idolo
Nell'uso dantesco il termine vale " figura ", " immagine ", conservando il significato etimologico.
Per Pg XXXI 126 Pensa, lettor, s'io mi meravigliava, / quando vedea la cosa in sé star queta, / e ne l'idolo suo si trasmutava, l'Anonimo osserva: " l'idolo, cioè la figura che di lui si mostrava nell'occhio di Beatrice, avea ora una forma, cioè divina, ora un'altra, e cioè umana "; e ancora: " Altri tennono che la luna fosse simile d'uno specchio... et sì come suso la superfice della terra è mare et distinzioni di montagne, così nello idolo che si figura nel predetto specchio, ciò è nel corpo della luna, è disjunzioni e differenze, et secondo diverso colore appaiono... se noi ponemo uno specchio dal destro della cosa specchiata, l'idolo appare in altro modo che chi lo ponesse dal sinistro " (Anonimo, ediz. Fanfani, III 33-34). Così anche in Ep VII 27 Vere " Dei ordinationi resistit ", propriae voluntatis ydolum venerando. Nell'apocrifa Professione di fede 167, invece, i. ha il valore di immagine di falsa divinità (" E a idoli, o altri dei, non siam credenti ").