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IDRURI

di Eugenio Mariani - Enciclopedia Italiana - V Appendice (1992)
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IDRURI

Eugenio Mariani

Gli i. costituiscono un gruppo di composti dell'idrogeno, di diversa struttura e composizione; possono essere suddivisi, anche se non sempre in maniera netta, in ionici o salini, metallici, covalenti, ecc., oppure in binari, complessi.

Idruri ionici. - Sono formati da idrogeno con elementi fortemente elettropositivi (metalli alcalini, alcalino-terrosi: sodio, potassio, litio, calcio, ecc.); le proprietà sono generalmente simili a quelle dei corrispondenti fluoruri, data la vicinanza dei raggi atomici di H ed F. Si formano esotermicamente a temperature di solito elevate; costituiscono solidi dotati di elevata reattività (che cresce all'aumentare del peso atomico dei metalli alcalini; l'inverso si verifica per la stabilità al calore); presentano spiccato potere riducente, con l'acqua sviluppano idrogeno e in taluni casi la reazione risulta così violenta da provocare l'accensione o l'esplosione del gas.

L'i. di litio (LiH) si ottiene per combinazione diretta degli elementi a 700÷900 °C; la reazione è fortemente esotermica e la massa fusa che si ottiene, raffreddata lentamente e macinata, fornisce una polvere leggera (d=0,3), con purezza del 98÷99%, che trova impiego nella preparazione di i. complessi (v. oltre), nella produzione di silani (v. silicio, XXXI, p. 771), in reazioni di condensazione e di riduzione, come fonte facilmente trasportabile d'idrogeno (per gonfiare palloni); per idrolisi 1 kg di LiH fornisce 2,5 m3 d'idrogeno (a condizioni normali di temperatura e pressione). Reagisce violentemente con la silice e con silicati, già a circa 180 °C, ciò che ne impedisce la possibilità di conservazione in recipienti di vetro.

L'i. di sodio, NaH, si ottiene di solito per reazione di idrogeno su sodio, finemente disperso in olio minerale, a 250÷300 °C; la dispersione dell'i. che si ottiene viene spesso messa in commercio tal quale. Il composto ha struttura simile a quella del cloruro di sodio, è stabile all'aria secca, insolubile nei solventi organici, si scioglie nell'idrato di sodio fuso e la massa si usa per togliere gli ossidi dalla superficie dei metalli (ferro, titanio, ecc.). L'i. di sodio si usa largamente in sintesi organiche (produzione di eteri, alchilazione di ammine o di chetoni, condensazioni, ecc.), per produrre boroidruro di sodio, ecc.

Analogamente alla preparazione dell'i. di sodio si opera per ottenere quello di potassio, KH, usato in riduzioni organiche (alcoli, chetoni) anche stereoselettive.

L'i. di calcio, CaH2, che si ottiene per reazione degli elementi a circa 400 °C, a pressione atmosferica, si usa per ottenere metalli dagli ossidi (titanio, zirconio, vanadio, uranio, ecc.), per produrre idrogeno per gonfiare palloni.

L'i. di berillio, BeH2, è una polvere incolore, leggera (d=0,8), stabile all'aria; si idrolizza facilmente con l'acqua, specie se acida. Si ottiene per decomposizione termica di un composto organico del berillio. Per l'elevato calore di combustione trova impiego come combustibile di razzi.

L'i. di magnesio, MgH2, si ottiene per combinazione diretta degli elementi sotto pressione (100÷150 atm), a 300÷400 °C; reagisce facilmente con composti etilenici formando derivati di dialchilmagnesio, importanti intermedi nella preparazione di catalizzatori Ziegler-Natta. L'i. di magnesio si usa come essiccante di gas o di solventi organici.

Idruri covalenti. - Negli i. covalenti, formati dall'idrogeno con elementi dei gruppi iii-vii del sistema periodico, il legame fra gli atomi è quello di coppia elettronica (legame covalente). Particolarmente importanti gli i. degli elementi con valore medio di elettronegatività, fra i quali da ricordare quelli di boro (borani; v. boro, in questa Appendice), quelli del carbonio noti come idrocarburi, quelli del silicio (o silani), dell'azoto (ammoniaca). Gli i. covalenti sono di preparazione piuttosto difficile; quello di alluminio, AlH3, è un solido incolore, non volatile, poco stabile, si decompone a contatto di acqua e di alcool; tende a polimerizzare rapidamente. Si prepara per reazione, a temperatura ambiente, fra i. di litio-alluminio e cloruro di alluminio, in presenza di etere (3LiAlH4+AlCl3→4AlH3+3LiCl); il prodotto contiene etere che non si può eliminare senza provocare la decomposizione del composto. Possiede proprietà riducenti ma la sua scarsa stabilità non ne favorisce l'impiego. Gli addotti e i derivati si usano come catalizzatori di polimerizzazioni stereospecifiche.

Gli i. di gallio, zinco, cadmio, difficili da preparare e maneggiare, di solito si ottengono sotto forma di polimeri poco volatili o solvatati.

Idruri complessi. - Sono formati da due elementi metallici ai quali l'idrogeno è combinato in proporzioni stechiometriche; hanno formula generale M1(M2H4), dove M2 è di solito trivalente (boro, alluminio, gallio, ecc.) ed M1 è un elemento mono- o bi-valente (litio, sodio, potassio, calcio, magnesio, zinco, ecc.). Molti di questi composti conservano, almeno in gran parte, le caratteristiche dei componenti, per es. quelle riducenti. Importanti rappresentanti di questa classe sono i boroidruri (v. boro, in questa Appendice) e gli alluminoidruri di sodio, di litio, di potassio.

Gli alluminoidruri alcalini presentano potere riducente superiore a quello dei corrispondenti boroidruri; sono stabili all'aria secca, ma reagiscono violentemente con l'acqua. Si preparano facendo reagire cloruro di alluminio in soluzione di dietiletere con una sospensione di i. alcalino (4NaH+AlCl3→NaAlH4+3NaCl) o anche per combinazione diretta degli elementi a caldo, sotto pressione.

I metalli di transizione formano i. di carattere metallico (solidi, fragili, di aspetto metallico, conduttori del calore, dell'elettricità); alcuni presentano composizione stechiometrica, altri invece contengono un eccesso d'idrogeno, anche elevato, rispetto allo stechiometrico, che si colloca negli interstizi del reticolo (per questo sono detti i. interstiziali). I più importanti sono quelli di titanio e di zirconio.

L'i. di titanio ha formula stechiometrica TiH2. È un solido grigiometallico (d=3,8), stabile a temperatura ambiente, inerte di fronte all'acqua e a molti solventi organici; ad alta temperatura è attaccato da agenti ossidanti, da acidi. La polvere, se innescata, brucia lentamente all'aria, ma in presenza di ossidanti la combustione può assumere andamento violento, a causa della combustione dell'idrogeno che si libera. A pressione atmosferica il TiH2 comincia a liberare idrogeno lentamente a circa 350 °C; la liberazione raggiunge l'8% circa a 500 °C e il 60% a 800 °C; si completa soltanto a temperatura prossima a quella di fusione.

Industrialmente si prepara per reazione fra spugna di titanio e idrogeno a temperature superiori ai 200 °C (diviene rapida a 400÷500 °C) o per riduzione del biossido di titanio con i. di calcio (TiO2+2CaH2→TiH2+2 CaO+H2). L'ossido di titanio prima si riduce a metallo, a 700÷800 °C, che viene poi idrogenato; l'ossido di calcio che si forma si asporta per lavaggio con acido cloridrico. L'i. di titanio si usa nella metallurgia delle polveri (l'idrogeno che si libera per il riscaldamento durante la compressione evita l'ossidazione superficiale dei metalli polverulenti che si debbono agglomerare).

L'i. di zirconio presenta proprietà in gran parte simili a quelle dell'i. di titanio, rispetto al quale è termicamente più stabile: si prepara con sistemi analoghi a quelli usati per il TiH2; anche gli usi sono analoghi: s'impiega come getter nei sistemi a vuoto, come moderatore di neutroni termici nella tecnologia nucleare, nelle metallo-ceramiche, favorisce l'adesione fra i metalli, nella preparazione di zirconio in polvere, di leghe di zirconio, ecc. Gli i. degli elementi del 5° gruppo (vanadio, niobio, tantalio) si ottengono facendo reagire i corrispondenti metalli con l'idrogeno a temperature elevate (dell'ordine dei 1000 °C); gli i. di tantalio e di niobio esplicano proprietà di superconduttori a temperature inferiori ai 10 K.

Gli i. delle terre rare si ottengono per reazione dei metalli con l'idrogeno a temperatura anche ambiente; i più importanti sono quelli di lantanio (LaH2) e di cerio (CeH2) che trovano impiego nelle leghe per l'immagazzinamento dell'idrogeno (v. oltre). Anche i metalli di transizione formano i. complessi nei quali gli atomi d'idrogeno risultano legati direttamente, con legame covalente, agli atomi del metallo di transizione. I primi composti di questo tipo (idruri del ferro- e del cobalto-carbonile, rispettivamente H2Fe(CO)4 e HCo(CO)4) risalgono al 1930 circa; più recentemente sono stati preparati i. complessi del nichel, del rodio, del rutenio, dell'iridio che si sono dimostrati importanti catalizzatori. Nella ossosintesi inizialmente si usava come catalizzatore il complesso di cobalto, che dopo il 1970 è stato sostituito da quello di rodio, dotato di maggiore selettività e capace di accelerare maggiormente la velocità della reazione.

Idruri di leghe metalliche. - Gli i. di alcune leghe metalliche presentano particolare interesse perché in grado d'immagazzinare quantità relativamente elevate d'idrogeno che ricedono facilmente a temperature e pressioni relativamente basse. Si tratta in genere di leghe binarie e ternarie con aggiunte di piccole quantità di metalli, specie delle terre rare. Queste leghe fissano esotermicamente l'idrogeno, parte del quale forma i. mentre il rimanente si colloca negli interstizi del reticolo. Il prodotto risulta quindi di due fasi: l'i. che costituisce la fase β e la soluzione solida che forma la fase α. Il calore che si sviluppa nella reazione varia con la natura dei metalli che formano la lega. L'assorbimento dell'idrogeno è accompagnato da un sensibile aumento di volume, che può arrivare anche al 25% di quello iniziale.

Queste leghe sono in grado di rimettere in libertà gran parte dell'idrogeno trattenuto qualora sia fornita loro una quantità di calore pari a quello sviluppato nell'assorbimento, il che può essere ottenuto riscaldando la lega e/o variandone la pressione. Queste leghe si prestano a formare sistemi ciclici di sviluppo d'idrogeno (vengono anche indicate come leghe ricaricabili). La lega che ha assorbito idrogeno si trova allo stato solido, è stabile, facilmente maneggiabile e trasportabile, e può sviluppare l'idrogeno per semplice blando riscaldamento (con acqua calda, con gas caldi, ecc.). Il sistema, opportunamente adattato, può essere sistemato a bordo di automezzi i cui motori possono così essere alimentati con idrogeno.

Carica e scarica dell'idrogeno avvengono in un tempo relativamente breve, regolato dalla velocità di dispersione del calore sviluppatosi durante la carica o da quello da fornire durante la scarica. Il dispositivo può funzionare a pressione atmosferica o poco superiore, oppure a pressione piuttosto elevata; nel primo caso i contenitori delle leghe saranno più voluminosi, nel secondo avranno volume minore ma spessore maggiore e richiederanno dispositivi di sicurezza più elaborati.

Le leghe più adatte sono formate da due o tre metalli: titanio, ferro, manganese, nichel, magnesio; le aggiunte di piccole percentuali di terre rare servono a migliorare le condizioni di formazione e decomposizione (riducono la temperatura o la velocità alla quale viene fissato e liberato l'idrogeno, variano le caratteristiche meccaniche, la duttilità, la stabilità, ecc.; v. tab. 1). Queste leghe ricaricabili, che consentono un trasporto facile dell'idrogeno, sono state oggetto di molte ricerche in questi ultimi anni. Sono stati costruiti da diverse ditte numerosi contenitori, per le varie utilizzazioni, con quantità variabili di leghe, da poche decine di kg a diverse centinaia (v. tab. 2).

Bibl.: W.L. Jolly, Idruri, in Enciclopedia della chimica, vol. 6, Firenze 1977; E.A. Sullivan, R.C. Wade, Hydride, in Kirk-Othmer encyclopedia of chemical technology, vol. 12, New York 19803; E. Snape, F.E. Lynch, Metal hydrides make hydrogen accessible, in Chemtech, 1980, p. 578; I.G. Santangelo, G.T. Chen, Use metal hydrides to recover hydrogen, ibid., 1983, p. 621; P. Rittmeyer, U. Wietelmann, Hydrides, in Ullman's Encyclopedia of industrial chemistry, vol. 13, Weinheim 1989.

Vedi anche
litio Elemento chimico del gruppo dei metalli alcalini, scoperto da J.A. Arfwedson (1817) nel minerale petrolite, ma isolato nel 1855 da R.W. Bunsen e collaboratori. Simbolo Li, numero atomico 3, peso atomico 6,94. È moderatamente diffuso in natura (65 parti per milione nella crosta terrestre): è contenuto ... boro Elemento chimico, simbolo B, numero atomico 5, peso atomico 10,82 (costituito per l’81,17% dall’isotopo 115B e per il 18,83% da quello 105B, densità variabile da 1,73 (boro amorfo) a 2,34 g/cm3 (boro cristallino), fonde a circa 2300 °C e bolle a 2550 °C, ha durezza, se cristallino, di poco inferiore ... superconduzione In fisica, particolare tipo di conduzione, detto anche superconduttività, che alcuni elementi, alcuni composti e alcune leghe presentano nei riguardi della corrente elettrica. ● Il fenomeno fu scoperto nel 1911 da H. Kamerlingh Onnes nel mercurio e, in breve tempo, confermato in varie altre sostanze. ... sodio Elemento chimico del gruppo dei metalli alcalini, scoperto nei sali da A.S. Marggraf nel 1758 e isolato come metallo da H. Davy nel 1807. Simbolo Na, numero atomico 11, peso atomico 22,9898; del sodio si conoscono un solo isotopo stabile, 23Na, e vari isotopi instabili; è molto diffuso in natura sotto ...
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idruro
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