PANTALEONI, Ideo Tommaso
PANTALEONI, Ideo Tommaso. – Nacque a Legnago (Verona) il 12 ottobre 1904 da Paolo, assicuratore d'origine ferrarese, e da Lucilla Sabbioni, mantovana. Dopo aver trascorso l’infanzia a Mantova, nel 1910 si stabilì con la famiglia a Ferrara.
Sin da bambino dimostrò un’innata predisposizione all’arte tanto che, come ricordato da Franco Passioni, sul marciapiede di fronte alla sua casa disegnava «con dei gessetti colorati delle stupende battaglie, soggetti biblici, sacre composizioni, oppure ritratti di Garibaldi, dei re di Casa Savoia, insomma un vasto repertorio di figure che gli venivano suggerite dalle iconografie d’immagini da lui osservate sui libri, cartoline, scatole di cioccolatini nelle pasticcerie o, talvolta, dalle visite a qualche museo». (I. P., 1994, p. 11).
Nel 1919 i genitori lo iscrissero alla Regia Scuola d’arte Dosso Dossi di Ferrara. Nel 1922, dopo aver conseguito il diploma, iniziò a frequentare l’Accademia di belle arti di Bologna, ma l’anno seguente interruppe gli studi per trasferirsi a Milano. Nel capoluogo meneghino completò la sua formazione artistica entrando in contatto con Filippo De Pisis, Mario Sironi e Carlo Carrà.
Dal 1930 iniziò a esporre alle annuali mostre della Società per le belle arti ed Esposizione permanente, dove la sua presenza con una serie di dipinti a olio fu costante per tutto il decennio; nel 1934 ottenne il primo riconoscimento pubblico ricevendo per il dipinto Fiori il premio istituito dalla sede milanese della Banca popolare di Novara. Nel 1937 partecipò alla VIII Mostra del sindacato interprovinciale fascista di belle arti di Milano con Il ponte di Lambrate. Nel 1939 allestì la sua prima personale presso la milanese galleria Gian Ferrari. L’anno seguente fu presente alla II Mostra del Premio Bergamo (Ragazze al mare) e, nel 1941, partecipò al III Premio Cremona (Gioventù di Mussolini).
Nel 1940, durante una vacanza a Rapallo, aveva conosciuto Bianca Magri che nel 1947 sarebbe diventata sua moglie.
Inserito nel solco del Novecento italiano, il suo stile adottò inizialmente i temi e i modi tipici dell’arte di Stato, senza di fatto lasciarsi troppo influenzare dalla vuota retorica propagandistica del linguaggio di regime. Nel corso degli anni Quaranta la sua ricerca artistica inizò tuttavia a mutare fino raggiungere temi e modi più personali e intimisti. Le nature morte (Natura morta, 1945, ripr. in I. P, 2000, p. 19), i paesaggi (Bogliasco, 1947, ripr. in I. P., 2008, p. 20), i ritratti dei familiari e gli interni domestici furono i soggetti più ricorrenti di questo periodo, che l’autore sviluppò attraverso una pittura dal solido impianto realistico, impostata su complessi accordi tonali e ricercati effetti prospettico-luministici.
Nel 1941 fu presente con due opere (Barca in riparazione e Donna) alla III Mostra nazionale del sindacato fascista belle arti di Milano e, in tale occasione, ottenne uno dei premi acquisto patrocinati dal ministero dell’Educazione nazionale per il dipinto Donna, che fu destinato alla Galleria nazionale d’arte moderna di Roma. Nel 1942 espose Interno del mio studio al IV Premio Bergamo.
Per sfuggire ai bombardamenti che nel 1943 distrussero il suo studio milanese insieme a tutte le sue opere, visse come sfollato per alcuni mesi a Bologna, dove conobbe Giorgio Morandi; successivamente si trasferì a Cantello Ligurno nel Varesotto. Nell’aprile del 1945, all’indomani della Liberazione, rientrò a Milano, dove, in dicembre, tenne una personale alla galleria S. Andrea.
Nel 1948 fu ammesso alla XXIV Biennale di Venezia con il dipinto Composizione I e, nel dicembre di quello stesso annno, fu tra i primi artisti ad aderire al MAC (Movimento arte concreta), appena fondato a Milano da Atanasio Soldati, Bruno Munari, Gillo Dorfles e Gianni Monnet. Nel medesimo periodo si trasferì a Parigi, dove, nel 1949, partecipò al IV Salon des réalités nouvelles in qualità di membre. Nella capitale francese visse per due decenni, pur con frequenti soggiorni in Italia, e conobbe un notevole successo collezionistico grazie al mercante d’arte Guy Resse, proprietario della galleria La Roue.
Abbandonati gli stilemi del realismo, dopo una breve parentesi neocubista (Il camerino dell’attrice, 1947, ripr. in I. P., 2000, p. 21), sviluppò un linguaggio legato alla sintassi d’impianto concretista, basata essenzialmente sull’incastro di «forme geometriche, derivate dal cerchio, dalla losanga, dal rettangolo, sovrapposte a formare due o tre livelli, alle volte aggettanti verticalmente, quasi sempre impostate sopra una rigorosa schematizzazione costruttivista che non lascia nulla al caso» (Dorfles, in I. P., 1971, p. 3). Nelle opere riferibili alla fine degli anni Quaranta (Composizione, 1948, ripr. in I. P., 1994, p. 19) le forme triangolari, reiterate secondo un ritmico e paratattico andamento, sono racchiuse e si intersecano entro una complessa trama di intrecci lineari, o in alcuni casi curvilinei (Composizione, 1949, ripr. ibid., p. 20).
Nel 1951 prese parte a Milano sia all’esposizione Gli artisti del MAC, allestita presso la galleria Bompiani, sia alla Mostra di arte concreta presso la galleria Bergamini; in questo stesso anno, con Forme uniche su fondo nero (ripr. in Movimento Arte Concreta 1948-1952, 2003, p. 67) e Forme su fondo rosso e blu, fu presente alla mostra Arte astratta e concreta in Italia - 1951 tenutasi presso la Galleria nazionale d’arte moderna di Roma. A partire da questo periodo iniziò a firmare i propri lavori con il soprannome ‘Panta’ datogli dagli amici. Nel 1952 espose una serie di sculture in metallo e plexiglas policromo (I. P., 1994, p. 59) alla mostra Materie plastiche in forme concrete presso la saletta dell’Elicottero a Milano; sempre nel 1952, a Parigi, fu nominato membre sociétaire al VII Salon des réalités nouvelles: rassegna che lo vide regolarmente presente a tutte le edizioni degli anni Cinquanta.
Nel 1953 entrò a far parte del gruppo di astrattisti francesi denominato Espace, che l’anno seguente si fuse con il milanese MAC. Pantaleoni ebbe in questo ambito un ruolo di primaria importanza come solerte mediatore culturale tra la linea aniconica d’Oltralpe e quella italiana.
Nel 1954 collaborò con un’équipe di architetti (Studio b24) al progetto della ‘Casa sperimentale’, che fu presentata alla X Triennale di Milano, e per la quale ideò il soffitto luminoso realizzato con lastre d’alluminio e acciaio inox (ripr. in I. P., 1994, p. 16).
Nel 1955 fu tra i partecipanti alla mostra del gruppo MAC/Espace alla galleria del Fiore di Milano. Sempre nel capoluogo lombardo, nel marzo del 1957, prese parte all’ultima mostra del gruppo concretista che venne organizzata dalla galleria Schettini.
Dal 1957 un nuovo indirizzo di ricerca determinò un’ulteriore evoluzione del suo stile che andò volgendosi verso le poetiche dell’Informale.
Nei dipinti degli anni Cinquanta (Composizione, 1955, ripr. in I. P., 2008, p. 11) le forme appaiono liberate sia dalle linee di contorno sia dalle strutture reticolari attraverso un linguaggio che opta «per una disseminazione quasi topografica di elementi geometrici cromaticamente più accesi sia a se stanti che ancora interrelati da direttrici lineari […] con incastri e sovrapposizioni di rettangoli, quadrati, bande, triangoli, trapezi ottenuti con le sole campiture di colore» (Di Genova, 1996, p. 452). Sulle superfici dei quadri le immagini, prive di qualsiasi riferimento simbolico o naturalistico, appaiono ora definite solo dalla contrapposizione di nitide forme-colore.
Nel 1958 in occasione della personale allestita presso la galleria La Roue, il Musée d’art moderne de la Ville de Paris acquisì per la sua collezione permanente l’opera Composition 1958.
Tra il 1958 e il 1959, durante i mesi estivi trascorsi ad Albisola, su suggerimento dell’amico Lucio Fontana, cominciò a lavorare la ceramica realizzando piccole sculture e rilievi. In campo pittorico, per tutti gli anni Sessanta proseguirono le sue ricerche incentrate sul linguaggio informale (Composizione 1962, ripr. in I. P., 2008, p. 6).
Nel 1965 partecipò alla IX Quadriennale nazionale d’arte di Roma (Composizione ritmica n. 1; Composizione ritmica n. 2, Composizione ritmica n. 3). L’anno seguente prese parte alla IV Biennale di pittura di Saronno e, nell’occasione, gli venne conferita la medaglia d’oro del Comune per meriti artistici.
Nel maggio del 1968, nell’infuocato clima della contestazione studentesca, la galleria La Roue dovette annullare la prevista personale dedicata all’artista che, pochi mesi dopo, lasciò Parigi e tornò a vivere a Milano.
Sul finire degli anni Sessanta e nel decennio successivo, parallelamente a quella pittorica, proseguì una ricerca plastica incentrata sulla continua sperimentazione formale e sull’uso di differenti materiali. Nel 1968, alla galleria Vismara di Milano, allestì una personale con sculture a rilievo in legno; nel 1970 partecipò con tre opere in acciaio inox e alluminio alla Mostra internazionale di scultura all’aperto organizzata dalla Museo d’arte moderna-Fondazione Pagani di Castellanza; nel 1971 presentò nuovamente una personale alla milanese galleria Vismara con una serie di sculture in anticorodal (lega di alluminio). Tra il 1971 e il 1978 disegnò anche vari gioielli realizzati dal laboratorio orafo Martignetti di Milano; in tali lavori, ideati come microsculture da indossare, l’autore traspose le rigorose geometrie concretiste dei suoi dipinti.
In campo pittorico, nel corso degli anni Settanta e nel decennio successivo, il linguaggio dell'artista appare ormai svincolato da qualsiasi ratio geometrica per indirizzarsi verso le poetiche del tachisme (Pittura, 1972, ripr. in I. P., 2000, p. 37) e dell'astrattismo lirico di matrice soprattutto francese.
Ne sono un esempio alcuni acrilici (Pittura, 1972, ripr. in I. P., 2000, p. 37), contraddistinti da una pennellata rapida e disgregante che a volte pare assumere un andamento fiammeggiante (Senza titolo, 1982, ripr. in Di Genova, 1996, p. 538), mentre in altri casi il colore si addensa in ampie macchie assimilabili a conformazioni geologiche (Senza titolo, 1984, ripr. ibid.).
All’inizio degli anni Ottanta fu invitato a due esposizioni storiche dedicate al MAC in spazi istituzionali: nel 1982 presso la Civica Galleria d’arte contemporanea ‘Filippo Scroppo’ di Torre Pellice; nel 1984 presso la Civica Galleria d’arte moderna di Gallarate.
Nel 1985 gli fu dedicata un’importante mostra antologica a cura della Galleria d’arte moderna e contemporanea di Ferrara (nella sede di Palazzo dei Diamanti) cui fece seguito quella organizzata nel 1990 dalla Pinacoteca comunale di Ravenna.
Nel 1993 propose una personale alla galleria Radice di Lissone e nello stesso anno donò al Comune di Ferrara un cospicuo numero di opere che furono radunate nell’antologica allestita, in quell’occasione, presso la sede dell’Istituto d’arte Dosso Dossi.
Morì a Milano il 25 dicembre 1993.
Fonti e Bibl.: A.M. Comanducci, Diz. illustrato dei pittori…, Milano 1962, III, p. 1352; I. P. (catal., galleria Vismara), a cura di G. Dorfles, Milano 1971; Diz. encicl. Bolaffi dei pittori e degli incisori italiani, VIII, Torino 1975, p. 304; L. Caramel, MAC. Movimento Arte Concreta 1948-1952, Milano 1984, pp. 100 s.; Movimento Arte Concreta. MAC (catal., Gallarate), a cura di L. Caramel, Milano 1984, pp. 72 s.; I. P. tra MAC e Réalités Nouvelles: opere dal 1947 al 1952 (catal., galleria Martini & Ronchetti), Genova 1990; Mostra antologica donata al Comune di Ferrara da I. P. (catal.), Ferrara 1993; I. P. (Panta); Periodo del MAC dal 1948 al 1958 (catal.), a cura di S. Zanella - F. Passoni, Gallarate 1994.
G. Di Genova, Storia dell’arte italiana del ’900 per generazioni. Generazione primo decennio, Bologna 1997, pp. 452 s., 455, 538; MAC/ESPACE. Arte concreta in Italia e in Francia 1948-1958 (catal., Roma), a cura di L. Berni Canani - G. Di Genova, Bologna 1999, pp. 147-49, 265; I. P. Il percorso di una vita (catal., Como), a cura di A. Cristofaro, Milano 2000; Movimento Arte Concreta 1948-1952 (catal.), a cura di E. Crispolti, Roma 2003, pp. 64-67, 87; I. P. dal MAC in poi… (catal.), a cura di A. Cristofaro - M. Ronchini, Colorno 2007; I. P. MAC (catal.), a cura di A. Sartori, Mantova 2008.