IDROBIOLOGIA (XVIII, p. 727)
È questo un termine molto generale con il quale si definisce lo studio della vita degli organismi acquatici, siano essi marini, estuariali, di acque continentali (laghi, fiumi, pozze, sorgenti, ecc.). Pur riconoscendo all'espressione "idrobiologia" una matrice unica (dal greco ῦδωρ = acqua e βίος = vita, viventi), non si può disconoscere che tra la biologia marina e quella delle acque interne esistano differenze sostanziali. Le caratteristiche morfometriche, fisiche e chimiche dell'ambiente nel quale gli organismi sono insediati, le connessioni più o meno strette dell'ambiente stesso con la terraferma creano una serie di presupposti per una differenziazione molto notevole tra la biologia degli organismi viventi, rispettivamente, in mare e in acque interne.
Tutto ciò non esclude, però, l'esistenza di concordanze in alcuni processi fondamentali che caratterizzano l'ecologia acquatica: i principi di base della produzione fotosintetica, a livello di alghe microscopiche e di idrofite, radicate o flottanti, emerse o sommerse, la dipendenza di questa da variabili fisiche, quali la radiazione luminosa e la temperatura, chimiche, quali la concentrazione di sali nutritizi, soprattutto di azoto e fosforo, sono da considerarsi egualmente validi per le comunità vegetali marine e di acqua dolce. Anche a livello delle comunità animali viventi nel pelago (plancton) e sui o nei sedimenti (bentos), molti sono i processi biologici che le accomunano nei due ambienti.
Il plancton, che vive flottante nella massa d'acqua, per es., presenta in mare e nei laghi migrazioni nictemerali, con addensamenti notturni negli strati d'acqua più superficiali e spostamenti verso gli strati più profondi durante il giorno: le cause sono da ricondursi a tropismi negativi rispetto alla luce e alla necessità di raggiungere di notte gli strati superficiali, più produttivi e pertanto più ricchi di alimento (alghe e piccole prede). Il bentos, insediato sulla piattaforma continentale marina e lungo la fascia litorale dei laghi, con un numero più elevato di specie e con densità assai maggiori di organismi rispetto alle zone profonde, non presenta grandi differenze di comportamento in ambiente marino e dulciacquicolo. È rappresentato per lo più da forme sessili, cioè fissate al sedimento, si nutre predando piccoli organismi oppure del detrito organico proveniente dagli strati più produttivi superficiali, che nei mari possono raggiungere i 200 m e nei grandi laghi i 50 m di spessore.
Questi cenni intendono soltanto mettere in luce come alcuni aspetti della biologia marina e delle acque interne siano assimilabili.
Se, però, si passi ad analizzare con maggiore dettaglio il mondo vivente in questi due compartimenti accomunati soltanto dall'acqua, emergono sostanziali differenze, da ascriversi a peculiarità fisiologiche e biologiche dei popolamenti, in funzione delle caratteristiche proprie dei due ambienti, le cui dimensioni sono anzitutto incommensurabilmente diverse. Nessun confronto è possibile tra quelle di un oceano, o anche di un mare interno, come il Mediterraneo, e i più grandi laghi esistenti, quali il Baikal, il Tanganika, quelli del sistema del San Lorenzo. Ciò comporta, nel primo caso, un contatto meno stretto tra la massa d'acqua e le terre emerse, con le conseguenze che più avanti saranno messe in evidenza.
Negli oceani e nei mari esistono correnti sistemiche orizzontali, che influiscono fortemente su una dispersione rapida degli organismi planctonici, incapaci di vivace locomozione propria, nonché di moti verticali, in certe condizioni morfometriche, fisiche e chimiche (upwelling), che superficializzano organismi che solitamente si trovano in profondità. Questi movimenti delle acque sono pressoché nulli nei corpi d'acqua lacustri, dove esistono soltanto correnti innescate dal vento o dalla vis a tergo provocata dall'ingresso di tributari con portate di una certa consistenza e fenomeni di turbolenza verticale di modestissima entità.
L'acqua marina ha una concentrazione di sali 40 ÷ 60 volte superiore a quella delle acque interne (prevalentemente cloruri in mare, carbonati e solfati nelle acque interne). Questo provoca conseguenze molto notevoli: si crea una sorta di barriera tra organismi marini e di acqua dolce, che hanno liquidi corporei con densità adeguate a quella del mondo acquatico nel quale vivono e con il quale hanno continui e strettissimi scambi.
Queste e altre ragioni hanno consigliato di separare lo studio della biologia marina, o talassobiologia o oceanografia biologica, facente capo all'oceanologia, da quello della biologia delle acque interne, cui - propriamente o impropriamente - è stata attribuita la denominazione di i., afferente, quindi, alla limnologia.
Un cenno particolare merita, infine, il complesso ambiente rappresentato dall'interfaccia tra le acque interne e marine, vale a dire quello delle zone estuariali, deltizie, costiere marine: la concentrazione in sali del mare viene abbassata dagli apporti di acqua dolce, il popolamento è peculiare e la struttura delle comunità mutevole in funzione delle modificazioni determinate dalle portate dei fiumi e dall'influenza di effluenti domestici, dalla loro composizione chimica e dal loro grado d'inquinamento, nonché dalle caratteristiche idrografiche marine là dove avviene l'ingresso delle acque dolci. Questo ambiente, che tende a essere sempre più sfruttato da insediamenti urbani, turistici, industriali, è oggetto attualmente di particolare attenzione, con tentativi di salvaguardia e di conservazione, in quanto utilizzabile - là dove le condizioni fisiografiche lo consentano - soprattutto per installazioni di pescicoltura intensiva (acquicoltura).
Si è giunti a questo punto a mettere in evidenza il significato dell'impatto della terraferma, con tutti i prodotti di rifiuto derivanti dall'uomo e dalle sue attività, sull'acqua: nel caso dell'ambiente costiero marino e, in particolare, deltizio ed estuariale, dove tale impatto è più pesante, il bacino imbrifero è rappresentato da tutto il territorio percorso dalla rete idrografica drenante, che trasporta al mare tutto ciò che i fiumi raccolgono lungo il loro percorso.
Il discorso diventa di particolare interesse quando si trasferisca questo concetto ai laghi, che sono inseriti in bacini imbriferi dei quali essi stessi rappresentano l'impluvio. L'i. e l'ecologia lacustre sono in un certo senso più semplici da studiare, in quanto l'ambiente è spazialmente modesto rispetto a quello marino, ma più complicato a causa della strettissima interconnessione tra terra e acqua e della estremamente più modesta capacità di diluizione del corpo d'acqua. In limnologia si è così giunti a dare un corretto significato al concetto dell'"unità lago", che lega la massa d'acqua al suo bacino imbrifero.
Partendo da tale premessa, ormai riconosciuta internazionalmente valida, lo studio dell'ecosistema lacustre, nonostante i tentativi di estrarne le variabili fondamentali, risulta estremamente complesso: basti pensare a tutti i fattori ambientali esterni al lago e alle caratteristiche morfometriche proprie del bacino lacustre, per rendersi conto che è effettivamente molto difficile, se non impossibile, giungere a un unico modello di funzionamento integrato dei laghi.
Non esiste un lago eguale all'altro, anche se apparentemente le comunità vegetali e animali che ci vivono non denunciano in modo clamoroso queste differenze. Ogni lago ha un bacino imbrifero di diversa superficie, con diversa altitudine media, con diversa struttura biogeochimica: questo provoca una differenziazione nella quantità di acqua che raggiunge i bacini lacustri e una sua caratterizzazione chimica diversa. La latitudine e l'altitudine di un lago implicano un quadro delle caratteristiche termiche legato alla durata e all'intensità della radiazione solare. E la radiazione solare ha implicazioni determinanti sui processi fotosintetici svolti dalla frazione vegetale del popolamento lacustre, con tutte le conseguenze a catena che coinvolgono gli organismi animali fitofagi (erbivori), e gli ulteriori anelli della catena alimentare (predatori).
L'idrochimica lacustre, che dipende, in condizioni naturali, dagli apporti delle acque derivanti dal bacino imbrifero, rappresenta uno dei parametri ambientali di base per il condizionamento della produzione vegetale lacustre: la struttura petrografica del bacino imbrifero e la natura dei terreni che circondano il lago decidono quali e quanti soluti sono trasportati al lago. La morfometria del bacino lacustre, unitamente alle portate dei tributari e dell'emissario, determina il tempo di ricambio dell'acqua dei laghi e, conseguentemente, l'entità del processo di accumulo delle sostanze chimiche, solute e particellate, inorganiche e organiche, che giungono al lago dal bacino imbrifero o che si formano nel lago stesso attraverso i processi biologici che vi si svolgono.
Lo studio di un lago, quindi, non può limitarsi alle descrizioni di fenomeni fisici, chimici, biologici, anche integrati tra loro, che storicamente hanno messo le basi dell'i. e, in senso lato, della limnologia: quello che oggi interessa è la dinamica funzionale del sistema acquatico, soprattutto in rapporto con le sempre più rapide modificazioni dell'organizzazione del territorio nel quale esso è inserito.
È opportuno esplicitare il significato del concetto di "dinamica funzionale del sistema acquatico". La comunità biologica è composta da migliaia di specie di organismi (assai più numerose in mare che nelle acque interne) che vivono in associazione e che nell'ecosistema interagiscono con componenti biologiche e non, con un'intensità più o meno imponente. I flussi chimici ed energetici rappresentano l'esito degli aspetti funzionali dell'ecosistema.
Prescindiamo, ora, dalle grandi masse oceaniche, dove, come si è detto, l'influsso di quanto deriva dalle terre emerse è recepito a livelli bassissimi e dove, quindi, la successione delle comunità biologiche e la loro produzione seguono le variazioni delle caratteristiche ambientali dettate prevalentemente dalle stagioni o da eventi eccezionali: nelle zone pelagiche degli oceani e dei mari può raggiungersi facilmente uno stato di equilibrio per tempi anche molto lunghi.
Nei corpi d'acqua interni e nelle zone costiere marine, questo stato di equilibrio non si raggiunge più, proprio perché i flussi chimici ed energetici presentano una grande variabilità nei tempi brevi e un notevole aumento nei tempi lunghi. Ciò significa, in altre parole, che tutto il materiale derivante dai rispettivi bacini di drenaggio s'inserisce in acqua con fluttuazioni di concentrazione, da attribuirsi in parte a variazioni di alcuni parametri meteorologici (precipitazioni, e conseguenti modificazioni di portate e di diluizioni) e in parte a pulsazioni nel tempo degli effluenti (scarichi intermittenti). Con questo, si è messo in evidenza un punto fondamentale dell'i., dell'ecologia acquatica: il concetto dei "carichi", prevalentemente chimici, che portano energia potenziale o immediatamente utilizzabile dal bacino imbrifero all'acqua. Non si può, infatti, disgiungere il valore di concentrazione di un certo sale, di una certa sostanza, dalla portata del corso d'acqua che la trasferisce in continuo e la trasporta a destinazione (zone deltizie, estuariali, costiere marine, e laghi di ogni dimensione nell'ambito delle acque interne).
Tutto questo materiale, però, quando raggiunge il corpo di acqua fermo, non fluente, ha un suo destino, che non sempre è immediatamente chiaro e intellegibile: in questi anni, e in tutto il mondo, questi processi sono oggetto di studio e alcuni di essi stanno rivelando i meccanismi che fino a tempi recenti sembravano del tutto oscuri.
È necessario a questo punto inserire nel discorso idrobiologico-ecologico un cenno sull'inquinamento delle acque. I rapporti terra-acqua portano a conseguenze che possono essere gravi, e talora drammatiche. Si possono grossolanamente distinguere tre categorie di inquinanti delle acque: agenti biologici (microorganismi e sostanze organiche degradabili), agenti chimici (sostanze tossiche oppure modificanti i parametri ecologici nell'ambiente acquatico), agenti fisici (calore). L'inquinamento di origine biologica si traduce in una contaminazione dell'acqua da parte di batteri e virus: è questo il campo di studio e di azione degl'igienisti. Gli agenti chimici tossici, quali biocidi, metalli pesanti, idrocarburi, cianuri, ecc. possono essere letali per gli organismi acquatici in tempi più o meno brevi oppure possono entrare nelle catene alimentari, concentrandosi progressivamente dalle alghe agli animali fitofagi, ai predatori, ai pesci, all'Uomo, con conseguenze non sempre prevedibili.
Esiste, infine, un inquinamento da sali nutritizi, da sostanze organiche degradabili e da calore che tende in ogni caso ad aumentare fortemente la produzione. Questo processo, noto con il termine di eutrofizzazione, è configurabile come un fenomeno naturale, se si realizza in tempi molto lunghi: se esso, però, assume il ritmo progressivamente sempre più rapido degli ultimi due-tre decenni, dev'essere considerato come un fenomeno di sofferenza del sistema lacustre. La quantità di sostanze nutritizie che giunge ai corpi d'acqua è in continuo aumento, in quanto sinora in quasi tutto il mondo fiumi, laghi e coste marine sono stati considerati come la sede preferenziale di scarico di ogni prodotto dell'uomo, e innesca una sempre più vivace e pesante produzione che può raggiungere limiti di vera e propria pericolosità. La produzione si esplica attraverso i processi fotosintetici della frazione vegetale acquatica: la sostanza organica così prodotta viene in parte utilizzata da organismi erbivori, in parte viene persa attraverso l'emissario, e in parte viene patrimonizzata nel corpo d'acqua lacustre e, attraverso i processi di mineralizzazione determinati da batteri eterotrofi, rimessa a disposizione della comunità biologica, in aggiunta a quanto perviene continuamente al lago dal bacino imbrifero. Il materiale organico che sedimenta dalla zona "trofogena", illuminata, nella massa d'acqua buia, dove quindi non esiste produzione fotosintetica, determina un consumo di ossigeno, provocato dai processi di ossidazione legati alla demolizione della sostanza organica. Quindi, quanto più è intensa la produzione vegetale e pertanto quella di ossigeno, nella zona fotica, tanto più imponenti sono i processi di demolizione del materiale organico non utilizzato, e quindi quelli di deossigenazione, negli strati profondi. Questo discorso non tiene conto di tutti gli anelli intermedi del processo, ma congiunge direttamente la causa con l'effetto più drammatico, che oggi sta sconvolgendo gli equilibri biologici nell'ambiente acquatico.
È noto a tutti che l'acqua dolce, indispensabile per alimentazione, irrigazione, pesca, industrie, ricreazione, ecc. comincia a scarseggiare, in quanto questo bene è stato, ed è tuttora, mal gestito. Oggi si tenta di correre ai ripari, partendo dalla pianificazione del territorio e tentando di migliorare la qualità dell'acqua attraverso impianti di purificazione degli effluenti inquinati. Non si ci può nascondere però che i tempi di recupero dei corpi d'acqua lacustri, che in tutto il mondo industrializzato e sovrapopolato hanno raggiunto un analogo livello di "malattia", sono lunghi.
Istituzioni e organizzazioni scientifiche in tutto il mondo dedicano la loro attenzione a questo settore di ricerca e stanno affrontando il problema dell'eutrofizzazione delle acque attraverso la raccolta di dati fisici, chimici, biologici, che vengono integrati tra loro, in modo da identificare il livello di produzione di corpi d'acqua lacustri e delle coste marine, anche affrontando specifiche problematiche, spesso ancora carenti d'informazioni e d'intepretazioni: bilanci idrologici e chimici in funzione del tempo di residenza delle acque nei laghi, processi legati alla dinamica di popolazioni in funzione dei loro cicli biologici e della predazione, meccanismi che presiedono alla demolizione della sostanza organica ad opera della microflora batterica eterotrofica, cause e conseguenze delle fioriture algali, processi dinamici, chimici, e biologici nelle zone deltizie, ecc. È spesso utile l'applicazione dello strumento matematico per evidenziare modelli, che leghino tra loro variabili di diversi livelli compartimentali, nel tentativo di offrire formulazioni integrate e chiare.
Questa è l'i. moderna. In un secolo, o poco più, si è fatta una lunga strada: si è passati dagl'inventari delle specie di organismi viventi negli ambienti acquatici allo studio della dinamica produttiva, naturale e patologica, dei corpi d'acqua.
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