapere. In un primo tempo non sono ben differenziate l’una dall’altra, sebbene risulti oramai stabilizzato il loro numero, nove.
È nel IV sec. a.C. che ognuna di esse incomincia ad avere un ruolo specifico e un proprio attributo: della storia è musa Clio, che regge un libro o un cartiglio; della commedia e della poesia pastorale Talia, che regge anch’essa un cartiglio e, a volte, uno strumento a corda; della tragedia Melpomene, che ha un corno e una maschera tragica; della danza e del canto Tersicore, ritratta con strumenti a corda; dell’astronomia Urania, che tiene il globo o il compasso; degli inni eroici Polimnia, con in mano uno strumento, spesso un organo; della poesia lirica e amorosa Erato, che ha un tamburello; della poesia epica Calliope, che suona una tromba e ha un cartiglio; infine Euterpe, musa della musica e della poesia lirica, suona uno strumento a fiato a due canne. Spesso le Muse sono raffigurate in compagnia del dio Apollo – che in questo caso viene designato come Musagete (colui che guida le Muse) – del quale formano il corteo. Nel tempo, le Muse possono anche non essere più raffigurate tutte insieme, ma singolarmente o a piccoli gruppi.
Nel V secolo si assiste a un interessante sviluppo concettuale che porta alla sovrapposizione iconografica tra Tersicore e l’Ars Musica nella descrizione delle Arti Liberali ossia di quelle discipline che costituiscono la base imprescindibile del sapere medievale. Il retore e grammatico Marziano Capella compone il trattato De Nuptiis Philologiae et Mercurii, in cui i doni nuziali per Filologia e Mercurio sono portati, sotto la guida di Apollo, da sette fanciulle (due in meno, dunque, rispetto alle Muse) che rappresentano la grammatica, la dialettica, la retorica (le discipline umanistiche del trivio), la geometria, l’aritmetica, l’astronomia, la musica (le discipline scientifiche del quadrivio). Ognuna di esse è accompagnata da un proprio corteo, ed esibisce un particolare abbigliamento e specifici attributi: si tratta di una tipologia figurativa che si rifà al modello iconografico delle Muse. Grammatica regge una sferza e, ai suoi piedi, ha due discepoli con la testa china sui libri; Logica ha in mano un serpente; Retorica tiene la spada e lo scudo; Geometria il compasso; Aritmetica mostra una tavoletta; Astronomia regge il globo; Musica (in realtà personificata nella fanciulla Armonia) suona un salterio o delle campane o, più raramente, è accompagnata da un cigno.
A sottolineare il legame con Euterpe, Armonia di Marziano Capella è scortata da Orfeo, Arione e Anfione, tre figure care alla mitologia classica strettamente legate alla musica. Orfeo, figlio di Calliope e di Apollo, incarna il potere sciamanico dei suoni, che gli permette di scendere nel regno dei morti nel tentativo di salvare l’amata Euridice. Arione di Metimna, figlio di Poseidone e Onea, è anch’egli poeta e musico e, secondo Erodoto, sarebbe il creatore del ditirambo, ossia del canto in onore di Dioniso. Anfione, figlio di Zeus e Antiope, dopo aver appreso l’arte della lyra nientemeno che da Ermes, riedifica la distrutta città di Tebe grazie al potere della musica, che trasporta e dispone con giusta armonia le pietre delle mura.
Il trattato di Marziano – che con l’esemplare del X secolo, oggi nella Staatsbibliothek di Bamberga (HI.IV,12), ci consegna la più antica raffigurazione a noi pervenuta delle arti liberali – ha fornito un contributo fondamentale per la costituzione di un topos che accompagna e influenza le successive rappresentazioni iconografiche del tema. Da questo momento ha inizio la fortuna figurativa delle sette fanciulle, incarnazione del sapere umano. La loro immagine si ritrova in molte raffigurazioni del periodo; per esempio tra le sculture sui portali o nei cicli di affreschi delle cattedrali gotiche. Frequentemente le si ritrova accomunate alle sette virtù e al ciclo dei mesi, a sottolineare il dialogo tra il sapere terreno e quello divino e, come nel caso della cattedrale di Chartres, sotto l’egida, non più ovviamente di Apollo, ma di Maria Vergine sedes sapientes.
In alcuni casi le arti liberali sono sedute in trono e ai loro piedi sono ritratti i maggiori esponenti della disciplina o i mitologici inventori della stessa.
L’Ars Musica viene quindi associata a Pitagora o, qualora si voglia stabilire un referente religioso (soprattutto a partire dal Duecento), accostata a Iubal (figlio di Caino che, secondo la Genesi 4, 21, fu il padre di tutti i cantanti che si accompagnavano con la cetra e con l’organo) o a Tubal (fratello di Iubal, che fu il fabbro costruttore di tutti gli strumenti ad aria e di ferro, Genesi 4, 22). I due fratelli risultano spesso sovrapposti iconograficamente in un’unica figura maschile intenta a percuotere con il maglio un’incudine e quindi a produrre suoni. In alcune raffigurazioni le arti costituiscono un vero e proprio viaggio iniziatico nel dominio della conoscenza. In questi casi, un discepolo, accompagnato dal proprio maestro, dopo aver attraversato un arco o due colonne (simbolo della conoscenza e della cesura tra il “mondo quotidiano” e quello della “sapienza”), si dirige verso la vetta di un monte (il sapere) percorrendo un’erta via (la difficoltà dell’apprendere), lungo la quale incontra le sette fanciulle.
La musica è un’arte del quadrivio e, quindi, pertiene alla sfera delle materie scientifiche. Per questo motivo è molto spesso raffigurata con un salterio o con alcune campane, ovvero i tipi di strumenti sui quali Pitagora aveva elaborato matematicamente la teoria degli intervalli. Il salterio deriva direttamente dal monocordo, uno strumento in cui un ponticello mobile divide, secondo rapporti proporzionali stabiliti, un’unica corda tesa su una cassa di legno. Proprio questo strumento, secondo la tradizione, aveva permesso a Pitagora di stabilire gli intervalli e i loro rapporti. Il salterio ne è l’evoluzione, in quanto sulla cassa armonica sono posizionate più corde che, grazie a due lunghi ponticelli inclinati, suonano ognuna una nota diversa. Anche le campane (implicito riferimento al fabbro Tubal) sono funzionali alla misurazione degli intervalli; secondo un modello ricorrente sono raffigurate con dimensioni differenti e sospese a una trave sottile pronte a essere percosse da un martello. Come già per le Muse, anche le arti liberali possono essere estrapolate dal gruppo e raffigurate autonomamente. In questo caso assumono sfumature diverse in ragione del contesto culturale e della funzione che la raffigurazione deve svolgere. Ecco dunque che l’arte liberale della musica diventa “la Musica”, la “fanciulla Armonia” o “lady Music”, come è chiamata nel mondo anglosassone, ossia una giovane fanciulla intenta a suonare. Ma numerosi elementi la distinguono dalla Musa: mentre Euterpe doveva raffigurare la musica nel suo significato più ampio (e non necessariamente preciso), ora la nuova raffigurazione ha il compito di illustrarne precisamente il rapporto con la scienza, con l’ordine prestabilito e l’armonia. Non più un generico strumentario, quindi, bensì scelte più rispondenti a questa nuova esigenza speculativa.
Associato alla Musica fa la sua comparsa anche l’organo portativo. Strumento emblema del potere già nei primi secoli dopo Cristo, è oggetto di studio e trasformazione strutturale allorché nel mondo bizantino si riesce a sostituire il sistema idraulico (che forniva attraverso la pressione dell’acqua l’aria che andava a riempire, e quindi a far suonare, le canne) con uno pneumatico formato da un mantice.
I tasti dell’organo, originariamente costituiti da stecche orizzontali estraibili chiamate “linguae”, nel XIII secolo si trasformano in pratiche leve che, pigiate, aprono le valvole o ventilabri che controllano l’afflusso di aria nelle canne. Anche l’organo assume, dunque, una valenza speculativa, in quanto rimanda implicitamente allo studio matematico sul rapporto lunghezza-diametro delle canne, trasformandosi, come le campane o il salterio, in emblema della conoscenza.
Dal Trecento, poi, la raffigurazione della Musica si arricchisce di altri dettagli importanti che la legano sempre più al suo aspetto più propriamente teorico: molte miniature, infatti, la ritraggono seduta su un trono accanto a due colonne su cui sono incisi termini tecnici e le sei sillabe dell’esacordo.
Accanto a questa tipologia di matrice “speculativa” ne esiste un’altra, orientata verso la musica intesa non più come scienza, bensì come arte (in senso moderno). Questo modello iconografico attinge all’Antico Testamento e, segnatamente, alla figura della virgo Israele, ossia Myriam, la fanciulla emblema della purezza che, nella Bibbia (Esodo15,20), danza davanti all’arca dell’alleanza. Nel Medioevo questa raffigurazione perde la sua valenza “sacrale” e si tinge di un’allure cortese; la fanciulla, quindi, non solo danza, ma si accompagna al suono di una piccola arpa gotica. Lo strumento è disegnato nella sua tipica struttura: un triangolo i cui lati costituiscono la cassa armonica (alla quale sono fissate le corde di budello) che poggia sulla spalla del suonatore; mensola di forma ondulata su cui sono fissati i piroli; colonna dritta o leggermente arcuata verso l’esterno per sostenere meglio la tensione delle corde. Grazie all’afferenza biblica, questa immagine entra anche nel mondo monastico femminile e per questo si ritrova frequentemente nei codici destinati alle suore.
Un altro strumento che nel Trecento inizia a godere di crescente favore è il liuto.
Di importazione araba, lo strumento è costituito da un guscio formato da listelli di legno (chiamate doghe) e da una tavola armonica munita, in posizione quasi centrale, di un caratteristico foro armonico traforato (chiamato rosetta). Il suo manico – intorno al quale sono fissati dei legacci di minugia che costituiscono i tasti – termina con un cavigliere a paletta ripiegato all’indietro quasi ad angolo retto con la tastiera.
Il liuto, che diventa lo strumento cortese per eccellenza, si impone nella raffigurazione della Musica in veste di principessa e dunque ritratta in abiti sontuosi a testimonianza dell’elevato rango sociale. La Musica, la fanciulla Armonia, fornirà un poco più tardi, nel Quattrocento, il modello iconografico di riferimento nell’elaborazione della figura di santa Cecilia. Anche qui dal semplice racconto della passio in cui la vergine fanciulla romana ascolta la musica divina ignorando la musica degli strumenti degli uomini (emblematicamente rappresentati rotti ai piedi della santa nella pala del 1514 di Raffaello) si trasforma lei stessa in musicista fino a diventare esemplificazione dell’arte stessa della musica e sua patrona.