ICONOSCOPIO
. Camera elettronica per trasmissioni televisive (v. televisione, XXXIII, p. 439 segg.), ideata fino dal 1925 dall'ingegnere russo Zvorykin della Radio Corporation americana.
Consiste in un tubo a raggi catodici che, in luogo del comune schermo fluorescente, reca uno speciale schermo fotoelettrico costituito da un mosaico di minuscole cellule fotosensibili isolate tra loro, ripartite sulla superficie di una foglia di mica la cui faccia opposta, metallizzata, costituisce un'unica placca, chiamata placca collettrice dei segnali. L'immagine da trasmettere viene proiettata otticamente sullo schermo fotoelettrico provocando un'emissione di fotoelettroni da parte di ogni cellula elementare, di intensità proporzionale all'intensità luminosa propria di ogni corrispondente punto dell'immagine stessa. Ciascun catodo fotoelettrico elementare assume quindi una certa carica negativa, venendo così a costituire, con la suddetta placca collettrice, un piccolo condensatore elettrico "carico". Per mezzo di noti organi deviatori a "dente di sega", l'immagine, e quindi lo schermo, viene esplorata dal pennello catodico proprio dell'iconoscopio e la carica positiva già assunta da ogni catodo fotoelettrico è quindi neutralizzata per opera degli elettroni apportati da tale pennello. Si ottiene quindi la "scarica" successiva dei piccoli condensatori elementari definiti come sopra, e cioè una corrente di scarica volta da ogni singolo catodo verso la comune placca; ai capi di un'apposita resistenza utilizzatrice inserita nel circuito, si ottiene allora una differenza di potenziale variabile avente la stessa legge di variazione dell'illuminazione di ogni singolo elemento dello schermo e suscettibile di successive amplificazioni.
Il vantaggio principale dell'iconoscopio risiede nella sua grande sensibilità rispetto alle comuni cellule fotoelettriche (principio dell'"accumulo delle cariche"), ciò che ha permesso l'attuazione dei moderni sistemi di televisione a elevata finezza di analisi.