IDROVOLANTE (dal greco ὕδωρ "acqua" e dal verbo volare; fr. hydravion; sp. hidravión; ted. Wasserflugzeug; ingl. fluingboat se a scafo, seaplane se a galleggianti; per brevità viene anche chiamato semplicemente "idro")
La denominazione è limitata alle macchine a sostentazione dinamica dovuta a superficie portanti fisse, dotate di mezzi atti a farle sollevare dall'acqua, discendervi e dimorarvi.
Cenni storici e sviluppo. - La stessa definizione dimostra che l'idrovolante non è che un aeroplano (vedi) munito di sistemi adatti per partire in volo e scendere dopo il volo su uno specchio d'acqua di sufficienti dimensioni. Si comprende quindi come la prima realizzazione dell'idrovolante si ebbe sostituendo al carrello dell'aeroplano un sistema di corpi cavi, o galleggianti, collegati opportunamente alla fusoliera o alle ali. Nacque così il tipo d'idrovolante a galleggianti, costituito da un sistema portante che può essere monoplano, biplano o sesquiplano (raramente con un numero di piani superiore), da una fusoliera con motore, da un impennaggio, e da due (raramente più di due) galleggianti affiancati, di forma affusolata, disposti con i loro assi paralleli all'asse della fusoliera e, naturalmente, sotto a essa. Il dislocamento di questi due galleggianti assicura il galleggiamento dell'intero apparecchio a pieno carico con una riserva che generalmente va da un minimo del 50% a un massimo del 150%. Una delle prime realizzazioni d'idrovolante che abbia volato è dovuta a Henri Fabre: l'apparecchio era un monoplano, del tipo canard, cioè con superficie portanti sistemate a poppa e superficie stabilizzatrici e di governo a prua, azionato da un motore Gnôme di 50 cavalli; nell'aprile 1911 questo apparecchio si sollevava dall'acqua, percorreva poche centinaia di metri e si posava nuovamente sullo specchio liquido. Dopo questo primo successo il problema dell'idroaviazione venne considerato dalle più note case costruttrici dell'epoca, Voisin, Curtiss, Farman, Nieuport, Deperdussin, e da moltissime altre. In Italia, prime affermazioni idroaviatorie degne di particolare menzione furono il monoplano Calderara e il biplano Guidoni, ambedue provati nel 1912. Il primo è un apparecchio di concezione nuova e originale; nel secondo l'innovazione si limita ai galleggianti, che furono montati su cellule Farman e Nieuport; in compenso questi galleggianti portano un'innovazione che vedremo poi raramente tentata in seguito: sono cioè costituiti da due corpi cilindrici a estremità ogivali, ciascuno dei quali è munito di due gruppi di alette metalliche aventi lo scopo di determinare il sollevamento dalla superficie liquida, costituendo un vero sistema idroplano (v.). Pure al 1912 risale il primo tentativo di realizzazione di una nuova forma d'idrovolante che in seguito assunse grande importanza, e cioè l'idrovolante a scafo. In questo tipo scompaiono la fusoliera o le travi di coda dell'aeroplano; la cellula e l'impennaggio sono direttamente fissati a uno scafo che serve di collegamento a tali parti con funzione analoga a quella di una fusoliera, assumendo anche il compito del galleggiamento. La necessità di ridurre al minimo la resistenza all'avanzamento in navigazione e in acqua o in volo, obbliga a limitare le dimensioni trasversali dello scafo: conseguenza immediata è la mancanza di stabilità trasversale in acqua, data l'altezza del centro di gravità sopra quello di spinta. La casa Donnet-Levecque, costruttrice del primo tipo d'idrovolante a scafo, supplì a questa deficienza applicando due piccoli galleggianti ausiliarî all'estremità della cellula biplana. Questo sistema delle ali sotto il piano inferiore fu poi seguito da quasi tutte le case costruttrici.
La casa Donnet-Levecque non si limitò a creare il tipo d'idrovolante a scafo, ma tentò anche l'applicazione, a detto tipo, di un carrello che comprende due ruote affiancate allo scafo, applicate a un sistema di aste articolate, rialzabili mediante un comando a manovella, per consentire l'uso dell'apparecchio sia sul suolo sia sull'acqua. Creava con questo sistema un tipo di aeromobile che fu in seguito chiamato - non senza improprietà - "anfibio" e che diede luogo a numerose imitazioni, però sempre con importanza e successi limitati (v. aeroplano).
Dopo la realizzazione dei tipi d'idrovolante a galleggianti e di quelli a scafo, fu lanciato nel 1913 da Louis Bréguet l'idrovolante a galleggiante centrale. Questo tipo può rappresentare una soluzione intermedia fra i due tipi preesistenti: conserva la fusoliera del primo tipo, ma sotto di essa è applicato un solo galleggiante, il cui dislocamento è sufficiente a garantire il galleggiamento dell'intero apparecchio, con una riserva che generalmente non è inferiore al 70%. La stabilità trasversale è ottenuta con l'aggiunta dei soliti piccoli galleggianti posti sotto le ali inferiori. Questo tipo di costruzione sembrò dapprima che non avesse un grande interesse, perché affetto da una resistenza all'avanzamento superiore a quella degli altri tipi descritti, e non ebbe molta applicazione. Attualmente, invece, torna ad acquistare importanza specialmente per gli apparecchi destinati a esser lanciati con catapulta da bordo di navi e ad avere una forte capacità evolutiva, ottenuta col ravvicinare molto le masse; la qual cosa è resa più facile in questi tipi a galleggiante centrale.
Nel 1917 Claudius Dornier, allo scopo di conferire la stabilità laterale in acqua, applicò le cosiddette pinne, cioè delle espansioni a guisa di ali mozze applicate ai lati degli scafi, che sostituivano i galleggianti laterali e contribuivano alla sostentazione. Un'ultima notevole innovazione è dovuta all'ing. Marchetti con il ben noto tipo d'idrovolante a due scafi affiancati, completamente accessibili e abbastanza ampî, collegati alla zona centrale dell'unica ala, ai quali sono devolute le funzioni di galleggiamento, di stabilizzazione in acqua e di dimora per il personale o i viaggiatori: l'impennaggio è portato da travi di coda; i motori sono contenuti in una o più navicelle isolate poste al disopra dell'ala.
Tutte le costruzioni idroaviatorie a tutt'oggi affermatesi rientrano in uno dei cinque tipi suesposti; furono da varî progettisti tentate innovazioni notevoli, talvolta non prive di genialità, ma sino a ora non coronate da successo.
Dinamica. - La dinamica dell'idrovolante, cioè lo studio delle forze applicate a un idrovolante in navigazíone e in volo, si può dividere in due gruppi: idrodinamica e aerodinamica. La prima studia più in particolare il comportamento degli scafi o dei galleggianti nelle varie condizioni di navigazione; la seconda il comportamento dell'intero apparecchio in volo.
Fino a che l'idrovolante rimane stazionario in acqua, esso galleggia in virtù del principio di Archimede, cioè il suo sistema galleggiante s'immerge nell'acqua in modo da spostare un peso di liquido uguale al peso dell'intero apparecchio. Come per qualsiasi corpo galleggiante, avremo anche in questo caso che la stabilità, sia longitudinale sia trasversale, è funzione dell'altezza metacentrica longitudinale e trasversale. Non ci dilungheremo nell'esame di queste condizioni di stabilità, che rientrano nel campo delle costruzioni navali; ci limiteremo soltanto a indicare che mentre nelle costruzioni di navi (esclusi i velieri) l'altezza metacentrica trasversale è volutamente limitata per risentire in grado minore il rullio in mare ondoso, negl'idrovolanti deve essere molto maggiore per garantire la stabilità anche in presenza dell'azione che un eventuale vento laterale può esercitare sull'apparecchio. Per questo motivo l'altezza metacentrica trasversale, con le dimensioni delle attuali costruzioni, deve mantenersi attorno ai 4-5 m.; l'altezza metacentrica longitudinale è sempre molto maggiore, fra i 12 e i 18 m.
Nella posizione di equilibrio statico, a cui corrisponde anche la massima immersione, l'idro offre una grande resistenza all'avanzamento, e non potrebbe assumere la velocità necessaria per sollevarsi dall'acqua; col moto interviene un graduale passaggio dall'equilibrio idrostatico a quello idrodinamico che compete alle varie velocità mediante la conformazione degli organi di galleggiamento a forma d'idroscivolanti (v.), cioè muniti di fondi piani, o leggermente stellati, o leggermente incavati, ma in ogni caso provvisti di uno o più gradini (redans) destinati a determinare il distacco della vena fluida, analogamente a quanto si verifica negl'idroscivolanti, con le medesime conseguenze. Il diagramma delle resistenze del sistema galleggiante in funzione della velocità assume una forma speciale, aumentando fino a un massimo, dopo di che decresce e si mantiene presso a poco costante con l'aumento di velocità quando il galleggiante è passato sul gradino: accoppiato con la cellula il fenomeno si accelera sensibilmente perché l'azione aerodinamica su di essa, pur aumentando la resistenza, favorisce l'emersione del galleggiante. Il diagramma riportato illustra schematicamente l'andamento delle varie forze applicate, al variare della velocità: queste forze, non passando tutte per lo stesso punto, generano dei momenti la cui influenza non è considerata dal diagramma, dato che tali momenti si equilibrano a partire da certe velocità, con la manovra del timone orizzontale. Anche qui, come già per gl'idroscivolanti, esiste un punto critico: se la trazione dell'elica non è superiore alla somma delle varie resistenze in quel punto, il galleggiante non riesce a raggiungere la velocità necessaria pel sostentamento aerodinamico; però, a differenza di quanto avviene negl'idroscivolanti, può darsi il caso che un forte vento di prua, con la sua reazione sulle ali, determini un'azione portante apprezzabile, tale da provocare un alleggerimento dinamico dell'idrovolante, abbassando il valore della resistenza nel punto critico e consentendo quindi di superarlo. In queste condizioni può quindi prendere il volo un apparecchio che, con la calma, non si distacca dall'acqua per insufficienza di potenza.
L'equilibrio aerodinamico d'un idrovolante in volo è in generale più complesso di quello d'un aeroplano. Vi sono imprescindibili necessità costruttive e pratiche per cui l'idrovolante nasce con difetti di centraggio che non si possono evitare. La necessità di mantenere le eliche non solo fuori del contatto dell'acqua, ma anche fuori delle onde che i galleggianti sollevano, obbliga a situare l'asse di trazione molto in alto. Il sistema di galleggiamento, sia esso formato da galleggianti o da scafi, rappresenta in ogni caso un complesso costruttivo di peso notevole e di forte resistenza all'avanzamento: ne conseguono due condizioni, entrambe contrarie a un buon centraggio, e cioè baricentro e resistenza all'avanzamento nelle condizioni normali di volo entrambi molto bassi rispetto all'asse di trazione. Dal complesso di questi fatti risulterebbe che, qualora si accelera il motore, l'idrovolante dovrebbe tendere a deviare verso il basso (picchiare); quando si rallenta il motore l'apparecchio dovrebbe tendere a deviare verso l'alto (cabrare): cioè esattamente l'opposto di quanto sarebbe desiderabile ottenere. È questo un difetto che più o meno attenuato esiste in quasi tutti gl'idrovolanti e che si può eliminare soltanto aumentando la stabilità propria, il che, in tesi generale, va a scapito dell'efficienza. Così, disponendo l'asse dell'elica con incidenza positiva rispetto all'ordinario assetto di volo si diminuisce il momento della trazione rispetto al baricentro e alla resistenza, mentre il vento relativo determinato dal regresso dell'elica, venendo a investire la superficie dorsale dei piani orizzontali dell'impennaggio, crea una coppia che compensa quella dovuta alla trazione dell'elica. Numerosi altri mezzi automatici e comandati furono escogitati per migliorare il centraggio aerodinamico degli idrovolanti, con risultati non di rado soddisfacenti.
Robustezza. - Lo studio della robustezza di un idrovolante tende a determinare le forze che ne sollecitano le strutture; quanto alle sollecitazioni del volo, la cellula si comporta in modo del tutto analogo a quella di un aeroplanoo (v. aeroplano; aerotecnica). Per quanto riguarda invece la resistenza delle strutture galleggianti, pur ammettendosi generalmente che le massime sollecitazioni intervengano quando l'idrovolante termina il suo volo e riprende contatto con l'acqua, i varî sistemi di calcolo non sono concordi nel precisare quali siano le forze applicate, e cioè in quale modo e con quale intensità l'acqua reagisca sulla superficie del galleggiante che si posa su di essa. È evidente che vi possono essere infinite condizioni di presa di contatto fra scafo e acqua, anche rimanendo nel campo relativamente limitato di quelle ammissibili in pratica: si suole determinare quali condizioni creino presumibilmente le massime sollecitazioni che si verificano in tali ipotesi, uniformando a esse sole il calcolo statico dei galleggianti.
Sono stati proposti varî sistemi di calcolo, per lo più inquadrati nelle varie prescrizioni e norme emanate dalle singole nazioni. In questi sistemi di calcolo si considerano in generale quattro condizioni di presa di contatto con l'acqua:
1. ammaramento in linea di volo; 2. ammaramento di prua; 3. ammaramento di poppa; 4. ammaramento laterale. Nel caso di ammaramento in linea di volo l'idrovolante si presenta all'acqua in assetto di volo orizzontale per quanto la traiettoria non sia perfettamente orizzontale: il contatto con l'acqua avviene quindi in corrispondenza del gradino disposto nel fondo dallo scafo, in prossimità della verticale baricentrica. Nel caso di ammaramento di prua l'apparecchio incontra l'acqua volando con un assetto inclinato verso il basso, che comunemente si dice "picchiato"; oppure, anche volando con traiettoria pressoché orizzontale, investe un'onda che reagisce su tutta la zona prodiera dello scafo.
Nell'ammaramento di poppa, l'apparecchio, pur descrivendo una traiettoria pressoché orizzontale mantiene un assetto rivolto verso l'alto, che in gergo aviatorio vien detto "cabrato": l'acqua investe per prima l'estremità di poppa dei galleggianti o il secondo gradino, se esiste, degli scafi.
Da ultimo, l'ammaramento laterale si ha quando l'apparecchio si presenta inclinato su di un lato, oppure - e salvo a considerare anche le reazioni trasversali - quando la sua velocità ammette una componente laterale più o meno grande, come nei casi di leggiera scivolata d'ala, o di vento di fianco.
Per ognuna di queste quattro condizioni di ammaramento, il punto d'applicazione e la direzione della forza che sta a rappresentare la reazione dell'acqua vengono generalmente determinati in funzione delle dimensioni geometriche degli scafi o galleggianti. L'entità della forza, secondo alcuni metodi di calcolo, è semplicemente un multiplo del peso totale dell'idrovolante; secondo altri sistemi viene determinata in funzione del peso, della velocità di ammaramento, dell'angolo di chiglia del fondo, nonché di coefficienti empirici dipendenti dal tipo e dal genere d'impiego dell'idrovolante, ritenendosi di non dare lo stesso grado di robustezza a piccoli idrovolanti, a esempio sportivi, leggieri e poco veloci, destinati a volare in condizioni di calma su laghi, fiumi o porti, e ad apparecchi pesanti, veloci, previsti per servizî d'alto mare.
Nelle norme italiane la forza U dell'urto del galleggiante sull'acqua viene uguagliata al peso Q dell'aeromobile, moltiplicato per un coefficiented'urto u la cui espressione vale:
in cui C è una costante che vien fissata uguale a 2; n il coefficiente di contingenza dell'aeromobile definito dalle norme in uso; β l'angolo di chiglia in gradi, e V una velocità orizzontale in km. ora che viene definita quale funzione della velocità verticale limite all'istante dell'ammaramento. La forza U rappresenta anche il valore del carico di contingenza nelle prove di elasticità del fondo in prossimità del gradino, e quindi 2 U rappresenta il carico limite nelle prove di robustezza: tali carichi dovranno essere uniformemente distribuiti su una zona di fondo che interessi tutta la dimensione trasversale dello scafo e si estenda in senso longitudinale in modo da non alterare la posizione della risultante e da determinare un'intensità di carico non inferiore a 0,50 kg./cmq. nelle prove di contingenza e di 1 kg./cmq. in quelle di robustezza. Negli ammaramenti di fianco in genere vengono assunte intensità di carico pari al 75% di quelle assunte nei casi precedenti.
Di queste reazioni d'urto le norme definiscono non soltanto l'intensità, ma anche il punto di applicazione e la direzione. Evidentemente queste forze sollecitano non soltanto la zona del fondo alla quale si suppongono direttamente applicate, ma anche tutte le strutture resistenti. Occorre quindi distinguere i casi in cui le reazioni passano per il baricentro dell'idrovolante, da quelli in cui esse creano momento. Nel primo caso i pesi, aumentati dall'azione delle forze d'inerzia che si generano nell'urto, equilibrano direttamente la reazione dell'acqua. Nel secondo caso l'apparecchio tenderebbe a ruotare attorno al punto dell'urto; a questa rotazione si oppongono azioni d'inerzia, la somma dei momenti delle quali rispetto al punto dell'urto dovrà equilibrare il momento della reazione dell'acqua rispetto al baricentro. Questa condizione di uguaglianza di momenti - esatta in linea teorica - in pratica è più o meno alterata dal parziale affondamento del galleggiante all'istante dell'urto, e dalla reazione aerodinamica sulle varie superficie.
Caratteristiche costruttive. - La costruzione degl'idrovolanti, come in generale quella di tutti gli aeromobili, ha sempre mirato a realizzazioni di peso e di mole maggiori. Però, mentre le maggiori dimensioni degli aeroplani rendono impossibile o malsicura l'utilizzazione di tutta una serie numerosa di campi d'aviazione di limitate dimensioni, e quindi rendono più precarie le condizioni d'impiego, l'aumento di dimensioni degl'idrovolanti ne rende l'impiego più sicuro, più indipendente dalle basi, nonché dalle condizioni atmosferiche e del mare. È infatti non solo intuitivo, ma anche pienamente confermato dalla pratica, che l'onda piccola o media, già proibitiva all'impiego di piccoli idrovolanti, è inoffensiva per i grossi apparecchi.
Passando a un rapido esame delle costruzioni esistenti, occorrerà innanzi tutto dividerle in due grandi categorie: costruzioni militari e costruzioni civili. A sua volta la prima categoria si può suddividere, a seconda dell'impiego, in apparecchi da caccia, da ricognizione e da bombardamento; la seconda categoria in apparecchi sportivi e commerciali.
Idrovolanti da caccia. - Per avere la necessaria maneggevolezza e l'indispensabile capacità evolutiva, gl'idrovolanti da caccia debbono essere di dimensioni limitate, e avere le masse quanto più possibile raggruppate vicino al baricentro. Per realizzare questa seconda condizione, le forme architettonicamente più adatte sono quelle dei tipi a galleggiante centrale e a due galleggianti; meno adatto è il tipo a scafo, in quanto in esso tale compattezza è minore: ciò non toglie che esistano ottimi idrovolanti da caccia anche fra quelli a scafo. L'armamento è in generale costituito da mitragliatrici, con tiro attraverso l'elica quando occorra (v. aeronautica).
Idrovolanti da ricognizione. - Quasi sempre sono del tipo a scafo, perché questo consente, meglio degli altri, di disporre dello spazio occorrente per l'equipaggio, che in generale è almeno di tre persone, per la stazione radiotelegrafica, le macchine fotografiche e l'armamento. A seconda dell'autonomia e delle caratteristiche d'impiego possono variare notevolmente dimensioni e potenza. Le macchine fotografiche, sistemate dentro lo scafo, obbligano a praticare nel fondo di questo delle aperture tali da lasciare libero il campo ottico della macchina. Queste aperture, manovrabili soltanto in volo, sono chiuse durante la navigazione in acqua da congegni a saracinesca, a tenuta stagna.
Idrovolanti da bombardamento. - Generalmente sono dei grossi apparecchi a scafo. Le bombe sono applicate ai relativi portabombe sui fianchi dello scafo, o sotto le ali inferiori nei biplani, o sopra le pinne, data la difficoltà di una sistemazione più razionale nell'interno degli scafi; in alcuni idrovolanti tale sistemazione è stata adottata e allora, al momento del lancio, le bombe escono attraverso aperture praticate sui fianchi o nel fondo. Quando l'armamento offensivo è costituito da una sola grossa bomba o da un siluro (v. idrosilurante) è stata anche adottata la sistemazione in una galleria praticata nel fondo dello scafo, oppure si ritorna al tipo a galleggianti, nel quale la bomba trova buona sistemazione sotto la fusoliera. Numerose bombe, anche se di grosso calibro, possono esser piazzate nei tipi a doppio scafo, fissandole alla zona ventrale del tratto di ala che collega i due scafi; è evidente però che la sistemazione esterna delle bombe o dei siluri introduce resistenze passive notevoli che diminuiscono la velocità del velivolo e aumentano il consumo dei combustibili, riducendone l'autonomia. Il puntamento indispensabile per un lancio corretto delle bombe viene effettuato con traguardi a visione diretta applicati per lo più sul fianco degli scafi o con traguardi periscopici, ossia muniti di prismi orientabili a comando, attraverso aperture praticate sul fondo.
Oltre all'armamento offensivo, esiste a bordo un armamento difensivo che comprende un congruo numero di mitragliatrici con munizioni, montate su torrette, che battono i varî settori di prua e di poppa superiori e inferiori.
Idrovolanti sportivi. - Comprendono la numerosa categoria degli idrovolanti turistici, piccoli apparecchi quasi sempre su galleggianti, posti invece delle ruote dei corrispondenti aeroplani turistici che sono suscettibili di questa trasformazione, per evidente convenienza economica del costruttore.
Meno numerosa, ma più importante, è la categoria degl'idrovolanti sportivi propriamente detti, cioè di quegli apparecchi appositamente studiati e costruiti per speciali competizioni o per battere determinati record. Per quelli di velocità hanno avuto importanza veramente mondiale gli apparecchi costruiti per concorrere alla Coppa Schneider, competizione internazionale di velocità pura: dopo varî indirizzi costruttivi e dopo varî tentativi le realizzazioni si sono uniformate sul tipo monoplano a galleggianti; e con un idrocorsa Macchi-Castoldi-Fiat MC 72 di questo tipo veniva aggiudicato all'Italia il record mondiale assoluto di velocità il 10 aprile 1933, con la media oraria di km. 682,403.
Idrovolanti commerciali. - Si suole suddividerli in apparecchi per trasporto di posta e merci e apparecchi per trasporto passeggieri: praticamente però soltanto questo secondo gruppo ha dato origine a vere e proprie innovazioni, espressamente studiate e costruite, mentre per il trasporto della posta e delle merci sono stati impiegati di massima o gli stessi tipi passeggieri, oppure ordinarî apparecchi da ricognizione o bombardamento, sommariamente adattati al nuovo scopo. Nella costruzione dei grandi idrovolanti per trasporto di passeggieri la tecnica costruttiva ha raggiunto notevoli progressi. Le dieci tonnellate di peso totale in volo del 1925 sono state portate, con alcuni tipi Dornier e Rorbach, vicino alle venti tonn., e nel 1929, col Do X del Dornier, alle cinquanta tonn. di peso totale.
Le maggiori portate e dimensioni degli apparecchi hanno permesso d'introdurre dispositivi e installazioni di sicurezza, che sarebbe stato vano pensare qualche anno fa. Così oggi troviamo cabine radiotelegrafiche complete, ben equipaggiate, con generatrici indipendenti, e mezzi sussidiarî; troviamo sale centrali dei motori, ove personale apposito può con una certa comodità osservare l'andamento dei varî motori, intervenendo prontamente quando ve ne sia bisogno; troviamo sale nautiche, la cui creazione diviene necessaria non appena si scindano le funzioni del pilotaggio da quelle della condotta della navigazione, con evidente maggior garanzia per le une e per le altre. Ai passeggieri è concesso spazio comodità e libertà di movimento: fra le installazioni accessorie trovano spesso luogo una saletta per fumatori, una piccola cucina - naturalmente elettrica -, un piccolo bar, cuccette, gabinetti di toletta, locali per la posta e per il bagaglio.
È certo che molte di queste installazioni saranno ancora oggetto di studio e di perfezionamento e che la stessa tecnica costruttiva dei grandi idrovolanti subirà notevoli progressi e trasformazioni.
V. tavv. CLIX e CLX.
Elementi costruttivi dell'idrovolante. - La descrizione delle ali, dei gruppi motopropulsori, dei piani di coda e alettoni, delle fusoliere, dei comandi, strumenti, ecc., tutti elementi comuni e talvolta persino intercambiabili, fra l'idrovolante e l'aeroplano, è già trattata nella descrizione dell'aeroplano (v.). Ci limiteremo quindi a descrivere quelle parti nelle quali l'idrovolante si differenzia sostanzialmente dagli apparecchi terrestri, e cioè galleggianti e scafi. Occorre però in primo luogo dividere le costruzioni in legno dalle costruzioni metalliche: una parte delle strutture resistenti sono, salvo la forma, comuni ai due tipi di costruzioni; dove esse si differenziano maggiormente è nella disposizione e formazione del fasciame.
In perfetta analogia con le costruzioni navali (v. nave), troviamo, sia nei galleggianti sia negli scafi, ossature resistenti trasversali, e ossature resistenti longitudinali. Le prime, vengono comunemente indicate col nome complessivo di ordinate. Esse sono robuste intelaiature di legname o di metallo, di forma e dimensioni molto variabili, come variabili sono le singole sezioni del galleggiante o dello scafo, procedendo da prua a poppa. Le varie ordinate vengono costruite separatamente; per il montaggio sono collocate su apposite sagome, o scali, ai quali sono rigidamente fissate e mantenute nell'esatta reciproca posizione che dovranno avere a costruzione ultimata. Quando tutte le ordinate sono fissate sullo scalo, s'inizia l'applicazione degli elementi longitudinali; nei galleggianti, che generalmente sono inaccessibili nell'interno, la struttura longitudinale può essere costituita da una travatura a traliccio, centrale, verticale, che, con i suoi correnti inferiore e superiore, segue i profili di chiglia e di coperta: tale travatura può anche essere a sezione triangolare, con un vertice verso il basso; e allora il corrente inferiore segue il profilo di chiglia, mentre i due correnti superiori seguono i profili esterni marginali del galleggiante.
Più comunemente nei galleggianti, e sempre negli scafi, l'ossatura resistente longitudinale è costituita da varie travature che corrono lungo il fondo, corrispondenti ai paramezzali delle costruzioni navali, da travature che corrono lungo la coperta, corrispondenti alle corde, e da elementi inclinati laterali, fissati ai fianchi del fasciame, che costituiscono tralicci longitudinali unitamente agli angolari dei quattro spigoli, e agli elementi verticali delle ordinate. I cosiddetti correnti laterali, travature orizzontali che corrono lungo i fianchi degli scafi, mancano generalmente nelle costuzioni piccole e medie, mentre cominciano ad apparire nelle grandi costruzioni metalliche. L'ossatura è completata da una trave di chiglia, da un dritto di prua e da un'estremità di poppa, in talune costruzioni tondeggiante, che sostituisce il dritto di poppa. I grandi scafi d'idrovolanti metallici moderni possono anche essere a più ponti: nelle singole ordinate potremo quindi osservare i corrispondenti bagli con i relativi puntali, in perfetta analogia con le costruzioni navali.
Quando l'ossatura è completamente ultimata, s'inizia l'applicazione del fasciame. Se la costruzione è in legno, il fasciame può essere semplice, doppio o triplo: oggi è generalmente doppio o triplo e fra gli strati di legno è interposto uno strato di tela imbibita di bitume o catrame. Gli elementi costituenti il fasciame sono accuratamente aggiustati sul posto, fissati con chiodi, o meglio viti, di rame e livellati perfettamente. La superficie esterna è poi stuccata, pomiciata e verniciata, in modo da presentarsi assolutamente liscia e uniforme.
Se la costruzione è metallica, le ordinate, i paramezzali, le corde, i correnti e qualsiasi altro elemento di travatura sono costituiti da profilati ricavati per trafilatura dal nastro, sia di duralluminio sia di acciaio, oppure da profili pressati, ottenuti a caldo dalla massa pastosa del duralluminio. In ogni caso il fasciame è costituito da uno strato di lamiera, che può essere di acciaio inossidabile, oppure, più frequentemente, allo stato attuale della tecnica, di duralluminio ricoperto con metalli o leghe incorrodibili agli agenti atmosferici e marini. Fra questi materiali, particolarmente noti sono l'alclad, in cui il ricoprimento è di alluminio purissimo, il duralplat, in cui il ricoprimento è costituito da una lega di alluminio priva di rame, il vedal, l'allautal, e numerosi altri. Il fasciame viene adattato sull'ossatura quando questa ancora si trova sullo scalo, e viene a essa fissato con chiodature ribadite a freddo, oppure in talune costruzioni in acciaio, con saldature a punti. La ribaditura fra lamiera e lamiera è resa stagna interponendo, fra i lembi sovrapposti dei singoli fogli, strisce di tela imbibite di sostanze bituminose che si mantengono sempre plastiche, non induriscono e non sono disciolte dall'acqua di mare. Sia con l'impiego degli acciai inossidabili, sia anche con l'impiego dei varî duralluminî ricoperti, la costruzione non richiede l'uso di vernici protettive: la verniciatura, nei casi in cui viene applicata, ha specialmente una funzione estetica.
Tutti i galleggianti e gli scafi di piccole e medie dimensioni vengono impostati capovolti per poterne più agevolmente lavorare il fondo: sono raddrizzati non appena vengono distaccati dallo scalo. Questo procedimento non è evidentemente più attuabile quando si passa alle grandi costruzioni.
La forma esterna dei galleggianti e degli scafi viene per lo più definita o per analogia con costruzioni già esistenti e sperimentate, o da esperienze alla vasca su modelli, o meglio ancora seguendo l'una e l'altra via. La parte che più interessa perfezionare è la superficie del fondo: in tesi generale la porzione prodiera deve essere fortemente stellata per non risentire di una reazione eccessiva quando venga investita dalle onde. Un fondo fortemente stellato sarebbe molto favorevole per ottenere un ammaramento dolce e progressivo: però tale forma non è favorevole a un facile distacco dall'acqua quando l'apparecchio si alza in volo. Di fatto in questo periodo occorre realizzare la massima spinta verticale con la minima resistenza all'avanzamento: una forte stellatura del fondo, a pari spinta verticale, aumenta molto la superficie immersa e quindi aumenta le resistenze.
Per un facile distacco dall'acqua, la forma di fondo migliore è quella piana, o addirittura a sezioni concave, ma queste forme, nelle costruzioni medie o grandi, sono ormai universalmente abbandonate, per le violente e pericolose reazioni che si determinano ammarando in presenza di moto ondoso.
L'abilità del progettista si rivela dunque nel foggiare il fondo con forme che ammortizzino sufficientemente gli urti, senza tuttavia diminuire troppo il rendimento idrodinamico del fondo, tanto prezioso nel distacco dall'acqua: sono due necessità contrapposte, fra le quali si deve scegliere una giusta via di mezzo.
Qualunque sia la forma del fondo, sempre vi si notano uno o due gradini trasversali, di cui quello anteriore si trova in generale leggermente a poppavia della verticale baricentrica: la finalità di questi gradini è stata esposta trattando degl'idroscivolanti (v.): ci limiteremo a osservare che mentre negl'idroscivolanti sono necessarî per lo meno due gradini, per ottenere la stabilità longitudinale, nell'idrovolante un solo gradino, poco discosto dalla verticale baricentrica, è sufficiente, poiché, quando l'apparecchio naviga in emersione, ha velocità bastevole perché gli organi di governo aerodinamici (piano fisso e timone orizzontale) entrino già in azione: la stabilità longitudinale è quindi affidata a essi. Anzi occorre che in questa fase l'idrovolante possa avere una certa variabilità di assetto longitudinale per facilitare la manovra di distacco dall'acqua: la presenza di due gradini sui quali dovesse contemporaneamente poggiare l'apparecchio sarebbe quindi dannosa. Negl'idrovolanti che hanno doppio gradino, quello a poppa è molto più rialzato e ha specialmente lo scopo di consentire un buon appoggio all'apparecchio durante l'ammaramento, quando cioè l'idrovolante incontra l'acqua con un assetto che, per essere la velocità molto ridotta, è assai cabrato; per quanto è stato detto, il gradino di poppa ha talvolta forma del tutto speciale e viene chiamato gradino di ammaramento, o sperone.
Per ottenere la necessaria facilità di governo in acqua, sia i galleggianti sia gli scafi sono quasi sempre muniti di uno o più timoni d'acqua, la cui manovra può essere indipendente, oppure collegata a quella del timone di direzione aereo.
I galleggianti e gli scafi metallici, e talvolta anche quelli in legno, sono suddivisi in varî compartimenti stagni a mezzo di paratie. Il compartimento anteriore, che prende anche nome di camera di collisione, è generalmente equipaggiato di ancore con relativo verricello, cavi, sagole, mezzi marinareschi, dispositivi di rimorchio e d'imbracatura. L'attrezzatura marinaresca degli scafi è inoltre completata da pompe di sentina, salvagente, battelli pneumatici di soccorso, gallocce e bitte di ormeggio, ganci a scocco.
Un accessorio che non fa parte integrante dell'idrovolante, ma che pure gli è indispensabile, è il carrello di alaggio, costituito da una robusta travatura orizzontale, sulla quale due o più sagome imbottite, dette selle, ricopiano col loro lembo superiore il profilo del fondo dello scafo in corrispondenza di determinate ordinate, sulle quali l'intiero apparecchio può poggiare. Tale carrello viene fatto discendere sott'acqua, scorrendo su di un apposito piano inclinato denominato scivolo: l'idrovolante può essere facilmente piazzato sul carrello e alato, cioè tirato in secco. Taluni apparecchi sono stati anche studiati per ricevere, direttamente applicate allo scafo, le ruote con le quali possono facilmente effettuare l'alaggio e il varo.