ICONOGRAFIA
Il termine greco ει½κονογραºιᾒα (composto da ει½κωᾒν, immagine e γραºιᾒα, disegno, pittura) può assumere nell'archeologia e storia dell'arte due diversi significati, mentre il termine, etimologicamente più corretto, di "iconologia" (da ει½κωᾒν, immagine, e λοᾒγος discorso, ragionamento), ha generalmente assunto il più circoscritto significato di studio e interpretazione delle figure o composizioni simboliche e allegoriche che si incontrano espresse nelle arti figurative, e non ha trovato applicazione per lo studio dell'arte dell'antichità.
1. − Con i. si indica una particolare sezione delle discipline archeologico-artistiche, che studia il ritratto quale documentazione storica, al difuori del suo valore artistico, ed ha come fine la identificazione dei ritratti di personaggi storici e la loro raccolta ("Iconografia greca", "Iconografia romana", "Iconografia degli imperatori romani", ecc.).
Le ricerche iconografiche dei personaggi celebri dell'antichità hanno avuto inizio, per l'età moderna, nel Rinascimento, e la prima opera a stampa è il volume di Andrea Fulvio (v.), Illustrium Imagines, Roma 1517, basato sulle immagini monetali. Segue l'opera di Achille Stazio, Inlustrium virorum ut extant in Urbe expressi vultus, Roma 1569, raccolta di ritratti e delle erme iscritte, anche se acefale, che si trovavano nelle raccolte romane. Ma solo il volume Imagines et elogia virorum illustrium pubblicato nel 1570, a Roma, da Fulvio Orsini, segretario e bibliotecario del card. Alessandro Farnese, ristampato nel 1598 e ancora nel 1606 con le incisioni del Gallaeus, costituisce un'opera tuttora importante perché vi si riproducono alcuni pezzi oggi perduti, fondamentali per l'iconografia di taluni personaggi (per esempio Menandro). Un volumetto di G. A. Canini, pubblicato in Roma nel 1670, raccolse i ritratti e le immagini monetali degli imperatori romani da Cesare a Alessandro Severo. Le ultime opere di questa ricerca antiquaria sono quelle di Ennio Quirino Visconti (v.) pubblicate nel 18o8 e nel 1823. La prima opera moderna di I. è quella di J. J. Bernoulli, che pubblicà una Römische Ikonographie, Stoccarda 1882-96 e una Griechische Ikonographie, Monaco 1901, e poi una i. di Alessandro Magno, Monaco 1905 (v. anche ritratto). Dopo queste opere lo studio della i. antica ha largamente progredito. (Si veda la bibliografia agli articoli dedicati ai singoli personaggi).
Ma già nell'antichità esistevano collezioni di ritratti e opere di i., come testimonia Plinio. Tali collezioni erano un uso ellenistico, che appare introdotto in Roma da Asinio Pollione (Plin., Nat. hist., xxxv, 9, 10), il quale aveva dedicato nella sua biblioteca i ritratti dei letterati e filosofi celebri, seguendo l'esempio delle biblioteche di Alessandria e di Pergamo. Plinio cita anche Tito Pomponio Attico e specialmente Terenzio Varrone (v.) che avrebbe raccolto ben 700 ritratti di uomini illustri (Plin., Nat. hist., xxxv, 11: septingentorum illustrium aliquo modo imaginibus). Tale opera, divisa in quindici libri, era probabilmente pubblicata in quindici rotuli, ognuno dei quali doveva contenere elogio e ritratti di un gruppo di uomini celebri, raggruppati sette per sette (come farebbe supporre il titolo dell'opera, Hebdomades). Per il tipo di queste illustrazioni con ritratti v. dioscuride; galeno; illustrazione; rotulo.
2. − Per i. si intende lo studio degli elementi grafici e illustrativi dell'opera d'arte, e in modo particolare gli schemi compositivi, le positure e gli attributi dei personaggi, con l'intento di rintracciarne, da un lato il particolare significato, e dall'altro le persistenze, le mutazioni e derivazioni. Lo studio dell'i. è particolarmente importante nelle civiltà artistiche antiche, nelle quali la tradizione artigiana, e talora il vincolo religioso, contribuivano al mantenimento, talvolta plurisecolare, di uno stesso schema compositivo (iconografico) per un dato soggetto, specialmente se narrativo. In tal caso, la persistenza della i. facilitava la comprensione da parte dello spettatore. Talora, nel passare da una fase di civiltà ad un'altra, la stessa i. serve ad esprimere contenuto diverso e anche diverso soggetto: come avviene, per esempio, per la i. della Battaglia di Alessandro, quale ci è conservata nel mosaico proveniente dalla Casa del Fauno a Pompei, che è a sua volta derivazione da una pittura assai più antica (v. philostratos), e che si ritrova sopra urne cinerarie etrusche e in rilievi provinciali di età romana a indicare, con poche varianti, battaglie contro Celti o Sanniti, e che in parte si trova fino nei rilievi provenienti dal Foro Traiano inseriti nell'arco di Costantino a Roma; oppure nel riconoscere nella "Madonna del Melagrano", venerata nel paese di Capaccio, situato nel retroterra di Paestum, l'i. della Hera kourotràphos nota per le statuette fittili provenienti dalla stipe del santuario della Foce del Sele (v. sele).
Perciò lo studio dell'i. è elemento prezioso, sia per la ricostruzione di una composizione che ci sia pervenuta frammentaria, sia per la sua interpretazione dal punto di vista del soggetto, sia per la indagine sul percorso storico di una data forma di rappresentazione artistica e pertanto per rintracciare i contatti, le influenze e per la definizione stessa dei caratteri peculiari di una fase di civiltà artistica o di un singolo Maestro, caratteri che si manifestano, appunto, nelle variazioni che l'i. trasmessa subisce: per esempio, nella recezione, da parte dell'arte greca, di iconografie orientali, quali il leone, la sfinge, il grifo, la Gorgone (v. esponenti relativi), ma anche semplicemente i motivi ornamentali, quali le palmette, le rosette, ecc.
Se dunque lo studio dell'i. può essere di valido aiuto nella ricostruzione del percorso storico di una civiltà artistica, occorre tuttavia guardarsi dal cadere nel facile errore di trarre conclusioni unicamente dalla i. senza tener conto dello stile; giacché iconografie identiche, o simili, possono esser usate con linguaggio formale (stilistico) anche profondamente diverso. L'artista può porsi dinanzi alla i. tradizionale con la stessa libertà con la quale si pone dinanzi all'immagine di natura; cioè interpretandola secondo la propria sensibilità e intuizione artistica, o caricandola di un contenuto emotivo diverso. Sotto tale aspetto assume particolare interesse lo studio dell'i. nel passaggio dall'arte profana a quella cristiana (v. paleocristiana, arte) e nelle derivazioni dall'antico da parte degli artisti del Rinascimento.