iconografia
Decifrare i significati delle immagini
Una dama accanto a un animale fiabesco come l'unicorno; una santa con una foglia di palma e una ruota; una fanciulla che si trasforma in una pianta di alloro. Sono tanti i dipinti e le statue, dall'antichità a oggi, che rappresentano soggetti di questo tipo, e altri ancora il cui significato non appare chiaro se non si conoscono le storie e le tradizioni a cui alludono. Per spiegarli esiste l'iconografia
Iconografia (dal greco eikòn "immagine" e graphìa "scrittura") significa letteralmente "descrizione delle immagini". È una disciplina, legata alla storia dell'arte, che indaga il significato delle immagini, cerca di identificare i soggetti delle opere d'arte e le fonti da cui essi derivano: miti, storie sacre, fatti storici, tradizioni, leggende, racconti. Esercitata dalla fine dell'Ottocento in avanti da studiosi soprattutto tedeschi fra i quali Aby Warburg ed Erwin Panofsky, l'iconografia si occupa di riconoscere in un ritratto un determinato personaggio ‒ per esempio il re di Spagna Carlo V, raffigurato sempre con le medesime caratteristiche ‒ o di identificare come Pietà i dipinti con il Cristo deposto dalla Croce e sostenuto dalla Vergine.
Una delle prime domande che ci poniamo, di fronte a un dipinto, un affresco o una scultura, è: "Che cosa rappresenta? Qual è il soggetto?".
Quando si osserva un dipinto in cui compaiono un uomo e una donna inginocchiati ai lati di una culla con un bambino è facile riconoscere la rappresentazione della Nascita di Gesù. Così come, vedendo Maria, Giuseppe e Gesù in una capanna e, fuori, tre personaggi in abiti regali che offrono doni, siamo in grado di riconoscere una rappresentazione dell'Adorazione dei Magi. Questo grazie alla nostra cultura che, sin da bambini, ci permette di conoscere le storie sacre, legate al Natale e raccontate nei Vangeli. Ben più difficile è riuscire a interpretare scene poco familiari, in cui i riferimenti e i significati, noti ai contemporanei, ci appaiono oggi misteriosi.
Per interpretare correttamente il soggetto di un'opera bisogna analizzarla attentamente e con precisione: quanti e quali sono i personaggi rappresentati, in quale contesto sono collocati ‒ in un paesaggio, all'interno di una casa o di una chiesa ‒, quale azione ogni personaggio sta compiendo.
Ma bisogna anche conoscere le fonti letterarie, cioè quei testi della letteratura e della religione che, narrando una storia, si trovano probabilmente alla base della rappresentazione: la Bibbia soprattutto, con il Vecchio e il Nuovo Testamento, ma anche l'Odissea, l'Iliade, l'Eneide, le favole di Fedro e di Esopo, la Divina Commedia di Dante, le opere di Boccaccio e Petrarca, le tragedie e le commedie di Shakespeare, i poemi di Ariosto, di Tasso e l'opera di Tito Livio per i soggetti della storia romana, solo per fare alcuni esempi. Un testo letterario che ha sempre attratto l'immaginazione degli artisti di varie epoche è l'opera di Ovidio intitolata Metamorfosi.
L'artista può anche ispirarsi a opere che hanno rappresentato, nel passato, lo stesso tema. Oppure può mescolare temi diversi, che provengono dall'antica cultura pagana e da quella cristiana. Per esempio, capita che la storia di Venere, dea della bellezza, che tiene fra le braccia il cacciatore Adone morente somigli alla Pietà, con la Madonna in lacrime che sostiene il corpo senza vita di Gesù.
In un dipinto realizzato dalla pittrice Artemisia Gentileschi verso il 1620 vediamo tre personaggi, due donne e un uomo, protagonisti di un evento cruento: una delle donne sta tagliando, con una spada, la testa a un uomo barbuto steso su un letto. Si tratta di una rappresentazione della storia di Giuditta e Oloferne, narrata nel Vecchio Testamento. Giuditta è un'eroina della Bibbia che, per liberare la sua città dall'invasore, decapita il generale assiro Oloferne, aiutata da una schiava.
Oltre a dipinti che raccontano scene narrative, troviamo molte opere che rappresentano gruppi di personaggi riconoscibili da particolari attributi, ossia oggetti che la tradizione associa a ciascun personaggio. Nel caso dei dipinti per gli altari (pale) è facile trovare figure di santi e scene ricche di dettagli che nascondono complessi significati.
Un dipinto realizzato alla fine del Quattrocento da Carlo Crivelli viene titolato come la Madonna della rondine per via di una piccola rondine posata sul trono della Madonna. Ai lati del trono stanno due figure di santi. Proviamo a identificarli. Sulla sinistra vediamo una figura con una lunga barba e la veste rossa, con due libri in mano e al suo fianco un leone. Sono proprio questi dettagli che lo identificano come s. Gerolamo, uno dei Padri della Chiesa. Egli tradusse in latino la Bibbia e a questo si riferiscono i libri. Il leone ricorda un episodio della sua vita, quando, in un convento di Betlemme, curò un leone con una spina nella zampa, rendendo la bestia docile e fedele. Esistono tre modi in cui di solito s. Gerolamo viene rappresentato: nel deserto, a ricordare il periodo del suo eremitaggio; all'interno di uno studio, in riferimento al suo lavoro di traduzione e meditazione; oppure vestito in abiti da cardinale, come appunto in questo dipinto.
L'altro personaggio da interpretare ha una freccia nella mano destra e un arco ai suoi piedi. Questi attributi permettono di identificarlo come s. Sebastiano. Si tratta però di una rappresentazione del santo piuttosto particolare, perché generalmente è dipinto nudo e con le frecce conficcate nel corpo e non vestito con abiti contemporanei all'epoca del pittore. Ma chi è s. Sebastiano? Sebastiano era un soldato romano che venne condannato a morte per essersi convertito al cristianesimo.
Nella zona inferiore del dipinto, chiamata predella, vediamo tre piccole scene in cui si svolgono storie che si riferiscono ai santi che abbiamo appena riconosciuto: s. Gerolamo in meditazione nel deserto, col cappello cardinalizio attaccato a un albero; la nascita di Gesù, che è in relazione con il soggetto principale della Madonna con Bambino; il martirio di s. Sebastiano con il santo nudo, legato a un albero e tre uomini che scagliano frecce contro di lui. Altre due scene decorano la cornice del dipinto. C'è una figura femminile, con la mano sinistra su una ruota dentata e un rametto nella destra: è s. Caterina d'Alessandria; la ruota dentata ricorda il suo martirio, mentre il ramo sta a indicare che si tratta di una santa martire, di solito, infatti, questi sono rappresentati con un ramo di palma simbolo del supplizio che allude anche al premio della vita eterna, così come nell'antichità la palma era un simbolo di vittoria. Infine, nell'ultima scena, un cavaliere in armatura affronta un drago: si tratta di s. Giorgio che uccide il drago e libera la principessa.
Una volta riconosciuti tutti questi elementi del dipinto, è possibile comprenderne i significati.
Scritte nel 1° secolo d.C. dal poeta latino Ovidio, le Metamorfosi narrano centinaia di storie che descrivono le trasformazioni - è questo il significato del termine metamorfosi - di esseri umani e divinità in varie forme: Giove che si trasforma in cigno per conquistare Leda; la ninfa Siringa che per sfuggire a Pan diventa una canna palustre; Arianna trasformata dal dio Bacco nella costellazione della corona boreale. Anche il celebre scultore barocco Bernini, nel Seicento, si ispirò alle Metamorfosi per una sua opera, conservata a Roma, nella Galleria Borghese. Un giovane, correndo, raggiunge una fanciulla che sta subendo una metamorfosi: le mani si stanno trasformando in foglie, le gambe in corteccia e dai piedi stanno spuntando radici. Che cosa sta succedendo alla fanciulla? Riusciamo a capirlo se conosciamo la storia del dio Apollo che si innamora della ninfa Dafne. La ninfa Dafne, però, non ne vuole sapere del dio e prega il padre, un dio del fiume, di trasformarla in una pianta per salvarla da Apollo. Ed ecco che la ninfa si trasforma, sotto i nostri occhi, e grazie al genio di Bernini, in una pianta d'alloro. Attraverso questa storia apprendiamo che l'alloro è uno degli attributi del dio Apollo, che viene infatti spesso rappresentato con una corona di foglie di questa pianta.