PETRONE, Igino
PETRONE, Igino. – Nacque a Limosano, presso Campobasso, il 21 settembre 1870, da Errico, notaio, e da Giulia Iacovone.
Dopo i primi studi, compiuti nella provincia natale e a Cerreto Sannita, si trasferì a Napoli, dove frequentò l’Università laureandosi, già nel 1891, in giurisprudenza. Nel 1892 usufruì di una borsa di perfezionamento presso l’Università di Monaco di Baviera, studiando sotto la supervisione di Georg Hertling, uomo politico e filosofo di ispirazione neotomista.
A partire dall’anno successivo, iniziò a collaborare con la Rivista internazionale di scienze sociali e discipline ausiliarie, presieduta da Salvatore Talamo e Giuseppe Toniolo. Risalgono a quel periodo alcune importanti amicizie, come quelle con Romolo Murri e padre Giovanni Semeria. Nel 1894, avendo pubblicato un paio di scritti di argomento giuridico e politico, Petrone ottenne la libera docenza in filosofia del diritto all’Università di Roma. Tra i lavori più interessanti di quel periodo si segnalano La fase recentissima della filosofia del diritto in Germania (1895) e Un nuovo saggio sulla concezione materialistica della storia (1896).
Nel primo lavoro Petrone afferma la necessità di fondare su basi filosofiche il diritto naturale, in confronto con l’idealismo classico tedesco. Il secondo è una recensione allo scritto Del materialismo storico. Dilucidazione preliminare di Antonio Labriola: nonostante critichi il rigido determinismo della previsione storica marxiana, Petrone assume qui una posizione aperta e moderata nei confronti delle istanze di Labriola, e denota conoscenza diretta del Capitale.
Dal 1896 fu sindaco di Limosano, il suo paese d’origine.
Nello stesso anno proseguì l’opera filosofica con gli scritti La filosofia del diritto al lume dell’idealismo critico e Le nuove forme dello scetticismo morale e del materialismo giuridico, in cui le linee-guida del suo pensiero apparvero chiare: riconduzione del problema giuridico al problema morale; critica radicale dell’astrattezza metodologica di matrice materialistica e positivistica; rivendicazione dell’assolutezza e della spiritualità dei valori.
Già in quegli anni Petrone denominava la sua dottrina ‘idealismo critico’: in lui l’adesione idealistica, precoce e motivata da uno studio del pensiero tedesco, fu controbilanciata dalla formazione neotomista e da una sincera adesione al cattolicesimo, che distanziarono il suo pensiero da qualunque assoluto soggettivismo, negatore della trascendenza della realtà esterna e della divinità.
Nel 1897 la rapida carriera accademica di Petrone proseguì con la nomina a professore straordinario di filosofia del diritto all’Università di Modena. L’anno successivo, dietro richiesta di Murri, avviò la collaborazione con la rivista Cultura sociale, fondata dallo stesso Murri, che è da considerarsi la pubblicazione ufficiale della prima ‘democrazia cristiana’. Al 1900 risale il lavoro I limiti del determinismo scientifico, decisivo per ottenere la cattedra di filosofia morale all’Università di Napoli.
Accostandosi a tematiche veicolate dallo spiritualismo e dal contingentismo francese, Petrone vi ribadiva l’originarietà e l’irriducibilità della spontaneità morale e criticava le concezioni meccanicistiche e rigidamente deterministiche della volontà.
Nel dicembre del 1901 tenne presso l’Università la prolusione Il problema della morale. All’anno successivo risalgono gli scritti su F. Nietzsche e Tolstoi - Idee morali del tempo, che sono frutto di alcune sue conferenze. Se le posizioni radicalmente corrosive del filosofo tedesco sono qui criticate in nome dell’originarietà della legge morale, Petrone si aprì, invece, al riformismo profondamente cristiano ed evangelico professato dallo scrittore russo.
Nel 1904 Petrone dedicò uno studio (Lo stato mercantile chiuso di Fichte e la premessa teorica del socialismo) alla dottrina politica di Johann Gottlieb Fichte, criticandone la pretesa di erigere una costruzione politica del tutto aprioristicamente, nonché la serrata coercizione economica cui vincolava i sudditi del suo ‘Stato commerciale chiuso’. Del 1905 sono un paio di scritti sulla sociologia e un’antologia di scritti di filosofia morale, Problemi del mondo morale meditati da un idealista.
In quella fase della sua vita Petrone si inserì nel dibattito sul modernismo: prese una decisa posizione nel 1907, a seguito dell’enciclica Pascendi Dominici gregis, nella quale Pio X si esprimeva esplicitamente a sfavore del nuovo movimento modernista e di tutte le spinte di rinnovamento cattolico in senso autonomistico e razionalistico. Petrone espresse le sue idee in un articolo, L’enciclica di Papa Pio X, pubblicato sulla rivista di orientamento modernista Il Rinnovamento.
Pur prendendo le distanze da alcuni modernisti ‘irriverenti’ come Ernesto Buonaiuti, sottolineava il carattere astrattamente dogmatico dell’enciclica (mettendo in luce come il pontefice facesse del modernismo un movimento unitario e delineato, il che non corrispondeva alla realtà) e affermò che essa dovesse prendersi non come prescrizione irrevocabile, ma come asserzione provvisoria e da superarsi nel corso del progresso delle coscienze.
Nel 1909, ormai avvicinatosi esplicitamente alle posizioni filosofico-giuridiche di Georg Wilhelm Friedrich Hegel, Petrone riprese a pubblicare. Nello scritto A proposito delle condizioni subbiettive dell’imputazione penale egli trattò il problema del ‘riassorbimento psicologico’ della pena da parte del condannato da un punto di vista hegeliano-spaventiano.
In L’eteronomia come momento del dovere, invece, si occupò di una delle problematiche etiche più stringenti dell’ultima fase della sua meditazione: il tentativo di conciliare il formalismo etico kantiano con i motivi eteronomi avanzati dall’idea del Bene morale intesa in senso scolastico e aristotelico. A questo proposito, sostenne che il dovere di cui parla Immanuel Kant nella Critica della ragion pratica deve pure essere «dovere di qualche cosa», e attribuisce all’idea del Bene questa assoluta necessità di essere assecondata.
Nel 1910 Petrone fu chiamato, come professore ordinario, alla cattedra di filosofia del diritto, vacante da sette anni, presso la facoltà di giurisprudenza della stessa Università di Napoli in cui insegnava. Risale a quest’anno l’opera filosofica più rilevante dell’ultimo Petrone, Il diritto nel mondo dello spirito.
In essa si interpreta il diritto come un momento fondamentale dell’autocoscienza spirituale, e lo si pone in relazione con una dialettica di ego e alter; nel terzo termine, dato dal socius, l’organismo della pubblica consociazione, Petrone riscontra la culminazione sintetica dei due precedenti. Pertanto può concludere che né l’individuo deve considerarsi estraniato dal contesto sociale e giuridico, e dallo Stato che vi presiede, né, d’altra parte, quest’ultimo deve ingerire sull’individuo in maniera assolutamente costrittiva, impedendo la libertà e volontà autonoma del singolo.
In quell’anno si ammalò gravemente e i medici gli consigliarono di abbandonare l’insegnamento. Alla fine del 1911, in parte ristabilitosi, riprese per qualche tempo l’insegnamento di filosofia morale. L’anno successivo pubblicò un breve scritto (A proposito della guerra nostra) sulla guerra di Libia. Con ardente nazionalismo, incitava all’impresa bellica e rinveniva in motivazioni patriottiche l’ostilità della Germania nei confronti della spedizione africana dell’Italia.
Nuovamente abbandonato l’insegnamento e ritiratosi a San Giorgio a Cremano per curare la salute, vi morì nella notte tra il 25 e il 26 luglio 1913.
Aveva allora in progetto un’opera che ricapitolasse tutto il filo della sua meditazione: avrebbe dovuto intitolarsi Dall’atomo a Dio. Uscirono postume, entrambe nel 1917, l’Etica e l’Ascetica. Nel medesimo anno fu commemorato dal mondo accademico italiano nel suo paese natale, che gli dedicò una statua.
Petrone fu membro di varie istituzioni culturali: socio ordinario della Regia Accademia di scienze morali e politiche di Napoli, socio corrispondente dell’Accademia nazionale dei Lincei, socio dell’Accademia degli Agiati di Rovereto, dell’Accademia delle scienze di Modena e dell’Accademia Cosentina.
Fonti e Bibl.: Limosano, Archivio comunale, Atti di nascita, ad nomen.
G. Salvemini, L’avvenire del partito cattolico, in Critica sociale, 1898, 1° gennaio, pp. 4-5; 16 gennaio, pp. 22-25; 1° febbraio, pp. 40-43; 1° marzo, pp. 68-73; G. Del Vecchio, Il comunismo giuridico del Fichte, in Rivista italiana di sociologia, IX (1905), 1, estratto (recensione a I. P., Lo stato mercantile chiuso del Fichte e la premessa teorica del socialismo); F. Masci, Necrologia di I. P., in Annuario della R. Universita degli Studi di Napoli. Anno scolastico 1913-1914 (estratto); P. Ragnisco, Per I. P., in Atti del R. Istituto veneto di scienze, lettere ed arti, Venezia 1914; L’omaggio della dottrina e della cultura italiana alla memoria di I. P. per l’inaugurazione del suo monumento in Limosano, Campobasso 1917 (nella prefazione un’approfondita bibliografia degli scritti di Petrone; in partic. si vedano i saggi di E. Di Carlo, Sull’opera filosofico-giuridica di I. P.; G. Ferretti, I. P.; G. De Montemayor, Su ‘La fase recentissima della filosofia del diritto in Germania’; S. Panunzio, Lo ‘Stato giuridico’ nella concezione di I. P.; G. Solari, Il problema filosofico del diritto nell’opera di I. P.); si vedano inolte M. Barillari, I. P. nella vita e nel pensiero, Campobasso 1918; M.F. Sciacca, L’idealismo critico di I. P., in Logos. Rivista di filosofia e di storia della filosofia, XX (1937), 1, pp. 48-60; L. Picardi, I. P. tra materialismo storico e riformismo religioso, Milano 1979.