idrogeopolitica
idrogeopolìtica s. f. – Disciplina che studia le dinamiche geopolitiche legate a bacini idrici condivisi tra due o più stati. Negli ultimi anni del 20° secolo e nei primi del 21° il confronto geopolitico causato dalla gestione di corsi d’acqua è stato particolarmente acceso poiché, a fronte della crescita costante della popolazione mondiale, le risorse di acqua vanno deteriorandosi a causa dell’accresciuto inquinamento e del cambiamento climatico su vasta scala. Il fenomeno, denominato stress idrico, induce molti stati alla gestione unilaterale delle risorse idriche, in danno di altri stati rivieraschi. Nonostante le numerose convenzioni stipulate nell’ambito delle Nazioni Unite sul tema della gestione dei bacini idrici condivisi, che si fondano per lo più sul principio dell’uso equo e ragionevole dei paesi rivieraschi d’alto corso, il diritto internazionale demanda quasi sempre la prevenzione delle controversie a trattati bilaterali. La capacità di reclamare o esercitare diritti sui fiumi transfrontalieri dipende dalla posizione geografica (gli stati di alto corso possono influenzare con le loro modalità di impiego delle risorse la portata o la qualità dell’acqua nelle disponibilità degli altri rivieraschi); dalla politica di impiego dell’acqua (la cattiva gestione o il cattivo impiego delle risorse possono deteriorare la qualità dell’intero bacino in maniera più che proporzionale rispetto all’effettiva quota di sfruttamento da parte di uno dei rivieraschi); dalla naturale variabilità (per la quale le ricadute di fattori esogeni naturali – porosità delle falde, piovosità, stratificazione – in combinazione eventuale con fattori umani – inquinamento – possono determinare mutamenti sui corsi d’acqua). Un tipico esempio di conflittualità indotta dal fattore geografico è quello del bacino del Tigri-Eufrate, caratterizzato da una palese disparità di impiego e di sfruttamento da parte della Turchia, rispetto agli altri due paesi rivieraschi, Siria e Iraq. A volte il fattore geografico, da solo, non è sufficiente a determinare il coefficiente strategico di controllo sulle risorse idriche di un Paese. La cattiva gestione delle acque da parte di uno dei rivieraschi può comportare il deterioramento della qualità dell’intero bacino, con ricadute sull’impiego o sulle capacità di sfruttamento degli altri paesi. Si pensi al sistema del lago Aral, per il quale la comunità internazionale ha lanciato numerosi allarmi riguardo a una progressiva recessione delle acque e al crescente inquinamento, e anche al bacino del Mekong in Asia o al Danubio, ormai tra i fiumi internazionali più inquinati al mondo. Infine, la variabilità dei fattori naturali ha un impatto diretto sulla portata dei bacini e sulla conseguente capacità di impiego delle acque da parte dei governi. È il caso del fiume Zambesi in Africa o del sistema del Rio de la Plata in Sud America.