idrogeno
Elemento chimico. A temperatura ordinaria è un gas inodore, incolore, insapore, infiammabile; il più leggero dei gas conosciuti (14,39 volte meno denso dell’aria). In natura si trova allo stato libero in diversi gas naturali; nell’atmosfera è contenuto soltanto in tracce, ma a grandi altezze (sopra i 100 km) è presente in quantità maggiori. Allo stato combinato è, dopo l’ossigeno e il silicio, l’elemento più abbondante: costituisce l’11,19% (in massa) dell’acqua ed è contenuto in percentuale più o meno elevata in tutte le sostanze organiche. È l’elemento più diffuso nell’universo, sia nella materia già condensata in stelle, sia nella materia diffusa interstellare. Sono noti 3 isotopi: il protio, o i. propriamente detto, il deuterio, o i. pesante, e il tritio. L’i. ordinario è costituito essenzialmente (98,98%) dal primo.
L’i. si combina direttamente con gli alogeni, con lo zolfo, con il selenio, con l’azoto, con il carbonio; con l’ossigeno si combina a formare acqua. Con i metalli alcalini e alcalino-terrosi e con alcune terre rare forma idruri salini, e con diversi elementi di transizione vere e proprie leghe. L’i. è un energico riducente (riduce a metallo diversi ossidi).
L’i. è utilizzato in grande quantità nell’industria chimica (➔ chimica, industria) soprattutto per la sintesi dell’ammoniaca e del metanolo. È usato, inoltre, per l’idrogenazione di oli e grassi vegetali e animali al fine di produrre margarine (e altri prodotti commestibili), saponi, lubrificanti, vernici, appretti per l’industria tessile. Nell’industria petrolifera è usato per trattamenti di idrocracking (processo di cracking catalitico condotto sotto elevata pressione di i.) e di idroraffinazione (trattamento dei tagli idrocarburici con i. a elevata pressione, allo scopo di migliorarne le caratteristiche di impiego). Grazie alla sua proprietà riducente, l’i. è ampiamente usato anche nell’industria metallurgica, per la riduzione diretta di alcuni ossidi metallici. In questo modo si estraggono il tungsteno e il molibdeno e si cerca di ottenere il ferro e il rame a un costo competitivo rispetto a quello dei tradizionali processi di estrazione. L’i. è inoltre impiegato nella saldatura e nel taglio dei metalli con la fiamma ossidrica. In campo aerospaziale, viene adoperato allo stato liquido, generalmente in miscela con l’ossigeno liquido, come propellente per i missili.
Grande attenzione suscita la possibilità – cui si studia da tempo, ma che a partire dall’inizio del 21° sec. è stata oggetto di un rinnovato interesse − di sfruttare l’i. come combustibile (➔) alternativo a quelli fossili per l’alimentazione degli autoveicoli e dei veivoli (cella a idrogeno, o fuel cell). Si tratterebbe di un combustibile ‘pulito’, dal momento che il processo di combustione produce soltanto vapore acqueo, eliminando così i problemi ambientali connessi alle emissioni di CO2. Le difficoltà riguardano il modo di rifornire il carburante: la soluzione di ricorrere a i. gassoso sotto pressione richiede serbatoi pesanti, che contengono modeste quantità di i., quindi consentono autonomie limitate. Inoltre, tale soluzione comporta la necessità, date le pressioni relativamente elevate, di adottare sistemi di sicurezza complessi. Il ricorso all’i. liquido presenterebbe, d’altro canto, vantaggi ma anche difficoltà tecniche (per le basse temperature richieste, per i dispositivi di sicurezza, per il rifornimento e così via).
La produzione industriale dell’i. a livello mondiale è valutata tra i 500 e i 600 miliardi di m3 all’anno. Tale stima, tuttavia, risulta difficile da eseguire, dal momento che una buona parte dell’i. viene utilizzata nelle stesse industrie che lo producono. I metodi tradizionali di produzione sono basati sulla conversione ossidante degli idrocarburi (➔), sulla distillazione secca dei carboni fossili, sull’elettrolisi dell’acqua e sulla gassificazione del coke (➔) a gas d’acqua. Quantità sempre crescenti di i. vengono recuperate per separazione (tramite l’impiego di idruri, processi criogenici, operazioni con membrane, adsorbimento su setacci molecolari ecc.) da miscele gassose che residuano da grandi processi industriali e che contengono i. in elevata percentuale (gas di cokeria, gas di raffineria, gas di spurgo da sintesi dell’ammoniaca e altro ancora). Fra i processi innovativi, particolare importanza va acquistando quello biotecnologico. Il primo stadio consiste nella fermentazione acidogenica di materiali organici di scarto (frazione organica dei rifiuti solidi urbani, fanghi di depurazione, acque di rifiuto ad alto carico organico), con produzione di acidi organici a bassa complessità molecolare (per es., acido lattico). Gli acidi così prodotti sono utilizzati da alcuni batteri fotosintetici (per es., Rhodobacter sphaeroides) che, sotto l’azione dell’energia solare, sono in grado di produrre i. con rese elevate. Tali rese possono essere aumentate da un particolare tipo di alghe azzurre, capaci di liberare idrogeno. Il processo biotecnologico (➔ biotecnologia) può essere realizzato anche tramite sistemi in vitro, in cui l’i. si ottiene dall’azione di enzimi estratti da microrganismi e accoppiati con semiconduttori e con composti chimici capaci di trasportare gli elettroni. Ulteriori prospettive di potenziamento del processo sono attese dagli sviluppi dell’ingegneria genetica.