IDROGENAZIONE (XVIII, p. 741)
Quasi tutte le reazioni d'idrogenazione corrispondono ad equilibrî chimici che sono termodinamicamente favoriti dalle basse temperature; tuttavia per ragioni cinetiche la maggior parte delle idrogenazioni vengono condotte a temperatura elevata (dai 100° ai 300°) ed in quei casi in cui sono accompagnate da reazioni di piroscissione (idrogenazione di olî minerali pesanti) anche oltre, sino a 450°. Le idrogenazioni che vengono effettuate con idrogeno gassoso (bimolecolare) richiedono in generale l'impiego di catalizzatori, i più attivi dei quali consentono di abbassare la temperatura di reazione, ma la cui sensibilità ai veleni rende necessario l'uso di materie prime e di idrogeno molto puri o purificati da quelle impurezze che, anche in tracce, presentano una azione avvelenante sugli stessi catalizzatori.
Sono oggi ben conosciute le grandezze termodinamiche che interessano le principali reazioni di idrogenazione, cosicché risulta possibile prevedere le condizioni più favorevoli di lavoro e le rese ottenibili. Per esempio l'idrogenazione di un doppio legame olefinico di un idrocarburo della serie grassa è accompagnata da uno sviluppo di calore di 25÷30.000 cal. per mole a 25°, decrescente con l'aumentare del peso molecolare, e da una variazione di energia libera di 20÷25.000 cal. a 25° che si abbassa ad 8÷10.000 cal. a 250°. Nell'idrogenazione degli idrocarburi aromatici tale variazione di energia libera a 25° è di circa 16.000 cal. per mole di idrogeno assorbito, in quella dei gruppi aldeidici o chetonici ad alcoli di circa 8.000 cal.
Poiché le reazioni di idrogenazione con idrogeno gassoso sono accompagnate da una diminuzione di volume, esse sono favorite dalle alte pressioni. L'influenza favorevole della pressione e sfavorevole della temperatura sugli equilibrî delle reazioni di idrogenazione appare chiaramente, ad es., dai valori che assume, nelle condizioni di equilibrio, il rapporto tra molecole idrogenate e molecole da idrogenare.
Nel caso della idrogenazione, in fase gassosa, del benzolo a cicloesano tale rapporto è calcolabile con l'equazione approssimata:
Nel caso della reazione di idrogenazione dell'esene ad esano normale il rapporto r tra le molecole di esano e quelle di esene nelle condizioni di equilibrio assume i seguenti valori:
Lo stesso rapporto nella reazione di idrogenazione del benzolo a cicloesanolo assume valori meno favorevoli:
Ne consegue che, qualora si operi a temperature superiori ai 400° si possono ottenere elevate rese soltanto a pressioni alte, mentre qualora si usino catalizzatori molto attivi, che consentono di operare a temperature inferiori ai 100-150°, si possono ottenere rese quasi quantitative anche operando a pressione ordinaria.
Catalizzatori per l'idrogenazione. - I catalizzatori più noti per l'idrogenazione sono costituiti da metalli dell'ottavo gruppo del sistema periodico, ad es. Ni e Pt, che vengono per lo più supportati su silicagel o su farina fossile, e che operano anche a temperature basse. Il ferro è meno usato, e solo a temperatura alta, perché facilmente avvelenato dai composti ossigenati. Un catalizzatore al Ni molto attivo, il cosiddetto nichel Raney, si ottiene corrodendo con soluzioni di soda delle leghe di alluminio e nichelio. Per la idrogenazione di composti ossigenati si usano anche catalizzatori contenenti rame, mentre per quella di sostanze contenenti impurezze di composti solforati, che avvelenerebbero tutti i catalizzatori indicati, si impiegano ossidi o solfuri di stagno, molibdeno, tungsteno.
È possibile effettuare certe idrogenazioni in assenza di catalizzatori qualora si disponga di idrogeno attivato, per es. nascente, ottenuto dall'attacco di metalli con acidi, oppure per via elettrolitica usando dei catodi che presentano elevate sovratensioni rispetto all'idrogeno. Anche l'idrogeno monoatomico, ottenuto da I. Langmuir per dissociazione termica dell'idrogeno molecolare alla temperatura dell'arco elettrico, se viene bruscamente raffreddato può, nella sua brevissima vita, esercitare una forte azione idrogenante.
Idrogenazione degli acidi ad alcoli. - Se l'idrogenazione dei grassi (v. XVIII, p. 741) viene effettuata a temperatura più alta che l'indurimento normale, e precisamente a 280÷300°, e con l'impiego di più alte pressioni (100÷300 At.) e con catalizzatori preferibilmente costituiti da composti di rame, si ottiene, oltre alla saturazione dei doppî legami olefinici, anche la riduzione del carbonile dell'acido ad alcole. Si ottengono così degli alcoli a peso molecolare elevato denominati "alcoli superiori" aventi un numero di atomi di carbonio eguale a quello degli acidi contenuti negli olî impiegati. Oltre ai gliceridi è possibile idrogenare anche altri esteri di acidi grassi e, in condizioni particolari, anche gli acidi liberi.
Gli alcoli aventi da 10 a 16 atomi di carbonio presentano molto interesse perché per solfonazione e neutralizzazione forniscono dei prodotti aventi ottime proprietà detersive ed emulsionanti.
L'idrogenazione degli esteri degli acidi grassi ad alcoli può essere ottenuta anche con sodio metallico in soluzione alcolica ed in tali condizioni si ha una idrogenazione selettiva del gruppo carbossilico lasciando inalterato il doppio legame olefinico. Si idrogena così l'acido oleico ad alcole oleico non saturo, mentre normalmente con l'idrogenazione catalitica si ottiene l'acido stearico saturo. L'idrogenazione selettiva dell'acido oleico ad acido non saturo può anche essere ottenuta con idrogeno elementare ad alta pressione con l'impiego di catalizzatori speciali selettivi, ma risulta molto più delicata e difficilmente fornisce rese quantitative.
Idrogenazione del carbone e degli olî minerali (X, p. 918; App. I, p. 367). - L'idrogenazione diretta del carbone è risultata in pratica economicamente svantaggiosa a causa dell'elevato consumo di idrogeno e della bassa capacità produttiva degli apparecchi di idrogenazione. Basti pensare che per idrogenare completamente ad idrocarburi liquidi 100 kg. di un carbone fossile contenente 85% di carbonio, occorrerebbero teoricamente circa 10 kg. di idrogeno corrispondenti a circa 120 mc. In pratica non si ottiene l'idrogenazione completa e una parte del carbone si elimina ancora allo stato solido insieme alle ceneri. Inoltre il prodotto liquido ancora ricco di prodotti pesanti che risulta dalla prima idrogenazione deve subire un frazionamento e una seconda idrogenazione in fase gassosa. In realtà, per tonnellata di carbone si consumano 1300 ÷1400 mc. di idrogeno e si producono 700÷750 litri di idrocarburi liquidi, in gran parte benzina.
Per ragioni tecniche ed economiche gli impianti di idrogenazione sono stati in seguito sviluppati, prevalentemente verso la più facile e rapida idrogenazione di prodotti liquidi quali i residui petroliferi, i catrami di lignite, che sono più ricchi del carbone fossile in idrogeno (12÷14%) e più poveri in ossigeno e zolfo, riducendo così il consumo di idrogeno ed aumentando la potenzialità produttiva degl'impianti. La produzione di idrogeno in Germania veniva effettuata per conversione delle miscele di CO e H2 ottenute per gassificazione delle ligniti con ossigeno e vapore.
In Italia sono sorti due impianti costruiti dall'ANIC a Bari e a Livorno della potenzialità di circa 200.000 t./anno cadauno per l'idrogenazione di residui petroliferi, che venivano trasformati in benzina e lubrificanti pregiati. L'idrogeno occorrente era ottenuto per conversione del metano sottoprodotto degli stessi impianti di idrogenazione.
In Inghilterra l'idrogenazione del carbone è stata sviluppata a Birmingham dalla Imperial Chemical Ind. Co.
Nel dopoguerra, distrutti o smantellati molti degli impianti tedeschi, la produzione di benzina per idrogenazione diretta del carbone o di residui pesanti ha subìto un arresto, anche perché i nuovi processi di cracking catalitico con catalizzatore fluido (v. petrolio, in questa App.) hanno consentito di rendere più economica la produzione di benzina dai grezzi petroliferi e di elevarne le rese. Se si tiene conto che un cracking di un olio pesante fornisce ora più del 40% di benzina, appare dubbia la convenienza di idrogenarlo per elevare la resa al 70%, se si tien conto del grande costo d'impianto e d'esercizio e del consumo di combustibile richiesto per la produzione dell'idrogeno.
Maggiore interesse si nota ora negli S. U. per la produzione indiretta di benzina da combustibili gassosi o solidi attraverso la produzione di miscele di CO e H2 per reazione con ossigeno e vapore e l'idrogenazione dell'ossido di carbonio in benzina attraverso la sintesi Fischer Tropsch, modificata con l'impiego di catalizzatori fluidi.
Tale processo che si intende di sviluppare in località ove si disponga di combustibili gassosi inutilizzabili o di combustibili solidi a bassissimo prezzo (minuto di carbone presso le miniere) dovrebbe fornire, secondo le previsioni, la benzina di sintesi ad un costo poco diverso dall'attuale prezzo di vendita di quella di origine petrolifera. Tenuto conto delle spese d'impianto e d'esercizio si prevede un costo della benzina di sintesi di 0,09 dollari al gallone negli S. U., qualora si valuti la materia prima, carbone, a 2÷3 dollari la t., costo che è inferiore a quello oggi praticato. Usando invece il metano di certi grandi giacimenti di gas naturali americani, si prevede la convenienza della sintesi Fischer già nelle condizioni attuali.
Altre idrogenazioni. - La produzione di cicloesanolo per idrogenazione del fenolo fornisce la materia prima fondamentale per la produzione di poliammidi filabili (Nylon).
Per idrogenazione dell'aldeide butirrica sintetica e dell'aldeide etilesenica (ottenuta per condensazione aldolica dell'aldeide butirrica) si ottengono rispettivamente l'alcole butilico normale e un alcole ottilico (etilesilico) che sono molto usati per la produzione di plastificanti per le resine viniliche.
Durante la seconda Guerra mondiale la maggior parte della gomma sintetica prodotta in Germania venne fabbricata polimerizzando il butadiene ottenuto dal glicol butilenico prodotto per idrogenazione catalitica dell'aldolo. Tale idrogenazione, che veniva condotta a pressioni di circa 200 At. con catalizzatori a base di Cu o di Ni, venne realizzata in grandissimi impianti; il più importante di essi, a Skopau, aveva una potenzialità di quasi 100.000 t./anno.