Vedi CERETANE, Idrie dell'anno: 1959 - 1994
CERETANE, Idrie (v. vol. II p. 511)
Il numero di vasi provenienti dalla bottega attiva a Caere è sensibilmente aumentato negli ultimi anni. Si contano oramai 34 idrie più o meno complete, frammenti di altre 4 (frammenti di un'altra idria - J. M. Hemelrijk, 1984, n. 39 - sono invece scomparsi), inoltre 3 anfore con manici a nastro e un alàbastron, tutti catalogati e ampiamente illustrati dallo Hemelrijk. Tra i vasi pubblicati ultimamente si trovano quelli meglio conservati dell'intero gruppo; tutti, anche quelli per i quali in un primo momento era stato indicato come luogo di ritrovamento Vulci, sembrano provenire da Caere e dal suo territorio. L'intera produzione figurata è dovuta a due pittori: il Pittore dell'Aquila (prima Pittore del Ginocchio) con 27 e il Pittore di Busiride con 9 opere; due idrie (ibid., nn. 1 e 30) furono dipinte da entrambi. I due artisti si distinguono facilmente per le loro particolarità grafiche, ma il Pittore di Busiride, forse di poco più giovane, dipende strettamente dal Pittore dell'Aquila. La proposta dello Hemelrijk, di attribuire ad altri pittori la decorazione vegetale e ornamentale e di distinguere più vasai è poco credibile; tutta la produzione, compreso il lavoro di vasaio, potrebbe risalire ai soli due pittori delle scene figurate. Il fatto, osservato dallo Hemelrijk, che la decorazione vegetale fosse parzialmente eseguita mediante mòdani, è, nella ceramica antica, singolare.
Notevole è la ricchezza del repertorio figurativo. Sulle 38 idrie e frammenti si trovano non meno di 74 diversi soggetti, di cui solo pochi rappresentati più di una volta. L'eroe dominante del repertorio mitologico-eroico è Eracle, di cui sono illustrate otto tra le fatiche più o meno famose. Tra gli esemplari pubblicati di recente si segnalano il combattimento con l'idra, ora al Museo Getty di Malibu (ibid., n. 23), e quello con i centauri della Foloe (ibid., n. 25, ricalcato sull’alàbastron di New York). Una rarità è invece la lotta di Perseo con il mostro marino (ibid., η. 29) in un'iconografia attestata finora solo da un'anfora tardo-corinzia di Berlino, inv. 3238 (cfr. vol. I, fig. 503). Tra le rappresentazioni non mitologiche dominano quelle simmetriche di tipo araldico, utilizzate per lo più sul retro delle idrie. Tra le figurazioni nuove vanno menzionate una scena di sacrificio (J. M. Hemelrijk, 1984, n. 15) e una caccia al cervo e allo stambecco (ibid., n. 29).
L'analisi dell'iconografia rivela, oltre alle tradizioni correnti della Grecia vera e propria, anche elementi di chiara derivazione greco-orientale, come p.es. il tipo di centauro, oppure il modo di raffigurare i cervi, analogo a quello osservato su un sarcofago clazomenio a Vienna (Antikensammlung., inv. IV 1865). L'iconografia dell'avventura di Eracle nella Foloe è attestata anche su terrecotte architettoniche provenienti da Larissa sull'Ermo. La provenienza almeno del Pittore dell'Aquila dalla Grecia orientale, e più precisamente dalla Ionia settentrionale o dall'Eolia, resta dunque ulteriormente confermata. La rappresentazione, sull'idria menzionata in precedenza con Perseo e il kètos, della foca, animale-stemma della città di Focea, potrebbe indicare come provenienza proprio quella città greco-orientale. Il complicatissimo viaggio, proposto dallo Hemelrijk per colmare la lacuna cronologica che viene a trovarsi tra la fuga dei Focei dalla loro patria in seguito alla vittoria persiana del 547 a.C. e la creazione delle prime idrie da parte del Pittore dell'Aquila non prima del 530 a.C. a Caere, non può comunque convincere: Focea ha continuato a esistere anche dopo la presa. La nota scena con Eracle e Busiride (ibid., n. 34) ha invece precedenti iconografici sia nella ceramica attica (frammento del Pittore di Heidelberg a Palermo) che in quella ionica (frammento di anfora in stile Fikellura a Oxford).
La cronologia delle idrie è ora precisabile. Utile all'elaborazione di una cronologia relativa delle idrie si rivela soprattutto l'analisi della decorazione ornamentale, e in particolare dell'evolversi della palmetta situata sotto l'ansa verticale che permette di ricostruire una sequenza sicura. La datazione assoluta degli inizi della produzione si basa sul confronto dei panneggi, indicati solo raramente, anzi assenti sulle idrie più antiche, con quelli della ceramica attica. La produzione inizia quindi intorno al 530 a.C. o poco più tardi con le idrie dipinte dal Pittore dell'Aquila (ibid., nn. 4 e 3), mentre l'opera più antica del Pittore di Busiride (ibid., n. 11) non risale oltre il 525 a.C. All'ultimo periodo di attività della bottega appartengono le idrie 1 e 2 (poste dallo Hemelrijk invece all'inizio della produzione), databili al 510 a.C. o poco più tardi, come indicato anzitutto dai panneggi della n. 2, ovviamente dipendenti da quelli in uso nel gruppo dei «pionieri» della ceramica attica a figure rosse. La cronologia delle anfore resta precisata dal fatto che imitano la nota creazione dei ceramisti attici Pam phaios e Oltos, a sua volta ben datata all'interno della produzione attica a figure rosse.
La diffusione limitata delle idrie indica che la clientela era locale, fatto questo confermato anche dalle rare anfore di un tipo attestato solo a Caere e nella sua zona. E perciò legittimo chiedersi in che misura i pittori abbiano reagito a richieste specifiche di una clientela etrusca. A eccezione della forma particolare delle anfore, sembrano mancare elementi etruschi, il che non basta per sostenere, con lo Hemelrijk, che la produzione fosse destinata a una clientela esclusivamente greca, residente a Caere e nei suoi porti. Il numero complessivo, valutato dallo Hemelrijk in 4000 idrie, è troppo grande: anche i luoghi di ritrovamento, che sono, per quanto noto, tombe di tipo etrusco, contraddicono questa ipotesi.
L'influenza della bottega delle idrie c. sulla pittura vascolare etnisca sembra oggi meno notevole di quanto si credesse un tempo. Chiari influssi stilistici si limitano al solo «gruppo della Tolfa». L'analisi è comunque resa difficile dal fatto che l'arte etrusca del tardo VI sec. a.C. risulta largamente permeata da una corrente stilistica ionizzante: all'interno di essa non è sempre agevole distinguere il contributo specifico della bottega ceretana.
Bibl.: K. Friis Johanson, Eine neue Caeretaner Hydria, in OpRom, IV, 1962, pp. 61-81; Κ. Schauenburg, Eine Caeretaner Hydria, in AntK, XII, 1969, pp. 98-101; J. M. Hemelrijk, S. M. Lubsen-Admiraal, Notes on Some Caeretan Hydriae, in BABesch, LII-LIII, 1977-1978, pp. 1-29; H. P. Isler, Eine neue Amphora des Pamphaios und Oltos, in MusHelv, XXXVIII, 1981, p. 235 s.; ead., in H. Bioesch (ed.), Griechische Vasen der Sammlung Hirschmann, Zurigo 1982, nn. 10-12; ead., Drei neue Gefässe aus der Werkstatt der Caeretaner Hydrien, in Jdl, XCVIII, 1983, pp. 15-56; D. v. Bothmer, Echoes from Egypt, in Artibus Aegypti. Studia in honorem B. v. Bothmer, Bruxelles 1983, p. 18 s. (alàbastron di fabbrica ceretana di New York); J. M. Hemelrijk, Caeretan Hydriae (Kerameus, V), Magonza 1984 (con il catalogo completo dei vasi noti, ree. di H. P. Isler in Gnomon, LIX, 1987, pp. 721-731).