IDOLO
(ειᾓδωλον). − La parola èidola viene usata per la prima volta nella versione greca del Vecchio Testamento (cosiddetta dei Settanta, II Re, xvii, 12), nel suo significato attuale cioè ad indicare raffigurazioni di divinità non giudaico-cristiane. Tale uso si ritrova sempre nel corso della teologia cristiana, ma nell'uso comune del linguaggio archeologico ne sono derivati alcuni significati precisi.
Vengono detti idoli: a) figure antiche, per lo più di piccole dimensioni, rappresentanti rozze forme umane (ma non si può, per esse, in nessun caso, ammettere con sicurezza trattarsi di rappresentazioni di esseri divini); b) antiche figure di divinità, che, quali che siano le loro dimensioni, possono essere aniconiche o in figura umana. Così vengono qualificate come idoli alcune statuette dell'Età della Pietra, raffiguranti in maniera naturalistica, e in generale riconoscibili, esseri umani, quali immagini femminili adipose. Anche in Grecia ed in Italia sono state trovate testimonianze di questa tradizione protrattasi dall'Età Neolitica alla prima Età del Bronzo. Il naturalismo di queste figure è evidente, il loro significato non è accertato, l'interpretazione più verosimile di esse è quella di divinità, o di immagini ancestrali venerate; nel caso di rappresentazioni di figure falliche si pensa piuttosto a dèmoni della fecondità. Nella cerchia della cosiddetta Civiltà Cicladica (prima e dopo il 2000 a. C.) non sono rare le figure di diversa grandezza (fino a 153 cm) in marmo nassio, usate come suppellettili sepolcrali. Queste figure sottili, piatte, talvolta quasi come tavolette, si distinguono dagli esemplari cui abbiamo accennato, ed anche da quelli orientali, per una più severa stilizzazione e per la particolarità che, sebbene si tratti quasi sempre indubbiamente di esseri femminili, non sono in essi esageratamente accentuati i segni caratteristici del sesso. Nel corso dello svolgimento di questo tipo di figure, la stilizzazione aumenta a tal punto che non possono venir considerate una diretta rappresentazione della forma umana, ma piuttosto una ridotta e schematica interpretazione di essa. Anche se la civiltà cicladica ha avuto una influenza sulla fioritura della civiltà minoica di Creta (circa 1700-1450 a. C.) − è attestata l'esportazione a Creta di questi "idoli insulari" − pure, sicuramente diverse furono le origini della civiltà minoica. Fra gl'idoli minoici esiste un tipo particolare, che, alla parte superiore in forma umana ne unisce una inferiore in forma di tamburo o campana. Queste figure sono in terracotta ed è molto verosimile si tratti di divinità essendone stati trovati a Cnosso varî esemplari riuniti sulla tavola d'altare in un ambiente dedicato al culto. Si aggiunga che vari attributi che si trovano sui diademi di queste terrecotte sembrano alludere a determinati settori del regno sovrumano (colombe, capsule di papavero). Anche dopo lo stanziamento dorico la forma di questi idoli con base a tamburo ha continuato ad aver vita a Creta ed ha trovato poi la sua continuazione sul continente greco, specialmente in Beozia, nel gruppo dei cosiddetti "idoli a campana". Nel secondo millennio, specialmente nella sua ultima fase tardo-micenea, il tipo dell'i. è assolutamente diverso e caratteristico, in quanto i suoi esemplari si possono dividere in due gruppi, a seconda della posizione delle braccia. Si tratta ugualmente di figurine di terracotta; esse hanno il torace o in forma di disco − e ciò significa braccia incrociate, simili al tipo dei primitivi "idoli insulari" − oppure in forma di mezzaluna rivolta in alto, e ciò significa a braccia sollevate. Poiché gli "idoli" micenei furono sempre ritrovati in luoghi sacri, è lecito supporre che si tratti di figure votive. Sfugge peraltro alla nostra conoscenza se la differente positura delle braccia voglia esprimere un diverso significato per i due gruppi. In Grecia il periodo geometrico viene ben rappresentato dalle figure sepolcrali in avorio, trovate ad Atene, che, sulla base delle rimanenti suppellettili (vasi tardo-geometrici) possono essere datati alla metà dell'VIII sec. a. C. Il tipo di queste figure femminili è di importazione orientale come il materiale nel quale sono eseguite. L'influenza viene soprattutto da modelli siriaci ma, mentre in Siria tali figurine fanno parte di utensili o di mobili, queste di Grecia sono statuette a sé stanti e segnano il primo passo verso la creazione di una forma propria nell'arte greca del I millennio a. C. Come suppellettili sepolcrali tali figurine sono isolate, la loro interpretazione non è chiara, e quella di divinità non appare verosimile. L'ultimo stadio della plastica degli "idoli" viene rappresentato da tre statuette in legno, trovate a Palma di Montechiaro (Sicilia), e che, secondo il loro stile, si possono datare intorno al 600 a. C. (v. xoanon). Il luogo del ritrovamento è un sacrario, quindi è presumibile trattarsi di divinità. Nello stile di queste figure è stato raggiunto quel tipo che fu manifestamente mantenuto a lungo anche per le grandi statue dei templi, che fu detto xòanon e che doveva esprimere un atteggiamento solenne. Pitture vascolari, bassorilievi e monete ne offrono riproduzioni, spesso arcaizzanti. Sono figure umane intere, di divinità sia maschili che femminili spesso rivestite, in origine, di indumenti di stoffa. Accanto a queste si hanno esempî sicuri, se pure non numerosi, di statue aniconiche di divinità. La maggior parte degl'idoli greci risale al VI sec. a. C.
In Italia l'inizio della plastica nel culto fu differente, poiché sembra che gli antichi culti italici, ed originariamente anche quelli romani, siano stati privi di immagini. Si potrebbero qualificare come "idoli" le piccole figure dei Lan, in bronzo, e quelle arcaicizzanti, collocate nei templi seguendo l'uso ellenico. Queste raffigurazioni, ed i modelli ellenici che le ispirarono, sono evidentemente menzionate nel Vecchio Testamento e da S. Paolo, quando vi si parla di "idoli".
Monumenti considerati. − I. neolitici: G. Kaschnitz-Weinberg, Handbuch, iv, tav. 48, 4. I. fallici della Tessaglia: J. B. Wace-Thompson, Prehistoric Thessaly, Cambridge 1912, p. 57, f. 30. I. cicladici: Ch. Zervos, L'art en Gréce, Parigi 1934, f. 9; Ch. Tzountas, in Arch. Ephemeris, 1898, tav. xi. I. da Gazi: Sp. Marinatos, Arch. Ephemeris, 1937 (i), tav. i, f. 9. I. minoici: A. Evans, Palace of Minos, ii, 1, p. 337, fig. 189. I. micenei: Ch. Zervos, op. cit., f. 30 e 31. I. in avorio, geometrici: E. Kunze, in Ath. Mitt., lv, 1930, tav. v. I. in legno (dalla Sicilia): G. Caputo, in Mon. Ant. Lincei, xxxvii, tav. 1.
Bibl.: G. Wissowa, Röm. Götterbilder = Ges. Abh., 1904, p. 284 s.; V. Müller, in Pauly-Wissowa, V Suppl., 1931, c. 485 ss., s. v. Kultbild; id., Frühe Plastik, Augusta 1929; F. Willemsen, Frühe griechische Kultbilder, Würzburg 1939; M. P. Nilsson, Gesch. d. griech. Rel., I, p. 192.