IGIENE (XVIII, p. 810; App. II, 11, p. 6)
Dalla fine della seconda guerra mondiale, il concetto dell'i., una volta prevalentemente orientato nel senso della difesa statica della salute, ha subìto una profonda evoluzione, configurandosi oggi, essenzialmente, nel concetto dinamico di promozione e potenziamento dello stato di salute. Si è altresì evoluto il concetto dello stato di salute che, una volta definito come "assenza di malattia", oggi è inteso come "completo benessere fisico e psichico". Tutto ciò è enunciato nella carta dell'OMS che dice testualmente: "La salute è uno stato di completo benessere fisico mentale e sociale e non consiste unicamente nell'assenza di malattia o d'infermità. Per ogni essere umano il possesso del migliore stato di salute che gli è possibile raggiungere è uno dei diritti fondamentali, quali che siano la sua razza, la sua religione, le sue opinioni politiche, la sua condizione economica o sociale". La salute stessa ha un enorme valore economico, intuitivamente noto. La vita umana, senza contare i valori oggettivi e morali, che non possono essere soggetti a valutazione, rappresenta un capitale economico della più grande importanza, costituito dalla capacità dell'individuo a produrre e soprattutto a produrre bene. Base di questo capitale, è la salute: esso pertanto cessa con la morte, diminuisce con le malattie, può assumere valori negativi in molte forme d'invalidità permanente. Nell'incessante attività di prevenzione, su cui si deve imperniare la lotta contro le malattie, l'i. ha potuto registrare, in quest'ultimo trentennio, notevolissimi progressi nei confronti delle malattie infettive mentre (v. oltre) ha visto con perplessità aumentare le forme morbose a etiologia non infettiva di tipo cosiddetto degenerativo e dismetabolico (in primis cardiopatie e tumori). Per quanto riguarda le malattie infettive, passate dal primo all'ultimo posto fra le cause di morte negli ultimi anni, i motivi che ne hanno determinato tale crollo sono e vanno ricercati: nell'utilizzazione di chemioterapici e antibiotici, nelle attuazioni dell'immunoprofilassi, nella più diffusa coscienza igienica, nel miglioramento degli standards alimentari e delle condizioni ambientali. Per quanto concerne l'uso degli antibiotici e dei chemioterapici, basta ricordare come tali prodotti, in formulazioni sempre nuove e sempre più mirate, si sono resi estremamente utili sia in fase di prevenzione sia, ancor più, in fase di terapia.
Circa, poi, le fondamentali conquiste in tema d'immunoprofilassi, nel campo della protezione immunitaria passiva un grande passo avanti è derivato dagli studi e dalle realizzazioni pratiche relative alla separazione dalle frazioni seriche ad attività anticorpale che hanno consentito di disporre di globuline di derivazione sia umana che animale, nella doppia formulazione di γ-globuline normali e di γ-globuline specifiche. Le prime provengono da pools di sangue di almeno 1000 soggetti - al fine di livellare le variazioni individuali - e contengono anticorpi nei confronti delle più varie forme infettive formatisi in seguito a malattie sofferte, a infezioni silenti, a vaccinazioni. Le seconde derivano da pools di sieri di individui specificamente immunizzati nei confronti di determinate malattie. Per vari motivi sono disponibili, al momento attuale, globuline specifiche soltanto nei confronti di poche malattie: antivaiolose, antitetaniche, antirosolia, antipertosse, antimorbillo. A differenza degli immunsieri, le globuline possono essere somministrate più volte a uno stesso individuo, anche a distanza di tempo, senza che si abbiano i danni e i fastidi provocati dalle tradizionali profilassi passive con i sieri animali.
In tema di protezione immunitaria attiva, accanto a quelli classici, anch'essi potenziati e modificati, è stata messa a punto tutta una gamma di vaccini antivirali che hanno determinato, in qualche caso, il crollo della forma specifica. Emblematico è il caso della poliomielite. La profilassi attiva di questa malattia si avvale di due tipi di vaccini, uno inattivato a base di virus polio secondo J. E. Salk, e un tipo a base di poliovirus vivi e attenuati, di cui la formulazione più nota e utilizzata è quella proposta da A. B. Sabin. Il vaccino a base di virus uccisi, messo a punto da Salk nel 1952 contiene mescolati, in opportune proporzioni, i tre tipi di poliovirus, inattivati mediante formolo. Esso va somministrato per via parenterale e la vaccinazione contempla quattro successive inoculazioni, distanziate fra loro in maniera idonea. Una vasta sperimentazione ha dimostrato l'efficacia del vaccino Salk; in Italia, peraltro, forse perché oltre un terzo dei trattati non ricevette tutte le dosi prescritte, sui 12 milioni di bambini vaccinati fra il 1958 e il 1962 non si verificò quel crollo della malattia segnalato altrove. La morbosità per poliomielite paralitica, che nel 1956 e 1957 era stata pari a circa 8 casi su 100.000 abitanti, dopo l'introduzione della vaccinazione diminuì solo a 7 casi su 100.000 soggetti. L'eradicazione della malattia si deve invece al vaccino di Sabin. Esso è formato da poliovirus attenuati nella loro virulenza. Viene somministrato per via orale ed essendo un vaccino vivente provoca un'infezione inapparente del tutto simile a quella che si verifica in condizioni naturali. Colonizza nell'intestino ove crea una vera barriera che si oppone all'attecchimento di eventuali virus selvaggi sia per un fenomeno d'interferenza virale sia per l'elevata quantità di anticorpi prodotti localmente e secreti nel lume intestinale; grazie infine alla prolungata duplicazione virale, lo stimolo antigene è estremamente valido e, di conseguenza, molto abbondante la produzione di anticorpi circolanti. L'efficacia del vaccino di Sabin si basa pertanto su due fattori essenziali: una valida immunità sierologica che protegge l'individuo vaccinato dall'evento paralitico - e sotto questo profilo non si discosta da quanto realizzato dal vaccino Salk - e una spiccata resistenza dell'intestino al reimpianto di nuovi virus, cosa questa che, a livello di popolazione, si traduce in una sempre più difficile circolazione di virus selvaggi e quindi nella possibilità, a lungo andare, di una completa eradicazione della malattia.
Altri vaccini, che già hanno dato ottimi risultati e in cui molto si spera, sono il vaccino antirubeolico, il vaccino antimorbilloso e il vaccino antiparatifico. Il vaccino antirubeolico, a base di virus vivo e attenuato in seguito a ripetuti passaggi in colture di tessuto, ha perduto ogni infettività per via nasale: esso provoca la sieroconversione nel 90-100% dei soggetti reattivi con formazione di anticorpi che rimangono pressoché immutati per circa tre anni. La vaccinazione, finora, è stata effettuata essenzialmente nei bambini fino alla pubertà e nelle donne adulte particolarmente esposte al rischio purché non in stato di gravidanza.
Per lumeggiare l'importanza di questa pratica vaccinale si citano solo alcune cifre: durante l'epidemia di rosolia del 1964-65 negli SUA, circa 50.000 gravidanze furono compromesse dalla rosolia che fu causa di 30.000 aborti o morti fetali e procurò la nascita di ben 20.000 bambini malformati.
La vaccinazione antimorbillosa ha visto i migliori successi quando è stato messo a punto il vaccino con virus vivente attenuato mediante ripetuti passaggi a bassa temperatura in colture di cellule di embrione di pollo. Questo vaccino, inoculato per via parenterale, induce in circa il 95% dei soggetti una risposta anticorpale che permane per oltre sette anni, forse per tutta la vita. Grazie a queste realizzazioni, alcuni autori propongono un programma di vera e propria eradicazione della malattia mediante vaccinazione sistematica di tutti i bambini dopo il dodicesimo mese di vita. Negli SUA, nel quinquennio 1963-67, sono stati somministrati circa 21 milioni di dosi di vaccino e si è avuta una riduzione del numero dei casi annui di malattia dai 900.000 circa del 1963 ai 62.000 del 1967.
Nel caso della parotite, accanto al vaccino inattivato che conferisce un'immunità di breve durata e non è esente da qualche inconveniente, sta riscuotendo vasti consensi il vaccino a base di virus vivente (ceppo Jeryl Linn) attenuato in seguito a numerosi trapianti successivi su uova embrionate o su cellule di embrione di pollo.
A tutto il 1970 erano stati trattati, con questo vaccino, circa 3.600.000 soggetti con reazioni sfavorevoli praticamente trascurabili, mentre si era ottenuta una sieroconversione in oltre il 90% dei vaccinati, con efficacia protettiva per più di quattro anni. Peraltro non si conosce con esattezza la durata di tale protezione per cui, mentre è senz'altro da consigliare la vaccinazione nei ragazzi, specie di sesso maschile oltre i 12-13 anni, negli adolescenti e negli adulti, si è ancora perplessi sull'opportunità di vaccinare i bambini. Nel caso infatti di un'immunità che viene meno nell'età adulta si vengono a creare delle classi d'individui non protetti nel periodo in cui la sintomatologia è più grave e le complicazioni (in particolar modo la orchiepididimite) più frequenti, potendo anche raggiungere valori elevati (20-30%).
Anche per l'influenza, malattia che si distingue per le sue accensioni epidemiche e pandemiche che dànno luogo nelle collettività colpite alla manifestazione quasi contemporanea di un grandissimo numero di casi, l'utilizzazione tempestiva di vaccini rappresenta la soluzione dei grossi problemi connessi essenzialmente col notevole assenteismo dal lavoro e nelle scuole. Purtroppo i tipi antigeni del virus influenzale presentano un'instabilità immunologica sicché si assiste nelle successive pandemie alla continua comparsa di nuove varianti, spesso altamente mutate rispetto alle precedenti; questo fenomeno diminuisce di molto l'efficacia dei vaccini preparati con gli stipiti preesistenti. I vaccini attualmente in uso presentano stipiti virali di più recente isolamento, inattivati con formolo; ne risulta un'efficace protezione fino a un anno e recenti indagini condotte in una collettività di lavoratori hanno messo in evidenza la validità di questa profilassi nei confronti delle assenze per influenza, quando effettuata constantemente con richiami annuali.
Il successo di una vaccinazione è dovuto però, oltre che alla validità del vaccino a disposizione, anche all'impiego con cui questa pratica profilattica viene effettuata. È noto che si può tenere sotto controllo una malattia infettiva solo quando, disponendo di un vaccino efficiente, circa l'80-90% dei soggetti recettivi viene vaccinato. Per ottenere questo traguardo devono essere utilizzati tutti i mezzi di sensibilizzazione di massa: ciò, ovviamente, può scaturire soltanto da un vero e proprio impegno di governo.
Ma al di là del controllo si parla, per alcune malattie, di veri e propri programmi di eradicazione. È il caso del vaiolo. L'antica vaccinazione antivaiolosa, la prima ad essere realizzata in ordine di tempo, vede soltanto nei giorni nostri i suoi migliori successi; ciò si deve, oltre che alla possibilità di disporre di un vaccino liofilizzato e quindi stabile e duraturo in qualsiasi condizione ambientale, anche e soprattutto all'impegno, da parte dell'Organizzazione mondiale della sanità, di vaccinare larghissimi strati di popolazione nelle zone ove la malattia è endemica. Per eradicazione del vaiolo viene intesa la completa eliminazione dell'infezione clinica almeno in un continente intero. Il relativo programma (avviato nel 1967 e ormai prossimo alla conclusione) consta di una serie d'interventi articolati in tre fasi: di attacco, di consolidamento, di mantenimento. Sul modello della campagna per l'eradicazione del vaiolo si vorrebbe inoltre intraprendere, in un futuro non molto lontano, l'ambizioso programma per l'eradicazione della tubercolosi.
Ulteriore fattore per la diminuita incidenza delle malattie infettive è la sempre più diffusa coscienza igienica della popolazione consistente nella più affinata educazione sanitaria. Utilissime realizzazioni in campo tecnologico hanno agevolato questo processo; per citarne soltanto una: l'impiego nella pratica iniettoria di materiale a perdere assolutamente sterile e di facile reperimento in commercio. Non va sottaciuto, poi, il migliorato standard alimentare. In tema di i. alimentare vanno segnalate importanti conquiste che, rese possibili dal sempre più spinto progresso in campo fisico-tecnico-biologico, hanno portato: 1) a un più mirato e ottenuto risanamento di alimenti altamente deperibili: basta citare la bonifica termica del latte con sistema HTST (High Temperature Short Time) che, mentre altera in misura molto modesta i componenti più nobili e delicati di questo alimento, ne permette l'utilizzazione a distanza di vari giorni; 2) alle possibilità di conservazione di derrate alimentari, vegetali e animali, per tempi molto lunghi, senza che esse ne abbiano a subire alterazione alcuna nei loro caratteri organolettici, biochimici, biologici (in primo luogo la surgelazione); 3) a una maggiore resa delle colture agricole grazie all'impiego di idonei antiparassitari.
Infine, di estrema validità è il fattore costituito dalle migliorate condizioni ambientali. Esse vanno intese sia nei riguardi dell'ambiente esterno che di quello inframurale. Per quanto riguarda il primo, la questione è molto complessa presentando, al momento attuale, risvolti positivi ma anche negativi. Di questi ultimi parleremo più avanti; qui vogliamo solo accennare a una delle più notevoli vittorie dell'uomo sull'ambiente: l'eradicazione della malaria da tutta l'Europa e da tante zone degli altri continenti. I successi della bonifica integrale, che accanto agl'interventi di natura idraulica ha visto il suo completo coronamento grazie all'energica azione dei nuovi insetticidi di sintesi, sono ormai un dato di fatto, entrato nella storia. Per quanto riguarda l'aria inframurale sono da segnalare le sempre più approfondite conoscenze dei molteplici fattori che concorrono nel realizzare situazioni ottimali di confort ambientale nonché la messe di studi - che ancora cercano peraltro una completa definizione - sull'annoso problema relativo al condizionamento dell'aria che oggi viene finalmente affrontato nella sua poliedrica complessità. Né vanno sottaciuti i moltissimi progressi realizzati in questi ultimi trent'anni, nel campo dell'i. del lavoro (v. oltre).
Da quanto fin qui esposto è derivato: a) una netta diminuzione della mortalità generale e in particolar modo della mortalità infantile. Per quanto riguarda la mortalità generale il crollo più sensibile si è avuto nei primi decenni del secolo, con un dimezzamento quasi dei valori: in Italia si è passati dal 24,2% del 1900 al 13,6% del 1933; in Germania, nello stesso periodo, del 22,2% all'11,1%, in Inghilterra dal 18,2% all'11,9%, ecc. Nell'ultimo ventennio la riduzione è stata meno sensibile giacché intorno agli anni Cinquanta appare raggiunta quella soglia di 9-10 morti annui per 1000 abitanti che non sembra suscettibile di ulteriori, sensibili contrazioni. Notevolissimo è invece, per lo meno in Europa, il crollo, negli ultimi trent'anni, della mortalità infantile che da quote aggirantisi nel 1940 intorno ai 100 decessi - nel primo anno di vita - per 1000 nati vivi, è giunta ai nostri giorni a quote di 25-20 morti per 1000 nati vivi e anche meno. In Svezia è stato raggiunto addirittura il valore di 12‰ laddove sembrava che fosse invalicabile la soglia di 15. b) Il notevole aumento della popolazione. La forte contrazione della mortalità generale, e in particolar modo, della mortalità infantile non è stata bilanciata da un'analoga contrazione della natalità per cui si ha globalmente un aumento della popolazione al ritmo del 2,5-3% all'anno (v. demografia, in questa App.). c) L'invecchiamento della popolazione. Fra le conquiste dell'i. va ricordato anche il prolungamento della vita umana che se ha indubbi aspetti positivi, porta con sé notevoli problemi in campo sanitario, sociale e politico. Il contingente d'individui superiori ai 65 anni che attualmente rappresenta l'8% circa della popolazione, alla fine del secolo si prevede che inciderà, mediamente, per il 13-14%. Ciò vuol dire che nel nostro paese, per es., in luogo del milione di anziani che si avevano nel 1861 e dei 4 milioni del 1961, si avranno nel Duemila 7 milioni e mezzo o addirittura 8 milioni di anziani.
L'incremento della popolazione, le migliorate condizioni di vita, il potenziamento dei grandi agglomerati urbani, il maggiore uso di quanto può soddisfare le sempre crescenti esigenze dell'uomo e il conseguente fenomeno del consumismo, il progresso tecnologico che ha introdotto nella vita e nell'attività di ogni giorno tutta una serie di materiali nuovi, hanno comportato una notevole e veloce modificazione della qualità degli scarichi e dei rifiuti in genere, esasperando un fenomeno, un tempo assai ben contenuto: la contaminazione dell'ambiente. I problemi dell'i. ambientale non sono più, come per il passato, di natura prevalentemente microbiologica; essi riflettono in particolar modo inquinamenti chimici e fisici. Ad essi si affianca, con una partecipazione sempre crescente, il cosiddetto inquinamento psichico, ossia quella somma di situazioni che, derivando dall'attuale maniera di vivere, dinamica fino ad essere ossessiva, mina e usura subdolamente il nostro stato di salute inducendo condizioni di ansia e di tensione psichica, foriere di un vero stato morboso.
L'inquinamento delle acque, del suolo e dell'aria pone oggi problemi che interessano tutto l'ecosistema e la cui soluzione è sempre più difficile. Tale contaminazione che con effetto boomerang si ripercuote, per infinite vie, sull'uomo stesso può essere invocata, unitamente all'invecchiamento della popolazione, al ritmo di vita, o ad altre cause ancora non note o poco note, per spiegare un altro fenomeno dei nostri tempi: il sensibilissimo aumento delle malattie degenerative (malattie del sistema circolatorio, tumori, malattie del sistema nervoso, artropatie, ecc.). Lo studio di queste malattie, determinate da una più o meno vasta gamma di cause concorrenti e caratterizzate da un inizio subdolo, da un decorso per molto tempo latente, da un andamento cronico che spesso le accompagna fino alla morte, ha comportato la messa a punto di nuovi modelli epidemiologici. Per esse ci si avvale infatti, oltre che dei dati statistici tradizionali, anche d'indagini che impostano rilievi diretti su gruppi di popolazione studiando in essi l'insorgenza di stati morbosi e premorbosi in correlazione alle condizioni ambientali, alle abitudini alimentari, ai livelli socio-economici, nonché a condizioni particolari, fisiologiche o patologiche, proprie dei gruppi di studio. Questi rilievi, a seconda dei casi, possono essere praticati una sola volta - e in tal caso si parla di studio epidemiologico trasversale o di prevalenza - oppure ripetuti sulla stessa popolazione a intervalli regolari di tempo - e in tal caso si parla di studio longitudinale prospettivo o d'incidenza - ovvero possono essere condotti sotto forma retrospettiva analizzando, in soggetti che presentano una determinata forma morbosa, tutte le cause e le condizioni che coesistendo hanno portato all'insorgenza della malattia stessa.
I grandi progressi registrati nei confronti delle forme morbose in questi ultimi decenni, sono il risultato delle applicazioni dei dettami igienici intesi come attuazioni di prevenzione. Appare pertanto particolarmente chiara l'identità tra i. e medicina preventiva, da alcuni autori ritenuta una disciplina diversa dall'igiene. Gl'interessi della medicina preventiva e dell'i. coincidono perfettamente: l'i., come dice R. De Blasi, "è medicina preventiva". Infatti, di tutta la medicina, l'unica branca che si è sempre interessata dei soggetti sani è l'i., che ha applicato i suoi studi e le sue regole nell'interesse del mantenimento della salute dei singoli e della collettività.
Gl'interventi di massa attuati fino a oggi hanno portato ai noti successi contro le malattie infettive; basti pensare alle realizzazioni in tema di bonifica del latte, potabilizzazione delle acque, applicazioni della vaccinoprofilassi, ecc. A causa della rigorosa correlazione fra contaminazione ambientale e salute, le malattie degenerative possono trovare nella contaminazione dell'ambiente alcuni dei molteplici fattori etiologici che ne sono alla base. La loro prevenzione necessita pertanto, oltre che di interventi di massa di tipo educativo, anche e soprattutto di controllo e bonifica della contaminazione atmosferica, delle acque, del suolo, degli alimenti, ecc.
Si tratta in definitiva di prospettive nuove dei tradizionali problemi proposti dal binomio inquinamento-smaltimento che richiedono nuove soluzioni perché si realizzi il fine ultimo che è, e rimane da sempre, la salvaguardia della salute.
Bibl.: V. Puntoni, Trattato di Igiene, Roma 1962; S.U. D'Arca, La contaminazione delle acque, in Rivista ENPDEP, XX (1970), 9; L. Checcacci, Igiene e medicina preventiva, Milano 1972; R. De Blasi, Igiene, Roma 1973; T. Strasser, J. Rotta, The control of rheumatic heart disease: an ort line of who activities, in WHO Chronicle, vol. 27, p. 49 segg. Di questo periodico si vedano gli editoriali: Measles vaccination, 1973, p. 101 segg.; The affect on man of deterioration of the environment, vol. 28 (1974), p. 549 segg.; Smallpox in 1974, vol. 29 (1975), p. 134 segg.; A. Albano, L. Salvaggio, Manuale di igiene, Padova 1974; A. D'Arca Simonetti, S. U. D'Arca, Argomenti di igiene ambientale, Roma 1975; D. Parvis, Compendio di Igiene, Bologna 1975.