idronimi
Col termine idronimo si indica il nome proprio di un corso d’acqua, mentre idronimia (un settore della toponomastica) è il complesso degli idronimi e lo studio che li riguarda.
La principale caratteristica di questi nomi consiste nel fatto che molti di essi, ancora oggi in uso, si sono formati in epoca antica. I corsi d’acqua, infatti, hanno rappresentato fin dall’antichità punti di riferimento nel territorio, o come segni di confine o perché utilizzati per la circolazione di uomini e merci. Così l’idronimo Fino, dal lat. finis «confine», allude a una confinazione che in epoca limitava l’area vestina con l’ager Hadrianus e in epoca altomedievale il confine tra i ducati longobardi di Spoleto e di Benevento.
Già in un passato molto lontano, dunque, la frequente attribuzione di un nome a un corso d’acqua derivava da ragioni di tipo pratico e, anche se non mancano casi di sostituzione, solitamente il nome veniva trasmesso, con eventuali adattamenti (➔ adattamento), nonostante il succedersi di popolazioni e lingue nel territorio. In qualche caso la continuità di denominazione dall’epoca antica a quella recente non è certa: sembra, ad es., una ripresa colta il nome Rubicone, fiume della Romagna, che nel I secolo segnava il confine fra l’Italia e la Gallia Cisalpina. Resta incerta la sua identificazione col Rubicone (in fonti classiche Rubico -onis, di etimo non chiarito) varcato da Cesare nel 49 a.C. quando pronunciò il famoso detto «Alea iacta est». Si suppone che possa corrispondere con il tratto superiore del Pisciatello (che in dialetto è chiamato Urgón, nome italianizzato come Rigoncello, chiamato un tempo anche Fiumicello) e che il suo corso nel piano piegasse verso Savignano raccogliendo le acque di vari torrenti (DTI).
Data l’antichità di parte delle formazioni, lo studio dell’idronimia è importante per la ricostruzione della stratificazione linguistica di un’area. Vi sono idronimi che rinviano a strati linguistici assai antichi, prelatini e talvolta anche preindoeuropei; altri vanno ascritti a strati più recenti. L’interpretazione delle forme, specie quelle di più remota formazione, è frequentemente incerta e tra gli studiosi non mancano ipotesi etimologiche contrastanti. In determinati casi l’indagine etimologica non può che limitarsi a fornire qualche indicazione: di qui la conclusione che diversi idronimi «mysteria sunt et mysteria permanebunt», per riprendere l’espressione di Rohlfs (1960).
Gli idronimi in italiano possono risentire dell’iperonimo fiume ed essere di genere maschile: il Po, il Tevere, l’Adige; altri invece, soprattutto se terminanti in -a, sono femminili, come la Dora, la Secchia. Per numerosi nomi il genere oscilla fra maschile e femminile, così il Bormida o la Bormida. L’idronimo Piave è di genere maschile per analogia con altri idronimi maschili, uso consolidato dal primo conflitto mondiale in poi, per il diffondersi della famosa Canzone del Piave di Giovanni Gaeta (cfr. Serianni 1988: 91), ma in passato è femminile e Piava è la forma attestata da Dante (Par. IX, 27). Nelle varietà dialettali venete settentrionali ancora oggi è femminile: la Piaf, la Piau. Anche Brenta è adoperato da Dante al femminile (Inf. XV, 7) ma nell’uso moderno è prevalentemente maschile, come attesta anche l’uso toponomastico Riviera del Brenta. Questa designazione si riferisce al corso inferiore del Brenta, la zona di soggiorno in campagna preferita dalla nobiltà veneziana, le cui ville si susseguono lungo le due rive del fiume.
Per lo più nell’idronimia antica si individuano derivati da basi che significano genericamente «acqua», «corso d’acqua», «scorrere», almeno riguardo ai nomi per i quali è possibile formulare un’etimologia. Si deve poi osservare che per vari idronimi vi sono ipotesi interpretative che vertono in genere su basi preindoeuropee (nella cui struttura fonetica prevale il vocalismo in -a-) e altre che suppongono piuttosto radici indoeuropee. In particolare va menzionata, per quanto considerata discutibile, la posizione di Krahe (1964), secondo cui l’antica idronimia dell’Europa centro-settentrionale si potrebbe interpretare come il riflesso di una situazione chiamata paleoeuropea (in ted. alt-europäisch) ipotizzata attraverso la comparazioni tra diverse lingue. Anche per l’aspetto morfologico sono state evidenziate suffissazioni o ➔ elementi formativi che ricorrono negli antichi idronimi: per es., l’infisso -nt- specie in -ntia, come in Aventia, idronimo documentato in epoca tardo-antica (ora Avenza, presso Carrara), e Liquentia, menzionato in età classica, da cui dovrebbe derivare l’odierno Livenza nel Veneto.
Appartiene a un antico strato prelatino un idronimo come Arno, l’Arnus delle fonti latine, che secondo alcuni rifletterebbe un’antica base prelatina e preindoeuropea *arna, che potrebbe significare «letto incavato del fiume» (DTI). Altri lo riconducono invece a una radice indoeuropea *er- / *or- col significato di «mettere in movimento, agitare», richiamando confronti con altri nomi di corsi d’acqua, tra cui lo stesso Arno, che si ripete nell’Italia settentrionale, e Arn, Arna, Arne, idronimi della Francia.
Anche Bormida, attestato nella forma Burmia nel 1137, potrebbe derivare da una base preromana indoeuropea come *gwhormo- «caldo». Questo significato viene ricostruito sulla base dell’attestazione Aquae Bormidae (di documentazione tardo-antica e di localizzazione incerta) interpretata come «acque calde», con allusione ad acque termali: in base a questa etimologia, Bormida potrebbe quindi significare «fiume dalle acque calde»; l’ipotesi però rimane dubbia e non mancano altre interpretazioni. Da una base indoeuropea *el- / *ol- «scorrere» sembra derivino idronimi antichi come Olona (Olonna nel VII sec. d.C.) o Oglio (Ollius in fonti latine d’età classica), e anche Olana (già in antiche fonti greche), nome di un ramo del delta del Po, ora Po di Volano (DTI). Assai antico è anche l’idronimo Adda, in latino Addua. Secondo un’etimologia fantasiosa di Cassiodoro (Variae XI, 14), il nome deriverebbe dal latino dua «due» con riferimento all’origine del fiume da due fonti; in realtà, Addua sembra riflettere una radice idronimica ad- con suffissazione preindoeuropea -ua riconoscibile in antichi toponimi come Mantua «Mantova», Genua «Genova» (Krahe 1964: 41), o una radice indoeuropea *adu- / *adro- «corso d’acqua» (Pellegrini 1990: 369).
Incerta anche l’interpretazione dell’idronimo siciliano Anapo, testimoniato già in fonti classiche. Il nome è stato assegnato da alcuni studiosi al sicano, strato linguistico preindoeuropeo della Sicilia, e a una base *napa / *nepa «corso d’acqua»; altri non escludono una formazione indoeuropea dal tema idronimico *ap- «acqua». Alla stessa base *ap- sono ricondotti Abano (Padova), in latino Aponus (in origine nome di una fonte termale), Apsa, affluente del Foglia nel Pesarese, e altre forme (Pellegrini 1990: 368). A una radice indoeuropea *av- / *au- «fonte, corso d’acqua» si può ricondurre l’idronimo laziale Velino. Non manca però una diversa ipotesi, per la quale l’idronimo deriva da una base preindoeuropea *vel- «altura». Le fonti classiche ricordano un lacus Velinus (lago di Piediluco) e fontes Velini, fonti o affluenti del Velino, se non il fiume stesso.
Assai antico è anche l’idronimo Adige, già ricordato nelle fonti classiche (come Atesis e varianti), formazione preromana la cui origine ancora non è stata individuata. Ha di certo una relazione con questo nome il toponimo antico Ateste, oggi Este (Padova), interpretato come la città «sull’Adige» o «dell’Adige» (Atesis). Nell’antichità Este è un centro del commercio fluviale presso l’Adige il cui corso era stato deviato nel VI secolo (DTI).
Un tema idronimico prelatino assai diffuso tra i nomi di fiumi europei è *duria, a cui risalgono Dora (Dora Baltea e Dora Riparia sono affluenti del Po), ma anche Duero / Doiro nella penisola iberica, Dour / Dor in Francia, e altri nomi e appellativi geografici. Per lungo tempo l’idronimo è stato considerato celtico perché interessa vaste aree popolate da genti celtiche, ma l’ampia estensione del tipo idronimico consiglia di postulare una base *duria / *dura preindoeuropea (Pellegrini 1990: 108-109). Di origine certamente celtica è il nome del fiume Reno che scorre in Emilia, già attestato in epoca classica come Rhenus, identico al Reno, di Germania (ted. Rhein). Deriva dalla base celtica *reno / *reino / *rino, che può significare «mare», «rivo», «sentiero», come si deduce anche da un appellativo medievale rinus (rivus) attestato in area bresciana, dove è presente anche un idronimo Rino (Pellegrini 1990: 120).
Di difficile individuazione è l’etimologia dell’idronimo Po, che in epoca classica è noto come Padus, ma il cui tratto a monte è chiamato Bodincus. Mentre quest’ultimo nome, generalmente attribuito ai Liguri, è considerato derivato dalla base indoeuropea *bhedh- «fondo» con un suffisso prelatino -inko (attribuito al sostrato ligure), Padus rimane di origine non chiara, a meno che non lo si ritenga in relazione con Bodincus. È certo, invece, che la forma Po rappresenta l’evoluzione dei dialetti della pianura veneta e lombarda attraverso una fase Pa(d)o (DTI).
Altri corsi d’acqua hanno più denominazioni sia in epoca antica che moderna: rientra in questa categoria la tradizione, ricca e complessa, dei nomi del Tevere nell’antichità. Infatti, oltre al più comune Tiberis, le fonti classiche ricordano anche altri nomi: Albula e Alba, Rumon, Serra. È probabile che questi idronimi dipendano da diverse tradizioni linguistiche presenti nel Latium vetus. Generalmente si ritiene che siano idronimi di origine prelatina, tranne Serra che potrebbe derivare da una base indoeuropea *ser- «scorrere», attratto poi dal termine serra «sega». Quanto a Tiberis «Tevere», la tradizione latina lo attribuiva a un nome di persona, il re Thebris (DTI).
Un esempio moderno di pluralità di nomi per un corso d’acqua è quello del Pescara, che nel suo corso superiore (fino alla confluenza col Sagittario, nella conca di Sulmona) ha il nome di Aterno, già attestato nelle fonti classiche (Aternum). Pescara (da cui poi il toponimo Pescara) è attestato come Piscarius nell’VIII secolo e si collega al latino piscarius «pescoso», mentre Aterno è ricondotto a una voce prelatina *atro «nero, oscuro» (DTI).
L’assegnazione di un idronimo a un’epoca antica, prelatina, poggia anche sull’attestazione della forma in autori classici, anche se non mancano problemi di identificazione e localizzazione, come nel caso di Eridanos. Il nome è trasmesso da autori greci con riferimento a un corso d’acqua localizzato in area iberica o in area padana e perciò alcuni lo hanno identificato con il Po, forse per sovrapposizione con un idronimo Aedro di area veneta, anche questo documentato in epoca classica.
Per vari idronimi mancano testimonianze scritte risalenti all’epoca classica, ma la loro antichità è ipotizzabile grazie a diversi indizi. È il caso di Piave, ricordato nelle fonti solo dall’alto medioevo, ma di cui si ipotizza un’origine prelatina, venetica, da una radice indoeuropea *plow- «scorrere» (DTI).
Sono formazioni derivate dal latino, e verosimilmente piuttosto antiche, quegli idronimi che derivano da arcaismi lessicali. Si tratta di appellativi latini la cui vitalità si è ben presto indebolita, sicché sono quasi sempre assenti nelle lingue e nei dialetti o, al più, limitati ad aree marginali. Appartengono a questa categoria termini come alluvies, amnis, fluvius, confluentia. Ad alluvies «luogo soggetto a inondazioni, luogo allagato» si riconducono gli idronimi Ollobia, torrente affluente dell’Elvo (nel Biellese), Lobbia, un corso d’acqua nel Cremonese, e Libolo, canale nel Ravennate. Il latino amnis «fiume, torrente» è riflesso dall’idronimo Agno, torrente del Vicentino. Questa parola latina era frequente nella toponomastica antica: si riconosce, per es., in Interamna, propriamente «tra i fiumi», da cui i nomi di luogo Teramo (Interamna Praetutiorum) e Terni (Interamna Nahars). Dal lat. fluvius «fiume», che ha continuatori solo francesi, derivano Fiobb(i)o, torrente delle Marche, e Fibbio, nel Veneto; dal derivato fluvione dipende Fluvione affluente del Tronto. Riflettono il lat. confluentia «confluenza» i nomi Rio Confienti, affluente della Limestre nel Pistoiese, e Chifenti, affluente del Tronto.
Alcuni idronimi si collegano a particolari situazioni linguistiche. Un esempio pare essere il torrente Pósena nel Vicentino, che viene connesso al termine pósena «seno, anfratto» attribuito al cimbro, cioè alla tradizione tedesca dialettale che risale al medioevo e che interessa anche il territorio dell’Altopiano di Asiago (Vicenza). Nella pianura friulana si trova un corso d’acqua denominato Milleacque, interpretazione paretimologica di una forma precedente derivata dallo sloveno mlaka «fiume», residuo di una colonizzazione slovena che ha interessato il territorio nell’alto medioevo. In Calabria è frequente l’idronimo Potami, che deriva dal gr. potámion «torrente», anche nel composto xeropótamos «torrente asciutto», riflesso negli idronimi Serrapòtulu, Sciarapótamo, Sciarapóttolo, Zarapòtamo. Frequente in territorio calabrese anche il tipo Riace (in dialetto Riaci), dal gr. ryákion «fiumicello», da cui il toponimo Riace (Reggio Calabria). Da una formazione ibrida trae origine l’idronimo calabrese Fiumenicà, che viene interpretato come derivato da *phloumeniká «terra o zona del fiume», dal lat. flumen con il suffisso gr. -iká che indica pertinenza. Questo idronimo è spesso trascritto nelle carte come Fiume Nicà, con errata suddivisione delle parole.
Tra i nomi di recente formazione vi sono quelli che sono stati attribuiti a corsi d’acqua risultato di canalizzazioni e sistemazioni idrauliche, in particolare in aree di bonifica moderna. Ne è un esempio Canale della Vittoria, una derivazione del Piave, che nel nome ricorda i combattimenti avvenuti nel 1918. Piuttosto recente è anche Piavesella, nome di un altro canale tratto dal Piave. A corsi d’acqua artificiali alludono gli idronimi del tipo Taglio, che si ripetono nell’idronimia padana. Uno di questi è il Taglio di Porto Viro fatto eseguire tra il 1600 e il 1604 dalla Repubblica di Venezia per evitare l’interramento della laguna provocato dai rami del Po di Levante e di Tramontana; da questo nome deriva quello di Taglio di Po, un centro sorto nell’area del delta del Po.
Attraverso gli idronimi il cui etimo è facilmente individuabile sono state evidenziate alcune categorie onomasiologiche che motivano la formazione dei nomi (Rohlfs 1960). Assai produttiva è quella che si riferisce all’acqua, al corso d’acqua (fiume, rio, torrente, ecc.), con nomi appunto come Acqua, Fiume, Rio, e simili. Tra i vari idronimi formati in tal modo Acqua Calda, Acqua Viva, Acqua Larga, Acqua Grossa, Rio Grande, Rio Maggio (cioè «maggiore», dal lat. maior), Rio Mannu (in Sardegna, dal lat. magnus), Riosecco (con numerose attestazioni). A un’analoga circostanza si riferisce l’idronimo Ardo (a sud di Belluno), dal lat. aridus «con poca acqua», già ricordato nel Ritmo bellunese del 1193 («intro lo flumo d’Ard»). Ad «acqua fredda» allude l’idronimo Fiumefreddo, formato da un gruppo di sorgenti le cui acque fredde provengono dalla neve del vicino Etna e da cui deriva il toponimo Fiumefreddo di Sicilia (Catania).
Meno trasparenti sono nomi formati con rio come Rimenór (nel Veronese), propriamente «rio minore», Rubianco (nel Bellunese) «rio bianco», Refosco (nel Vicentino) «rio fosco». Il rumore prodotto dall’acqua spiega l’idronimo Bacchiglione (nel Veneto), che si collega alla parola dialettale veneta bacagiare «rumoreggiare», «ciarlare».
Alcuni idronimi si riferiscono al colore del fiume, come Acqua Chiara, Acqua Scura, e simili. L’idronimo Acqualba (in Piemonte) vale «acqua bianca» (dal lat. albus «bianco», arcaismo lessicale con rare continuazioni popolari nelle lingue neolatine). Un idronimo come Nera (in Italia centrale) potrebbe richiamare il colore, ma corrisponde all’antico Nar delle fonti classiche e viene ricondotto a una base prelatina *nar / *ner forse significante «acqua».
Vi sono degli idronimi che derivano da metafore strumentali: tra questi Martello (in Sicilia), Lesina e Lima (in Toscana), per la forza dell’acqua che può richiamare l’azione di questi strumenti. Anche Sagittario (in Abruzzo) da sagitta «freccia» sembra una denominazione metaforica e verosimilmente di tradizione colta o semicolta.
Alcuni idronimi derivano da nomi di piante, come il ligure Frassino, il sardo Sauccu che corrisponde a «sambuco». L’idronimo Vermenagna (in Piemonte) ha all’origine il nome della verbena (attraverso *vermena e l’aggettivo *vermenaneus, cioè aqua vermenanea), erba sacra dei Romani che i cristiani ancora raccoglievano all’alba della notte magica di San Giovanni (Serra 1954: 257-270). Il nome Tagliamento (in Friuli), già documentato in fonti di età classica, è stato interpretato come «ricco di tigli» (da una voce preromana *telia che ha dato il lat. tilia «tiglio»: DTI).
Non mancano gli idronimi collegati a nomi di animali, come Cervo (che si ripete in Italia settentrionale), Toro (nell’Italia nordorientale), Montone (nel Ravennate), con motivazioni varie: possono far riferimento alla presenza dell’animale nel territorio, oppure a qualche aspetto di un animale (la diramazione del corso d’acqua può suggerire un parallelo con un animale con le corna, ecc.); altri nomi di animali sembrano collegati ad antiche divinità fluviali.
Alcuni idronimi paiono derivati da nomi di divinità o da personificazioni di esseri fantastici, come Strego (in Piemonte), Orco (in Piemonte e nel Veneto), Satanasso (in Calabria), che si collega all’immagine di un torrente dalle acque impetuose durante le piogge. A una analoga motivazione si collegano Drago (in Sicilia), Dragone (in Calabria e in Emilia), i Dragoni (ripido torrente, affluente del Ticino). In questo gruppo rientra anche il riflesso di un teonimo classico come Mèrcure (corso d’acqua della Calabria, al confine con la Lucania), mentre in riu de Giane in Sardegna si dovrebbe vedere un richiamo al nome della dea Diana. Da un derivato *dianaria si ritiene tragga origine la voce dialettale campana janara «strega» all’origine dell’idronimo Janare nel Beneventano (Rohlfs 1960: 21).
Ci sono idronimi che traggono origine da un toponimo anche in forma suffissata: il Pettorina (nel Bellunese) deriva dal toponimo Rocca Pietore. All’opposto, si possono segnalare toponimi che in origine si riferiscono a corsi d’acqua: Fiumicello (Udine); Rialto (Savona), in relazione a un «rivo profondo», probabilmente il torrente Pora; Retorbido (Pavia), interpretato come riflesso di «rio torbido», con riferimento alla presenza nel territorio di sorgenti di acque solforose e salsoiodiche. Rionero in Vulture (Potenza) prende il nome da un corso d’acqua che pare scura perché il letto è sparso di pietre vulcaniche nerastre. Ad «acqua scura» si riferiscono toponimi come Acquanegra Cremonese, situato alla confluenza dell’Adda nel Po, Acquanegra sul Chiese (Mantova), alla confluenza del Chiese nell’Oglio. Ad «acqua fredda» si richiamano toponimi come Fiumefreddo Bruzio (Cosenza), Riofreddo (Roma), località situata presso lo spartiacque tra Aniene e Turano. Alla presenza di cascate si riferiscono i nomi di luogo Acquapendente (Viterbo) e Acquappesa (Cosenza), il quale trova un parallelo in Acquampisa – dal lat. impe(n)sa da impendere «pendere» – nome di un torrente nel Reggino.
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