IDROSCIVOLANTE (fr. glisseur; sp. bote á gradas; ted. Gleitboot; ingl. glider)
È un'imbarcazione che per mezzo di eliche, aeree o agenti in acqua, può scivolare sulla superficie tranquilla del mare, dei laghi o dei fiumi, conservando contatto tra il fondo dello scafo e l'acqua. Taluno chiama erroneamente questo tipo di canotto col nome di idroplano (v.).
Teoria e dinamica. - Si è detto, esponendo la dinamica dell'idroplano, che il centro di pressione idrodinamica sulla lastra piana compie delle escursioni notevolmente ampie al variare dell'incidenza e della velocità: si è notato come questa condizione non consenta di ottenere l'indispensabile stabilità, e come occorra munire l'imbarcazione di almeno due alette o gruppi di alette, dei quali l'uno sistemato a prua, l'altro a poppa. Le stesse considerazioni teoriche ci portano a concludere che l'idroscivolante, per avere una buona stabilità longitudinale, non conviene abbia il fondo costituito da un'unica superficie piana, o quasi piana, continua: anche l'idroscivolante dovrà avere almeno due zone di reazione sull'acqua, l'una posteriore, l'altra anteriore; in tal modo si avranno due centri di pressione idrodinamica, le cui escursioni saranno più limitate e più vincolate di quanto non si otterrebbe con una superficie unica.
La delimitazione fra queste due zone piane del fondo è segnata da un brusco scalino a spigoli vivi. Altrettanto brusca è la delimitazione poppiera del fondo, tagliata nettamente da un piano verticale: esaminiamo su quali leggi dell'idrodinamica si fonda questo sistema costruttivo.
Una delle resistenze che incontra una qualsiasi carena in moto è la cosiddetta resistenza della scia: resistenza che aumenta rapidamente con l'aumentare della velocità. La costruzione del fondo a gradino libera l'imbarcazione da questa resistenza, determinando il cosiddetto distacco della vena fluida a valle del gradino o dei gradini.
Supponiamo che la spezzata A B C D E F rappresenti la sezione del fondo di un idroscivolante che navighi a una profondità media h − 1/2 (h0 + h1). Prendiamo in considerazione uno qualsiasi dei gradini del fondo, ad esempio BC, che supponiamo animato di una velocità v superiore alla velocità di distacco della vena fluida, che ancora non conosciamo e che ci proponiamo di determinare. La sezione liquida che si trovava a contatto del gradino BC, priva della reazione della parete che la manteneva in equilibrio, si slancierà all'inseguimento della parete stessa, spinta dal battente h, e dalla pressione atmosferica, fino a raggiungere la velocità limite che queste due forze son capaci di imprimerle, e che approssimativamente vale:
H essendo il valore della pressione atmosferica, tradotta naturalmente in metri d'acqua, che grava sulla superficie SS′, e che quindi si trasmette in ogni sezione liquida. In pratica h è dell'ordine di 30-40 centimetri e quindi molto piccolo di fronte ad H; applicando i valori pratici alla (1) la velocità v risulta di circa 14,4 metri al secondo, cioè circa 52 chilometri all'ora. Tale quindi sarebbe la velocità teorica, oltre la quale l'acqua non raggiunge più il gradino BC, o in altri termini la velocità teorica alla quale avviene il distacco della vena fluida. Questo valore si riscontrerebbe in pratica se l'aria non potesse penetrare al disotto del gradino; in realtà l'aria penetra facilmente fra il gradino e la massa liquida, sia lateralmente, perché le dimensioni trasversali di queste imbarcazioni sono sempre molto limitate, sia attraverso a canalizzazioni che in talune costruzioni vengono appositamente praticate fra la coperta e la sommità del gradino. L'aria penetrata sotto al gradino esercita una contropressione sulla massa liquida, e ne rallenta il movimento: chiamando H0 questa contropressione, tradotta in metri d'acqua, la (1) verrebbe ad avere l'espressione approssimata più generica:
Al caso limite, se l'aria avesse accesso perfettamente libero sotto al gradino, H0 diverrebbe uguale ad H: resterebbe solo il battente h a determinare il movimento della massa liquida, e la velocità di distacco della vena fluida si ridurrebbe a soli metri 2,80 al secondo circa, cioè a circa 10 km./ora. Si vede quindi che sul distacco della vena fluida ha importanza preponderante la facilità d'accesso dell'aria sotto il gradino, assai più di quanto non ne abbia il peso, e quindi l'immersione del galleggiante; la quale invece influisce molto sulla resistenza d'attrito e sulla resistenza d'onda. Né l'uno né l'altro dei casi considerati si avvera in pratica, essendo essi, come abbiamo detto, i due casi limite. In pratica, su imbarcazioni ben costruite, il distacco della vena fluida avviene fra i 30 e i 40 chilometri all'ora. Non appena l'acqua non lambisce più il gradino, la resistenza all'avanzamento diminuisce repentinamente, poiché scompare quasi totalmente la resistenza della scia e si riduce in modo notevole la resistenza d'attrito: l'imbarcazione accelera quindi la sua andatura. Però la sua disimmersione non segue una legge rigorosamente inversa al quadrato della velocità, come abbiamo visto verificarsi sull'idroplano: essa avviene lentamente e attraverso a notevoli variazioni d'assetto longitudinale che provocano variazioni d'incidenza della superficie piana del fondo. Queste variazioni d'assetto si rendono palesi nel diagramma resistenza-velocità, in quanto il ramo discendente del diagramma stesso ha un andamento discontinuo nettamente superiore a quello di un idroplano. La velocità precedente a quella di distacco della vena fluida, in cui la resistenza all'avanzamento ha raggiunto il suo valore massimo, viene denominata velocità critica o anche punto critico: se la potenza disponibile a bordo non è sufficiente per far superare allo scafo questo massimo della resistenza, l'imbarcazione seguiterà a navigare in immersione e non potrà mai emergere e slittare sull'acqua: il fondo a gradino sarebbe quindi inutile. Il diagramma dimostra l'influenza del carico sul valore della resistenza e sul punto critico: variando il carico la velocità critica si mantiene sensibilmente la stessa, ma varia il valore della resistenza. Così nel caso dell'esempio precedente una riduzione di carico può consentire di superare il punto critico, e, conseguentemente, raggiungere l'emersione e lo slittamento sull'acqua.
Descrizione e carattenstiche costruttive. - Gl'idroscivolanti, le cui prime realizzazioni sono contemporanee ai primi esperimenti con idroplani, erano a tale epoca quasi sempre azionati da eliche aeree: oggi si può dire siano esclusivamente azionati da eliche subacquee; molto frequentemente mosse da motori fuori bordo, tanto che lo stesso idroscivolante viene talvolta chiamato fuori bordo. Si tratta quasi sempre di piccole imbarcazioni a uno o due posti, raramente quattro o cinque; addirittura eccezionali gl'idroscivolanti di capacità superiore, per quanto siano state tentate e saranno realizzate nell'avvenire costruzioni maggiori.
Data la forte velocità di traslazione e le limitate dimensioni trasversali, non sempre, particolarmente nelle accostate, la stabilità è sufficiente; si supplisce a questa deficienza con l'applicazione di piccole alette a reazione idrodinamica, o addirittura di piccole pinne, come sul tipo italiano Mariella, che conquistò parecchi record mondiali. La tecnica costruttiva si è molto spesso lasciata guidare, più che dalla teoria, da un sano empirismo, basato sulle cognizioni acquisite in precedenti costruzioni. I tipi messi in commercio sono numerosissimi e caratterizzati da molta varietà di forma: si può dire che si passa per gradi, e senza discontinuità, dall'idroscivolante al canotto veloce a fondo piatto.
Il materiale di costruzione è stato, sino a poco tempo fa, esclusivamente il legno. Solo in questi ultimi anni sono stati usati anche in questo campo i metalli leggieri, particolarmente il duralluminio e l'alclad, con notevole economia nel peso.
V. tav. CLVII.